SETA ( OJETTI UGO , 1938 )
StampaQuotidiana ,
14
gennaio
.
ROMA
,
nell
'
arena
del
Circo
Massimo
alla
mostra
degli
antichi
tessuti
italiani
,
che
qui
sono
tutti
di
seta
:
un
passato
,
sembra
,
tutto
di
gran
signori
,
accompagnato
sempre
dal
luccichio
e
dal
fruscio
di
strascichi
,
di
sboffi
e
di
mantelli
:
velluti
,
broccati
,
damaschi
foderati
di
seta
,
di
raso
o
d
'
ermisino
;
passato
remoto
,
perché
oramai
bisogna
aspettare
l
'
entrata
dei
cardinali
nella
Cappella
papale
se
si
vuol
godere
uno
spettacolo
altrettanto
lucente
e
fastoso
.
Dietro
queste
sale
e
vetrine
abbaglianti
s
'
alzano
sopra
il
versante
del
Palatino
i
ruderi
gialli
e
rossi
del
Settizonio
,
i
cipressi
verdi
e
il
cielo
turchino
,
lontano
come
soltanto
a
Roma
il
cielo
sa
essere
lontano
e
sovrano
.
L
'
ampia
mostra
del
Tessile
,
quasi
direi
del
tessibile
,
dove
di
padiglione
in
padiglione
con
maniera
piacevole
e
piana
ci
si
fa
vedere
a
che
sieno
giunte
la
scienza
,
l
'
esperienza
e
l
'
inventiva
degl
'
Italiani
,
pare
fatta
apposta
pel
trionfo
ideale
di
queste
antiche
sete
e
ricami
,
come
i
vestiti
e
i
cappotti
bruni
,
bigi
,
neri
,
tutti
uguali
,
di
noi
visitatori
paiono
indossati
per
dare
spicco
al
tanto
e
diverso
sfarzo
degli
altri
secoli
.
(
Ma
di
fatto
con
questa
uguaglianza
di
fogge
e
monotonia
di
tinte
adesso
l
'
intelligenza
e
il
carattere
si
leggono
soltanto
sul
volto
,
che
da
nessun
sarto
si
può
comprare
.
)
L
'
uomo
dunque
il
quale
oggi
ammiri
la
seta
,
la
vera
seta
,
la
seta
di
filugello
,
la
seta
animale
,
quella
che
quando
brucia
dà
odor
di
capelli
bruciati
tanto
è
ancor
viva
,
la
ammira
disinteressatamente
,
come
può
ammirar
la
bellezza
dipinta
:
la
bellezza
,
ad
esempio
,
di
questa
Venere
di
Botticelli
la
quale
,
nuda
com
'
è
,
è
stata
scomodata
a
venire
da
Firenze
in
questa
calca
soltanto
perché
il
manto
che
le
porgono
per
coprire
la
sua
lisciata
e
navigata
nudità
è
,
tessuto
a
fiori
,
un
bel
modello
di
stoffa
.
Ma
nella
mostra
di
tanti
dipinti
non
s
'
è
pensato
che
i
disegni
per
le
vesti
delle
loro
figure
gli
artisti
per
lo
più
se
li
inventavano
,
non
li
copiavano
?
In
Europa
,
quest
'
arte
della
seta
è
stata
per
secoli
tutta
nostra
;
e
ancora
i
nomi
dei
tessuti
,
a
cominciare
dal
velluto
e
dal
broccato
,
e
i
termini
del
mestiere
,
dal
filugello
alla
bavella
,
dal
cascame
alla
matassa
,
sanno
di
latino
e
di
primo
medievo
,
con
incroci
di
greco
e
d
'
arabo
rapidamente
spianati
all
'
italiana
,
così
che
pare
di
vedervi
le
tracce
dei
viaggi
dei
mercanti
tra
Sorìa
e
Sicilia
,
tra
Bisanzio
e
Calabria
.
Sarà
vera
la
leggenda
dei
due
monaci
che
dalla
Cina
recarono
all
'
imperatore
Giustiniano
il
seme
dei
bachi
da
seta
nascondendolo
dentro
i
lunghi
bastoni
di
pellegrini
?
E
da
noi
dove
è
stato
prima
coltivato
il
gelso
pel
nutrimento
del
baco
e
filata
e
tessuta
la
prima
seta
?
A
Catanzaro
colonia
bisantina
,
o
in
Sicilia
coi
normanni
?
Certo
è
che
sete
o
velluti
,
lisci
o
ricamati
,
appena
ci
si
avvicina
al
vetro
che
li
difende
,
lo
stupore
per
la
loro
bellezza
è
raddoppiato
dallo
stupore
per
la
loro
sopravvivenza
.
Taluni
escono
addirittura
dai
sepolcri
,
perché
avvolgevano
le
spoglie
d
'
un
santo
,
come
la
seta
purpurea
tratta
a
Rimini
dalla
tomba
di
san
Giuliano
,
o
il
cadavere
d
'
un
gran
principe
,
come
il
broccato
verde
a
palmette
d
'
oro
tra
figure
di
pesci
e
uccelli
,
lepri
e
leoni
,
ch
'
era
nell
'
arca
di
Cangrande
della
Scala
a
Verona
.
