StampaQuotidiana ,
Si
dà
la
Traviata
,
in
un
grande
teatro
.
Il
nuovo
tenore
,
esordiente
,
è
molto
impacciato
,
ma
è
giovane
,
dispone
di
una
voce
simpatica
e
nell
'
insieme
non
guasta
.
Un
tenore
che
non
guasta
è
già
un
miracolo
tale
da
riempirci
di
meraviglia
.
A
un
certo
punto
però
le
cose
si
complicano
in
modo
inatteso
.
Mentre
Alfredo
ci
sta
spiegando
-
in
verità
senza
scaldarsi
troppo
-
quali
furono
i
suoi
rapporti
economici
con
Violetta
e
come
mai
egli
«
tutto
accettar
potea
»
,
ecco
che
interrompe
il
suo
canto
,
si
avventa
sul
tavolo
da
gioco
,
prende
in
mano
le
carte
e
le
getta
in
aria
:
dopodiché
continua
a
cantare
con
molto
sobria
indignazione
.
Altro
fatto
strano
accade
quando
Violetta
tenta
di
uscire
per
porre
fine
alla
scenata
disgustosa
.
Violetta
sfiora
Alfredo
che
potrebbe
afferrarla
ma
si
limita
invece
a
seguirla
con
prudenza
;
solo
quando
lei
avrà
raggiunto
la
scalinata
,
Alfredo
la
prenderà
per
un
braccio
trascinandola
all
'
estremo
limite
del
proscenio
.
Come
mai
in
questi
due
casi
il
misurato
Alfredo
tenta
(
senza
riuscirvi
)
di
trasformarsi
in
un
leone
?
È
facile
dirlo
:
egli
ha
imparato
i
due
gesti
dal
regista
,
ma
i
gesti
gli
si
sono
appiccicati
dall
'
esterno
e
non
fanno
parte
del
suo
temperamento
.
In
definitiva
,
i
due
gesti
sono
inutili
,
anzi
dannosi
all
'
effetto
.
L
'
esempio
che
citiamo
non
è
che
uno
fra
mille
.
Il
gesto
di
un
artista
fa
parte
della
sua
personalità
(
se
questa
esiste
)
e
non
si
può
darglielo
a
prestito
.
L
'
artista
di
canto
è
,
o
dovrebbe
essere
,
non
l
'
astratto
«
titolare
»
ma
l
'
inventore
e
il
responsabile
della
propria
voce
e
dei
propri
gesti
.
Fate
invece
ch
'
egli
dia
in
locazione
,
in
affitto
,
la
voce
al
direttore
d
'
orchestra
,
che
la
governi
a
modo
suo
,
e
il
corpo
al
regista
,
che
lo
disponga
a
suo
talento
,
e
tutto
avrete
fuorché
un
'
interpretazione
convincente
.
Un
artista
manovrato
fino
a
questo
punto
avrà
sempre
qualcosa
di
meccanico
,
d
'
impersonale
.
Sarà
un
esecutore
d
'
ordini
,
non
mai
un
'
anima
.
Come
fare
,
allora
?
Abolire
senz
'
altro
la
figura
del
regista
?
Si
sarebbe
tentati
di
rispondere
in
questo
senso
riflettendo
che
in
altri
tempi
erano
possibili
ottime
esecuzioni
di
opere
e
commedie
musicali
senza
l
'
intervento
di
alcun
deus
ex
machina
importato
dal
mondo
del
cinema
o
del
teatro
di
prosa
.
Trent
'
anni
or
sono
,
non
solo
Toscanini
e
altri
sommi
,
ma
anche
vecchi
lupi
del
palcoscenico
come
Armani
e
Bavagnoli
sostenevano
autorevolmente
un
intero
spettacolo
col
semplice
ausilio
di
un
buon
maestro
sostituto
e
di
un
modesto
direttore
di
scena
.
