CAPRI ( OJETTI UGO , 1938 )
StampaQuotidiana ,
17
marzo
.
A
CAPRI
sta
per
scoppiare
la
primavera
.
Il
cielo
è
già
d
'
aprile
.
I
primi
mandorli
e
le
prime
violette
sono
fiorite
,
ma
i
limoni
sono
ancora
coperti
con
le
stoie
,
con
le
pagliarelle
come
dicono
qui
,
e
le
glicine
sono
ancora
in
boccio
.
Tutta
Capri
dal
monte
Solaro
alla
villa
di
Giove
è
in
boccio
.
Se
t
'
affacci
al
belvedere
dei
giardini
,
diciamo
pure
,
d
'
Augusto
,
se
passi
in
barca
tra
punta
Tragara
e
i
Faraglioni
e
fermi
un
minuto
i
remi
o
il
motore
,
sopra
l
'
asciutto
odor
del
salmastro
respiri
a
tratti
un
profumo
dolce
ma
lontano
,
come
un
canto
spezzato
dal
vento
.
S
'
arriva
di
sera
stanchi
e
distratti
.
Riusciremo
a
riposarci
?
Sotto
la
luna
e
le
poche
stelle
le
case
e
le
casette
di
gesso
bianco
,
di
gesso
crema
,
di
gesso
rosa
sulla
piazza
sembrano
finte
;
una
messinscena
per
Cavalleria
rusticana
o
per
le
Baruffe
chiozzotte
.
Si
va
a
dormire
,
sicuri
intanto
della
solitudine
e
del
silenzio
;
e
la
mattina
dopo
,
quando
si
spalanca
la
finestra
sul
mare
,
s
'
è
già
diversi
:
curiosi
,
alacri
,
ilari
,
in
pace
con
tutti
,
perfino
con
noi
stessi
.
Una
cinciallegra
gorgheggia
tra
i
rami
d
'
un
pino
.
Atmosfera
radiattiva
,
avvertono
le
guide
.
Svetonio
,
cui
quest
'
isola
deve
tanto
per
le
favole
di
cui
l
'
ha
incoronata
,
racconta
che
Augusto
s
'
innamorò
di
Capri
anche
perché
al
suo
arrivo
i
rami
secchi
d
'
un
antico
leccio
a
un
tratto
rinverdirono
.
All
'
aggettivo
nuovo
e
scientifico
preferisco
questa
favola
di
Svetonio
,
visibile
e
tangibile
.
Non
avevo
mai
compiuto
il
periplo
dell
'
isola
.
Da
questo
mare
di
zaffiri
e
brillanti
che
fa
nel
confronto
illividire
il
cielo
,
chi
visiti
giro
giro
tutte
le
grotte
,
da
quella
Azzurra
a
quella
Bianca
e
vi
penetri
finché
l
'
occhio
s
'
abitua
all
'
ombra
e
ai
riflessi
;
chi
guardi
dall
'
acqua
le
altezze
scoscese
delle
rupi
dei
monti
e
a
un
tratto
ammiri
dalla
Marina
piccola
il
biancheggiare
delle
ville
,
l
'
affoltarsi
degli
alberi
,
dei
parchi
,
dei
vigneti
,
dei
colonnati
,
delle
arcate
,
di
ripiano
in
ripiano
,
proprio
in
quel
punto
dove
l
'
isola
si
restringe
e
s
'
avvalla
come
una
donna
alla
cintola
,
i
misteri
dell
'
incanto
di
Capri
si
svelano
tutti
;
e
si
possono
dire
tutti
ad
alta
voce
.
Primo
,
il
più
elementare
:
che
Capri
è
un
'
isola
,
meglio
una
piccola
isola
,
a
distanza
ragionevole
da
una
grande
città
.
S
'
è
isolati
,
ma
non
tanto
;
protetti
,
ma
non
carcerati
.
Si
sbarca
a
Palermo
o
a
Messina
,
a
Cagliari
o
a
Golfo
Aranci
,
e
dopo
dieci
minuti
di
treno
o
d
'
automobile
il
fatto
d
'
essere
in
un
'
isola
è
solo
una
nozione
,
non
più
una
sensazione
.
Ora
,
per
essere
commosso
e
sedotto
,
l
'
uomo
deve
prima
vedere
che
sentire
,
prima
sentire
che
pensare
.
Qui
ad
ogni
passo
vediamo
il
mare
,
sentiamo
il
mare
,
l
'
odore
e
il
fiotto
del
mare
che
ci
separa
dal
resto
dell
'
umanità
.
