StampaQuotidiana ,
Ho
conosciuto
anni
fa
in
una
città
di
provincia
un
uomo
di
pasta
così
dolce
che
non
sapeva
che
cosa
fosse
dire
no
.
Una
volta
,
sotto
le
feste
di
carnevale
,
gli
fecero
fare
da
suggeritore
in
certe
recite
di
beneficenza
.
Or
bene
,
si
investiva
talmente
delle
parti
che
veniva
suggerendo
,
che
anche
alla
seconda
e
terza
replica
tornava
,
come
la
prima
sera
,
a
commuoversi
nelle
scene
dolorose
in
modo
da
non
riuscire
a
leggere
il
copione
per
le
lagrime
che
gli
facevano
velo
.
E
mentre
si
ripuliva
gli
occhiali
la
recitazione
tremolava
tutta
come
i
riflessi
d
'
un
tempietto
nelle
acque
d
'
un
lago
attraversato
da
una
flottiglia
di
cigni
neri
.
In
proposito
resti
quello
del
Metastasio
:
«
Sarebbe
un
picciol
cuoco
ed
inetto
quello
che
non
sapesse
far
sentire
gli
effetti
della
sua
magistrale
esperienza
se
non
agli
altri
cuochi
suoi
pari
»
.
Oh
via
,
ciascuno
serva
e
segua
come
può
meglio
il
proprio
talento
.
La
riuscita
peggiore
sempre
la
farebbero
gli
aridi
che
volessero
fingere
una
dolcezza
che
in
cuore
non
hanno
e
i
paciocconi
che
per
farsi
credere
al
corrente
(
ce
n
'
è
,
ce
n
'
è
)
si
mettessero
anche
loro
a
fare
i
difficilini
.
(
Una
cosa
m
'
auguro
:
che
all
'
inferno
gli
annoiatori
di
professione
stiano
in
una
bolgia
a
sé
,
senza
comunicazione
con
le
altre
)
.
Faccio
ogni
tanto
delle
scommesse
con
me
stesso
.
Leggendo
le
Lettere
al
marchese
Hercolani
sopra
alcune
particolarità
della
Baviera
(
1762
)
di
Gianlodovico
Bianconi
,
personaggio
serissimo
,
erudito
imparruccatissimo
,
Consigliere
di
Corte
presso
Augusto
III
duca
di
Sassonia
e
re
di
Polonia
,
avevo
scommesso
d
'
arrivare
in
fondo
al
volume
.
Stavo
lì
lì
per
perdere
la
scommessa
,
quando
mi
arriva
sott
'
occhio
un
periodo
il
quale
ricàrica
di
colpo
tutta
la
mia
attenzione
:
Ci
sono
dei
critici
bonaccioni
che
si
comportano
press
'
a
poco
come
quel
suggeritore
di
provincia
.
Sul
più
bello
della
lettura
(
che
a
farlo
apposta
coincide
quasi
sempre
col
più
brutto
)
lagrimano
dalla
consolazione
d
'
aver
trovato
quello
che
cercavano
.
Critici
da
ridere
.
Eppure
,
non
si
sa
se
siano
peggio
di
quei
critici
che
entrano
nei
libri
nuovi
schioccando
la
frusta
del
domatore
e
non
sono
contenti
fino
a
quando
non
si
siano
messi
libro
e
autore
sotto
i
piedi
.
E
se
quello
che
per
soverchia
arrendevolezza
d
'
animo
deve
togliersi
gli
occhiali
per
asciugar
le
lagrime
è
critico
da
ridere
,
quest
'
altro
che
si
fa
un
obbligo
d
'
avere
gli
occhi
sempre
asciutti
e
adopera
in
conformità
un
cifrario
talmente
risecchito
che
poi
se
lo
capiscono
,
o
fanno
finta
di
capirselo
,
solo
gli
ascritti
alla
setta
degli
Impassibili
,
è
critico
da
piangere
.
Da
piangere
,
non
da
compiangere
:
ché
non
ho
mai
conosciuto
gente
più
soddisfatta
e
piena
di
sé
che
tipi
siffatti
.
Vedersi
poco
o
punto
intesi
è
per
essi
già
un
diploma
di
eccezionale
superiorità
.