Ma
bisogna
anche
ammettere
che
non
si
fabbricano
su
misura
i
Toscanini
e
nemmeno
i
Bavagnoli
,
e
che
oggi
in
fatto
di
sensibilità
spettacolare
il
gusto
del
pubblico
si
è
fatto
,
se
non
migliore
,
più
sottile
,
più
esigente
.
Dobbiamo
poi
riconoscere
che
nel
divismo
è
avvenuta
una
dislocazione
.
Un
tempo
í
divi
erano
sul
palcoscenico
,
e
non
sempre
isolati
.
Chi
ha
memoria
può
ricordare
esecuzioni
che
ne
riunivano
tre
o
quattro
.
Non
sempre
erano
salve
le
ragioni
del
buon
gusto
,
ma
l
'
effetto
,
la
comunicazione
erano
garantiti
.
Più
tardi
il
matadorismo
passò
sul
podio
,
si
accentrò
nella
figura
del
«
grande
direttore
»
:
si
raggelarono
così
le
esecuzioni
,
ma
si
alzò
il
livello
medio
interpretativo
.
Oggi
il
divismo
si
presenta
un
po
'
dovunque
,
in
forme
più
o
meno
latenti
.
Esiste
ancora
qualche
divo
del
canto
ma
è
un
'
eccezione
;
prevale
il
tipo
del
cantante
che
prende
l
'
imbeccata
e
lavora
su
commissione
.
E
non
difettano
,
in
Italia
,
i
direttori
d
'
orchestra
che
aspirano
,
o
potrebbero
aspirare
al
titolo
di
divo
,
o
almeno
a
quello
di
sicuri
piloti
di
uno
spettacolo
;
ma
si
ha
l
'
impressione
che
essi
giungano
a
dirigere
quando
il
loro
intervento
è
relativamente
secondario
.
Una
volta
che
siano
scelti
,
senza
il
loro
intervento
,
i
cantanti
,
il
regista
e
lo
scenografo
di
un
'
opera
,
non
si
vede
quale
sostanziale
differenza
possa
passare
tra
la
interpretazione
di
X
o
di
Y
.
Quanto
alla
figura
del
regista
del
teatro
d
'
opera
,
il
pericolo
che
sulle
sue
spalle
si
trasferisca
il
peso
del
divismo
si
fa
effettivamente
sentire
,
sebbene
in
casi
limitati
.
In
verità
la
figura
di
un
regolatore
dello
spettacolo
sarebbe
,
più
che
utile
,
necessaria
se
il
regista
provenisse
direttamente
dal
mondo
della
musica
teatrale
,
se
fosse
,
insomma
,
un
uomo
del
mestiere
.
Solo
chi
conosce
a
fondo
una
partitura
e
le
possibilità
degli
artisti
a
lui
affidati
può
dare
consigli
e
indicazioni
di
qualche
utilità
;
solo
chi
affronta
lo
spettacolo
come
un
insieme
può
scegliere
i
pochi
particolari
significativi
senza
perdersi
in
agudezas
che
danno
nell
'
occhio
ma
distraggono
dal
fondo
dell
'
interpretazione
.
Si
è
avuto
perfino
il
caso
di
registi
che
volevano
«
smistare
»
i
gruppi
del
coro
:
due
tenori
a
destra
,
tre
a
sinistra
,
quattro
nel
fondo
,
due
o
tre
lassù
,
appollaiati
su
una
passerella
sospesa
in
cielo
;
senza
preoccuparsi
del
fatto
che
in
tali
condizioni
nessun
direttore
di
coro
può
garantire
un
'
esecuzione
sopportabile
.
Per
fortuna
si
tratta
,
finora
,
di
casi
rari
...
Un
regista
dotato
di
particolare
sensibilità
musicale
,
capace
di
lavorare
in
stretto
accordo
col
direttore
d
'
orchestra
-
e
possibilmente
in
subordine
-
sarebbe
dunque
,
oggi
,
una
figura
augurabilissima
e
non
escludiamo
che
ne
esista
già
qualcuno
.
