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Totò ( Vergani Orio , 1948 )
StampaQuotidiana ,
Ho passato una serata con Totò , nel camerino di Totò , fra le quinte con Totò e , dopo lo spettacolo , a pranzo con Totò . L ' ho lasciato alle quattro del mattino davanti alla porta del suo albergo . Quando sono andato a casa e mi sono spogliato , ho pensato che in quello stesso momento anche Totò si spogliava , rimboccava il lenzuolo , sistemava il cuscino . Da questo pensiero sono nate , prima che prendessi sonno , alcune considerazioni che adesso metto sulla carta , in ricordo della serata passata con l ' attore comico più popolare d ' Italia e , certamente , fra i più singolari del mondo . L ' attore comico , quando il carattere delle sue occasioni lo ha portato a raggiungere lo stile e la fissità della grande maschera , non si appartiene più . Il pubblico continua a modo suo a svolgere mentalmente la vita del personaggio che l ' attore gli ha portato innanzi . Il sipario cala sull ' ultima passerella di Totò , e Totò non ritorna padrone di se stesso . La nostra immaginazione lo segue , come seguirebbe Charlie Chaplin o il grande clown , e lo fa vivere in modo e nelle situazioni che , con il normale repertorio di quella maschera , non hanno nessuna apparente attinenza . Quando il grande attore tragico si strucca e rientra nella penombra della sua vita privata , la nostra fantasia non lo segue . Ruggero Ruggeri depone i fascini di Aligi e l ' immagine di Aligi resta staccata dalla vita del suo interprete . Io non ho mai pensato , dopo una recita di Ruggeri o dopo una recita di Lucien Guitry , all ' andare a letto di Ruggeri o di Guitry come ad un pretesto per continuare , nella fantasia , la vita del personaggio che essi avevano creato innanzi al pubblico . Gandusio può avermi fatto ridere ma non mi fa ridere la possibilità di immaginarmi Gandusio in trattoria , dopo teatro , davanti a una cotoletta . Dopo un film di Charlot , continuerò a vedere Charlot in tram , a cena o mentre cerca le chiavi di casa o mentre preme il bottone dell ' ascensore . Ha creato una maschera identica alla sua figura umana ed egli , in quanto maschera , non è più padrone di se stesso . Lo stesso mi accade se penso a Totò nella sua camera d ' albergo , dopo che ha passato quasi otto ore davanti a me scrittore che cerco di scoprire i lineamenti del suo ritratto segreto . Totò non è più padrone di nulla , nemmeno di andare a dormire in santa pace . Se i suoi milleduecento spettatori di ogni sera pensano , dopo teatro , a lui che va a letto , tutti milleduecento si mettono a ridere . Totò dorme ? La gente ride . Totò si rivolta nel letto ? Totò perde una coperta ? Totò cerca le pantofole ? Totò non trova il bottone del campanello ? L ' immagine di Totò non appartiene più a Totò . Come il protagonista del racconto di Chamisso che ha perduto la sua ombra , l ' attore comico , costruendo di se stesso , per mostruose ispirazioni , una maschera , ha perduto la propria immagine , l ' ha ceduta a qualcuno che se ne è fatto padrone e che può muoverla a suo piacimento , tirannicamente . Totò può , per questo , guadagnare quanto vuole : sarà sempre povero , di quella strana povertà dell ' uomo che non appartiene più a se stesso . Credo che per questo , per una sia pure imprecisa coscienza di questo , Totò , appena esce dal rettangolo di luce della ribalta , sia l ' uomo più serio che ho avvicinato : il meno ciarliero , il più misurato nella parola e nel gesto . Totò , fra le quinte , non fa ridere nemmeno un momento . La conversazione con lui è piuttosto difficile perché , in genere , non si pensa mai troppo al carattere degli uomini e alla loro posizione davanti al proprio destino . Con un poco più di preventiva meditazione sul tema « Totò fra le quinte » , sarebbe stato facile immaginare che , appunto , per la violenza estrema dei colori della maschera Totò , tanto più tenui dovevano essere i colori dell ' uomo Totò . Non si pensa mai abbastanza alle cose : i nostri diplomi di « fine psicologo » meriterebbero spesso di esser fatti a pezzi . Com ' è possibile pensare che Totò uomo , appena tra le quinte , non debba istintivamente reagire al Totò maschera ? Totò non ha bisogno di continuare il suo personaggio , quando cala il sipario . Il suo personaggio continua a vivere nella memoria e nella fantasia . Egli torna immediatamente Totò uomo . A differenza anche di molti che non sono attori e che , per essere assunti nell ' arte e nella storia al ruolo di personaggi storici , continuano in ogni ora , solo che li si guardi , solo che pensino di essere osservati , a