StampaQuotidiana ,
Aquileia
,
21
aprile
.
Natale
di
Roma
.
Dopo
Terzo
entro
sulla
strada
romana
che
arriva
diritta
fino
a
Belvedere
,
a
pochi
passi
dall
'
imbarco
per
Grado
,
e
m
'
appare
il
campanile
d
'
Aquileia
quasi
nero
contro
il
cielo
basso
e
piovoso
.
Ai
suoi
piedi
la
pianura
è
tutta
verde
d
'
un
verde
schietto
e
lavato
,
nato
da
un
mese
.
Non
avevo
più
riveduto
il
campanile
dai
giorni
dell
'
armistizio
.
No
,
non
è
un
campanile
da
chiesa
:
è
una
torre
da
fortezza
,
così
alta
e
quadrata
e
imperiale
e
incrollabile
che
le
campane
stanno
appese
lassù
come
un
amuleto
al
collo
d
'
un
gigante
.
E
attorno
per
miglia
non
c
'
è
di
vivo
che
lui
.
È
stato
per
tre
anni
di
guerra
una
di
quelle
cime
cui
dalle
trincee
e
dalle
retrovie
,
dai
monti
e
dalla
palude
,
convergevano
col
sole
cento
e
centomila
sguardi
e
speranze
,
come
le
onde
elettriche
alle
antenne
d
'
una
radio
:
il
castello
rotondo
di
Gorizia
,
la
vetta
precipite
del
monte
Santo
,
le
gobbe
gialle
del
San
Michele
,
la
rocca
bigia
di
Monfalcone
,
il
campanile
d
'
Aquileia
.
Quando
giungevi
lassù
,
non
scorgevi
anima
viva
,
ma
ti
pareva
d
'
essere
alla
ribalta
e
che
compagni
e
nemici
te
solo
guardassero
.
Soffia
scirocco
,
e
pioviggina
.
Nei
canali
l
'
acqua
che
pel
vento
rigurgita
dalla
laguna
,
viene
coprendo
le
sponde
,
ne
accarezza
per
un
poco
l
'
erba
tenera
,
la
fa
oscillare
quasi
già
fosse
alga
,
poi
la
sommerge
.
In
questa
bassura
,
appena
piove
,
l
'
acqua
si
mette
a
pullulare
su
dal
suolo
come
se
quella
che
cade
dal
cielo
non
sia
che
un
richiamo
al
mare
nascosto
sotto
i
giunchi
e
le
canne
,
da
punta
Sdobba
a
Treporli
.
Sembra
di
stare
sopra
una
gran
zattera
tra
le
cui
travi
s
'
oda
sempre
lo
sciacquio
dell
'
onda
.
Aquileia
è
pallida
e
solitaria
.
Da
vicino
,
la
sua
torre
,
le
rotte
colonne
,
le
arche
,
tutte
le
sue
pietre
hanno
sotto
la
livida
luce
il
colore
delle
nubi
.
Dalla
cella
della
torre
pende
un
tricolore
sbiadito
,
una
ancóra
di
quelle
bandiere
lunghe
quanto
orifiamme
che
improvvisavamo
in
guerra
con
tre
quadrati
tagliati
da
tre
teli
di
cotonina
troppo
bassi
:
come
s
'
erano
trovati
dal
merciaio
di
Cervignano
,
di
Cormons
,
di
Gorizia
.
Il
cuore
mi
batte
come
se
dovessi
dopo
anni
e
anni
ritrovare
un
amico
e
temessi
di
non
essere
riconosciuto
,
di
non
toccare
più
il
suo
cuore
.
Che
hai
fatto
in
questi
anni
?
Hai
pensato
a
me
?
Sei
stato
fedele
a
me
?
Io
sì
,
sono
sempre
quello
.
Vorrei
già
aver
riveduto
tutto
,
e
invece
resto
titubante
nel
mezzo
della
via
.
Per
questo
non
vado
súbito
alla
basilica
e
al
cimitero
.
Comincio
da
più
lontano
.
