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PER UNA POLEMICA SULLA LINGUA ( CROCE BENEDETTO , 1906 )
StampaPeriodica ,
Nel libro del De Amicis sono affermazioni e sottintesi che , a mio parere , si fondano sopra un vecchio e falso concetto del linguaggio . E poiché quel libro , pel nome del suo autore , era destinato a molta divulgazione , volli mettere in guardia i lettori , contrapponendo il modo in cui si produce l ' arte dagli artisti e si giudica dagli uomini di gusto alle viete concezioni dei linguai , che in quel libro ricomparivano non certo con coerenza sistematica e intolleranza pedantesca , ma in forma temperata e perciò più insinuante . Sono lieto che il Gargàno ( al quale nessuno vorrà negare gusto di poesia e finezza di giudizio ) si sia manifestato d ' accordo con me e abbia inteso perfettamente che la mia protesta era mossa in nome dell ' arte contro coloro che esibiscono parole e frasi come merciaiuoli ambulanti i nastri e le matassine . Nondimeno ad alcuno è sembrato che gli scolaretti negligenti d ' Italia dovessero promuovere una dimostrazione di gratitudine verso di me ; ad altri , che volessi rendere superflue le cattedre d ' italiano , col relativo personale insegnante ; altri ancora ha gridato all ' anarchia ; finanche il mio venerato amico prof . D ' Ancona mi ha fatto un mezzo rabuffo : " La lingua non è una metafisicheria campata in aria , ad apprender la quale e ad usarla bastino dei concetti astratti ... Chi non la vuole studiare , non la studî ; ma non ambisca al vanto di scrittore , ecc . ecc . " . - " Pace , o esacerbati spiriti fraterni ! " . Se volete proporre , come si dice , uno " stringimento di freni " e rendere la scuola più rigorosa e laboriosa , accoglietemi , vi prego , tra i vostri gregarî . Io non ho pensato niente di ciò che mi attribuite . La scuola , si sa , non può procedere se non con le leggi stesse dello svolgimento dello spirito umano ; e la teoria da me sostenuta sarebbe falsa , se non avesse rispondenza in quel che ogni bravo insegnante fa da sé , senz ' aspettare la mia parola , per naturale dirittura di mente . Ogni bravo insegnante non insegna la lingua , ma fa leggere e gustare gli scrittori ; comunica , dunque , non la lingua astratta , ma la lingua incarnata . Non corregge sopra un modello arbitrario e meccanicamente gli scritti dei suoi alunni , ma , mettendosi nello spirito di ciascuno , mostra a ciascuno quel che veramente intendeva dire e non ha detto . Non uccide l ' individualità degli scolari , ma fa sì che ciascuno ritrovi veramente sé stesso . - Mi è stato domandato : deve o no un insegnante correggere una parola dialettale che sia nello scritto di un suo alunno , e sostituirvi la parola esatta italiana ? e , se sì , ciò non contrasta con la vostra teoria ? - Che cosa debba correggere , l ' insegnante intelligente deve saperlo lui , caso per caso : " vocabolo dialettale " è determinazione troppo vaga perché vi si possa fondare sopra una legge : sì , no , secondo i casi . Ecco perché quell ' eventuale " correzione " addotta in esempio non sta contro la tesi che io sostengo . Quanto agli insegnanti pedanti per fanatismo o per comodo ( essere pedanti è talvolta comodo , perché risparmia fatiche d ' indagini ) , quelli , senza dubbio , le stanno contro , come la mia tesi sta contro di loro . Ma non sarà poi da dolersi , se taluno di quegli insegnanti verrà scosso nel suo fanatismo e nella sua pigrizia e costretto a un esame di coscienza e , per avventura , a cangiare strada . Pure ( s ' incalza , ed è questa l ' obiezione che sembra assai grave ) , nelle scuole non si può far di meno di vocabolari , di frasarî , di nomenclature ; bisogna che l ' alunno si fornisca di una certa provvista di ricordi linguistici , che comporrà il fondo della sua cultura letteraria . - E qui io non so che cosa mi dire , perché ogni qual volta ( e sono già parecchie ) ho criticato l ' assurdità teorica della Rettorica , della Grammatica , delle Istituzioni letterarie e di altrettali formazioni didascaliche , non ho lasciato mai di avvertire che , nel rispetto pratico , quelle costruzioni hanno la loro buona ragione e la loro utilità ; che non se ne può far di meno come validi sussidî . alla memoria ; e che giovano , non solamente nella scuola , ma anche fuori di essa , nella vita . In quali proporzioni e modi bisogni usarne nella scuola è un altro problema , che solamente l ' insegnante intelligente può risolvere e , sempre , caso per caso . Ma ciò che è sussidio alla memoria dà la parte , per così dire , materiale ed estrinseca dell ' insegnamento ; e invece il nostro discorso si aggirava intorno all ' insegnamento vero e proprio . Se si esce dalla questione , si potrà sostenere perfino ( e non si sosterrà poi il falso ) che per l ' insegnamento dell ' italiano sia necessario che gli alunni non giungano a scuola con lo stomaco vuoto . Il male è che , laddove nessuno ( salvo forse qualche lombrosiano ) pretende giudicare una pagina secondo che lo scrittore l ' abbia scritta o no a stomaco digiuno , moltissimi invece , per confusione mentale , si fanno a cangiare i sussidî meccanici dell ' apprendimento in criterî di produzione e in giudizî sull ' arte . E questo è il nodo , molto semplice ma molto stretto , della questione . Nel " Marzocco " del 23 e del 30 luglio 1905 . " Rass . bibliogr . d . lett . ital . " , XIII , p . 268 .