In
chi
viene
qui
,
cresce
con
pochi
giorni
un
orgoglio
simile
a
quello
del
castellano
dentro
il
suo
castello
nel
mezzo
dei
suoi
bastioni
e
fossati
.
Quelli
infatti
che
vogliono
raggiungere
l
'
isola
,
prima
hanno
da
purificarsi
in
un
lavacro
almeno
di
vento
e
d
'
azzurro
;
e
quando
approdano
sono
i
barbari
,
venuti
in
barca
da
oltre
mare
.
Appena
dal
buco
della
funicolare
escono
al
sole
sulla
piazza
Umberto
,
i
vecchi
di
Capri
,
anche
se
romani
o
milanesi
,
tedeschi
o
americani
,
li
sbirciano
con
aria
benevola
ma
distratta
:
E
adesso
che
farà
questo
sperduto
?
E
adesso
dove
andrà
questo
spaesato
?
Loro
conoscono
tutta
Capri
,
che
è
un
poco
più
di
mezzo
mondo
;
e
quel
neonato
ancora
ha
da
imparare
come
si
respira
quest
'
aria
,
ancora
non
sa
che
domani
sarà
un
altro
.
Il
facchino
che
gli
porta
le
valige
,
gli
parla
con
tenerezza
come
la
nutrice
al
poppante
.
E
si
pensi
che
ogni
anno
passa
da
Capri
un
mezzo
milione
di
forestieri
e
che
un
altro
mezzo
milione
vi
dorme
almeno
una
notte
:
quelli
che
gli
albergatori
,
con
un
termine
tra
ascetico
e
spiritico
,
chiamano
le
presenze
.
Certo
chi
arriva
è
preparato
bene
.
Coloro
che
approdano
a
Capri
,
vengono
da
Napoli
o
da
Sorrento
:
città
e
luoghi
di
quelli
che
in
ogni
angolo
del
mondo
gl
'
innamorati
e
i
sapienti
,
i
poeti
e
i
politici
,
i
mistici
e
gli
epicurei
,
i
malati
con
la
speranza
di
fuggire
la
morte
e
i
sani
col
proposito
di
raddoppiare
la
vita
,
èvocano
tra
un
sospiro
di
rimpianto
e
un
sorriso
di
speranza
.
Ma
sono
città
di
terraferma
da
dove
si
passa
anche
per
necessità
,
senza
pensare
propriamente
a
ristorarsi
e
a
curarsi
anima
e
corpo
.
Capri
invece
,
dall
'
apparenza
inviolabile
,
è
la
tebaide
degli
epicurei
:
epicurei
,
spero
,
nel
senso
buono
ed
autentico
,
che
pongono
cioè
la
rettitudine
nel
dire
la
verità
,
la
verità
nella
concreta
esperienza
,
la
felicità
del
corpo
,
modestamente
,
nell
'
assenza
del
dolore
,
e
la
felicità
dell
'
animo
nella
serenità
della
coscienza
,
anche
a
costo
di
tempestive
rinunzie
.
Per
questa
vaga
somiglianza
con
la
Tebaide
degli
anacoreti
,
ma
a
portata
di
tutte
le
macchine
fotografiche
,
Capri
ha
appunto
i
suoi
monti
deserti
e
dirupati
che
si
sprofondano
a
picco
nel
mare
per
altre
centinaia
di
metri
e
che
soltanto
le
bigie
spatole
dei
fichidindia
,
le
chiazze
cupe
dei
lentischi
,
i
ciuffi
azzurrastri
dei
ginepri
e
gli
scheletri
d
'
antiche
torri
ravvivano
;
e
ha
le
sue
cento
grotte
dagli
echi
infernali
e
dai
riflessi
insidiosi
proprio
come
quelli
che
abbagliavano
sedici
secoli
fa
nel
deserto
tebaico
gli
occhi
di
Antonio
e
di
Pacomio
.
Si
pensi
che
per
entrare
nella
Grotta
azzurra
dallo
spacco
tagliato
o
allargato
dai
romani
s
'
ha
da
chinare
il
capo
o
stendersi
umili
sul
fondo
della
barchetta
,
e
che
destate
nella
gran
calura
molte
bagnanti
,
vestite
come
tutti
le
vedono
,
vanno
a
immergervisi
e
a
nuotare
,
con
l
'
illusione
d
'
entrare
nel
turchino
del
paradiso
facendo
semplicemente
le
morte
sull
'
acqua
.
Illusioni
,
ripeto
,
le
quali
talvolta
arrivano
all
'
allucinazione
;
ma
sul
cammino
della
virtù
dovunque
,
specie
a
Capri
dove
ogni
sentierucolo
è
forcuto
come
le
corna
del
demonio
,
sperar
di
distinguere
sùbito
l
'
illusione
dalla
realtà
è
quasi
inumano
.
