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Maria D'Annunzio ( Vergani Orio , 1954 )
StampaQuotidiana ,
Era di quasi un anno o forse di due superiore per età al suo futuro marito , la duchessina Maria di Gallese , quando conobbe Gabriele d ' Annunzio , che allora , in fatto di titoli araldici , aveva solamente quello del tutto immaginario di Duca Minimo con il quale firmava le note di cronaca mondana sulla appena nata « Tribuna » di Roma . La fama aveva già accarezzato la fronte , ancora aureolata di riccioli biondi , dell ' autore delle Novelle della Pescara e di Primo Vere , che distribuiva uno per uno i ricordi dei suoi giovanili amori romani , in parte veri e in parte immaginari , nei versi morbidissimi e qua e là lussuosamente torbidi di Isaotta Guttadauro . Gabriele era allora , soprattutto , poeta d ' amore , teso a spiare le veneri agresti d ' Abruzzo e quelle , vestite di raso e velluto , delle alcove eleganti di Roma . Piccolo di statura , ma bello nel volto , ornatissimo nella parola , e indicato già , nell ' età in cui gli altri giovani si affannano sui banchi dell ' università , come il poeta destinato a raccogliere lo scettro della poesia in Italia , i parenti di Maria di Gallese furono certamente imprudenti a sceglierlo per dare qualche lezione di letteratura italiana alla giovane e bellissima duchessina di cui si voleva completare l ' educazione . In pochi giorni , alternando la lettura dei classici del Trecento e del Cinquecento con qualche passeggiata fra le antichità di Roma , o alla quercia del Tasso o alla tomba di Cecilia Metella - si sa che le « passeggiate » sono state uno dei migliori punti di partenza per la poesia di D ' Annunzio - i due si trovarono romanticissimamente innamorati . Come in un romanzo , la giovane patrizia si era innamorata di un giovane , ricco solo della sua poesia e di qualche piccolo bene familiare a Pescara , severamente custodito dal padre Don Francesco e dalla madre Donna Luisa . Quella del poeta era una famiglia borghese , di piccoli proprietari terrieri e di armatori di paranze abruzzesi . La madre di Maria , dopo avere sposato un duca di Gallese che non le aveva dato figli , si era unita con un giovane ufficiale francese , venuto a Roma con gli Zuavi che Napoleone III aveva mandato a difendere Pio IX : l ' ufficiale si chiamava Hardouin . Lo stesso Pontefice si era interessato per la buona riuscita del secondo matrimonio . Maria apparteneva dunque a quella che si chiamava ancora l ' aristocrazia nera , papalina . La distanza sociale fra i due innamorati era grande . Gabriele , futuro sterminatore di cuori femminili , la superò di un balzo , come se si fosse trattato , per lui volontario di un anno in Cavalleria , di superare al galoppo una staccionata in una prateria dell ' Agro romano . Disse a Maria : « Fuggiamo ! » . Maria acconsentì e preparò la fuga . Allora non si fuggiva più a cavallo , né si poteva ancora fuggire in automobile . I due fidanzati segreti si trovarono in un treno fumoso , alla stazione Termini , su un vagone diretto a Firenze . Messa facilmente la polizia sulle loro tracce , furono scovati in una stanza d ' albergo con le finestre sull ' Arno . I Gallese sembra volessero far arrestare il rapitore ; ma si lasciarono indurre a consigli più miti e acconsentirono che la fuga , anche perché Maria era ormai maggiorenne , si concludesse con un matrimonio . Il primo figlio si chiamò Mario , il secondo Veniero , il terzo e ultimo - assomigliò più di tutti alla madre bellissima , ma ebbe dalla sorte un dono umano che era stato forse ' negato tanto al suo grande padre poeta quanto a sua madre , quello della mitezza mesta e melanconica dell ' animo - si chiamò Gabriellino . Maria Hardouin di Gallese , principessa di Montenevoso , non amava riandare al suo passato , al suo lontanissimo passato . Parlando di suo marito non diceva « mio marito » , ma « Gabriele » . Lo diceva con una voce apparentemente indifferente , straordinariamente