I
corpi
rigidi
e
gelidi
lentamente
si
disfecero
in
sanie
e
in
polvere
.
Non
restarono
che
poche
ossa
grige
e
ciuffi
di
capelli
stinti
.
Di
morbido
,
di
tepido
,
di
vivo
non
vi
è
rimasto
più
là
dentro
che
questo
poco
di
seta
o
di
broccato
,
risplendente
di
rosso
,
di
verde
,
di
turchino
,
d
'
oro
e
d
'
argento
,
come
se
i
fetidi
orrori
che
l
'
hanno
toccato
sieno
stati
soltanto
un
incubo
sopra
quel
lettuccio
soffocato
.
Altri
tessuti
prima
di
diventare
arredi
sacri
,
sono
stati
vesti
,
sottane
,
guarnacche
,
giornee
,
cioppe
,
mantelli
di
dame
;
e
Milano
ne
ha
mandato
qui
l
'
esempio
più
sgargiante
col
paliotto
di
velluto
rosso
del
museo
Poldi
Pezzoli
,
che
prima
d
'
andar
su
un
altare
fu
«
la
veste
de
broccato
d
'
oro
de
le
columbine
»
indossata
da
Beatrice
d
'
Este
a
Venezia
quando
nel
1493
Ludovico
il
Moro
ve
la
mandò
in
missione
.
La
sposina
non
aveva
ancora
dieciott
'
anni
;
ma
era
bella
,
fresca
,
briosa
,
di
franca
parola
e
di
gusto
sicuro
,
sempre
tra
musici
e
artisti
,
tanto
elegante
che
più
d
'
ogni
lode
questa
la
faceva
contenta
,
d
'
essere
chiamata
novarum
vestium
inventrix
,
inventrice
di
mode
nuove
.
In
ciascuno
dei
rosoni
d
'
oro
su
quel
rosso
denso
sta
come
nel
caldo
nido
una
colomba
e
reca
nel
becco
un
polizzino
col
motto
sforzesco
«
a
bon
droit
»
.
In
quelli
anni
a
Milano
lavoravano
a
tessere
velluti
quindicimila
operai
.
Vorrei
che
fosse
di
Beatrice
,
donatole
dalla
Serenissima
,
anche
il
mantelletto
femminile
di
broccato
d
'
oro
,
tessuto
negli
stessi
anni
e
mandato
qui
dalla
Ca
'
d
'
Oro
.
Di
grazia
e
di
statura
le
andrebbe
a
pennello
.
Una
volta
,
quando
Gino
Fogolari
ordinava
quel
museo
,
l
'
ho
avuto
tra
mano
:
è
leggero
nonostante
il
tanto
oro
che
v
'
è
contesto
,
e
a
guardarne
da
presso
il
biondo
luccichio
vi
si
scopre
un
minuto
disegno
di
foglie
e
di
fiori
che
a
ogni
piega
scompare
e
riappare
:
un
tessuto
di
sole
.
Lo
imitasse
oggi
un
gran
setaiolo
,
sarebbe
un
trionfo
;
e
davvero
italiano
.
Già
prima
dei
ricami
sono
da
ammirare
questi
tessuti
figurati
.
Ogni
monaca
diligente
può
ritoccare
un
ricamo
;
e
anche
i
più
belli
e
famosi
sono
restaurati
e
racconciati
da
cento
rimendi
e
rappezzi
.
Che
è
originale
in
un
ricamo
giuntoci
da
secoli
e
secoli
?
Si
diffida
d
'
ogni
filo
.
Ma
in
un
tessuto
,
di
seta
liscia
o
di
velluto
operato
,
ogni
rimendo
si
scorge
a
prima
vista
.
La
seta
bisantina
,
forse
di
avanti
il
mille
,
della
càsula
detta
del
vescovo
Ermanno
,
a
grandi
aquile
ritte
,
nere
sul
fondo
violetto
,
mandata
dal
museo
di
Bressanone
;
quella
coeva
che
dicevo
pocanzi
e
che
viene
dal
museo
di
Ravenna
,
tratta
dal
sepolcro
di
san
Giuliano
;
quelle
tante
di
fabbrica
lucchese
,
l
'
una
più
rara
dell
'
altra
,
dugentesche
,
trecentesche
,
quattrocentesche
,
da
chiese
,
da
musei
e
dalle
raccolte
Sangiorgi
di
Roma
,
Abegg
di
Torino
,
Loewi
di
Venezia
,
con
disegni
che
sanno
di
bisantino
,
di
persiano
,
di
cinese
,
ma
dove
i
viticci
,
le
rame
,
le
palmette
,
le
frutta
e
gli
animali
perdono
nell
'
aria
toscana
l
'
astrazione
araldica
,
s
'
avvicinano
al
vero
,
prendono
succo
e
sangue
,
vigore
e
palpito
,
come
nel
piviale
diasprino
del
Museo
industriale
romano
,
come
nella
seta
violetta
cogli
angeli
broccati
in
oro
del
museo
fiorentino
del
Bargello
,
come
nelle
cinque
càsule
prestate
da
Danzica
(
il
solo
contributo
straniero
alla
mostra
)
,
appena
sono
bucate
o
ragnate
,
chi
le
ripara
?