sforzarsi di assomigliare al loro personaggio o di disegnare un contrario di se stessi , mi pare che Totò non si curi nemmeno di costruire un antiTotò . Egli non è il contrario di se stesso : non è il « pagliaccio che pranza dopo aver fatto ridere » o la maschera che ammicca per far intendere che , sotto il cerone del trucco , c ' è l ' uomo . È una creatura molto differente che sembra non abbia , di Totò , mai sentito parlare e che per Totò abbia una estrema indifferenza . Il Totò della scena resta placidamente attaccato a un gancio dell ' attaccapanni . Padrone chiunque di immaginarlo per le vie del mondo con il suo stretto tubino , la sua lunga mascella , il suo riso sgangherato , il suo collo da disossato ballerino fantoccio . Nella vita , Totò è quasi impacciato , quando sorprende che il nostro sguardo insiste a cercare nel suo viso una maschera che non è più sua e che ormai appartiene alla favola del nostro tempo . Il camerino di Totò è , come il teatro , sottoterra , e vi si arriva per complicati labirinti . Quando si è là dentro , il palcoscenico sembra lontanissimo . Ho pensato spesso , mentre parlavo con Totò durante i momenti in cui si cambiava tra una scena e l ' altra , a certe mie esperienze di sommergibilista oceanico . Non solo l ' aria è quella , stanca e viziata , del piccolo quadrato di un sommergibile alla massima immersione : ma è quello , in un certo senso , anche il silenzio . Il pubblico bisogna ricordarselo , come ci si ricorda , a cento metri sott ' acqua , della superficie azzurra e ondosa del mare . Non si sente la sua voce . Si cerca istintivamente il periscopio . Questo accade perché qui non arriva nulla , nemmeno il risucchio della grande ondata spettacolare della rivista che svolge intanto , nel golfo di luce del palcoscenico , le sue grandi manovre di colori , di luci , di piume , di danze , di vive morbide statue di donne . La rivista non arriva al camerino di Totò che come l ' eco , se potesse giungerci , di un pianeta lontano . Lo spettacolo , per chi se ne sta seduto nel camerino , è come avvenisse sulla luna . Su una parete è attaccato un piccolo altoparlante . Basta toccare un bottone e l ' altoparlante si mette a parlare e a cantare : parole e suoni un po ' confusi , quasi da segnalazioni medianiche . Anche nelle navi da guerra in navigazione e in battaglia , imperiosi altoparlanti ripetono , nei vari ponti , alle macchine , alle stive , ai depositi di munizioni e alle torri dei cannoni le voci del comando , i rumori della battaglia . Totò mentre si trucca per la nuova scena , segue , ogni tanto , alla voce roca e lievemente sinistra , fredda e incorporea dell ' altoparlante , la manovra e la battaglia . La presenza di quelle voci è come la presenza del destino , è come il monito al personaggio per dirgli : « Ricordati che sei Totò » . Nessuno può entrare . Il retroscena di una rivista è uno dei luoghi più segreti del mondo . Una soubrettina o una ballerinetta possono sfilare sulla passerella con venti centimetri quadrati di stagnola per tutto vestito , sotto la luce implacabile dei proiettori , ma nell ' ombra delle quinte la bellezza e la nudità sono elementi di lavoro , accanto ai quali non ci si può fermare come fa il nottambulo che passa un quarto d ' ora a guardare gli operai che riparano le rotaie del tram . Il camerino di Totò , con il lungo corridoio buio che lo precede , mi fa anche per questo pensare alle navi da guerra dove non ci sono donne . Una serata dietro le quinte con Totò è una serata fra uomini : uno dei quali si spoglia e si riveste ogni momento davanti alla propria immagine riflessa in due specchi . L ' immagine è quieta , quasi assorta , fondamentalmente malinconica , al limite del doloroso . Non si ride , non v ' è motivo od occasione di ridere . Sembra che Totò non abbia quasi ricordi o che non voglia averne , stanco dell ' infinita proiezione di se stesso nella lunga prospettiva del tempo , dall ' infanzia ad oggi . L ' altoparlante porta musiche più o meno indiavolate . Totò è sfigurato dal trucco , si incolla sulla fronte un ridicolo parrucchino , indossa una goffa camiciola . Parla di quand ' era bambino a Napoli e aveva delle crisi mistiche e riempiva la casa di altarini . Poi voleva fare l ' ufficiale di marina . Solo a venti anni vide , per la prima volta , un attore e da allora scoprì la sua vocazione . Se , in strada , incontrava quel vecchio attore , lo seguiva timido e lo sopravanzava varie volte per guardarlo in faccia . Parla della commedia dell ' arte e di Pulcinella . E veramente Totò è il Pulcinella moderno , senza maschera , con la faccia lavata , complicato con tutto il grottesco e forse anche con tutte le malinconie geometriche del nostro tempo . Quando l ' altoparlante lo avverte che è l ' ora di salire in palcoscenico , nel praticabile che , visto dalla platea , rappresenta un interno di vagone - letto , interrompe il racconto e va verso il suo lavoro per il corridoio buio , verso il palcoscenico buio . Adesso dal piano del palcoscenico , lo vedo in luce , nella scatola del vagone - letto , dalla vita in su , come da una ribalta di teatro di burattini . Dalla parte dove sono io , il silenzio è alto come è fitta l ' ombra rotta qua e là dagli spiragli di luce dei camerini . La maschera è là , come nei tempi antichi , come alla piccola ribalta delle piazze napoletane , inquadrata nell ' immaginario finestrone del treno . Tira invisibili fili e un ' invisibile umanità ride , di là dalla ribalta , come per un comando sovrumano , in una misura infallibile . Alla comicità di Totò si possono trovare molte origini , come sempre si fa quando si parla di un attore comico o , meglio , del creatore di una maschera , sia esso Charlot , Max Linder , Prince , Ridolini , Buster Keaton . Pochi argomenti come quello del creatore di maschere moderne per il teatro , per il cinema o per il circo ( pensate al clown Giacomino , amato parimenti da Kuprin , da Andreew e da Gorkij ; pensate ai Fratellini e a Grock ) si sono prestati a saggi lunghi e seri . Petrolini è stato commentato filosoficamente da Bontempelli . Su Charlot esiste una biblioteca e sui Fratellini un mezzo scaffale di libri . Quella di Totò è all ' inizio una comicità da invertebrato ; la sua prima immagine è un metro snodato , di quelli gialli da falegname . Partendo da qui , la sua comicità , ubbidiente ad una macabra geometria , si è sviluppata e complicata anche con certi ghigni sinistri che sembrano rubati a una pittura di Ensor o a certe diaboliche incisioni di Goya . Il tubino e la redingote sono quelli di Charlot , certe intonazioni sono ancora di Ettore Petrolini , il naso e il mento sono quelli di Pulcinella . Da questo incrocio è nato Totò . Totò il buono come lo ha chiamato Zavattini : un po ' uomo , un po ' angelo , un po ' marionetta e un po ' clown , come del resto ai suoi tempi è stato Charlie Chaplin . Un comico che fa ridere con le ossa , muovendo gli angoli più imprevisti dello scheletro . Si muove , nei momenti di parossismo , come si muovono sulla lavagna i quadrati costruiti sui lati del triangolo del teorema di Pitagora . Data la sua origine napoletana , non è forse ingiusto ricordare la geometria di certi gesti dei mimi greci , tramandati nella pittura dei vasi ellenici . A questa violentissima capacità di pantomima si accompagna , per contrasto , l ' alta mestizia degli occhi più disillusi del mondo . La bocca sorride e si illude , bonaria ; gli occhi non credono alla favola gaia entro la quale vivono ; il corpo balla e si scompone come nel grottesco di una danza macabra . Un personaggio che sarebbe piaciuto ai Goncourt , per il suo verismo e , per la sua fantasia , a Théophile Gautier . Nelle cronache del teatro francese del Secondo Impero , c ' è la storia di qualche comico spettrale che piacque anche a Victor Hugo . Non è , del resto , Zavattini profeta letterario di Totò , il romantico degli angeli e dei poveri ? Anche se , nella prospettiva teatrale , la mimica facciale più sottile deve diventare smorfia violenta e l ' attore deve moltiplicare le dosi della virtù comica per ottenere « l ' onda lunga » che lo metta in contatto con lo spettatore lontano , il suo migliore segreto Totò lo ha nelle sfumature : un millimetrico flettersi delle sopracciglia , un velarsi improvviso dell ' occhio , un intimo ammiccare forse furbesco e forse di mestizia . Alla una e mezzo di notte , un uomo di media statura esce dal teatro . Ha in testa un cappello color noisette , un paltò dello stesso colore , una camicia di seta con le due punte del colletto fermate da una spilla . La strada è quasi deserta . Nessuno si ferma e nessuno ci guarda . « Non ho avuto » , dice , « una carriera difficile , non ho vissuto molto , non ho avuto nemici . Ho avuto una vita come tutti gli altri . Sono come tutti gli altri . » In trattoria , mangia un piatto di prosciutto e un piatto di spaghetti . Il fotografo , naturalmente , vuole riprenderlo con la forchetta in mano . Totò non è padrone , l ' ho visto , della sua immagine . Quando , chiamandolo per nome , l ' ho salutato sulla porta dell ' albergo , l ' autista del tassì notturno si è affacciato al suo sportello , per vederlo . Probabilmente avrà pensato che io avessi scherzato .