E
buon
pro
gli
faccia
;
per
quanto
il
nostro
modesto
parere
Voi
avrete
osservato
che
la
maggior
parte
delle
contadine
Tedesche
portano
le
gonne
assai
corte
,
come
portàvanle
,
al
dir
d
'
Euripide
,
le
fanciulle
spartane
,
chiamate
perciò
da
'
Greci
mostratrici
di
coscie
.
Immaginatevi
adunque
qual
allegria
regni
ne
'
loro
balli
,
e
quale
orgasmo
.
Ben
detto
,
consigliere
Parruccone
.
Orgasmo
viene
dal
greco
e
significa
agitazione
di
sangue
.
E
adesso
mi
toccherà
di
leggere
anche
Euripide
...
Contadinella
nostrana
assai
più
composta
vive
nelle
strofette
della
Villanella
tutta
-
Natura
dell
'
abate
Aurelio
Bertòla
,
in
Arcadia
Ticofilo
Cimmerio
:
Le
gambe
,
ove
col
breve
Piè
svelto
hanno
corfin
,
Careggia
lieve
lieve
Un
grigio
gonnellin
.
Il
zefiro
alcun
poco
Increspando
lo
va
:
Amor
gode
a
quel
gioco
,
Ed
ella
ancor
no
'
l
sa
.
Ha
sedici
anni
,
occhi
celesti
,
gote
di
mela
rosa
,
veste
un
corsetto
porporino
sopra
una
camiciola
bianca
come
la
neve
.
Fa
d
'
un
'
azzurra
maglia
A
l
'
auree
trecce
un
fren
E
un
cappellin
di
paglia
In
su
l
'
orecchio
tien
.
Miniatura
,
dove
c
'
è
tutta
la
grazia
e
il
colore
del
festevole
Settecento
.
(
Quella
retina
di
colore
a
chiudere
i
capelli
sarà
come
quella
tornata
ieri
di
moda
?
)
Figurina
,
direte
,
troppo
elegante
per
una
villanella
di
Torre
del
Greco
e
che
pare
venir
fuori
da
una
copertina
di
rivista
di
mode
.
Ma
la
puzza
di
piedi
e
le
croste
al
ginocchio
non
hanno
cittadinanza
nella
buona
letteratura
italiana
,
e
tanto
meno
nella
nostra
poesia
pastorale
.
Per
certo
«
villanella
»
,
al
pari
di
«
forosetta
»
e
come
,
in
fondo
,
anche
la
«
donzelletta
»
e
il
«
garzoncello
»
del
Sabato
del
villaggio
,
e
tutte
le
«
pastorale
»
e
le
«
ninfe
»
che
popolano
tre
secoli
abbondanti
della
nostra
letteratura
,
sono
parole
oramai
troppo
sbiadite
all
'
occhio
e
all
'
orecchio
.
Ma
dovremmo
per
questo
,
per
una
paroletta
sbiadita
,
per
un
'
espressione
ammanierata
,
buttare
a
mare
secoli
di
poesia
?
So
anch
'
io
che
basta
la
parola
«
ninfa
»
a
rendere
sospetta
e
stucchevole
tutta
la
pagina
:
ma
provate
a
sostituirla
con
un
nome
a
voi
caro
,
oppure
metteteci
bella
guagliona
,
bella
tosa
,
bella
mula
,
bella
maschietta
:
a
volte
questo
basterà
perché
tutto
il
quadro
si
riànimi
.
È
quel
che
accade
per
la
parola
«
fiera
»
o
«
fera
»
,
che
da
Petrarca
in
poi
ha
empito
le
carte
di
Parnaso
;
ma
non
c
'
è
affatto
bisogno
che
tutte
le
volte
che
vi
c
'
imbattete
andiate
proprio
a
pensare
ai
clamori
e
ai
fetori
dello
Zoo
:
le
più
volte
si
tratta
d
'
un
cagnolino
,
d
'
un
canarino
,
d
'
uno
scoiattolo
.
Si
arriva
fino
a
Carducci
e
al
famoso
tramonto
della
Chiesa
di
Polenta
:
taccion
le
fiere
e
gli
uomini
e
le
cose
:
ora
,
che
fiere
volete
voi
che
si
trovassero
all
'
ora
di
cena
per
quei
dolci
colli
fra
Cesena
e
Bertinoro
?
