StampaPeriodica ,
Si
è
svolto
le
settimane
scorse
a
Urbino
,
nell
'
ambito
dei
consueti
simposi
estivi
di
semiotica
,
un
convegno
sul
pettegolezzo
.
Ne
raccoglieva
notizia
anche
Beniamino
Placido
su
la
Repubblica
di
domenica
23
luglio
,
con
alcune
riflessioni
sulle
quali
tornerò
alla
fine
.
Quanto
sto
per
dire
mi
è
venuto
alla
mente
discutendo
le
relazioni
di
Isabella
Pezzini
,
Maria
Pia
Pozzato
e
Giampaolo
Caprettini
,
e
ascoltando
gli
interventi
di
Paolo
Fabbri
,
Siri
Nergaard
e
altri
.
Non
ricordo
più
chi
abbia
detto
cosa
,
ma
il
bello
dei
convegni
è
che
alla
fine
ti
ritrovi
con
qualche
idea
in
testa
in
più
,
e
la
paternità
è
dubbia
.
Si
era
parlato
del
pettegolezzo
televisivo
,
a
cui
sono
dedicate
specifiche
trasmissioni
,
e
in
cui
si
trascina
qualcuno
a
fare
confessioni
sulla
propria
vita
privata
.
Ora
,
il
pettegolezzo
classico
,
quello
che
si
fa
nel
villaggio
,
in
portineria
o
all
'
osteria
,
è
(
era
?
)
un
elemento
di
coesione
sociale
.
Non
si
spettegola
mai
dicendo
di
qualcuno
che
è
sano
,
fortunato
e
felice
;
si
spettegola
su
un
difetto
,
un
errore
,
una
sfortuna
altrui
.
Così
facendo
gli
spettegolanti
in
qualche
modo
partecipano
alle
sventure
degli
spettegolati
(
il
pettegolezzo
non
implica
sempre
disprezzo
,
può
indurre
anche
a
compassione
)
.
Però
esso
funziona
se
gli
spettegolati
non
sono
presenti
(
altrimenti
sarebbe
solo
aggressione
)
e
non
sanno
di
essere
spettegolati
(
o
possono
salvar
la
faccia
facendo
finta
di
non
saperlo
)
.
Questo
dà
un
senso
di
potere
agli
spettegolanti
(
"
noi
sappiamo
ma
tu
non
sai
che
sappiamo
"
)
,
i
quali
debbono
essere
convinti
di
possedere
un
segreto
,
e
felici
di
possederlo
in
compagnia
di
molti
.
Quando
lo
spettegolato
mostra
di
sapere
,
di
solito
avviene
la
piazzata
(
"
brutta
linguaccia
,
so
che
vai
a
dire
in
giro
che
...
"
)
.
Avvenuta
la
piazzata
,
la
voce
è
pubblica
.
Chi
fa
la
piazzata
,
nel
momento
in
cui
ha
reagito
pubblicamente
,
ha
ratificato
il
pettegolezzo
,
anche
se
era
falso
.
Quindi
non
c
'
è
più
nulla
su
cui
spettegolare
.
Nel
pettegolezzo
televisivo
,
invece
,
non
si
parla
mai
male
di
qualcuno
che
non
c
'
è
,
perché
sarebbe
penalmente
perseguibile
,
e
perché
lo
spettacolo
ha
sapore
solo
se
è
la
vittima
che
spettegola
di
sé
,
parlando
delle
proprie
vicende
intime
.
Gli
spettegolati
sono
i
primi
a
sapere
,
e
tutti
sanno
che
essi
lo
sanno
.
Non
sono
vittime
di
alcuna
mormorazione
.
Non
c
'
è
alcun
gusto
sussurrarsi
il
giorno
dopo
"
hai
sentito
che
il
Tale
ha
ammesso
ieri
in
Tv
di
essere
cornuto
?
"
Non
c
'
è
più
segreto
.
In
secondo
luogo
non
si
può
infierire
sugli
spettegolati
(
hanno
avuto
il
coraggio
di
ammettere
)
ma
neppure
commiserarli
(
dalla
confessione
hanno
tratto
un
vantaggio
invidiabile
,
la
pubblica
esposizione
)
.
Il
bello
del
pettegolezzo
classico
era
che
,
sino
a
che
lo
spettegolato
non
si
tradiva
con
la
piazzata
,
la
mormorazione
poteva
continuare
senza
limite
.
La
comare
,
su
un
adulterio
altrui
,
poteva
campare
per
anni
.
Lo
spettatore
televisivo
,
invece
,
dopo
che
il
Tale
ha
confessato
,
non
ha
più
nulla
da
sapere
.
E
infatti
alla
prossima
puntata
del
programma
occorrerà
che
qualcun
altro
cominci
di
nuovo
,
autospettegolandosi
.
Così
ogni
giorno
c
'
è
un
pettegolezzo
nuovo
,
che
muore
appena
reso
pubblico
,
e
i
pettegolezzi
precedenti
si
sono
ormai
autodistrutti
.
La
Tv
ha
ucciso
il
pettegolezzo
,
che
pure
aveva
importanti
funzioni
sociali
.
Placido
,
riprendendo
Blackmur
,
suggeriva
che
il
mito
fosse
un
pettegolezzo
stagionato
.
Probabilmente
i
miti
sono
nati
come
pettegolezzi
,
perché
servivano
a
familiarizzarci
con
gli
dei
,
compiangendone
o
condannandone
miserie
e
magagne
(
varrà
la
pena
di
osservare
che
le
religioni
monoteistiche
non
consentono
il
pettegolezzo
,
che
al
massimo
diventa
atto
blasfemo
,
falso
e
bugiardo
)
.
Dovremmo
dire
che
il
mito
,
essendo
racconto
pubblico
,
non
avrebbe
dovuto
dare
agli
spettegolanti
il
gusto
di
possedere
alcun
segreto
.
Ma
forse
il
poeta
tragico
era
colui
che
metteva
gli
spettatori
nello
stato
d
'
animo
di
chi
ascolta
un
segreto
per
la
prima
volta
,
e
ciascuno
si
sentiva
spaventosamente
e
gloriosamente
solo
sulle
gradinate
affollate
dell
'
anfiteatro
.
E
questo
deve
avere
a
che
fare
in
qualche
modo
con
la
catarsi
,
anche
se
non
mi
azzardo
a
proporne
nuove
interpretazioni
.
Dovremo
dire
allora
che
il
cosiddetto
pettegolezzo
televisivo
-
se
pure
non
è
pettegolezzo
-
ha
qualcosa
a
che
vedere
con
il
mito
?
Credo
proprio
di
no
.
Il
mito
prende
un
essere
divino
,
superiore
a
noi
e
,
spettegolandone
,
ci
dice
che
in
fondo
è
per
molti
versi
uguale
a
noi
.
La
trasmissione
televisiva
prende
un
essere
uguale
a
noi
e
,
spettegolandone
,
ci
dice
che
proprio
per
questo
dovremmo
considerarlo
una
divinità
.
Non
escludo
che
qualche
spettatore
sottosviluppato
possa
confondere
queste
due
dinamiche
.
Ma
forse
la
memoria
di
Venere
,
che
tradisce
Vulcano
,
ha
la
possibilità
di
durare
più
a
lungo
di
quella
dell
'
ultimo
autolesionista
visto
sullo
schermo
.