StampaQuotidiana ,
Ecco
,
davanti
a
me
,
un
viso
«
da
magistrato
»
,
quello
di
Peppino
De
Filippo
.
Trent
'
anni
fa
,
il
viso
di
un
giovanissimo
pretore
di
primissima
nomina
,
che
ha
vinto
pochi
giorni
prima
il
concorso
.
Poi
,
di
anno
in
anno
,
ha
fatto
carriera
:
dal
magistrato
di
Pretura
è
giunto
al
Tribunale
,
è
arrivato
alle
Assise
,
si
avvia
verso
la
Cassazione
:
lo
vedrò
con
la
toga
della
Corte
Costituzionale
:
sempre
magistrato
è
.
Il
viso
un
po
'
assorto
,
in
cui
appare
ogni
tanto
,
pungente
,
un
elemento
di
arguzia
:
un
viso
di
calma
dignità
e
un
poco
timido
:
ogni
tanto
,
nella
vita
,
la
sua
voce
è
insidiata
da
un
trepidare
che
può
sembrar
persino
un
impaccio
d
'
una
breve
parvenza
di
balbuzie
.
Un
magistrato
un
po
'
filosofo
,
che
ha
avuto
l
'
infanzia
non
sempre
comoda
di
tanti
napoletani
:
che
ha
avuto
compagni
di
scuola
molto
poveri
e
che
conosce
a
fondo
,
pietoso
,
le
miserie
dell
'
umanità
.
Dice
giustamente
Peppino
:
«
In
fondo
,
io
ripugno
dal
comico
di
mezza
misura
e
sono
tutto
fuorché
un
"
brillante
"
:
io
sto
tutto
nella
farsa
o
tutto
nella
tragedia
:
e
la
farsa
sta
gomito
a
gomito
con
la
tragedia
...
»
.
Ecco
un
giudizio
da
magistrato
che
non
riesce
a
dividere
gli
uomini
in
due
rigorose
categorie
,
angeli
e
demoni
:
pietoso
per
i
loro
peccati
,
sorridente
e
un
po
'
dubitoso
per
le
loro
virtù
.
Con
questo
spirito
,
il
«
magistrato
»
Peppino
ha
scritto
una
cinquantina
di
commedie
,
con
centinaia
di
personaggi
dell
'
umanità
grigia
,
«
buoni
»
intrisi
di
astuzia
,
sciocchi
con
lampi
di
genio
,
straccioni
con
una
speranza
di
eleganza
,
tristanzuoli
con
una
scintilla
d
'
oro
di
poesia
,
prepotenti
che
se
la
fanno
sotto
,
cornuti
illuminati
da
una
incancellabile
fede
nella
purità
:
una
giornata
di
pioggia
,
un
desiderio
di
sole
;
le
manette
pronte
,
ma
un
sogno
di
guanti
bianchi
.
Attore
dall
'
età
di
sei
anni
-
il
debutto
avvenne
con
la
particina
del
bambino
Peppiniello
in
Miseria
e
nobiltà
-
De
Filippo
potrebbe
raccontare
a
non
finire
storie
di
allegra
,
ma
non
sempre
allegra
,
povertà
.
Era
il
mondo
dei
poveri
guitti
girovaghi
-
aveva
lasciato
la
Compagnia
di
Vincenzo
Scarpetta
-
nelle
province
napoletane
.
Ogni
tanto
,
la
sorte
portava
ad
avventurarsi
fino
nell
'
Abruzzo
e
nelle
Marche
.
Peppino
faceva
un
po
'
di
tutto
:
prosa
,
varietà
,
macchiettista
in
miseri
teatrucoli
,
pianista
in
cinematografi
di
campagna
,
pittore
di
manifesti
-
la
sua
vera
passione
era
quella
della
pittura
-
trovarobe
,
corista
di
operette
.
Fu
in
quegli
anni
lontani
,
addirittura
amministratore
della
piccola
troupe
.
Erano
arrivati
nelle
Marche
a
piedi
,
risalendo
dalle
spiagge
abruzzesi
:
e
si
erano
addentrati
in
una
vallata
verso
Jesi
.
Lassù
,
erano
rimasti
incastrati
in
un
paesello
di
collina
.
Avevano
montato
il
loro
teatrino
ambulante
in
uno
sterrato
fuori
le
mura
:
era
nato
così
un
piccolo
teatro
con
«
comodo
di
fave
»
.
Il
fondale
dava
sulla
campagna
buia
:
in
quel
buio
,
gli
attori
avevano
scoperto
alcuni
campi
di
fave
.
