StampaQuotidiana ,
I
signori
autori
drammatici
,
professionisti
del
teatro
,
sdegnano
d
'
esser
tenuti
in
conto
di
letterati
,
perché
dicono
e
sostengono
che
il
teatro
è
teatro
e
non
è
letteratura
.
Non
vogliamo
malignare
fino
al
punto
di
credere
che
la
ragione
di
questo
loro
sdegno
abbia
in
gran
parte
radice
nella
serietà
dei
loro
guadagni
di
fronte
all
'
irrisorio
scherzo
dei
meschini
compensi
di
quei
poveri
illusi
che
sono
i
letterati
puri
.
Certo
essi
hanno
regolata
da
parte
loro
l
'
azienda
del
teatro
come
un
qualunque
istituto
commerciale
,
che
si
difende
da
altri
istituti
ugualmente
commerciali
,
interessati
da
un
'
altra
parte
nella
stessa
azienda
:
quello
dei
capocomici
e
quello
dei
proprietarii
e
gerenti
dei
teatri
:
norme
per
la
cessione
a
questa
o
a
quella
compagnia
della
loro
produzione
;
assegnazione
di
"
piazze
"
;
percentuale
su
gl
'
incassi
fissata
avanti
,
tanto
per
la
prima
rappresentazione
,
tanto
per
la
seconda
,
tanto
per
le
altre
seguenti
,
della
cui
riscossione
è
incaricata
la
Società
degli
Autori
di
Milano
,
la
quale
alla
fine
d
'
ogni
trimestre
manda
ai
soci
un
rendiconto
dei
proventi
,
che
per
dir
la
verità
per
quanto
male
vada
un
dramma
o
una
commedia
superano
sempre
di
molto
quelli
che
ogni
altro
scrittore
o
di
novelle
o
di
romanzi
(
non
parliamo
per
carità
dei
poeti
!
)
ricava
dalla
vendita
dei
suoi
libri
.
Non
c
'
è
dubbio
che
tutto
questo
non
ha
niente
da
vedere
con
la
letteratura
.
Possiamo
anche
concedere
che
veramente
il
loro
teatro
,
com
'
essi
vogliono
,
cioè
quella
loro
produzione
più
o
meno
abbondante
di
drammi
e
di
commedie
lanciata
sul
mercato
teatrale
,
non
è
letteratura
.
Resta
però
da
vedere
non
essendo
letteratura
come
e
sotto
qual
nuova
specie
debbano
essere
considerati
quei
loro
drammi
e
quelle
loro
commedie
,
quando
da
copioni
diventano
libri
,
quando
dalla
buca
del
suggeritore
passano
nella
vetrina
d
'
un
librajo
,
non
più
scritti
a
macchina
ma
stampati
da
un
editore
,
quando
dai
lauti
proventi
che
la
voce
e
il
gesto
degli
attori
han
procacciato
loro
dalle
tavole
d
'
un
palcoscenico
,
scendono
a
pietosamente
mendicare
le
tre
lirette
,
prezzo
di
copertina
,
tra
quegli
altri
mendicanti
esposti
alla
carità
pubblica
,
che
sono
i
volumi
di
novelle
e
i
romanzi
dei
poveri
letterati
puri
.
Ma
lasciamo
una
buona
volta
tutta
questa
contabilità
,
e
veniamo
a
noi
.
Qua
c
'
è
un
grosso
malinteso
da
chiarire
.
E
il
malinteso
consiste
appunto
nella
parola
letteratura
.
I
signori
autori
drammatici
,
professionisti
del
teatro
,
scrivono
male
,
non
solo
perché
non
sanno
o
non
si
sono
mai
curati
di
scriver
bene
,
ma
perché
credono
in
coscienza
che
lo
scriver
bene
a
teatro
,
sia
da
letterati
,
e
che
bisogni
invece
scrivere
in
quel
certo
modo
parlato
come
scrivon
loro
,
che
non
sappia
di
letteratura
,
perché
i
personaggi
dei
loro
drammi
e
delle
loro
commedie
dicono
non
essendo
letterati
,
non
possono
parlare
sulla
scena
come
tali
,
cioè
bene
;
debbono
parlar
come
si
parla
,
senza
letteratura
.