Ne
restano
quei
pochi
palmi
dal
guardingo
raccoglitore
tesi
tra
due
vetri
,
come
l
'
ala
d
'
una
farfalla
strappata
dal
turbine
del
tempo
,
schiacciata
lì
senza
più
speranza
di
giocar
con
la
luce
.
Appena
spunta
la
primavera
del
Rinascimento
,
s
'
arriva
a
tessere
figure
e
scene
e
a
gareggiare
,
se
non
con
la
pittura
,
con
la
silografia
che
la
riproduce
.
V
'
è
un
fregio
di
paliotto
dalla
raccolta
Sangiorgi
,
in
oro
a
basso
liccio
su
fondo
rosa
,
con
la
scena
ripetuta
del
Noli
me
tangere
dove
Cristo
e
Maddalena
stanno
su
un
prato
verde
fiorito
e
dietro
a
essi
s
'
apre
un
cielo
stellato
.
V
'
è
,
tessuta
in
oro
su
fondo
rosso
,
la
copia
del
bronzo
del
Verrocchio
in
Orsanmichele
,
con
l
'
Incredulità
di
san
Tommaso
.
La
difficoltà
di
rendere
solo
con
l
'
ordito
e
la
trama
scene
siffatte
dà
ad
esse
una
semplicità
quasi
di
stampa
popolare
;
ma
la
finezza
della
materia
e
la
delicatezza
dei
toni
aggiungono
come
un
profumo
di
fiori
a
tanta
semplicità
.
S
'
intende
che
nella
gara
con
la
pittura
l
'
ago
facilmente
trionfa
sulla
spola
;
e
in
questa
mostra
si
sono
,
anche
in
fatto
di
ricami
,
raccolti
tesori
.
Se
non
sbaglio
,
il
più
antico
è
quello
del
pallio
bisantino
di
Castell
'
Arquato
con
la
Consacrazione
del
pane
e
la
Consacrazione
del
vino
nell
'
Ultima
Cena
.
Sulla
seta
d
'
un
rosso
di
porpora
figure
,
edifici
,
iscrizioni
sono
ricamate
in
bianco
,
in
celeste
,
in
oro
,
in
argento
;
e
l
'
oro
in
nove
o
dieci
secoli
s
'
è
come
bruciato
e
l
'
argento
è
come
cenere
.
Nella
composizione
simmetrica
e
maestosa
basta
che
una
delle
alte
figure
si
volga
appena
o
faccia
un
passo
,
e
tutta
la
scena
diventa
drammatica
.
Le
scritte
greche
sul
cielo
pallido
sembrano
comandi
del
Pantocrator
.
Nei
volti
dove
il
ricamo
è
logoro
,
la
porpora
della
seta
riappare
come
il
sangue
che
circola
sotto
la
pelle
.
Al
confronto
di
tanto
sobria
e
sacra
solennità
la
stessa
dalmatica
detta
di
Carlomagno
,
che
è
bisantina
del
decimoterzo
secolo
e
che
è
stata
prestata
dalla
Basilica
di
San
Pietro
,
sembra
,
forse
pei
tanti
rifacimenti
e
rammendi
,
troppo
folta
e
pesante
,
quasi
trapunta
.
Di
colore
,
sul
fondo
di
turchino
notturno
dove
le
cento
croci
fanno
da
stelle
,
è
sempre
una
meraviglia
,
e
basta
guardare
nel
dorso
della
dalmatica
il
vermiglio
dei
dodici
raggi
che
escono
dal
bianco
Cristo
trionfante
per
riaffermare
che
il
vero
gusto
non
è
fatto
solo
di
discrezione
ma
anche
di
ardire
.
Il
difficile
è
sapere
,
nello
stesso
ardire
,
mantenere
la
misura
.
Una
delle
bellezze
quattrocentesche
che
m
'
hanno
più
innamorato
è
il
pallio
delle
colombe
mandato
dal
duomo
di
San
Gimignano
:
un
velluto
vermiglio
ricamato
in
oro
nel
1449
dalle
suore
della
Santissima
Annunziata
,
con
tante
colombelle
raggianti
;
e
ogni
colombella
ha
il
capo
dentro
un
'
aureola
,
e
nell
'
aureola
è
una
crocetta
rossa
.
Volano
in
ogni
senso
,
a
distanze
uguali
.
Una
sera
ero
chino
a
guardarlo
da
presso
perché
la
luce
s
'
era
fatta
fioca
.
D
'
un
colpo
si
sono
accese
le
lampade
elettriche
,
e
le
colombe
risplendenti
per
un
attimo
è
sembrato
che
battessero
le
ali
per
volare
via
.
Paliotto
,
pianete
,
càsule
,
dalmatiche
,
piviali
:
su
dieci
oggetti
,
otto
sono
di
chiesa
.
E
la
folla
domenicale
procede
in
silenzio
o
parla
sottovoce
come
in
chiesa
.