StampaPeriodica ,
Analogamente
all
'
aforisma
di
Wilde
"
è
l
'
arte
che
crea
la
natura
"
,
si
potrebbe
affermare
che
,
in
un
particolarissimo
senso
,
è
stata
la
critica
moderna
a
creare
l
'
arte
antica
.
E
per
noi
moderni
il
modo
con
il
quale
taluni
capolavori
erano
considerati
dai
loro
contemporanei
,
anche
se
uomini
di
genio
,
è
dei
più
estranei
e
talora
,
paragonato
al
nostro
,
è
addirittura
volgare
e
goffo
fino
all
'
incredibile
.
In
questi
ultimi
tempi
,
sotto
il
cattivo
ascendente
di
superficialissime
ideologie
e
di
vane
retoriche
,
si
è
verificato
nell
'
arte
moderna
italiana
il
fenomeno
,
tutto
opposto
,
di
un
gusto
pseudoclassico
e
pseudotradizionale
alludente
alla
lettera
dell
'
arte
antica
.
L
'
intenzione
,
si
capisce
,
sarebbe
stata
invece
quella
d
'
operare
l
'
inverosimile
innesto
dello
spirito
di
epoche
Passate
sulla
realtà
del
presente
.
Cotesto
per
Ugo
Ojetti
,
si
chiama
non
aver
paura
dell
'
antico
.
E
gli
esempi
che
egli
cita
di
un
così
formidabile
coraggio
estetico
sono
costituiti
o
da
ibride
e
cervellotiche
contaminazioni
fra
antico
e
moderno
,
sul
genere
delle
tempere
neo
-
pompeiane
del
pittore
Funi
e
delle
gelide
variazioni
dell
'
architetto
Muzio
su
motivi
secenteschi
,
ovvero
da
trasposizioni
,
pari
pari
,
in
altra
materia
di
forme
antiche
,
come
i
vetri
,
traducenti
forme
di
vasi
greci
di
terracotta
e
di
bronzo
,
del
Cappellin
il
quale
,
per
fortuna
sua
e
dell
'
arte
italiana
,
ha
al
suo
attivo
ben
altre
manifestazioni
.
Cotesto
è
il
tradizionalismo
dell
'
Ojetti
e
tale
è
la
"
modernità
"
di
cui
egli
si
appaga
;
ciò
che
d
'
altronde
è
coerentissimo
con
l
'
aver
egli
decretato
Ettore
Tito
decoratore
degno
del
Tiepolo
,
Galileo
Chini
restauratore
della
tradizione
aurea
della
pittura
italiana
,
Amos
Nattini
illustratore
michelangiolesco
,
Ferrazzi
istoriatore
degno
dei
nuovi
tempi
,
eccetera
.
Come
si
vede
,
nel
pensiero
e
nel
gusto
del
mentore
estetico
della
mediocrazia
italiana
la
continuità
è
ineccepibile
.
C
'
è
un
proverbio
toscano
che
dice
:
"
Acqua
fina
e
buon
mercato
ingannano
il
villano
"
.
Da
vent
'
anni
e
più
a
questa
parte
,
ne
'
paraggi
dell
'
arte
italiana
,
vi
è
sempre
stato
qualcosa
che
ha
ingannato
ed
illuso
le
nostalgie
greco
-
romane
e
rinascimentizie
di
Ugo
Ojetti
.
Ojetti
,
ad
esempio
,
crede
ancora
fermamente
che
le
colonne
siano
fra
gli
elementi
di
un
'
eloquenza
civico
-
architettonica
atti
ad
esprimere
,
in
ogni
tempo
,
solennità
,
magnanimità
,
eroismo
e
via
dicendo
;
e
mostra
di
non
sapere
,
o
di
non
ricordarsi
,
che
la
colonna
fu
in
origine
un
essenziale
elemento
tettonico
razionale
,
il
quale
attraverso
i
secoli
e
presso
i
diversi
popoli
subì
un
'
evoluzione
decorativa
.
Cotesta
evoluzione
ha
trovato
ormai
,
dopo
il
Barocco
,
il
suo
punto
morto
;
donde
la
necessità
,
sentita
dagli
architetti
moderni
-
e
non
c
'
è
bisogno
di
chiamarli
razionalisti
-
di
ricondurre
le
colonne
alla
loro
primitiva
funzionalità
,
secondo
un
gusto
di
semplicità
e
di
semplificazione
che
si
esprime
in
ogni
campo
dell
'
arte
contemporanea
e
che
è
quindi
una
realtà
storico
-
estetica
inoppugnabile
.
Chi
oggi
,
nell
'
epoca
dell
'
abito
di
foggia
"
inglese
"
,
dell
'
automobile
-
non
camuffabile
in
cocchio
o
in
berlina
-
dell
'
areoplano
,
continua
ad
impiegare
la
colonna
col
capitello
ionico
o
corinzio
e
col
suo
bravo
plinto
alla
base
,
in
modo
tettonicamente
pleonastico
,
nell
'
intento
di
trarne
effetti
"
oratorii
"
e
scenografici
,
non
può
essere
che
un
marcio
rètore
e
forse
anche
un
disonesto
cittadino
.
Ed
è
,
appunto
,
un
sintomo
di
quella
retorica
neo
-
classica
-
falsa
-
eroica
e
falsa
-
civica
-
che
da
cent
'
anni
affligge
e
deforma
bugiardamente
la
vita
italiana
,
la
fioritura
di
timpani
,
colonne
,
nicchie
,
edicole
,
ecc
.
,
verificatasi
in
questi
ultimi
anni
,
specialmente
a
Milano
.