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'MARIONETTE, CHE PASSIONE!' ( PIRANDELLO LUIGI , 1918 )
StampaQuotidiana ,
Come questo lavoro drammatico di Rosso di San Secondo si presenti nella sua traduzione scenica , han veduto di recente gli spettatori del teatro Manzoni di Milano , che lo hanno accolto con grande favore e fervore d ' appassionate discussioni : vedranno tra pochi mesi gli spettatori del nostro teatro Valle . E allora , di questa traduzione scenica renderà conto con l ' usato acume il valoroso critico drammatico di questo giornale . Io parlo del libro ( Milano , Fratelli Treves , editori , 1918 ) ; vorrei dire , del testo che ne hanno sotto gli occhi i lettori , in luogo della traduzione che ne hanno avuto e ne avranno davanti gli spettatori : parlo cioè dell ' espressione unica e immediata dell ' autore ; non di quella , varia e necessariamente diversa , che per mezzo della loro persona , della loro voce , dei loro gesti , ne hanno dato e ne daranno gli attori . Questa dura una sera , più sere , una stagione , e passa ; il libro resta . Dobbiamo noi lettori fingerci veramente come tante marionette i personaggi di questa commedia , che non senza ragione son privi d ' un nome proprio e si chiamano : Il Signore in grigio , Il Signore a lutto , La Signora dalla volpe azzurra , ecc . ? E prima di tutto : son propriamente personaggi ? è propriamente una commedia , questa ? Avevano gli antichi una special forma di poesia , che i Greci chiamavano Erinni e i Latini Dira ; noi avemmo a simiglianza la Disperata . Erinni , Dira o Disperata in tre atti avrei voluto che Rosso di San Secondo chiamasse coraggiosamente questa sua opera , che soprattutto è di poesia . Pura sintesi lirica . Qui ogni preparazione logica , ogni sostegno logico sono aboliti . Precipitiamo d ' un tratto in una piena esasperazione dionisiaca . I personaggi , presi tutti nell ' ardente voragine della passione che li divora , non hanno più , né possono più avere , alcun carattere particolare : sono la loro stessa passione in diversi gradi o stadii , e basta appena un segno esteriore a distinguerli . Lo spasimo li ha induriti . Subitanee aderenze , bruschi contatti , improvvisi urti con la realtà più comune , li irrigidiscono vieppiù . Chi sono ? Eran due poveri uomini , una povera donna : un marito oltraggiato , un amante tradito , una amante calpestata . Non importa conoscerne la storia : è la più comune ; quella di jeri , d ' oggi , di domani . Non ne hanno più , storia , come non hanno più nome né nulla , tranne la passione che li muove a capriccio , senza volontà , in un giuoco casuale : non più dunque due poveri uomini , una povera donna ; ma per forza ormai tre grottesche marionette . Possono piangere e subito dopo ridere , e viceversa ; o ridere e piangere insieme . E il giuoco , a guardarlo da fuori , è divertentissimo . Pare una cosa di lusso . Invita quasi a svagarcisi per renderlo più attraente ; a pensare a toni e a colori , perché risulti più armonico all ' orecchio e più vivace agli occhi nella sua apparente incoerenza che è appunto la sua massima coerenza , come quella che ha radice nella disperazione , in cui , piangendo o ridendo , si snoda , come a caso . Ecco : un tono basso , quasi in sordina , intercalato da lunghe pause , e un color grigio slavato , di cielo piovoso , per il primo atto ; un tono stridulo , tutto scatti e scivoli , e una soffice imbottitura di raso celeste , da piumino da cipria avvelenata , per il secondo atto ; un tono lento , quasi solenne , un po ' declamatorio e una rigidezza di bianco e nero , bianco di stoviglie da tavola , di tovaglie e di sparati di camicia , nero di marsine e di cravatte , per il terzo atto : insomma tutta una galanteria di fino giuoco , che dia sussulti da morirne a ogni improvviso stridore che minacci di mandare ogni cosa a catafascio da un momento all ' altro , perché in verità è la galanteria questa di un fino giuoco mortale . Così , a goderselo da fuori , è anche uno spasso di strampaleria eroica il Don Chisciotte ; uno spasso d ' avventurosa strampaleria il Gulliver . Ma qui il pregio è nel rappresentare come reali e vivi un tipo straordinario , straordinarii casi e avventure . Il pregio di questa " Dira " consiste invece nella straordinaria rappresentazione , quasi irreale , quasi non viva , perché tutta indurita e starei per dire lignificata nelle mosse , di questi comunissimi personaggi senza nome , resi dall ' irrigidimento del loro spasimo interno marionette , che si muovono come a caso , in un fortuito incontro , in luoghi che non hanno nulla d ' insolito , al telegrafo , in trattoria , solitissimamente , nella più comune delle azioni , senz ' alcuna vicenda : passare un telegramma ; sostituire un guanto ; andare a cena : tutto nel giro di una mezza giornata . L ' urto , il contrasto tragico che dà brividi e fremiti d ' orrore , l ' angoscia che serra la gola , nascono appunto dallo straordinario di questa rappresentazione , appena tocchi o aderisca minimamente col comune della normalità quotidiana , in cui è condannata a sciogliersi e ad annegarsi , come ho detto , senza vicenda e senza nome . Non so come tutto questo risulti in teatro . M ' immagino che a uno spettatore appassionato non possa non risultare perfetto e non dare perciò un godimento squisito , se rappresentato da bravi attori . Certo perfetto risulta alla lettura e dà uno squisito godimento a uno spassionato lettore . E Rosso di San Secondo può andare orgoglioso d ' aver dato una pura opera di poesia al teatro italiano , che accenna a innalzarsi su nuove e più sicure basi .