StampaQuotidiana ,
31
marzo
.
FIRENZE
.
È
passato
già
un
mese
da
quando
l
'
ho
veduto
nella
corte
del
Vittoriale
,
disteso
sotto
un
arco
,
all
'
aria
aperta
,
vestito
da
generale
,
il
volto
cereo
senza
labbra
,
le
mani
riunite
sul
grembo
,
le
gambe
coperte
dal
tricolore
;
e
prima
d
'
inginocchiarmi
l
'
ho
baciato
sulla
fronte
,
più
fredda
del
marmo
.
Una
miseria
dei
molti
anni
è
che
davanti
a
un
amico
morto
si
cade
senza
volerlo
a
pensare
a
noi
stessi
,
a
confrontare
l
'
età
sua
con
la
nostra
,
i
malanni
che
l
'
hanno
spento
coi
malanni
che
presto
o
tardi
spegneranno
noi
.
Davanti
a
lui
,
per
fortuna
,
no
.
Sempre
,
chi
gli
ha
voluto
bene
,
l
'
ha
sentito
d
'
un
'
altra
razza
e
d
'
un
'
altra
specie
,
intento
in
ogni
gesto
e
parola
a
foggiare
di
sé
stesso
l
'
immagine
e
la
persona
che
dovevano
sopravvivere
.
Ecco
infatti
la
triste
e
cascante
maschera
che
la
vecchiaia
gli
aveva
imposta
,
in
meno
d
'
un
mese
scomparsa
dalla
mia
memoria
.
Penso
a
lui
,
rileggo
lui
,
sillabo
Gabriele
,
allungando
la
prima
e
com
'
egli
stesso
faceva
quasi
per
assaporare
il
miele
del
suo
nome
;
e
Gabriele
mi
riappare
giovane
fresco
snello
scattante
agghindato
profumato
,
una
mano
sul
fianco
stringendolo
tra
pollice
e
indice
,
la
gamba
destra
un
poco
piegata
,
col
piccolo
piede
ritto
sopra
la
punta
,
come
d
'
un
corridore
sulla
mossa
.
Aveva
allora
il
gesto
rapido
a
seguire
il
pensiero
,
la
risata
squillante
a
braccia
levate
,
la
voce
di
testa
,
nitida
e
acuta
che
accompagnava
la
parola
fino
all
'
ultima
vocale
,
tagliava
la
tua
frase
con
una
forbiciata
,
e
poneva
sùbito
la
conversazione
un
tono
più
su
dell
'
ordinario
.
Una
punta
di
barbino
biondo
gli
aguzzava
il
mento
e
metteva
anche
più
distanza
tra
mento
e
orecchio
,
tra
mento
e
zigomo
:
una
distanza
che
a
guardarlo
di
fronte
non
s
'
immaginava
,
ma
che
dava
al
profilo
di
lui
uno
slancio
aggressivo
,
un
che
del
falchetto
pronto
a
osare
e
a
beccare
.
La
bocca
schiusa
,
le
labbra
scoperte
,
gli
occhi
lunghi
d
'
un
color
marrone
chiaro
che
mutava
in
grigio
,
il
naso
forte
,
un
po
'
carnoso
come
erano
le
mani
,
e
tra
i
due
sopraccigli
una
piega
verticale
così
fonda
che
,
quando
era
stanco
,
sembrava
una
cicatrice
.
Siamo
in
molti
ancora
a
ricordarcelo
così
ma
,
fossi
io
solo
,
mi
sembra
che
tra
cent
'
anni
,
se
non
si
trovasse
più
un
ritratto
di
lui
,
da
ciò
ch
'
egli
ha
scritto
e
ha
fatto
e
dalle
leggende
in
cui
s
'
è
avvolto
,
un
lettore
attento
se
lo
figurerebbe
proprio
quale
adesso
io
lo
rivedo
.
Come
in
questa
troppo
lunga
Italia
era
già
capitato
pel
trasporto
di
Carducci
,
quella
mattina
dietro
a
D
'
Annunzio
s
'
era
in
tanto
pochi
scrittori
che
il
poeta
,
tra
ministri
in
divisa
militare
,
marescialli
,
generali
,
ufficiali
,
legionari
,
soldati
,
portato
su
un
affusto
di
cannone
,
pareva
dimenticato
:
un
condottiero
,
non
un
poeta
.
Eppure
la
guerra
predicata
,
difesa
e
combattuta
,
e
l
'
occupazione
di
Fiume
erano
state
il
coronamento
della
sua
poesia
,
il
frutto
di
quel
fiore
.
