StampaPeriodica ,
Si
torna
a
discutere
sulla
consistenza
per
non
dire
sulla
esistenza
della
lingua
italiana
!
Era
tempo
!
Da
qualche
anno
la
formidabile
questione
era
stata
lasciata
in
disparte
,
non
era
più
stata
dibattuta
.
Non
si
poteva
certo
confidare
che
la
pace
avesse
quetato
le
instancabili
ire
delle
fazioni
avverse
,
piuttosto
c
'
era
da
temere
in
qualche
cataclisma
,
quasi
era
più
credibile
che
la
lingua
italiana
fosse
davvero
per
iscomparire
.
Fortunatamente
ecco
che
ad
avvertirci
della
sua
prosperosa
vitalità
la
disputa
tanto
pratica
ed
opportuna
si
è
novamente
accesa
,
ed
oggi
si
incomincia
a
dissertare
con
una
freschezza
e
una
abbondanza
spontanea
di
argomentazioni
,
fra
l
'
attenta
meraviglia
degli
ascoltatori
,
come
se
non
se
ne
fosse
mai
trattato
,
come
se
si
fosse
proposto
il
più
inaudito
problema
sul
misterioso
avvenire
.
Ora
si
apre
un
bel
periodo
di
nudrite
discussioni
,
in
confronto
delle
quali
impallidirà
il
ricordo
delle
dense
orazioni
che
reciprocamente
si
lanciavano
quelli
eroici
dottori
della
scolastica
contrastanti
intorno
alla
gerarchia
degli
angeli
.
Nel
mondo
germoglia
bensì
qualche
cosa
di
nuovo
,
c
'
è
pur
qualche
novità
presso
di
noi
che
vorrebbe
richiedere
il
nostro
pensiero
e
la
nostra
opera
;
taluni
quesiti
anche
fastidiosi
cercano
di
occupare
la
nostra
perspicacia
,
ma
tutto
ciò
sta
per
passare
in
seconda
linea
,
un
'
ansia
ben
più
urgente
ci
scuote
senza
tregua
,
noi
dobbiamo
sapere
se
vi
è
o
no
una
lingua
italiana
,
e
se
vi
è
dobbiamo
sapere
che
cosa
è
e
come
sta
.
Mentre
l
'
Europa
si
dilaniava
con
guerre
atroci
e
non
si
sapeva
neanche
con
qualche
approssimazione
se
la
durata
della
propria
vita
avrebbe
toccato
il
domani
,
bisognava
a
qualunque
costo
,
assolutamente
,
acquistare
la
certezza
se
il
tale
ordine
di
cherubini
era
o
no
superiore
al
tale
altro
di
serafini
.
Oggi
in
cui
noi
ci
troviamo
in
uno
dei
supremi
momenti
della
storia
,
in
cui
stiamo
sulla
vetta
di
un
valico
millenario
di
civiltà
,
in
cui
sotto
altre
forme
sta
per
riapparire
,
mediante
le
macchine
,
una
condizione
straordinaria
di
vita
sociale
,
verificatasi
con
la
schiavitù
soltanto
una
volta
nel
lungo
cammino
umano
,
oggi
infine
in
cui
sta
per
deliberarsi
l
'
impero
del
mondo
noi
siamo
presi
da
una
irresistibile
urgenza
,
quella
di
accertarci
se
abbiamo
o
no
una
favella
,
se
quelle
che
ci
escono
di
bocca
sono
parole
di
un
idioma
o
rauchi
suoni
di
uno
strano
e
innominabile
gergo
.
Noi
dobbiamo
essere
ben
sicuri
del
fatto
nostro
,
della
nostra
situazione
e
delle
nostre
rendite
se
ci
è
dato
di
concederci
il
lusso
di
tali
esclusive
preoccupazioni
.