Così
dicendo
,
non
sospettano
neppur
lontanamente
ch
'
essi
confondono
lo
scriver
bene
con
lo
scriver
bello
,
o
piuttosto
,
non
vedono
di
cadere
in
questo
errore
:
che
scriver
bene
significhi
scriver
bello
;
e
non
pensano
che
lo
scriver
bello
di
certi
falsi
letterati
è
,
di
fronte
all
'
estimativa
estetica
,
per
un
eccesso
contrario
,
lo
stesso
vizio
del
loro
scriver
male
:
letteratura
che
non
è
arte
,
vale
a
dire
cattiva
letteratura
tanto
quella
di
chi
scrive
bello
,
quanto
quella
di
chi
scrive
male
,
e
condannabile
perciò
come
tale
,
anche
se
essi
non
vogliono
passar
per
letterati
.
Scriver
bene
un
dramma
o
una
commedia
non
significa
far
parlare
i
personaggi
in
una
forma
letteraria
,
cioè
in
un
linguaggio
non
parlato
e
per
sé
stesso
letterario
.
Questo
è
scriver
bello
.
Bisogna
far
parlare
i
personaggi
come
,
dato
il
loro
carattere
,
date
le
loro
qualità
e
condizioni
,
nei
varii
momenti
dell
'
azione
,
debbono
parlare
.
E
questo
non
vuol
mica
dire
che
ne
risulterà
un
linguaggio
comune
e
non
letterario
.
Che
significa
"
non
letterario
"
se
s
'
intende
far
opera
d
'
arte
?
Il
linguaggio
non
sarà
mai
comune
;
perché
sarà
proprio
a
quel
dato
personaggio
in
quella
data
scena
,
proprio
del
suo
carattere
,
della
sua
passione
o
del
suo
giuoco
.
E
se
i
personaggi
parleranno
ciascuno
in
questo
lor
proprio
modo
,
e
non
secondo
la
sciatteria
volgare
d
'
un
linguaggio
impreciso
,
approssimativo
,
che
denoterà
soltanto
la
incapacità
dell
'
autore
a
trovar
la
giusta
espressione
perché
non
sa
scrivere
,
la
commedia
sarà
scritta
bene
,
e
una
commedia
scritta
bene
,
se
anche
ben
concepita
e
ben
condotta
,
è
opera
d
'
arte
letteraria
come
un
bel
romanzo
o
una
bella
novella
o
una
bella
lirica
.
La
verità
è
che
i
signori
autori
drammatici
,
professionisti
del
teatro
,
son
tutti
rimasti
fermi
a
quella
beata
poetica
del
naturalismo
,
che
confuse
il
fatto
fisico
,
il
fatto
psichico
e
il
fatto
estetico
in
tale
graziosa
maniera
,
che
al
fatto
estetico
venne
a
dare
(
almeno
teoreticamente
,
poiché
in
pratica
non
era
possibile
)
quel
carattere
di
necessità
meccanica
e
quella
fissità
che
sono
proprie
del
fatto
fisico
.
Ora
bisogna
porsi
bene
in
mente
che
l
'
arte
,
in
qualunque
sua
forma
(
dico
l
'
arte
letteraria
,
di
cui
la
drammatica
è
una
delle
tante
forme
)
non
è
imitazione
o
riproduzione
,
ma
creazione
.