La
notte
avanti
,
a
vederne
la
salma
esposta
all
'
aria
aperta
come
non
avevo
mai
veduto
altre
salme
,
e
a
sentire
l
'
aura
fresca
e
lieve
che
saliva
dal
lago
,
passava
tra
gli
archi
e
gli
alberi
,
s
'
impregnava
del
profumo
delle
violette
nelle
ghirlande
e
sfiorava
lui
in
un
sospiro
,
m
'
era
tornata
in
mente
una
terzina
sul
principio
dell
'
Alcyone
:
Deterso
d
'
ogni
umano
lezzo
in
fonti
gelidi
,
ei
chiederà
per
la
sua
festa
sol
l
'
anello
degli
ultimi
orizzonti
.
Era
con
noi
fedelmente
dietro
la
salma
Ruggero
Ruggeri
,
in
borghese
,
lui
,
come
il
Gabriele
d
'
una
volta
.
Me
ne
avvidi
sulla
gradinata
della
chiesa
di
Cargnacco
.
D
'
Annunzio
in
chiesa
,
benedetto
con
l
'
aspersorio
e
l
'
incensiere
,
davanti
alla
croce
di
Gesù
:
ecco
l
'
altra
novità
inaspettata
,
e
questa
,
sì
,
ci
annunciava
l
'
estrema
pace
.
Se
Ruggeri
,
che
con
la
sua
pronuncia
lenta
e
precisa
sembra
leggendo
una
poesia
confidare
il
segreto
d
'
un
miracolo
,
ci
avesse
detto
sottovoce
dieci
versi
di
lui
,
in
quanti
tra
quella
calca
li
avremmo
riconosciuti
?
Di
quel
trasporto
due
immagini
mi
stanno
ancora
negli
occhi
:
Mussolini
e
donna
Maria
,
l
'
avvenire
e
il
passato
.
Il
volto
di
Mussolini
era
chiuso
ma
dolce
;
le
spalle
quadrate
,
incrollabili
;
il
passo
su
per
la
salita
sicuro
uguale
pesante
:
«
Sta
certo
,
sta
certo
,
sta
certo
:
con
questo
passo
l
'
Italia
arriverà
sulla
vetta
che
io
so
,
sulla
vetta
che
tu
poeta
hai
sognata
»
.
Donna
Maria
d
'
Annunzio
procedeva
alla
destra
di
lui
,
dentro
un
lungo
fitto
velo
nero
,
alta
e
sottile
come
quando
si
sposò
e
come
Sartorio
la
ritrasse
nel
dittico
delle
Vergini
savie
e
delle
Vergini
folli
.
Le
avevo
parlato
poco
prima
;
anche
lo
sguardo
era
quello
,
anche
la
voce
era
rimasta
quella
,
piana
e
soave
tanto
che
nel
pieno
d
'
una
calca
riusciva
sempre
a
formare
una
zona
di
tranquilla
intimità
,
quasi
che
la
pace
emanasse
dalla
sua
grazia
.
A
ogni
svolta
distinguevo
sotto
il
velo
il
suo
profilo
affilato
e
le
gote
smunte
.
Vicini
andavano
i
due
figli
,
Mario
e
Gabrielino
.
Il
cranio
nudo
di
Mario
pareva
il
cranio
del
padre
.
Fin
nell
'
occipite
,
dove
la
sutura
sagittale
si
biforca
,
le
due
fossette
erano
calcate
su
quello
.
V
'
era
sole
,
ma
velato
.
Una
luce
bianca
e
diffusa
rischiarava
tutto
,
il
lago
,
la
strada
,
gli
ulivi
,
le
case
,
senza
un
filo
d
'
ombra
:
una
luce
di
limbo
.
I
ricordi
andavano
e
venivano
,
ora
fugaci
e
sbiaditi
perché
non
avevo
la
forza
di
trattenerli
e
definirli
;
ora
così
netti
che
non
vedevo
più
chi
mi
camminava
allato
.
I
tanti
amici
cui
egli
e
io
siamo
stati
legati
e
che
lo
hanno
preceduto
di
là
,
De
Bosis
,
Michetti
,
Conti
,
Scarfoglio
,
Matilde
Serao
,
Morello
,
Sartorio
,
Jarro
,
Tenneroni
,
Trentacoste
,
Praga
,
Treves
,
Origo
,
passavano
in
quei
ricordi
.
Erano
molti
,
e
quasi
mi
rimordeva
di
dimenticarne
uno
solo
,
in
quel
salire
verso
la
tomba
.