Ma
non
per
niente
Roma
,
che
è
stata
la
culla
della
più
interminabile
stirpe
di
verbosi
grammatici
,
che
vanta
accanto
al
Corpus
juris
,
la
mole
degli
scritti
grammaticali
su
cui
si
eleva
il
greve
edificio
di
Prisciano
,
non
per
niente
Roma
è
divenuta
,
se
non
il
centro
,
la
capitale
d
'
Italia
.
La
questione
sull
'
esistenza
della
lingua
italiana
oltre
che
la
questione
princeps
di
tutta
la
nostra
letteratura
,
è
stata
e
pare
che
continui
ad
essere
il
più
chiaro
sintomo
della
vitalità
del
nostro
idioma
la
manifestazione
più
caratteristica
della
nostra
attività
letteraria
.
Quasi
si
potrebbe
affermare
che
la
lingua
italiana
è
sorta
per
dar
luogo
alla
questione
sulla
sua
esistenza
,
questione
la
quale
ha
assunto
un
interesse
maggiore
del
suo
oggetto
,
talché
come
si
è
continuato
a
disputare
dell
'
esistenza
di
un
idioma
italico
quando
questo
c
'
era
,
se
ne
continuerà
ancora
a
discutere
quando
non
ci
sarà
più
.
Si
è
cominciato
a
porre
in
dubbio
che
la
lingua
italiana
esistesse
fino
da
quando
essa
trionfalmente
si
affermò
nella
vita
col
più
imperituro
monumento
,
col
massimo
capolavoro
mondiale
la
Divina
Commedia
,
e
colui
istesso
che
la
aveva
tratta
dal
gorgo
dell
'
anima
collettiva
e
la
aveva
di
un
tratto
spiegata
limpida
e
perfetta
e
di
universale
potenza
,
come
dopo
secoli
di
elaborazione
,
colui
istesso
che
la
aveva
in
un
sol
libro
inventata
completa
e
magnifica
,
fu
altresì
il
primo
a
iniziarne
la
discussione
.
Accanto
alla
Divina
Commedia
non
si
deve
dimenticare
il
De
vulgari
eloquentia
.
E
da
allora
il
dubbio
più
non
disparve
,
la
contesa
più
non
si
estinse
,
e
tanto
più
le
voci
si
levarono
alte
e
tanto
più
il
dibattito
fu
vivace
in
quanto
la
lingua
così
affermata
e
negata
dava
prova
più
luminosa
della
sua
vita
energica
e
feconda
.
Ad
ogni
generazione
letteraria
la
contesa
rinasce
,
ad
ogni
nuovo
scrittore
si
sente
il
bisogno
di
chiedere
se
la
lingua
che
viene
adoperata
è
o
no
italiana
.
Così
si
è
fatto
da
Dante
fino
a
Carducci
e
a
D
'
Annunzio
attraverso
il
Petrarca
,
l
'
Ariosto
,
il
Marino
,
l
'
Alfieri
,
il
Manzoni
,
così
si
fa
oggi
in
cui
,
mancando
una
qualche
nuova
grandiosa
affermazione
individuale
,
si
ha
nel
miglioramento
generale
dell
'
eloquio
una
attestazione
collettiva
di
italianità
.
Ben
si
può
ritenere
che
la
maggior
parte
delle
opere
scritte
in
italiano
trattano
se
l
'
italiano
esista
o
no
,
e
dopo
sette
secoli
di
duello
verbale
,
dopo
sette
secoli
di
parlatura
e
di
scrittura
italiane
,
la
questione
non
si
è
inoltrata
d
'
una
linea
verso
il
suo
risolvimento
,
siamo
ancora
come
al
primo
giorno
e
oggi
la
si
sta
ripresentando
tal
quale
.
Già
ne
abbiamo
avuto
il
preannuncio
in
due
lavori
differenti
per
indole
e
qualità
dei
rispettivi
autori
,
ma
concordi
nel
significato
.