Quel
che
m
'
ha
sempre
,
anche
prima
della
guerra
,
innamorato
d
'
Aquileia
è
stata
l
'
ombra
di
Roma
,
quanto
vi
resta
di
Roma
,
ed
è
ancora
per
tre
quarti
sepolto
sotto
le
strade
,
le
piazze
,
le
vigne
,
le
biade
.
Perciò
l
'
Austria
teneva
questo
villaggio
in
sospetto
come
fosse
una
popolosa
città
,
silenziosa
ma
ostile
:
una
città
di
morti
che
a
un
tócco
rivivevano
e
gridavano
Roma
.
Appena
un
rudere
affiorava
dal
suolo
,
lasciava
che
fosse
distrutto
e
su
vi
passasse
l
'
aratro
.
Quello
che
di
più
prezioso
era
rimasto
dentro
il
piccolo
museo
,
monete
d
'
oro
imperiali
,
bronzi
,
vetri
,
gioielli
,
ambre
lavorate
,
tutto
fu
nell
'
aprile
del
1915
ficcato
frettolosamente
in
poche
casse
:
mille
e
seicento
pezzi
.
E
spedito
a
Vienna
.
In
quei
giorni
,
per
tenerci
a
bada
,
l
'
Austria
fingeva
d
'
offrirci
anche
l
'
Aquileiese
fino
all
'
Isonzo
.
Pur
qualcosa
rimase
.
E
bastò
a
provare
che
l
'
Austria
con
quei
sospetti
mirava
giusto
.
Bisogna
avere
veduto
nei
primi
mesi
di
guerra
i
soldati
italiani
entrare
nella
basilica
o
nel
museo
d
'
Aquileia
,
riconoscere
stupefatti
in
quelle
distese
di
mosaici
,
in
quelle
statue
togate
,
in
quei
rocchi
di
colonne
membrute
come
atleti
,
Roma
,
Napoli
,
Pompei
,
Venezia
,
per
sapere
quanto
possa
l
'
arte
nella
storia
e
nel
cuore
d
'
un
popolo
.
Erano
i
documenti
tangibili
del
loro
diritto
ad
essere
lì
,
armati
e
vincitori
.
E
la
fede
dei
più
incolti
più
commoveva
,
perché
non
si
perdeva
in
raffronti
minuti
ma
sorrideva
sicura
come
di
chi
in
terra
lontana
rioda
all
'
improvviso
la
propria
favella
e
il
proprio
dialetto
.
Il
museo
è
quello
d
'
allora
.
L
'
Italia
non
ha
ancora
danari
per
riordinarlo
,
per
ingrandirlo
,
nemmeno
per
rafforzarne
le
finestre
contro
i
ladri
,
così
che
molti
dei
gioielli
,
delle
monete
,
dei
cammei
finalmente
tornati
da
Vienna
devono
restare
chiusi
nella
cassaforte
.
Giovanni
Brusìn
che
vigila
con
sollecito
amore
sul
museo
,
sulla
basilica
,
sui
pochi
scavi
,
e
che
è
anche
sindaco
di
Aquileia
,
ha
la
bontà
di
mostrarmi
di
sala
in
sala
il
tesoretto
ricuperato
.
È
un
uomo
dotto
,
cordiale
e
compito
che
non
so
come
abbia
fatto
a
sapere
tutto
quello
che
è
accaduto
qui
tra
il
maggio
del
'15
e
l
'
ottobre
del
'17
mentre
egli
era
di
là
,
sospettato
,
internato
e
sorvegliato
.
Mi
parla
di
Cadorna
e
del
Duca
,
di
d
'
Annunzio
e
di
don
Celso
Costantini
come
se
li
avesse
allora
veduti
tra
questi
cipressi
e
questi
ruderi
cogli
occhi
del
desiderio
;
e
di
Benito
Mussolini
mi
parla
che
l
'
autunno
scorso
venne
qui
di
volata
dopo
il
discorso
di
Udine
.
(
Così
ho
trovato
uno
dei
due
musei
da
lui
visitati
;
e
s
'
ha
da
dire
che
almeno
questo
l
'
ha
scelto
bene
)
.
