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IRONIA ( PIRANDELLO LUIGI , 1920 )
StampaQuotidiana ,
Seguito , se non vi dispiace , a parlare del " grottesco " , ma questa volta seriamente . È chiaro che , componendo un grottesco , nessun autore crede alla realtà in sé delle cose che rappresenta . Ma bisogna bene intenderci prima di tutto , sul non credere dell ' autore in genere ( non solo , dunque , di chi componga grotteschi ) alla realtà del mondo da lui comunque rappresentato . Si potrebbe dire , intanto , che non solamente per l ' artista , ma non esiste per nessuno una rappresentazione , sia creata dall ' arte , o sia comunque quella che tutti ci facciamo di noi stessi e degli altri e della vita , che si possa credere una realtà . Sono in fondo una medesima illusione quella dell ' arte e quella che , comunemente , a noi tutti viene dai nostri sensi . Pur non di meno , noi chiamiamo vera quella dei nostri sensi , e finta quella dell ' arte . Tra l ' una e l ' altra illusione non è affatto , però , questione di realtà , bensì di volontà , e solo in quanto la finzione dell ' arte è voluta , voluta non nel senso che sia procacciata con la volontà per un fine estraneo a sé stessa ; ma voluta per sé e per sé amata , disinteressatamente ; mentre quella dei sensi non sta a noi volerla o non volerla : si ha , come e in quanto si hanno i sensi . E quella è libera ; e questa no . E l ' una finzione è dunque immagine o forma di sensazioni , mentre l ' altra , quella dell ' arte , è creazione di forma . Il fatto estetico , effettivamente , comincia sol quando una rappresentazione acquisti in noi per sé stessa una volontà , cioè quando essa in sé e per sé stessa si voglia , provocando per questo solo fatto che si vuole , il movimento ( tecnica ) atto ad effettuarla fuori di noi . Se la rappresentazione non ha in sé questa volontà , che è il movimento stesso dell ' immagine , essa è soltanto un fatto psichico comune ; l ' immagine non voluta per sé stessa ; fatto spirituale - meccanico , in quanto non sta a noi volerla o non volerla ; ma che si ha in quanto risponde in noi a una sensazione . Abbiamo tutti , più o meno , una volontà che provoca in noi quei movimenti atti a creare la nostra propria vita . Questa creazione , che ciascuno fa a sé stesso della propria vita , ha bisogno anch ' essa , in maggiore o minor grado , di tutte le funzioni e attività dello spirito , cioè d ' intelletto e di fantasia , oltre che di volontà ; e chi più ne ha e più ne mette in opera , riesce a creare a sé stesso una più alta e vasta e forte vita . La differenza tra questa creazione e quella dell ' arte è solo in questo ( che fa appunto comunissima l ' una e non comune l ' altra ) ; che quella è interessata e questa disinteressata , il che vuoi dire che l ' una ha un fine di pratica utilità , l ' altra non ha alcun fine che in sé stessa ; l ' una è voluta per qualche cosa ; l ' altra si vuole per sé . E una prova di questo si può avere nella frase che ciascuno di noi suoi ripetere ogni qual volta , per disgrazia , contro ogni nostra aspettativa , il proprio fine pratico , i proprii interessi siano stati frustrati : Ho lavorato per amore dell ' arte ! E il tono con cui si ripete questa frase ci spiega la ragione per cui la maggioranza degli uomini , che lavorano per fini di pratica utilità e non intendono la volontà disinteressata , suoi chiamare matti i poeti , quelli cioè in cui la rappresentazione si vuole per sé stessa senz ' altro fine che in sé medesima , e tale essi la vogliono , quale essa si vuole . Ora una rappresentazione può in noi volersi anche ironicamente , vale a dire non soltanto cosciente in sé della sua irrealità , ma che tale anche si mostri agli altri di fuori . Perché c ' è , oltre all ' ironia così detta retorica , che consiste in una contradizione verbale tra quel che si dice e quel che si vuole sia inteso , un ' altra ironia : quella filosofica , dedotta dai romantici tedeschi direttamente dall ' idealismo soggettivo del Fichte , ma che ha in fondo le sue origini in tutto il movimento idealistico germanico post - kantiano . Hegel spiegava che l ' io , sola realtà vera , può sorridere della vana parvenza dell ' universo : come la pone , può anche annullarla ; può non prender sul serio le proprie creazioni . Onde appunto l ' ironia : cioè quella forza secondo il Tieck che permette al poeta di dominar la materia che tratta : materia che si riduce per essa secondo Federico Schlegel a una perpetua parodia , a una farsa trascendentale . Ecco una bella definizione antica di molti dei più significativi grotteschi moderni : farse trascendentali ; se non fosse che la parola " farsa " , per l ' uso volgare che se n ' è fatto , appropriandola a sciocchi componimenti di grossolana ilarità , non ostante quella specificazione di " trascendentale " , potrebbe indurre gl ' ignoranti ( e non dico i maligni ) a fraintendere . A non intendere , cioè , che sissignori anche una tragedia , quando si sia superato col riso il tragico attraverso il tragico stesso , scoprendo tutto il ridicolo del serio , e perciò anche il serio del ridicolo , può diventare una farsa . Una farsa che includa nella medesima rappresentazione della tragedia la parodia e la caricatura di essa , ma non come elementi soprammessi , bensì come projezione d ' ombra del suo stesso corpo , goffe ombre d ' ogni gesto tragico . O quando si sia arrivati a comprendere che , essendo assolutamente arbitraria ogni nostra conclusione , e inevitabilmente illusoria , quantunque necessaria , ogni costruzione che ci facciamo della così detta realtà arbitrio per arbitrio e irreale per irreale spogliando d ' ogni fittizia apparenza di verità la favola , si rappresenta nella sua meccanicità essenziale l ' arbitrio di quella conclusione , e nella sua frode palese quell ' illusione , per modo che appaja quel che in fondo e purtroppo è : un giuoco , ma voluto e sentito e rappresentato come tale . Veramente , tra quella che suol chiamarsi ironia retorica e questa filosofica una certa parentela si può scoprire . La differenza tra l ' una e l ' altra è , che in quella non bisogna prender sul serio ciò che si dice , e in questa ciò che si fa . Ma badiamo : non prender sul serio ciò che si fa , non vuoi mica dire non prender l ' arte sul serio . « Chi fa un lavoro comico osservò una volta giustamente il De Sanctis non è esentato dalle condizioni serie dell ' arte » . Anzi , tanto più deve attenersi ad esse . E poneva due casi il De Sanctis : quello di chi dice sciocchezze con intenzione comica e fa ridere non di lui ma di quel che dice , e quello di chi all ' incontro dice sciocchezze per sciocchezze e fa ridere di lui e non di ciò che ha detto . Non giurerei che nessuno di quanti oggi scrivon grotteschi non sia in questo secondo caso .