Appartiene
il
primo
a
un
giovane
scrittore
,
un
narratore
arguto
,
uno
spirito
delicato
e
profondo
,
una
coscienza
retta
e
nitida
in
cui
le
cose
e
le
idee
si
rispecchiano
con
intatta
purezza
,
Alfredo
Panzini
,
ed
è
il
Dizionario
moderno
;
appartiene
il
secondo
a
uno
scrittore
non
più
giovane
,
un
espositore
facile
e
schietto
,
un
rappresentatore
abile
ed
evidentissimo
,
Edmondo
De
Amicis
,
ed
è
l
'
Idioma
gentile
.
Il
Panzini
premette
al
suo
Dizionario
ciò
che
il
De
Amicis
svolge
nel
suo
Idioma
,
l
'
uno
sfiora
in
poche
righe
ciò
che
l
'
altro
studia
in
un
capitolo
,
ambedue
rimettono
in
discussione
i
capi
saldi
della
lingua
,
i
punti
più
notevoli
intorno
a
cui
anche
in
passato
si
era
aggirata
la
famosa
controversia
:
opposizione
della
lingua
ai
dialetti
-
sua
attitudine
alla
rappresentazione
della
vita
-
lingua
scritta
e
lingua
parlata
-
intromissione
di
parole
nuove
straniere
-
stato
presente
della
lingua
-
sua
attitudine
ad
evolversi
.
Ambedue
ricercano
ciò
che
si
può
dire
e
non
si
può
dire
,
e
perché
si
può
o
non
si
può
,
ambedue
riprendono
gli
eleganti
dibattimenti
dei
puristi
,
ambedue
s
'
intrattengono
sull
'
uso
e
sul
non
uso
,
sulla
sanzione
popolare
e
sulla
lingua
preziosa
,
ambedue
cercano
di
difendere
e
di
celebrare
e
persino
di
far
conoscere
la
vera
lingua
italiana
,
la
bella
lingua
della
patria
,
come
se
già
presentissero
gli
attacchi
degli
avversari
.
Da
qui
al
ristabilirsi
della
disputa
in
tutta
la
sua
pienezza
non
vi
è
che
un
passo
.
E
il
passo
si
compirà
.
Come
già
vi
è
chi
asserisce
che
non
esiste
una
letteratura
nazionale
,
come
testé
tra
l
'
Ojetti
e
il
Bracco
si
è
discusso
intorno
all
'
esistenza
di
un
teatro
nazionale
,
domani
nelle
ricerche
e
nelle
critiche
che
si
faranno
circa
i
due
libri
sopranominati
si
dirà
dagli
uni
che
noi
non
abbiamo
una
lingua
nazionale
e
dagli
altri
che
non
l
'
abbiamo
mai
avuta
più
di
adesso
splendida
e
sonora
.
Io
stesso
,
che
pur
mi
domando
quasi
irosamente
,
che
cosa
sia
infine
questa
serie
di
parole
che
ci
esce
dalla
bocca
e
dalla
penna
e
che
non
si
può
ragionevolmente
attribuire
al
turco
,
al
cinese
,
all
'
ottentotto
,
io
stesso
,
malgrado
le
mie
intenzioni
in
contrario
,
sono
portato
invincibilmente
a
discutere
su
questo
rompicapo
,
a
aprire
anzi
il
fuoco
della
discussione
.
Ma
io
non
voglio
imporre
alcun
apprezzamento
decisivo
né
infliggere
alcuna
esumazione
storica
di
precedenti
.
Io
mi
limiterò
a
una
osservazione
particolare
che
è
di
solito
trascurata
.
Si
è
già
in
passato
accennato
alla
perniciosa
antitesi
verificantesi
presso
di
noi
tra
lingua
scritta
e
lingua
parlata
in
causa
dei
dialetti
,
del
poco
onore
in
cui
è
tenuto
un
bel
parlare
e
della
tendenza
delle
classi
signorili
a
usare
una
lingua
straniera
.