La
questione
del
linguaggio
,
dunque
se
e
come
debba
esser
parlato
;
la
pretesa
difficoltà
di
trovare
in
Italia
una
lingua
veramente
parlata
in
tutta
la
nazione
,
e
l
'
altra
questione
d
'
una
vita
nazionale
veramente
italiana
che
manca
per
dar
materia
e
carattere
a
un
teatro
che
si
possa
dire
italiano
,
come
se
appunto
natura
e
ufficio
dell
'
arte
fosse
la
riproduzione
necessaria
di
questa
vita
,
che
ciascuno
possa
riconoscere
per
dati
e
fatti
esteriori
;
e
tutte
quelle
altre
angustiose
quisquilie
e
vane
superstizioni
della
così
detta
tecnica
,
che
dovrebbe
rispecchiare
(
sempre
in
teoria
,
poiché
in
pratica
non
è
possibile
)
l
'
azione
come
ce
la
vediamo
svolgere
sotto
gli
occhi
nella
realtà
quotidiana
;
tutto
questo
è
tormento
accattato
di
martiri
volontarii
d
'
un
sistema
assurdo
,
d
'
una
aberrata
poetica
,
per
fortuna
da
un
gran
pezzo
ormai
superata
,
ma
a
cui
,
ripeto
,
dimostrano
d
'
esser
rimasti
fermi
i
signori
professionisti
del
teatro
.
Non
si
tratta
d
'
imitare
o
di
riprodurre
la
vita
;
e
questo
,
per
la
semplicissima
ragione
che
non
c
'
è
una
vita
che
stia
come
una
realtà
per
sé
,
da
riprodurre
con
caratteri
suoi
proprii
:
la
vita
è
flusso
continuo
e
indistinto
e
non
ha
altra
forma
all
'
infuori
di
quella
che
a
volta
a
volta
le
diamo
noi
,
infinitamente
varia
e
continuamente
mutevole
.
Ciascuno
in
realtà
crea
a
sé
stesso
la
propria
vita
:
ma
questa
creazione
,
purtroppo
,
non
è
mai
libera
,
non
solo
perché
soggetta
a
tutte
le
necessità
naturali
e
sociali
che
limitano
le
cose
,
gli
uomini
e
le
loro
azioni
e
li
deformano
e
li
contrariano
fino
a
farli
fallire
e
cader
miseramente
;
non
è
mai
libera
anche
perché
,
nella
creazione
della
nostra
vita
,
la
nostra
volontà
tende
quasi
sempre
,
per
non
dir
proprio
sempre
,
a
fini
di
pratica
utilità
,
il
raggiungimento
di
una
condizione
sociale
,
ecc
.
,
che
inducono
ad
azioni
interessate
e
costringono
a
rinunzie
o
a
doveri
,
che
sono
naturalmente
limitazioni
di
libertà
.
Soltanto
l
'
arte
,
quando
è
vera
arte
,
crea
liberamente
:
crea
,
cioè
,
una
realtà
che
ha
solamente
in
sé
stessa
le
sue
necessità
,
le
sue
leggi
,
il
suo
fine
,
poiché
la
volontà
non
agisce
più
fuori
,
a
vincere
tutti
gli
ostacoli
che
si
oppongono
a
quei
fini
di
pratica
utilità
a
cui
tendiamo
nell
'
altra
creazione
interessata
,
voglio
dire
in
quella
che
tutti
ci
sforziamo
di
fare
,
quotidianamente
,
della
nostra
vita
,
così
come
possiamo
;
ma
agisce
interiormente
,
nella
vita
a
cui
intendiamo
dar
forma
,
e
di
questa
forma
appunto
,
ancora
dentro
di
noi
,
ma
già
viva
per
sé
stessa
e
dunque
quasi
del
tutto
ormai
indipendente
da
noi
,
diviene
il
movimento
.
