StampaQuotidiana ,
La
maggiore
trepidazione
dell
'
anima
italiana
,
in
questi
giorni
di
sospeso
destino
,
è
per
Fiume
.
In
questo
nome
si
placano
tutte
le
discordie
e
convergono
tutte
le
speranze
.
Che
Fiume
sia
città
in
maggioranza
italiana
e
irremovibilmente
risoluta
a
non
tollerare
usurpazione
straniera
è
un
dato
di
fatto
cui
debbono
ormai
tutti
,
e
in
parte
anche
i
jugoslavi
,
inchinarsi
.
Le
statistiche
comunali
di
dicembre
1918
migliorano
,
ma
non
rovesciano
le
risultanze
della
statistica
magiara
di
otto
anni
or
sono
,
secondo
la
quale
a
24.000
italiani
non
potevano
opporsi
che
circa
14.000
fra
serbo
-
croati
e
sloveni
.
Perfino
l
'
inclusione
di
Sussak
,
se
per
Sussak
s
'
intende
non
già
il
vasto
comune
croato
di
Sussak
-
Tersatto
ma
il
sobborgo
fiumano
di
Oltreponte
,
lascerebbe
gl
'
italiani
in
maggioranza
di
circa
6000
.
Ma
più
ancora
del
numero
conta
l
'
ardore
di
questi
italiani
,
lo
slancio
irrefrenabile
con
cui
fin
dal
30
ottobre
invocarono
la
patria
che
li
aveva
sacrificati
a
non
sappiamo
quale
necessità
politica
e
ancora
oggi
la
invocano
,
decisi
ad
ottenerla
contro
qualsiasi
violenza
di
padroni
o
illecita
intrusione
di
terzi
.
Ma
non
occorre
insistere
.
La
conoscenza
della
volontà
di
Fiume
è
ormai
così
vittoriosamente
diffusa
che
più
nessuno
pensa
di
soggiogare
questa
città
alla
Croazia
,
contro
la
quale
essa
combatté
tutte
le
sue
lotte
storiche
.
Perché
dunque
si
tarda
a
consacrarne
il
diritto
di
autodecisione
?
perché
si
coltivano
espedienti
intermedii
e
si
propone
d
'
istituire
Fiume
col
suo
angusto
territorio
in
Stato
neutro
e
sovrano
,
staccato
dalla
Jugoslavia
e
dall
'
Italia
?
Tale
proposito
si
attribuisce
sopra
tutto
all
'
Inghilterra
e
all
'
America
,
a
Lloyd
George
ed
a
Wilson
.
Anche
a
Wilson
,
a
colui
che
con
incomparabile
eloquenza
sostenne
il
diritto
dei
popoli
di
disporre
della
loro
sorte
.
Le
malignità
di
retroscena
che
si
narrarono
per
spiegare
alcune
inesplicabili
opposizioni
al
diritto
di
Fiume
non
possono
toccare
quest
'
uomo
.
Se
ancora
egli
crede
che
la
libertà
di
Fiume
debba
essere
manomessa
,
che
il
principio
generale
di
cui
egli
si
fece
mallevadore
debba
subire
un
'
infrazione
forse
più
grave
di
ogni
altra
,
perché
ferirebbe
in
pari
tempo
un
piccolo
popolo
uscito
di
schiavitù
e
un
grande
popolo
vincitore
,
diviene
necessario
pensare
che
questa
impressionante
infedeltà
debba
giustificarsi
con
alti
e
imperiosi
motivi
.
Ma
a
tale
presunzione
logica
non
sa
dare
risposta
soddisfacente
nessuna
analisi
dei
fatti
.
Riconosciuto
che
la
maggioranza
di
Fiume
è
italiana
e
d
'
italiano
volere
,
solo
tre
generi
di
ostacoli
possono
intralciare
l
'
adempimento
delle
deduzioni
logiche
e
morali
che
discendono
dalle
premesse
.
Si
può
obbiettare
in
primo
luogo
che
l
'
Italia
ufficiale
non
chiese
Fiume
nel
trattato
concluso
a
Londra
in
aprile
1915
.
È
l
'
obbiezione
diplomatica
.
Si
può
obbiettare
in
secondo
luogo
che
occorre
ai
jugoslavi
e
agli
altri
popoli
dell
'
interno
un
libero
sbocco
adriatico
.
E
l
'
obbiezione
economica
.