Ma
di
questa
antitesi
che
è
il
fondamento
e
il
movente
di
tutta
la
questione
non
è
stata
calcolata
tutta
la
portata
.
Manca
a
noi
e
in
genere
a
tutti
i
popoli
moderni
la
serenità
contemplativa
dei
Greci
antichi
in
cospetto
e
sotto
le
spire
delle
passioni
,
manca
a
noi
il
dominio
estetico
delle
passioni
e
perciò
ci
manca
la
grande
arte
tragica
,
la
quale
consiste
essenzialmente
nella
rappresentazione
estetica
e
quindi
impassibile
del
più
veemente
furore
.
Era
proprio
il
gesto
più
delirante
,
l
'
agonia
convulsa
del
guerriero
ferito
,
lo
schianto
della
madre
orbata
del
figlio
,
che
il
Greco
voleva
vedere
espresso
nell
'
atteggiamento
più
nobile
e
armonioso
;
era
l
'
impeto
delle
più
terribili
furie
del
sentimento
che
il
Greco
voleva
ascoltare
rivelato
nel
discorso
più
illustre
e
perfetto
,
col
massimo
decoro
verbale
.
La
lingua
artistica
,
la
lingua
letteraria
era
per
il
Greco
dei
tempi
di
Sofocle
la
lingua
più
fervida
di
vita
,
la
lingua
della
passione
.
Per
noi
è
l
'
opposto
;
il
linguaggio
letterario
ci
disturba
e
ci
contraria
nella
espressione
della
passione
;
nei
momenti
tragici
quanto
più
il
discorso
è
incoerente
e
rozzo
e
la
parola
si
riadduce
all
'
urlo
primordiale
tanto
più
ci
piacciono
.
Da
qui
l
'
opposizione
fra
lingua
scritta
e
parlata
,
poiché
gli
scrittori
anche
nelle
scene
di
passione
serbano
una
certa
dignità
di
linguaggio
a
cui
nella
azione
diretta
l
'
uomo
rinuncia
e
da
cui
repugna
.
Ma
altrove
,
in
Inghilterra
e
in
Francia
,
tale
opposizione
è
meno
sentita
per
l
'
identità
fondamentale
delle
due
forme
di
espressione
letteraria
e
parlata
,
di
cui
l
'
una
è
soltanto
più
raffinata
dell
'
altra
;
presso
di
noi
invece
diventa
antitesi
irrimediabile
,
diventa
differenza
irreducibile
,
poiché
le
due
forme
di
espressione
si
traducono
in
due
lingue
differenti
:
lingua
scritta
o
italiano
,
lingua
parlata
o
dialetto
.
L
'
inglese
e
il
francese
per
quanto
avverta
che
la
scena
di
passione
ascoltata
in
teatro
o
letta
in
un
romanzo
ha
una
struttura
verbale
diversa
da
quella
della
istessa
scena
nella
vita
reale
,
non
ne
è
urtato
;
si
tratta
in
fondo
della
stessa
lingua
e
le
differenze
non
sono
che
di
grado
;
l
'
ascoltatore
o
il
lettore
italiano
invece
si
trova
di
fronte
a
un
parlare
che
non
è
il
suo
,
che
non
è
quello
che
egli
adopera
nella
vita
vera
,
e
perciò
è
portato
a
ritenere
che
la
lingua
scritta
o
letteraria
non
sia
la
sua
lingua
,
non
sia
una
lingua
naturale
,
ma
un
artificio
,
una
convenzione
che
si
può
modificare
ad
arbitrio
,
che
si
può
respingere
od
accettare
.
Su
questo
strano
,
ma
inevitabile
concetto
che
noi
abbiamo
del
nostro
idioma
,
lasciate
lavorare
i
retori
!
Non
si
stancheranno
più
,
e
ancora
il
meno
che
possano
fare
si
è
di
negare
la
lingua
di
cui
si
valgono
per
la
loro
negazione
.