E
questa
è
la
vera
e
l
'
unica
tecnica
:
la
volontà
intesa
come
libero
,
spontaneo
e
immediato
movimento
della
forma
,
quando
cioè
non
siamo
più
noi
a
voler
questa
forma
così
o
così
,
per
un
nostro
fine
;
ma
è
lei
,
assolutamente
libera
,
poiché
non
ha
altro
fine
che
in
sé
stessa
,
lei
che
si
vuole
,
lei
che
provoca
in
sé
e
in
noi
gli
atti
capaci
di
effettuarla
fuori
in
un
corpo
:
statua
,
quadro
,
libro
;
e
allora
soltanto
il
fatto
estetico
è
compiuto
.
Fuori
,
ordinariamente
,
le
azioni
che
mettono
in
rilievo
un
carattere
si
stagliano
su
un
fondo
di
contingenze
senza
valore
,
di
particolari
comuni
a
tutti
.
Volgari
ostacoli
impreveduti
,
improvvisi
,
deviano
le
azioni
,
deturpano
i
caratteri
;
piccole
miserie
accidentali
spesso
li
sminuiscono
.
L
'
arte
libera
le
cose
,
gli
uomini
e
le
loro
azioni
da
queste
contingenze
senza
valore
,
da
questi
particolari
comuni
,
da
questi
volgari
ostacoli
,
da
queste
accidentali
miserie
:
in
un
certo
senso
,
li
astrae
:
cioè
,
rigetta
,
senza
neppur
badarvi
,
tutto
ciò
che
contraria
la
concezione
dell
'
artista
e
aggruppa
invece
tutto
ciò
che
,
in
accordo
con
essa
,
le
dà
più
forza
e
più
ricchezza
.
Crea
così
un
'
opera
che
non
è
,
come
la
natura
,
senz
'
ordine
(
almeno
apparente
)
e
irta
di
contradizioni
,
ma
quasi
un
piccolo
mondo
in
cui
tutti
gli
elementi
si
tendono
a
vicenda
e
a
vicenda
cooperano
.
In
questo
senso
appunto
l
'
artista
idealizza
.
Non
già
che
egli
rappresenti
tipi
o
dipinga
idee
:
semplifica
e
concentra
.
L
'
idea
che
egli
ha
dei
suoi
personaggi
,
il
sentimento
che
spira
da
essi
evocano
le
immagini
espressive
,
le
aggruppano
e
le
combinano
.
I
particolari
inutili
spariscono
;
tutto
ciò
che
è
imposto
dalla
logica
vivente
del
carattere
è
riunito
,
concentrato
nell
'
unità
d
'
un
essere
,
diciamo
così
,
meno
reale
e
tuttavia
più
vero
.
Ma
ecco
ora
in
che
consiste
la
soggezione
inovviabile
del
teatro
,
rispetto
all
'
opera
d
'
arte
che
ha
già
avuto
la
sua
espressione
definitiva
,
unica
,
nelle
pagine
dello
scrittore
.
Questa
che
è
già
espressione
,
questa
che
è
già
forma
,
bisogna
che
diventi
materia
;
una
materia
a
cui
gli
attori
,
secondo
i
loro
mezzi
e
le
loro
capacità
,
debbono
a
lor
volta
dare
forma
.
Perché
l
'
attore
,
se
non
vuole
(
né
può
volerlo
)
che
le
parole
scritte
del
dramma
gli
escano
dalla
bocca
come
da
un
portavoce
o
da
un
fonografo
,
bisogna
che
riconcepisca
,
come
sa
,
il
personaggio
,
lo
concepisca
cioè
a
sua
volta
per
conto
suo
;
bisogna
che
l
'
immagine
già
espressa
torni
ad
organarsi
in
lui
e
tenda
a
divenire
il
movimento
che
la
effettui
e
la
renda
reale
sulla
scena
.
Anche
per
lui
,
insomma
,
l
'
esecuzione
bisogna
che
balzi
viva
dalla
concezione
,
e
soltanto
per
virtù
di
essa
,
per
movimenti
cioè
promossi
dall
'
immagine
stessa
,
viva
e
attiva
,
non
solo
dentro
di
lui
,
ma
divenuta
con
lui
e
in
lui
anima
e
corpo
.