Si
distingue
dopo
,
quando
,
reclinato
ancora
una
volta
il
capo
in
atto
di
penitenza
,
si
riscivola
verso
l
'
aperto
sole
,
e
le
barchette
verdi
bianche
turchine
ci
ballano
attorno
leggere
come
per
congratularsi
della
nostra
salvazione
.
Questa
maestà
,
grandezza
,
rudezza
o
indifferenza
della
natura
è
necessaria
all
'
uomo
che
cerca
la
pace
,
e
volentieri
la
chiama
felicità
.
A
Capri
la
trova
presto
:
sulla
terra
dopo
pochi
passi
,
sul
mare
dopo
poche
bracciate
.
Sotto
la
rupe
eccelsa
e
inaccessibile
,
ecco
,
egli
si
sente
minimo
,
trascurabile
,
invisibile
,
dimenticato
;
si
sente
cioè
in
libertà
.
Anche
se
sono
in
due
,
si
sentono
invisibili
e
in
libertà
,
e
stesi
su
uno
scoglio
polito
dall
'
onde
o
tappezzato
di
licheni
,
si
crògiolano
a
occhi
chiusi
nell
'
afa
del
mezzodì
,
si
lasciano
ventilare
dalla
bava
che
là
sotto
increspa
l
'
onda
.
Una
lucertola
.
Una
farfalla
.
Silenzio
.
Tutto
il
loquacissimo
mondo
è
finalmente
ammutolito
.
L
'
umanità
è
di
là
dal
mare
.
Lo
sguardo
più
vicino
è
quello
del
sole
;
la
legge
più
vicina
è
quella
del
sole
,
che
fa
la
notte
e
il
giorno
,
e
niente
altro
.
Ma
nell
'
isola
di
Capri
è
un
altro
elemento
che
può
sembrare
misterioso
e
non
lo
è
:
la
storia
.
Nessun
paese
del
mondo
è
,
in
questo
,
più
misterioso
dell
'
Italia
la
quale
invece
appare
tutta
limpida
e
assolata
.
Nessun
paese
è
infatti
formato
di
tante
civiltà
sovrapposte
,
l
'
una
nascosta
dall
'
altra
ma
anche
l
'
una
nata
dall
'
altra
.
Civiltà
fenicia
,
civiltà
greca
,
civiltà
etrusca
,
civiltà
romana
,
civiltà
bisantina
,
civiltà
cristiana
,
civiltà
musulmana
,
qui
s
'
intrecciano
e
si
confondono
tanto
indissolubilmente
,
per
formare
dal
mille
in
poi
la
civiltà
italiana
,
che
non
v
'
è
mente
umana
capace
di
sciogliere
il
groviglio
delle
cento
radici
al
piede
di
quest
'
albero
sovrano
e
sempre
fiorito
.
Non
v
'
è
bisogno
che
il
viaggiatore
sia
un
erudito
per
provare
sotto
questo
incanto
uno
sgomento
quasi
religioso
,
come
non
occorre
essere
astronomi
per
sentire
l
'
infinito
del
cielo
dietro
il
palpito
delle
stelle
.
Basta
ch
'
egli
abbia
gli
occhi
aperti
e
un
cuore
d
'
uomo
.
Anche
a
Capri
,
in
questa
isoletta
,
sono
passati
fenici
,
greci
,
romani
,
bisantini
,
saraceni
e
,
alla
fine
,
i
napoletani
del
Seicento
e
del
Settecento
,
i
secoli
della
musica
e
della
passione
;
e
ancora
cantano
.
Ma
sopra
tutti
stanno
Augusto
e
Tiberio
,
Timberio
come
lo
chiamano
qui
.
Non
si
vedono
?
Dovunque
si
scava
,
alla
Marina
Grande
o
alla
Certosa
,
su
a
Santa
Maria
del
Soccorso
o
giù
a
Punta
Tragara
,
anche
dopo
secoli
di
ladrerie
straniere
,
blocchi
di
tufo
,
muraglie
di
piscine
,
fondamenti
di
ville
,
rocchi
di
colonne
,
lapidi
schiantate
tornano
alla
luce
.
Le
rovine
romane
sul
mare
,
gialle
e
rosse
in
mezzo
all
'
acqua
,
sembrano
più
resistenti
degli
scogli
.
L
'
onda
vi
si
rompe
da
secoli
,
e
a
mare
mosso
le
copre
;
torna
la
calma
,
e
rieccole
,
lucide
,
regolari
,
solenni
.