Intanto
io
guardo
e
ammiro
.
Del
grande
emporio
per
cui
tutto
l
'
Oriente
comunicava
con
l
'
Italia
settentrionale
e
con
l
'
Europa
centrale
,
della
fastosa
residenza
imperiale
dove
Augusto
venne
ad
incontrare
Erode
,
quel
che
resta
proprio
d
'
intatto
,
d
'
ancora
vivo
,
non
sono
che
gingilli
da
donne
:
reticelle
e
catenelle
d
'
oro
e
di
perle
;
vaselli
da
profumi
e
da
unguenti
,
questo
d
'
avorio
con
due
putti
che
aizzano
un
cane
al
laccio
,
quello
di
vetro
a
vene
d
'
oro
,
di
viola
,
di
verde
e
d
'
azzurro
che
trema
se
gli
respiri
da
presso
;
una
lucernetta
di
terra
con
Cupido
addormentato
nel
giro
d
'
una
conchiglia
;
un
anello
d
'
ambra
col
ritrattino
d
'
una
bionda
che
tra
le
due
bende
della
chioma
ti
spalanca
addosso
gli
occhi
stupefatti
;
una
cicala
di
cristallo
di
rocca
;
un
cammeo
d
'
agata
con
l
'
Amore
sulla
biga
;
un
pettine
d
'
avorio
;
il
serpe
d
'
oro
d
'
un
'
armilla
;
uno
specchietto
d
'
argento
inserito
nel
rovescio
d
'
un
'
ambra
larga
quanto
la
mano
d
'
un
bimbo
,
scolpita
a
raffigurare
l
'
Amore
giovinetto
accanto
alla
sua
Psiche
tremante
.
Quando
alzo
gli
occhi
da
quei
vezzi
e
da
quelle
grazie
,
vedo
dietro
i
vetri
le
magnolie
e
i
cipressi
del
giardino
piegarsi
sottola
tempesta
dello
scirocco
.
Se
entrasse
qui
una
folata
sola
di
vento
,
rapirebbe
tutto
in
un
attimo
.
Ma
che
il
vento
per
un
minuto
s
'
acqueti
,
ecco
gli
uccelli
cinguettare
,
trillare
,
fischiare
,
garrire
come
allora
,
quando
le
donne
di
queste
gemme
erano
vive
e
giovani
,
e
anch
'
esse
ridevano
.
L
'
agro
intorno
a
Roma
,
la
pianura
e
la
laguna
intorno
a
Aquileia
ci
dànno
con
lo
spazio
vuoto
la
misura
del
tempo
da
allora
trascorso
;
ci
riducono
cioè
alla
nostra
misura
,
tanto
breve
al
confronto
che
ci
sgomenta
e
raddoppia
l
'
amore
per
queste
rare
fragili
reliquie
superstiti
,
quasi
che
scampate
alla
morte
e
toccate
dal
miracolo
abbiano
ormai
qualcosa
di
sacro
e
di
taumaturgico
.
Non
piove
più
.
Andiamo
a
vedere
il
mosaico
scoperto
in
questi
giorni
,
appena
fuori
del
paese
,
in
un
campo
di
viti
e
di
grano
.
È
il
pavimento
d
'
una
sala
di
terme
.
In
uno
dei
riquadri
salvi
,
una
naiade
siede
sulla
coda
squamata
d
'
un
gran
tritone
e
s
'
abbandona
dolcemente
al
navigare
.
Il
tritone
barbuto
reca
nelle
mani
una
cesta
stillante
colma
di
pesci
d
'
argento
e
d
'
alghe
smeraldine
.
Ma
più
m
'
attirano
i
ritratti
di
tre
atleti
,
chiusi
in
un
cerchio
a
greche
e
a
volute
.