fresca per la sua età , quasi avesse parlato di un estraneo . Probabilmente la figura del marito aveva voluto da moltissimi anni cancellarla dal ricordo : collocando al suo posto l ' immagine di un amico di cui aveva conosciuto , certamente come nessun ' altra , le virtù e i difetti . Gli anni dell ' unione giovanile non erano stati né felici né facili . Maria era donna tale da poter amare , ma non certamente da lasciarsi dominare da un uomo né per debolezza , né per vanità , né per tornaconto . Gabriele non aveva né la forza morale né la fedele schiettezza amorosa per essere totalmente un buon marito e un buon padre di famiglia : assomigliava troppo ai suoi personaggi per poter esserlo . Maria di Gallese era , invece , il contrario dei personaggi dannunziani : il suo sangue per metà francese , un sano sangue provinciale francese , la faceva fiera , sanamente realista , contraria alla retorica , più facile , anche negli ultimissimi anni , all ' ironia che alle pose di donna fatale . La sua eleganza era autentica , quanto forse era di dubbio gusto quella di Gabriele : anche l ' eleganza del suo spirito . Capì di non poter sbarrare il passo al marito , che correva dietro ad ogni tentazione , né voleva seguirlo , lei donna francesemente « pratica » , nelle sue esperienze economicamente pericolose di un po ' smemorato « signore delle lettere » . Gabriele non pensava , se non a tratti e con lunghe amnesie , all ' educazione dei figli . I suoi amori extraconiugali facevano parte delle cronache mondane d ' ogni giorno . Gli anni che la coppia di così differenti caratteri passò nella casa al numero 2 di via Gregoriana - in un appartamentino al quarto piano con un balcone che dominava il palazzotto dello Zuccari dove Gabriele immaginava vivesse il protagonista del Piacere - furono tormentati da una disillusione di cui Maria non fece forse mai colpa diretta al poeta quanto a se stessa , per essersi lasciata illudere . Il distacco avvenne gradualmente , senza esser mai totale dal punto di vista dell ' amicizia , che sopravvisse , se pur di lontano , se pure quasi solamente attraverso alle lettere , finché il poeta , vecchio , confermò , dopo tante esperienze , di voler avere vicino , come la più spiritualmente rispettata delle compagne , la donna cui , in lontanissimi tempi , aveva dato l ' amore dei venti anni . Di tutto questo Maria d ' Annunzio parlava poco : si può dire , anzi , che non parlasse mai . Non ignorava certamente che la sua vita non lieta di moglie del poeta era notissima . Le vicende sentimentali di suo marito appartengono alla storia letteraria e alla storia di una delle più singolari esperienze umane . Non era certamente il caso di conversare con lei di inganni grandi e piccoli per cercare di indovinare quali potevano essere state e quali potevano essere ancora le sue reazioni innanzi a certi nomi celeberrimi che , se non nel cuore , certo nella vita di Gabriele avevano pesato molto . Spostando la propria figura dal piedistallo di moglie a quello di amica così come aveva saputo signorilmente fare da moltissimi anni , essa poteva vivere indifferentemente fra le immagini , molte delle quali diventate poesia , di altre donne nelle quali , forse eternamente innamorato solo di se stesso , Gabriele , come Narciso , s ' era eternamente specchiato . Per questo aveva potuto serenamente incontrarsi con lui , quando egli l ' aveva chiamata al Vittoriale , e considerarsi , in una villa a lei destinata nel parco , la sua ospite amica che tutto sapeva e tutto , se non perdonato , aveva compatito . La sua vita , dopo il distacco dal marito , era stata per molto tempo difficile . A Roma aveva vissuto per molti anni in un piccolo appartamento di piazza di Spagna , mettendo a frutto , per vivere , la sua perizia nel ritrovare , scegliere e ordinare le belle cose antiche . Non aveva , Donna Maria , come del resto i figli , certamente gravato sui bilanci spesso disordinati del poeta . Solo dopo la morte