StampaQuotidiana ,
Malato
da
molti
anni
,
Umberto
Saba
,
forse
,
soffriva
soprattutto
di
melanconia
e
di
una
complessa
angoscia
che
doveva
in
gran
parte
risalire
al
trauma
di
cui
aveva
duramente
sofferto
durante
il
lungo
periodo
delle
persecuzioni
razziali
.
Il
problema
del
«
sangue
»
,
come
quello
della
religione
,
era
stato
presente
nella
sua
vita
fin
da
quando
il
padre
suo
aveva
abbandonato
la
moglie
ebrea
,
lasciandola
sola
e
in
povertà
con
un
bambino
gracile
e
pallido
.
Il
seme
di
una
cupa
ingiustizia
lo
aveva
accompagnato
fin
dall
'
infanzia
.
Nato
cattolico
,
aveva
voluto
dichiararsi
spiritualmente
ebraico
,
scegliendo
fra
quello
paterno
e
quello
materno
,
quest
'
ultimo
sangue
;
e
si
era
iscritto
alla
comunità
israelita
.
Al
tempo
delle
leggi
razziali
,
non
aveva
ancora
sessant
'
anni
,
ma
era
stanco
,
pallido
,
esangue
sino
a
sembrare
quasi
cereo
.
Egli
fu
considerato
un
«
ebreo
volontario
»
.
Per
questo
,
la
sua
«
posizione
»
si
presentava
gravissima
.
Saba
non
era
certamente
un
uomo
preparato
a
lottare
se
non
per
problemi
puramente
spirituali
.
Aveva
amato
l
'
Italia
con
un
amore
che
l
'
aveva
condotto
a
lasciare
Trieste
nel
1914
e
ad
arruolarsi
volontario
con
gli
altri
irredenti
.
Poi
si
era
ritirato
nella
città
amata
e
finalmente
liberata
.
Non
aveva
la
possibilità
di
una
professione
precisa
:
aveva
pubblicato
,
nelle
edizioni
della
«
Voce
»
due
piccole
raccolte
di
versi
che
non
gli
avevano
dato
diritti
d
'
autore
se
non
per
acquistare
qualche
pacchetto
di
sigarette
.
Non
poteva
vivere
con
il
semplice
pane
della
buona
stima
letteraria
fruttata
da
quei
versi
.
Nel
191.9
,
lasciato
a
casa
il
«
grigioverde
»
,
passeggiando
per
le
vie
di
Trieste
,
si
fermò
davanti
ad
una
libreria
antiquaria
in
strada
San
Nicolò
.
Dopo
qualche
giorno
il
padrone
della
bottega
lo
osservò
:
fattosi
sulla
soglia
della
bottega
,
attaccò
discorso
e
gli
confidò
,
che
non
solo
i
volumi
,
ma
l
'
intero
«
commercio
»
era
in
vendita
.
Da
quel
colloquio
nacque
il
Saba
libraio
antiquario
.
I
suoi
contatti
con
il
mondo
sarebbero
stati
rarissimi
-
Saba
aveva
troppi
«
complessi
»
per
noti
esser
destinato
all
'
esistenza
del
deraciné
:
solo
nelle
quattro
stanze
di
casa
,
con
la
moglie
e
con
la
figlia
,
la
sua
«
pianticella
»
fioriva
serena
-
se
ogni
tanto
le
necessità
del
commercio
librario
non
lo
avessero
costretto
a
prendere
un
treno
per
recarsi
a
Milano
o
a
Firenze
per
qualche
acquisto
.
Allora
Saba
appariva
-
ma
non
andava
a
cercare
nessuno
:
bisognava
incontrarlo
per
caso
-
nelle
città
dove
la
vita
letteraria
era
più
intensa
.
Camminava
rasente
ai
muri
,
con
un
berretto
da
ciclista
in
capo
,
sulla
testa
calva
,
e
con
il
collo
avvolto
in
uno
scialle
.
Era
difficile
portarlo
a
discorrere
di
letteratura
o
a
esprimere
giudizi
.