Buoi
,
cani
,
somarelli
,
galline
.
Fiere
che
facevano
coccodè
.
Tempo
già
fu
che
la
faccia
verde
e
gli
occhi
d
'
antracite
della
Belgioioso
calamitarono
i
miei
sogni
.
Ma
oggi
mi
toccano
più
a
fondo
le
gote
di
mela
rosa
della
villanella
del
Bertòla
.
Il
poeta
romantico
coi
capelli
e
la
cravatta
al
vento
,
che
dall
'
alto
d
'
una
rupe
a
picco
sul
mare
grida
alle
onde
frementi
le
sue
estasi
ed
urla
al
vento
le
sue
pene
,
è
molto
bello
.
Ma
oggi
agli
occhi
miei
è
molto
più
bello
Metastasio
che
ogni
giorno
,
racconta
il
Bertòla
nelle
sue
Osservazioni
sopra
Metastasio
(
1784
)
,
tornava
a
chiudersi
in
casa
,
a
ora
fissa
,
«
preparandosi
così
ad
accogliere
il
momento
dell
'
estro
»
.
Ispirazione
a
domicilio
.
E
l
'
abate
romagnolo
commenta
:
«
Un
sì
fatto
aspettare
a
sangue
freddo
non
è
nel
vero
da
tutti
;
e
vi
si
richiede
principalmente
un
fondo
di
sofferenza
[
nel
significato
di
:
pazienza
]
che
non
è
gran
fatto
familiare
ai
poeti
»
.
Ma
anche
ai
giovani
di
sangue
caldo
che
andavano
a
trovarlo
Metastasio
garantiva
l
'
efficacia
del
proprio
metodo
:
«
Se
oggi
non
si
fa
nulla
,
non
importa
:
la
fantasia
intanto
va
riscaldandosi
sull
'
argomento
che
vi
siete
proposto
:
farete
dimani
;
ma
non
lasciate
di
pensarvi
seriamente
ogni
giorno
»
.
Sono
parole
,
credete
,
di
uno
che
se
n
'
intende
.
E
anche
diceva
,
il
Cantore
di
Nice
,
in
altra
occasione
:
«
Non
è
affatto
vero
,
come
si
crede
,
che
coteste
fanciulle
[
le
Muse
]
siano
state
meco
e
facili
e
cortesi
.
Per
farle
fare
a
mio
modo
ho
dovuto
sempre
sudar
moltissimo
ed
affannarmi
»
.
Farle
fare
a
proprio
modo
,
qui
è
il
punto
:
e
qui
il
divario
con
la
concezione
romantica
dell
'
ispirazione
che
tuona
dalla
nube
e
monta
dal
mare
.
Da
giovane
,
chi
non
s
'
è
fatta
una
religione
di
quella
rupe
,
di
quel
vento
,
di
quel
mare
e
di
quell
'
omìno
lassù
con
la
cravatta
svolazzante
?
Ma
oggi
non
so
che
darei
per
essere
stato
un
confidente
e
copista
del
Metastasio
che
avesse
qualche
volta
occasione
d
'
accompagnare
il
poeta
di
Corte
,
ci
-
devant
figlio
del
pizzicagnolo
di
via
dei
Cappellari
,
verso
casa
,
per
l
'
ora
di
quella
visita
,
sempre
incerta
e
sempre
possibile
,
di
Madama
Poesia
.
Salendo
le
scale
doveva
pensare
:
«
Sarà
per
oggi
,
forse
»
con
la
dolce
emozione
d
'
un
amante
non
ancora
guastato
da
troppe
fortune
né
amareggiato
da
gravi
insuccessi
.
Aspettava
un
po
'
:
e
:
«
Sarà
per
domani
,
forse
»
.
Il
conte
Alfieri
Antimetastasio
per
definizione
poetava
a
cavallo
e
controvento
,
e
più
tempaccio
faceva
,
e
più
intorno
il
paesaggio
gli
s
'
infoschiva
di
pioggia
o
illividiva
di
neve
,
e
più
pare
che
l
'
estro
gli
sfavillasse
:
dico
l
'
Alfieri
delle
Rime
,
non
delle
Tragedie
.