Ora
,
benché
non
nata
nell
'
attore
spontaneamente
,
ma
suscitata
nello
spirito
di
lui
dall
'
espressione
dello
scrittore
,
questa
immagine
può
esser
mai
la
stessa
?
può
non
alterarsi
,
non
modificarsi
passando
da
uno
spirito
a
un
altro
?
Non
sarà
più
la
stessa
.
Sarà
magari
una
immagine
approssimativa
,
più
o
meno
somigliante
;
ma
la
stessa
,
no
.
Quel
dato
personaggio
sulla
scena
dirà
le
stesse
parole
del
dramma
scritto
,
ma
non
sarà
mai
quello
del
poeta
,
perché
l
'
attore
l
'
ha
ricreato
in
sé
,
e
sua
è
l
'
espressione
quantunque
non
siano
sue
le
parole
,
sua
la
voce
,
suo
il
corpo
,
suo
il
gesto
.
L
'
opera
letteraria
è
il
dramma
e
la
commedia
concepita
e
scritta
dal
poeta
:
quella
che
si
vedrà
in
teatro
non
è
e
non
potrà
essere
altro
che
una
traduzione
scenica
.
Tanti
attori
e
tante
traduzioni
,
più
o
meno
fedeli
,
più
o
meno
felici
;
ma
,
come
ogni
traduzione
,
sempre
e
per
forza
inferiori
all
'
originale
.
Perché
,
se
ci
pensiamo
bene
,
l
'
attore
deve
fare
e
fa
per
forza
il
contrario
di
ciò
che
ha
fatto
il
poeta
.
Rende
,
cioè
,
più
reale
e
tuttavia
men
vero
il
personaggio
creato
dal
poeta
,
gli
toglie
tanto
,
cioè
,
di
quella
verità
ideale
,
superiore
,
quanto
più
gli
dà
di
quella
realtà
materiale
,
comune
;
e
lo
fa
men
vero
anche
perché
lo
traduce
nella
materialità
fittizia
e
convenzionale
d
'
un
palcoscenico
.
L
'
attore
insomma
necessariamente
dà
una
consistenza
artefatta
,
in
un
ambiente
posticcio
,
illusorio
,
a
persone
e
ad
azioni
che
hanno
già
avuto
un
'
espressione
di
vita
ideale
,
qual
è
quella
dell
'
arte
e
che
vivono
e
respirano
in
una
realtà
superiore
.
E
allora
?
Hanno
ragione
i
signori
autori
drammatici
,
che
non
vedono
altro
che
il
teatro
,
e
che
dicono
e
sostengono
che
il
teatro
è
teatro
e
non
letteratura
?
Se
per
teatro
deve
intendersi
quel
luogo
dove
si
fanno
rappresentazioni
serali
e
diurne
,
con
degli
attori
,
a
cui
essi
dànno
argomento
e
materia
da
formare
quasi
lì
per
lì
in
scene
d
'
effetto
,
drammatiche
o
comiche
,
sì
.
Ma
in
questo
caso
,
come
posizione
di
fronte
all
'
arte
,
bisogna
che
si
rassegnino
a
stare
nella
stessa
linea
di
quei
facili
fucinatori
di
versi
che
si
prestano
a
fare
le
poesiole
sotto
le
vignette
di
certe
riviste
illustrate
.
Scrivono
,
non
per
il
testo
,
ma
per
la
traduzione
.
E
veramente
,
allora
,
non
ha
bisogno
affatto
di
letteratura
il
loro
teatro
.
Materia
per
gli
attori
;
a
cui
gli
attori
daranno
vita
e
consistenza
sulla
scena
.
Qualche
cosa
,
insomma
,
come
gli
scenarii
della
commedia
dell
'
arte
.
Ma
per
noi
il
teatro
vuol
essere
un
'
altra
cosa
.