Parlava
con
una
voce
di
testa
,
quasi
da
sonnambulo
,
piegata
talvolta
in
un
modulo
che
pareva
beffardo
,
ma
più
spesso
resa
soffocata
da
una
intonazione
affettuosa
.
Sapeva
che
gli
amici
della
sua
poesia
erano
pochi
;
e
non
cercava
di
aumentarli
.
La
sua
Trieste
era
quella
di
Silvio
Benco
,
di
Slataper
,
di
Svevo
:
città
di
alti
fervori
letterari
ad
un
incrocio
di
razze
e
di
lingue
.
Saba
avrebbe
potuto
assimilare
facilmente
i
profumi
e
i
sapori
del
linguaggio
poetico
più
moderno
:
ma
come
non
era
appartenuto
al
gruppo
della
«
Ronda
»
,
così
non
seguì
gli
ermetici
.
Il
suo
affetto
e
la
sua
consanguineità
erano
tutti
per
il
tempo
dello
«
Stil
nuovo
»
:
Petrarca
lo
aveva
affascinato
sin
dall
'
adolescenza
:
e
il
risultato
di
questi
affetti
si
era
già
definito
al
tempo
dei
volumetti
intitolati
Poesie
e
Coi
miei
occhi
o
di
vari
anni
prima
della
guerra
del
'15
.
Saba
era
rimasto
assolutamente
indifferente
alla
tentazione
del
Futurismo
,
così
come
era
stato
lontano
dal
dannunzianesimo
e
dal
sospiro
dei
crepuscolari
.
La
solitudine
nella
quale
amava
vivere
salvò
la
schiettezza
e
il
metallo
di
quell
'
alta
melanconia
lirica
che
ispira
il
Canzoniere
,
animato
da
temi
che
potevano
sembrare
a
volte
aspri
,
a
volte
dimessi
e
a
volte
quasi
freudianamente
inquietanti
.
Fu
poeta
d
'
amore
,
ma
di
un
amore
umbratile
,
del
.
tutto
chiuso
nella
storia
di
una
fedeltà
familiare
.
Venne
nella
sua
vita
di
uomo
non
lontano
dai
sessant
'
anni
la
tragedia
delle
persecuzioni
.
Si
rifugiò
a
Parigi
;
ma
la
nostalgia
dell
'
Italia
era
troppo
grande
.
Non
potendo
farsi
vedere
a
Trieste
,
cercò
un
riparo
a
Firenze
:
costretto
a
vagare
intimorito
da
un
nascondiglio
all
'
altro
.
Questo
affanno
e
questi
incubi
stremarono
le
sue
forze
.
Sfuggì
alla
deportazione
e
alla
morte
:
ma
nell
'
ora
della
salvezza
quello
che
si
risvegliò
ad
una
nuova
vita
era
ormai
un
uomo
distrutto
,
costretto
a
lunghissimi
riposi
,
quasi
oramai
assente
da
ogni
interesse
umano
,
se
non
al
segreto
profondo
del
cuore
avvilito
e
umiliato
dallo
spettacolo
di
crudeltà
ai
cui
limiti
sanguinosi
aveva
dovuto
vivere
.
Adesso
,
di
lui
,
resta
il
Canzoniere
,
con
il
suo
alto
carico
di
fervori
,
di
melanconie
,
di
introspezioni
,
con
i
suoi
non
corrotti
incantesimi
verbali
,
con
certe
sue
musiche
che
paiono
luci
diafane
in
lento
trascolorare
.
Che
di
un
poeta
si
possa
dire
che
la
sua
opera
«
resta
»
,
questo
è
il
massimo
approdo
.
Egli
-
all
'
anagrafe
era
Umberto
Poli
-
aveva
scelto
per
nome
di
poeta
quello
di
Saba
che
in
ebraico
vuol
dire
«
pane
»
.
Era
come
promettersi
,
con
animo
dolente
,
alla
comunione
con
gli
uomini
.