Uno
è
d
'
un
giovane
nudo
,
pingue
,
tronfio
e
roseo
,
il
collo
tozzo
,
i
capelli
neri
,
rasi
e
,
dritto
sulla
fronte
,
il
solito
ciuffo
,
cirrus
in
vertice
,
come
la
cresta
sulla
testa
del
gallo
;
ma
nei
grandi
occhi
tondi
e
fissi
,
cerchiati
di
viola
e
di
rosso
,
nella
bocca
schiusa
egli
ha
un
che
di
doloroso
come
il
ginnasta
che
viene
ansando
a
ringraziare
il
pubblico
con
una
smorfia
per
sorriso
.
Un
altro
è
d
'
un
ginnasta
a
barba
nera
ricciuta
,
più
maturo
ed
umano
,
la
testa
piegata
con
nobiltà
sulla
spalla
destra
quasi
ad
allontanarsi
un
poco
da
chi
lo
guarda
.
E
il
terzo
ritratto
è
d
'
un
placido
vecchio
,
forse
un
maestro
o
il
magistrato
preposto
alle
terme
,
a
barba
bianca
,
con
tunica
e
toga
,
sul
capo
una
ghirlanda
.
La
tecnica
del
mosaico
semplice
e
dura
e
netta
,
che
non
sbaglia
un
colpo
,
è
fatta
per
questi
volti
energici
,
per
questi
sguardi
diritti
.
Lo
scavo
è
appena
a
due
metri
sotto
il
piano
arato
,
e
un
operaio
ricopre
i
mosaici
,
man
mano
che
li
ho
ammirati
,
con
lembi
di
quel
feltro
incatramato
che
faceva
in
guerra
da
tetto
alle
baracche
.
Il
gran
vento
scuote
questi
cenci
,
li
fa
volar
via
finché
un
gran
sasso
non
li
inchiodi
;
e
nella
vicenda
i
tre
volti
imperiosi
,
più
grandi
del
vero
,
appaiono
e
scompaiono
,
fissi
al
cielo
.
Finalmente
m
'
avvio
alla
basilica
e
al
cimitero
.
Un
gran
folto
di
allori
,
di
bossi
,
di
rose
è
sorto
su
dalle
tombe
nostre
.
Adesso
il
pieno
scarmigliato
rigoglio
primaverile
nasconde
croci
,
arche
,
stele
,
iscrizioni
.
È
come
un
'
offerta
tumultuosa
di
virgulti
,
di
fronde
,
di
bocci
che
sotto
i
loro
gran
cipressi
i
sepolti
ci
fanno
:
una
folla
,
una
calca
,
un
confuso
ondeggiare
nel
quale
noi
superstiti
ancora
non
sappiamo
trovare
la
via
:
e
su
tutto
,
un
odor
d
'
acre
e
d
'
amaro
che
la
pioggia
fa
più
acuto
.
Lo
respiro
,
tra
i
lauri
e
le
mortelle
,
lo
sento
nella
bocca
,
nel
petto
,
sulle
mani
con
cui
ho
scostato
due
frasche
per
rileggere
le
parole
scritte
sulla
tomba
di
chi
ho
veduto
morto
.
Cerco
le
salme
dei
dieci
ignoti
venuti
da
tutti
i
campi
di
battaglia
,
quelle
che
nell
'
ottobre
del
1921
rimasero
qui
nell
'
ombra
e
nel
silenzio
quando
l
'
undicesimo
s
'
involò
verso
Roma
e
il
Campidoglio
e
la
gloria
.
Seguendo
il
desiderio
di
don
Gelso
Costantini
,
dietro
l
'
abside
,
su
due
scalinate
,
al
colmo
del
muro
di
cinta
sotto
cui
fluisce
al
mare
il
verde
Natissa
,
è
stato
alzato
qui
un
altare
di
pietra
.
Chi
v
'
officia
,
alza
il
calice
e
l
'
ostia
su
tutta
la
pianura
dell
'
Isonzo
,
verso
tutte
le
vette
della
guerra
carsica
dal
San
Michele
a
Sei
Busi
.
Adesso
sotto
la
nuvolaglia
,
quei
monti
non
sono
che
una
riga
di
cupo
turchino
come
se
,
quando
svaniranno
le
nubi
,
tutto
il
cielo
abbia
da
essi
a
riprendere
colore
e
vigore
.