Lo
scalpiccio
del
corteo
dietro
a
me
,
senza
una
parola
,
senza
una
voce
,
per
un
attimo
l
'
ho
creduto
di
loro
.
Adolfo
,
Edoardo
,
Marco
...
Un
richiamo
m
'
ha
scosso
.
Ero
accanto
al
generale
Moizo
,
tale
e
quale
il
Moizo
aviatore
del
1915
e
del
1916;
soltanto
,
canuto
.
Mi
diceva
sommesso
:
Vi
ricordate
?
Gabriele
,
ancora
con
la
divisa
di
Novara
cavalleria
e
il
collo
di
panno
bianco
,
non
parlava
ormai
che
d
'
aviazione
.
Una
sera
a
Gradisca
,
appena
sceso
dal
Carso
,
alla
mensa
della
brigata
Toscana
tra
tutti
fanti
non
sognava
che
ali
:
Domandatelo
a
Ugo
che
mi
conosce
da
anni
.
Io
le
ali
le
ho
avute
sempre
.
Soltanto
allora
non
mi
si
vedevano
.
Quando
la
salma
è
giunta
presso
la
cima
del
colle
,
è
cominciata
la
salva
del
cannone
.
Donna
Maria
ha
alzato
il
volto
come
se
quei
colpi
a
rosario
venissero
dal
cielo
;
e
un
ricordo
m
'
è
venuto
al
pensiero
,
da
lontano
lontano
.
Una
sera
di
maggio
a
Roma
pranzavamo
sulla
terrazza
di
Maria
d
'
Annunzio
che
allora
abitava
a
Trinità
dei
Monti
,
con
le
finestre
sulla
scalinata
verso
piazza
di
Spagna
.
Anche
Gabriele
era
invitato
,
ma
arrivò
tardi
scusandosi
con
aria
di
mistero
.
Appena
venne
buio
,
condusse
De
Bosis
e
me
nell
'
anticamera
,
ci
affidò
due
pacchi
ed
egli
ne
prese
un
terzo
,
più
grande
.
Quando
rientrò
davanti
ai
convitati
,
avverti
serio
serio
:
Non
toccate
,
sono
pacchi
di
esplosivi
.
Erano
fochetti
artificiali
,
razzi
,
stelle
,
bengali
,
petardi
,
candele
romane
,
e
li
cominciò
a
legare
prestamente
ai
ferri
della
ringhiera
,
rimproverandoci
di
non
essere
così
rapidi
e
capaci
com
'
era
lui
abruzzese
.
La
testa
,
bada
,
verso
piazza
di
Spagna
.
Se
no
,
ti
scoppia
in
bocca
.
A
Francavilla
qualunque
ragazzo
ne
sa
più
di
te
.
In
pochi
minuti
la
batteria
era
in
ordine
,
ed
egli
con
un
cerino
cominciò
ad
accendere
.
Nella
conca
della
scalinata
ogni
scoppio
rimbombava
assordante
.
Finestre
e
logge
si
gremirono
di
spettatori
.
Dagli
altri
piani
qualcuno
cominciò
a
protestare
,
e
Gabriele
alla
luce
dei
bengali
spiegava
felice
,
ridendo
e
saltando
:
Non
abbiate
paura
,
non
sono
che
tipitappi
,
non
sono
che
tipitappi
.
Quando
dei
fochetti
non
restò
che
il
fumo
,
gli
chiedemmo
:
Che
sono
i
tipitappi
?
Non
sapete
che
cosa
sono
i
tipitappi
?
Ignoranti
.
Sono
quello
che
i
napoletani
chiamano
tricchitracchi
,
e
non
volle
dire
altro
.
Queste
parole
sono
troppe
,
perché
quel
ricordo
fu
un
lampo
.
Il
corteo
s
'
era
disperso
.
Il
Duce
era
ripartito
.
Ma
l
'
Abruzzo
quella
mattina
non
doveva
per
fortuna
lasciarmi
più
,
ché
la
chiave
di
D
'
Annunzio
è
nascosta
lì
davanti
al
mare
,
tra
gli
aguglioli
della
pineta
alla
foce
del
Pescara
.
Incontro
Giacomo
Acerbo
,
a
capo
d
'
un
manipolo
d
'
abruzzesi
:
il
priore
della
nuova
chiesa
di
Pescara
,
il
preside
della
Provincia
,
una
donna
in
capelli
che
reca
in
un
'
olla
la
terra
presa
sulla
tomba
di
donna
Luisa
,
della
madre
del
poeta
,
e
v
'
ha
piantato
su
qualche
fiore
reciso
per
mettere
un
poco
di
luce
su
quel
terriccio
di
morti
.