Si
può
obbiettare
in
terzo
e
ultimo
luogo
che
per
la
solidità
della
pace
futura
è
necessario
giungere
a
un
compromesso
fra
italiani
e
jugoslavi
,
sicché
né
gli
uni
né
gli
altri
realizzino
integralmente
il
programma
massimo
nazionale
,
e
,
pur
essendo
,
com
'
è
giusto
,
favorita
l
'
Italia
,
sia
data
in
qualche
punto
soddisfazione
alla
tracotante
rivale
.
È
l
'
obbiezione
politica
.
Non
spenderemo
parole
sull
'
obbiezione
diplomatica
.
È
superfluo
dire
al
Presidente
Wilson
,
non
sospetto
di
ortodossia
diplomatica
e
di
bigotto
ossequio
pei
trattati
segreti
,
che
il
documento
di
Londra
,
qualunque
cosa
esso
valga
,
val
meno
della
volontà
di
Fiume
e
dell
'
Italia
e
che
sarebbe
cosa
da
Antico
Testamento
punire
il
popolo
italiano
e
il
popolo
fiumano
perché
quattr
'
anni
or
sono
alcuni
diplomatici
italiani
e
russi
,
inglesi
e
francesi
,
per
motivi
che
ora
è
inutile
ricercare
,
non
iscrissero
quella
partita
nel
libro
del
nostro
credito
nazionale
.
Più
seria
può
sembrare
l
'
obbiezione
economica
.
E
non
staremo
a
ripetere
ciò
che
ormai
da
tutti
si
conosce
sulla
compartecipazione
relativamente
scarsa
della
Jugoslavia
al
traffico
di
Fiume
.
Non
ritorneremo
sulla
dimostrazione
incontestabile
che
porta
naturale
dell
'
Austria
,
della
Boemia
,
della
Slovenia
è
Trieste
meglio
che
Fiume
.
Non
enumereremo
ancora
una
volta
i
sei
,
o
nove
,
o
dodici
sbocchi
adriatici
che
rimarranno
ai
jugoslavi
anche
senza
Fiume
.
E
per
comodità
di
discussione
ammetteremo
senz
'
altro
che
Fiume
,
già
collegata
col
sistema
ferroviario
medieuropeo
ed
egregiamente
attrezzata
,
sia
in
condizione
di
privilegio
:
che
del
suo
porto
abbiano
necessità
i
jugoslavi
e
tutti
gli
altri
.
Ma
forse
l
'
Italia
nega
ai
jugoslavi
ed
agli
altri
il
porto
di
Fiume
?
forse
essa
si
batte
per
il
monopolio
dei
docks
anzi
che
per
la
libertà
dei
cittadini
?
aspira
a
intascare
trenta
danari
o
non
piuttosto
a
salvare
trentamila
anime
di
suoi
fratelli
?
Se
v
'
è
coscienza
nazionale
non
annerita
dal
ferro
e
dal
carbone
né
ingiallita
dall
'
oro
,
questa
è
la
coscienza
nazionale
italiana
.
Nessuno
ha
ancora
dimostrato
che
non
sia
possibile
dar
Fiume
all
'
Italia
,
impegnando
l
'
Italia
a
rispettare
tutte
le
servitù
di
transito
che
si
riterranno
necessarie
e
a
considerare
quel
porto
come
bene
comune
,
a
tener
quella
porta
spalancata
per
tutti
i
popoli
.
Nessuno
ha
ancora
dimostrato
che
l
'
idealismo
wilsoniano
non
andrebbe
in
malora
se
ai
criteri
strategici
degli
antichi
imperialismi
militareschi
e
sciabolatori
si
sostituissero
i
criteri
economici
e
portuali
dei
nuovi
imperialismi
plutocratici
e
accaparratori
.
Se
è
iniquo
che
i
popoli
seguano
le
sorti
delle
linee
offensive
e
difensive
e
delle
teste
di
ponte
,
non
è
meno
iniquo
che
siano
spartiti
secondo
le
ubicazioni
dei
giacimenti
minerari
e
gli
assi
dei
sistemi
ferroviari
e
fluviali
.
Il
porto
di
Fiume
sia
di
tutti
;
ma
l
'
anima
di
Fiume
non
può
essere
che
nostra
.
L
'
obbiezione
politica
è
la
più
importante
.
Se
non
che
,
maturamente
esaminata
,
si
volge
proprio
contro
quelli
che
vorrebbero
giovarsene
per
imporre
una
soluzione
ibrida
del
problema
di
Fiume
.