Di
un
interesse
particolarissimo
sono
le
indicazioni
di
tempo
,
stagione
,
luogo
,
occasione
,
annotate
ogni
volta
in
fondo
agli
autografi
delle
Rime
,
dalle
quali
indicazioni
ricaviamo
quanti
dei
suoi
trecento
,
o
poco
meno
,
sonetti
fossero
pensati
e
composti
a
cavallo
,
e
attraverso
quali
monti
e
torrenti
,
o
per
le
selve
d
'
abeti
di
Germania
,
o
sotto
le
mura
e
sui
ponti
delle
chiare
città
di
Toscana
,
e
quanti
in
vettura
per
le
strade
acciottolate
di
Francia
,
e
quanti
a
piedi
passeggiando
sui
ventosi
«
baloardi
»
di
Parigi
:
quali
sotto
«
pioggia
dirotta
»
,
quali
tra
«
nebbia
orrenda
»
,
«
nevicando
»
,
con
«
vento
del
diavolo
»
e
simili
.
Ma
sono
quasi
altrettanto
,
se
Dio
vuole
,
i
sonetti
che
l
'
Alfieri
scrisse
a
letto
:
e
anche
per
quelli
specificava
:
«
in
letto
,
gran
neve
»
,
«
in
letto
,
su
l
'
alba
»
,
«
in
letto
,
spirando
tramontana
»
e
via
dicendo
.
Anche
Carducci
segnava
le
date
e
spesso
anche
l
'
ora
precisa
in
cui
aveva
staccato
la
penna
dal
foglio
.
A
cavallo
non
andava
.
Qualche
poesia
la
scrisse
in
treno
.
E
almeno
d
'
una
si
sa
che
anche
lui
la
scrisse
in
letto
:
un
sonetto
:
il
IX
del
Ça
ira
:
quello
,
fate
caso
,
che
comincia
:
Oh
non
mai
re
di
Francia
al
suo
levare
.
Tale
di
salutanti
ebbe
un
drappello
!
Mossa
d
'
inizio
tanto
impetuosa
e
festosa
quanto
poi
il
componimento
volge
al
cupo
e
al
raccapricciante
con
quella
testa
mozza
della
Lamballe
che
picchia
alla
finestra
del
Tempio
,
dov
'
è
prigioniera
la
Famiglia
reale
.
Tu
sorprendi
il
poeta
repubblicano
che
non
s
'
è
neanche
fidato
di
scendere
e
vestirsi
per
non
dar
tempo
alla
ispirazione
di
freddarsi
,
e
,
sollevato
sul
fianco
nel
suo
lettuccio
di
ferro
tutto
circondato
da
palchetti
di
libri
,
butta
giù
a
matita
i
primi
versi
sul
rovescio
d
'
una
busta
o
sui
margini
bianchi
della
Domenica
del
Fracassa
.
Stando
dunque
in
letto
il
poeta
s
'
immedesima
col
re
di
Francia
nella
rievocazione
dei
petits
e
dei
grands
levers
nella
raggiante
Versaglia
,
cui
assisteva
,
per
gran
privilegio
,
la
folla
chiassosa
dei
cortigiani
.
(
Questa
del
petit
lever
di
Versaglia
stava
nel
gozzo
al
Carducci
già
da
un
pezzo
,
da
quando
nella
Consulta
araldica
aveva
inveito
contro
quelli
che
porgevano
la
camicia
di
bucato
al
dormiglioso
re
)
.
E
nessuno
mi
leva
dalla
testa
che
anche
i
primi
bellissimi
versi
dell
'
Idillio
maremmano
Co
'
l
raggio
de
l
'
april
nuovo
che
inonda
.
Roseo
la
stanza
tu
sorridi
ancora
Improvvisa
al
mio
cuore
,
o
Maria
binda
;
Giosue
non
li
vedesse
primamente
come
impressi
,
aprendo
gli
occhi
nel
suo
letto
,
sulle
pareti
di
carta
fiorata
,
in
quel
beato
mattino
d
'
aprile
del
1867
.