È
un
conforto
ascoltarli
,
udire
in
quella
parlata
grave
ed
antica
le
notizie
di
D
'
Annunzio
e
della
sua
casa
e
della
sua
chiesa
,
come
s
'
egli
da
laggiù
fosse
partito
ieri
.
Vecchio
infatti
non
l
'
hanno
veduto
;
da
vecchio
egli
laggiù
non
s
'
è
lasciato
vedere
.
Ieri
notte
ero
tornato
per
la
terza
volta
al
Vittoriale
.
M
'
ero
chiuso
col
dottor
Duse
e
con
Antonio
Bruers
a
parlare
degli
ultimi
momenti
di
lui
.
Bruers
piangeva
:
L
'
avesse
veduto
nel
suo
pigiama
marrone
,
quando
l
'
hanno
portato
dalla
poltrona
sul
letto
.
Il
capo
cadeva
indietro
,
le
braccia
pendevano
.
Il
comandante
,
capisce
,
il
comandante
,
ridotto
come
un
fantoccio
.
Atroce
:
come
un
fantoccio
.
Ed
era
ancora
caldo
,
così
caldo
che
io
lo
credevo
svenuto
,
e
affettuoso
metteva
la
fronte
sulla
mia
spalla
e
piangeva
.
Interrogavo
Duse
.
Era
proprio
vero
,
Gabriele
si
voleva
sempre
curare
da
sé
:
per
tre
giorni
non
prendeva
cibo
,
poi
d
'
un
colpo
tre
o
quattro
uova
.
Noi
in
Abruzzo
ci
curiamo
così
,
e
si
campa
cent
'
anni
.
Un
pastore
della
Majella
ne
sa
più
di
te
.
Fuori
,
davanti
alla
salma
,
era
ancora
un
poco
di
gente
.
La
campana
della
parrocchia
continuava
a
rintoccare
nell
'
aria
nera
,
col
ritmo
inesorabile
d
'
un
palpito
,
come
per
misurare
il
nostro
tempo
mortale
nel
confronto
con
l
'
immobile
eternità
dove
egli
era
scomparso
.
Parlavano
dell
'
età
di
lui
,
della
morte
improvvisa
.
E
uno
,
invisibile
,
ha
detto
:
Ha
lavorato
tanto
,
e
una
voce
di
donna
ha
soggiunto
con
un
sospiro
materno
:
Poveromo
.
Il
pastore
della
Majella
,
Aligi
,
che
ieri
ha
cominciato
a
dormire
per
non
svegliarsi
più
.
Così
m
'
è
venuto
alla
mente
un
ritratto
donatomi
da
lui
la
prima
volta
che
sono
andato
a
Francavilla
.
Adesso
l
'
ho
qui
davanti
agli
occhi
.
Gabriele
porta
una
mantella
pesante
e
un
berretto
a
punta
,
di
maglia
di
lana
,
col
fiocco
in
cima
.
Con
la
mantella
ricopre
anche
la
sua
figliola
Renata
,
incappucciata
come
lui
,
e
un
folto
di
riccioli
le
sfugge
dal
cappuccio
.
Renata
,
o
Cicciuzza
come
allora
la
chiamava
,
avrà
in
questa
fotografia
quattro
o
cinque
anni
.
È
l
'
infermiera
del
Notturno
.
Ho
riaperto
il
libro
.
Anche
il
padre
lì
la
rievoca
a
cinque
anni
,
in
quella
casa
bianca
sul
mare
,
dove
fu
fatto
il
ritratto
che
io
guardo
e
dove
ella
gli
«
appariva
senza
rumore
,
come
uno
di
quelli
uccelli
che
si
posano
sopra
un
ramo
leggiero
e
aspettano
che
esso
cessi
d
'
oscillare
per
intraprendere
il
loro
canto
»
.
Quel
giorno
invece
nel
Notturno
ella
tornava
presso
il
letto
del
padre
infermo
dopo
la
visita
dei
Sepolcri
.
«
Su
la
sua
veste
bruna
,
mi
sembra
di
fiutare
un
odore
di
ceri
,
un
odore
d
'
erbe
scolorate
e
di
violacciocche
.
Il
viso
è
più
stretto
,
il
mento
è
più
affilato
.
È
piccola
,
stasera
.
È
una
povera
piccola
stanca
,
affaticata
dalle
tenebre
e
dal
profumo
funebre
,
bisognosa
di
riposarsi
.
»
Proprio
così
era
stamane
,
dietro
al
feretro
,
pallida
,
stanca
,
vestita
di
lutto
,
sola
coi
suoi
ricordi
.