Si
vuole
un
compromesso
per
far
sì
che
gradatamente
,
nella
convinzione
del
reciproco
sacrificio
,
s
'
attenuino
i
rancori
fra
italiani
e
jugoslavi
e
divenga
possibile
una
pacifica
convivenza
sul
comune
mare
.
Ma
in
nessun
luogo
un
compromesso
è
più
difficile
,
in
nessun
luogo
un
mezzo
termine
è
più
pericoloso
che
a
Fiume
.
Si
pensi
a
questo
misero
e
soffocato
staterello
neutro
fra
Italia
e
Jugoslavia
,
a
questo
minuscolo
vaso
di
coccio
fra
i
due
vasi
di
bronzo
.
Forse
che
col
non
risolvere
il
quesito
lo
si
cancella
?
forse
che
,
dichiarata
Fiume
città
sovrana
,
cesseranno
di
vivere
e
di
lottare
entro
le
sue
mura
italiani
e
slavi
?
Gli
uni
e
gli
altri
sentiranno
la
precarietà
del
provvedimento
;
gli
uni
e
gli
altri
cercheranno
di
assicurare
la
loro
piccola
patria
alla
loro
grande
patria
.
Le
lotte
ch
'
erano
già
aspre
diverranno
crudeli
.
Probabilmente
il
primo
e
ultimo
atto
del
Parlamento
fiumano
consisterebbe
in
una
formale
deliberazione
di
annessione
all
'
Italia
.
Se
la
città
è
sovrana
,
nessuno
può
impedirle
di
esercitare
la
sovranità
abdicando
.
Se
il
territorio
italiano
sarà
confinante
con
quello
di
Fiume
,
quale
forza
umana
potrà
radicare
i
pali
dell
'
arbitrario
confine
?
quale
Società
delle
Nazioni
potrà
accollarsi
un
compito
da
Santa
Alleanza
e
consacrare
col
sangue
lo
statu
quo
?
Ovvero
supponiamo
che
l
'
Italia
giunga
soltanto
all
'
Arsa
o
al
Monte
Maggiore
o
ai
Caldiera
,
che
una
striscia
di
territorio
jugoslavo
sia
,
come
una
spada
,
tra
Fiume
e
l
'
Italia
.
E
questo
il
modo
di
metter
pace
fra
l
'
Italia
e
Jugoslavia
?
si
farà
la
conciliazione
col
filo
della
spada
?
O
supponiamo
infine
che
questo
futile
e
grottesco
statu
quo
,
simile
a
quelli
che
il
concerto
europeo
decretava
nei
Balcani
,
si
prolunghi
per
mesi
e
per
anni
.
Ma
l
'
Italia
farà
quanto
è
in
lei
per
attrarre
le
merci
e
gli
uomini
verso
Trieste
e
cercherà
amici
dovunque
;
e
dovunque
cercherà
amici
la
Jugoslavia
perché
la
prosperità
di
Fiume
soffochi
Trieste
.
Mentre
le
cittadinanze
che
vivranno
in
vista
di
queste
e
di
quelle
banchine
si
tenderanno
le
braccia
,
la
rivalità
fra
i
due
porti
diverrà
spietata
e
feroce
,
poiché
la
prosperità
di
Trieste
rinfocolerebbe
l
'
irredentismo
italiano
di
Fiume
,
mentre
la
vittoria
del
porto
di
Fiume
avviverebbe
l
'
irredentismo
sloveno
nell
'
Istria
italiana
.
E
questa
la
pace
giusta
?
è
questa
la
pace
duratura
?
Noi
ricordiamo
il
fervore
,
che
anche
all
'
ospite
parve
favoloso
,
con
cui
Wilson
fu
accolto
in
Italia
.
In
quel
delirio
quasi
idolatrico
v
'
era
gratitudine
pel
suo
intervento
di
guerra
e
fede
nel
suo
intervento
di
pace
.
Ancora
una
volta
,
in
quest
'
appassionata
vigilia
,
ci
rivolgiamo
a
lui
perché
egli
ricordi
che
una
giusta
e
saggia
soluzione
del
problema
di
Fiume
è
una
insostituibile
pietra
angolare
della
pace
e
che
Fiume
città
libera
e
neutra
,
s
'
egli
voglia
un
istante
riflettere
su
questi
nostri
ragionamenti
,
è
una
soluzione
senza
giustizia
e
senza
saggezza
.
Anzi
,
non
è
affatto
una
soluzione
.
E
un
fiacco
espediente
dilatorio
destinato
a
perpetuare
la
discordia
.