Fra
un
atto
e
l
'
altro
,
scivolavano
giù
dal
rustico
palcoscenico
,
facevano
una
rapida
scorpacciata
di
fave
,
e
poi
,
rinfrancati
tornavano
alla
ribalta
a
recitare
.
Quando
si
trattò
di
ripartire
da
quel
paesello
,
Peppino
scese
verso
Ancona
,
per
trovare
un
teatrino
che
li
ospitasse
.
Era
lui
,
o
no
,
l
'
amministratore
?
Ed
ecco
nella
torrida
estate
,
Peppino
partire
a
piedi
,
accompagnato
dal
«
segretario
»
che
era
totalmente
calvo
.
Ma
perché
i
due
attori
avevano
sulle
guance
una
folta
barba
?
Nera
,
Peppino
,
e
bianca
,
fluente
il
«
segretario
»
,
con
un
paio
di
occhiali
neri
da
povero
cieco
.
Fu
Peppino
a
inventare
,
per
diminuire
la
fatica
della
marcia
,
il
sistema
che
oggi
si
chiama
dell
'
autostop
.
Erano
luoghi
quasi
deserti
.
Ogni
tanto
si
vedeva
arrivare
un
carretto
tirato
da
un
somaro
.
Il
«
segretario
»
si
sosteneva
al
braccio
di
Peppino
,
marciando
curvo
sotto
il
solleone
.
Quando
il
carretto
li
raggiungeva
,
Peppino
indicava
pietosamente
il
vegliardo
:
«
Ci
potreste
dare
un
passaggio
?
»
.
Il
contadino
si
impietosiva
e
li
accompagnava
sino
alla
prima
svolta
,
seduti
sulle
fascine
.
Un
altro
miglio
a
piedi
,
e
poi
spuntava
un
altro
carretto
.
Quando
Peppino
De
Filippo
non
reciterà
più
Le
metamorfosi
di
un
suonatore
ambulante
,
cercheremo
di
raccontare
ai
nostri
figli
e
ai
nostri
nipoti
la
scenetta
in
cui
,
affamatissimo
«
posteggiatore
»
,
cerca
di
vedere
chiaro
in
un
certo
imbroglio
per
il
quale
è
richiesta
la
sua
complicità
.
Il
suonatore
è
napoletano
e
,
come
tale
,
gesticola
vivacemente
:
le
sue
mani
sono
in
continuo
movimento
e
,
ogni
tanto
,
si
protendono
e
restano
sospese
a
mezz
'
aria
.
Gli
interlocutori
credono
che
egli
abbia
finito
di
parlare
,
che
l
'
affare
sia
concluso
e
che
sia
venuto
il
momento
di
salutarsi
:
afferrano
la
mano
del
suonatore
e
la
stringono
cordialmente
.
Il
discorso
,
invece
,
non
è
affatto
finito
.
Bisogna
liberare
quella
mano
e
riprendere
la
conversazione
interrotta
.
Gli
altri
sono
sempre
pronti
a
stringere
,
sul
più
bello
,
la
mano
dell
'
ambulante
che
non
può
frenare
la
sua
mimica
partenopea
e
che
,
se
non
muove
le
mani
,
non
può
parlare
.
La
graduazione
della
sorpresa
,
dell
'
impaccio
,
dell
'
inquietudine
,
che
prende
e
quasi
paralizza
l
'
eloquenza
del
suonatore
ambulante
,
crea
un
«
crescendo
comico
»
forse
ineguagliato
in
questi
ultimi
anni
:
certo
il
più
sottile
e
trascinante
.
Quando
cercheremo
di
riferire
questa
scenetta
ai
nostri
figli
e
ai
nostri
nipoti
stenteremo
a
farci
capire
,
come
non
capivamo
i
nostri
vecchi
quando
ci
parlavano
del
«
gioco
del
ferro
da
stiro
»
di
Eleonora
Duse
nella
Locandiera
o
della
«
scena
del
candeliere
»
di
Ermete
Novelli
nella
farsa
Felice
il
cerimonioso
.
Sono
scoperte
,
gioie
,
sorrisi
di
cui
gode
solamente
«
chi
vede
»
:
intraducibili
per
«
sentito
dire
»
.
Per
questo
,
il
teatro
è
forse
fatto
di
incantesimi
paragonabili
a
quelli
dell
'
amore
,
bellissimi
quando
viviamo
il
nostro
amore
,
mentre
,
se
ci
raccontano
quelli
degli
altri
,
ci
sono
assolutamente
indifferenti
.