Non
è
vero
che
il
turista
distratto
e
cronometrato
rimanga
indifferente
alla
vista
di
questi
ruderi
.
Non
si
renderà
conto
a
parole
dell
'
effetto
che
gli
fanno
,
perché
questo
è
il
nostro
destino
dal
primo
vagito
all
'
ultimo
addio
:
che
di
quanto
veramente
ci
tocca
nel
profondo
e
ci
forma
e
ci
muta
e
ci
uccide
,
l
'
intelletto
per
lo
più
non
s
'
avveda
perché
non
ha
tempo
o
ha
paura
.
Ma
la
vista
di
queste
antichità
dànno
anche
al
passante
,
al
gaudente
e
all
'
ignorante
il
conforto
d
'
un
sentimento
che
noi
Italiani
possiamo
chiamare
l
'
immortalità
dell
'
Italia
e
che
a
uno
straniero
basta
chiamare
la
certezza
della
durata
.
Egli
sbarca
qui
,
solo
o
in
compagnia
,
stanco
o
ammalato
o
innamorato
.
Ha
udito
tanto
parlare
di
Capri
e
del
suo
fascino
.
Capri
,
dieci
chilometri
quadrati
:
un
ninnolo
.
Nuova
York
è
molto
più
grande
.
Sul
moletto
di
Sorrento
,
accanto
alla
garitta
gialla
e
blu
,
un
omino
vende
nacchere
,
le
gitta
destramente
dalla
riva
nel
battello
,
coglie
a
volo
i
soldi
che
gli
pagano
.
È
l
'
Italiano
,
pel
turista
,
stereotipato
:
ballerino
,
canterino
,
giocoliere
,
merciaio
ambulante
.
Ma
Capri
s
'
avvicina
:
monti
rocciosi
,
nudi
,
scabri
,
rósi
dal
vento
,
ostili
,
e
a
fior
d
'
acqua
muraglie
immani
,
fatte
d
'
un
reticolato
a
scacchi
di
tufo
.
-
Che
cosa
?
Tiberio
?
La
piscina
di
Tiberio
?
Quasi
duemil
'
anni
?
Il
peso
dei
millenni
come
il
peso
della
rupe
riducono
anonimo
e
minimo
lo
straniero
:
uno
,
sperduto
tra
milioni
.
Cerca
con
lo
sguardo
l
'
amico
o
l
'
amica
.
Anch
'
essi
cercano
lo
sguardo
di
lui
,
ma
senza
appoggiarvisi
,
quasi
che
la
troppa
luce
annebbi
tutti
gli
occhi
.
I
più
restii
puntano
sulle
rupi
e
sulle
rovine
la
macchinetta
fotografica
:
ne
rapiscono
un
attimo
,
della
loro
misura
.
Poi
anche
essi
si
stancano
di
chiudere
un
occhio
e
di
schiacciare
l
'
altro
sulla
spia
,
per
veder
piccolo
;
e
si
lasciano
invadere
dalla
luce
e
dalla
grandezza
,
come
chi
si
gitti
a
nuoto
,
finalmente
,
nel
refrigerio
del
mare
.
Di
preciso
niente
sanno
.
Vedono
e
sentono
;
e
basta
.
La
forza
degl
'
imponderabili
,
come
una
volta
i
fisici
chiamavano
nientemeno
l
'
elettricità
,
il
calore
e
la
luce
.
Se
la
primavera
fosse
scoppiata
,
non
s
'
avrebbe
più
voglia
di
tessere
queste
tele
di
ragno
che
si
chiamano
ipotesi
.
Ma
siamo
proprio
sulla
soglia
.
Stamane
,
affacciandomi
dal
mio
poggiolo
sul
giardino
dell
'
albergo
,
ho
udito
una
voce
femminile
,
di
contralto
,
annunciare
da
giù
in
inglese
a
qualcuno
che
doveva
guardare
dal
piano
sopra
al
mio
:
John
,
John
,
sai
che
ho
trovato
?
Ho
trovato
due
fiori
d
'
arancio
.
Una
voce
sarcastica
e
rugginosa
ha
risposto
dall
'
alto
:
Esagerata
.
Oh
John
...
La
donna
in
giardino
aveva
la
figura
svelta
e
giovanile
,
il
volto
meno
;
e
indossava
un
paio
di
pantaloni
turchini
,
tagliati
a
campana
come
quelli
dei
marinai
.
Ma
non
avevo
badato
all
'
accento
sull
'
o
di
John
,
aperto
o
chiuso
,
e
non
ho
capito
se
chi
le
rispondeva
dall
'
alto
era
una
Joan
o
un
John
,
una
Giovanna
o
un
Giovanni
.
Piccolezze
.