di lui aveva ricevuto un vitalizio sui suoi diritti d ' autore e l ' usufrutto perenne della villa Mirabella entro il secondo recinto del Vittoriale . Aveva finito per lasciare anche la sua ultima dimora romana , una pensione in una traversa di via Veneto , per vivere la metà dell ' anno a Gardone e l ' altra metà a Parigi , dove suo figlio Veniero , con i suoi guadagni di ingegnere in America , le aveva comperato e donato un appartamentino vicino all ' Etoile . Ad onta della tardissima età viaggiava da sola e a Parigi viveva sola , dopo che le era morta , sotto ad un bombardamento , una fedele cameriera . Durante la occupazione tedesca non aveva voluto restare sul lago di Garda , preferendo , a ottant ' anni di parecchio passati , vivere in solitudine nella città dei suoi avi francesi . Al suo ritorno aveva saputo che la sua casa di Gardone era stata abitata da una tragica creatura : da Claretta Petacci , che di lì era partita per andare alla morte . Aveva detto : « È destino che io , senza romanzo , viva accanto ai romanzi ! » . Era stata bellissima , come testimoniava , alla Mirabella , un grande ritratto dipinto da La Gandara che D ' Annunzio vi aveva fatto collocare come per dire che quella casa era della donna che non aveva mai dimenticato . Aveva sorriso , la vegliarda infaticabile , quando le era stato mostrato un volume francese intitolato Paris , mon coeur nel quale quel ritratto era riprodotto per far conoscere il « tipo ormai classico della donna francese , dell ' elegante parigina dei tempi di Maurice Donnay e di Paul Bourget » . Pur nella tardissima età , sottile nella figura , rapida e leggera nel passo , con i capelli colorati di rosso e pettinati come quelli delle donne di Boldini , la si vedeva andar in su e in giù , a piedi , per i sentieri della collina del Vittoriale , veramente simile , nella figura , a quelle ormai tramontate immagini che ispiravano un tempo il concetto dell ' alta e scintillante aristocrazia . Attendeva da anni serenamente la morte , ma intanto parlava della vita come di un bene che non si sarebbe esaurito mai . Fissava convegni e viaggi a distanza di mesi e di anni , e intanto , fermandosi in un certo angolo del parco , pensava anche a quella che poteva essere la sua ultima dimora . Comprendeva , nella sua fierezza di gran dama , di non poter chiedere d ' essere seppellita vicino al marito , dopo tanti trascorsi che avevano per quarant ' anni annebbiata la loro unione . Aveva indicato , per sé , un angolo del parco e un sarcofago di pietra come quelli nei quali Gabriele aveva chiuso le spoglie dei suoi legionari : ma diceva che doveva essere ornato , a mosaico , con i profili di due pavoni . Amava viaggiare , ma ogni volta , quando partiva per Parigi o per Charleville , la patria del poeta Rimbaud , dove aveva parenti e amici fedeli , lasciava ad una persona fidata , confermando così il suo istinto di donna ordinata e pratica come sono quasi sempre le francesi , una busta con il denaro che considerava potesse essere all ' improvviso necessario per riportarla , morta , in patria . La sua vitalità era sempre stata straordinaria . Aveva una attenzione estrema nel non rivelare i suoi anni . Nel 1882 , quando conobbe il diciannovenne D ' Annunzio , sembra che la duchessina fosse già maggiorenne . Lo era già , in ogni modo , nel 1883 , quando si sposò . Per la sua età , dunque , bisognava tirare a indovinare , facendo oscillare il pendolo fra i novantadue delle opinioni ottimiste e i novantacinque dei « pessimisti » . La primavera scorsa , ospitata in una clinica di Riva del Garda , aveva dichiarato , in tono di celia , di avere sessantacinque anni : e nessuno aveva osato contraddirla perché le sue risposte potevano essere sferzanti . Sette anni or sono , mi aveva tenuto un po ' il broncio perché , scrivendo dopo la morte del figlio suo Gabriellino , avevo parlato di lei come di una « vecchia signora » . Doveva essere già allora vicino agli ottantasette anni .