Ma
in
attesa
che
una
classe
di
registi
simili
si
formi
,
il
nostro
teatro
d
'
opera
dovrà
passare
ancora
attraverso
un
periodo
non
breve
d
'
incertezze
.
Nelle
esecuzioni
dei
nostri
grandi
teatri
si
osserva
spesso
scrupolosa
preparazione
nei
particolari
ma
scarsa
attenzione
ai
valori
essenziali
.
È
inutile
che
i
cantanti
siano
ben
preparati
se
sono
inadatti
alla
parte
o
se
il
loro
temperamento
è
troppo
discordante
;
è
inutile
che
la
messa
in
scena
sia
sfarzosa
se
l
'
opera
non
lo
richiede
;
è
perfettamente
vano
che
sulla
carta
«
tutto
sia
a
posto
»
se
poi
manchi
la
convinzione
e
l
'
estro
.
La
buona
esecuzione
di
un
'
opera
in
musica
è
un
terno
al
lotto
.
Il
carro
di
Tespi
(
la
sola
utile
invenzione
del
fascismo
nel
campo
della
musica
)
ha
fatto
qualche
rara
volta
miracoli
.
L
'
errore
era
di
seguire
criteri
sindacali
:
chi
aveva
la
tessera
di
cantante
doveva
,
a
turno
,
esibirsi
in
pubblico
.
Ed
era
un
massacro
.
Ma
talvolta
il
caso
faceva
sì
che
s
'
incontrassero
artisti
,
magari
modesti
,
ma
di
temperamento
affine
e
di
buone
possibilità
;
e
allora
nascevano
come
funghi
esecuzioni
genialmente
riuscite
,
forse
difettose
,
provvisorie
,
ma
tali
da
far
dire
:
«
Ci
siamo
.
Si
deve
far
così
e
non
diversamente
»
.
È
raro
che
si
esca
da
un
grande
teatro
con
una
sensazione
simile
.
I
grandi
teatri
presentano
spesso
esecuzioni
perfette
,
noi
)
vive
.
Buona
l
'
orchestra
,
buoni
gli
interpreti
,
ottima
la
messa
in
scena
,
intelligente
la
regia
,
eppure
manca
il
più
.
Manca
il
legame
interno
,
si
sente
che
nessuno
fa
veramente
sul
serio
.
È
possibile
prevedere
l
'
imprevedibile
,
la
scintilla
che
a
volte
si
accende
e
a
volte
respinge
una
sollecitazione
?
In
altre
parole
:
chi
è
l
'
artefice
ultimo
dello
spettacolo
musicale
?
Io
direi
che
questo
misterioso
genio
sia
,
o
meglio
sarebbe
,
colui
che
fin
dal
principio
veda
lo
spettacolo
nel
suo
insieme
,
scegliendo
gli
interpreti
,
il
direttore
,
lo
scenografo
e
il
regista
,
non
in
astratto
,
ma
ai
fini
di
un
determinato
spettacolo
.
Oggi
come
oggi
non
hanno
questa
funzione
né
i
giovani
direttori
d
'
orchestra
né
i
registi
.
E
nemmeno
si
può
pretendere
che
reggenti
di
teatri
e
direttori
artistici
che
devono
provvedere
a
molti
spettacoli
in
un
tempo
ristretto
e
con
mezzi
non
sempre
illimitati
facciano
tutti
i
miracoli
che
alcuni
pretenderebbero
.
In
realtà
,
l
'
opera
in
musica
sta
attraversando
un
periodo
di
crisi
:
morta
o
quasi
come
spettacolo
popolare
sta
rinascendo
in
altri
ambienti
,
con
diversi
mezzi
,
con
altri
problemi
da
risolvere
.
Ci
vorranno
molti
anni
prima
ch
'
essa
torni
ad
essere
popolare
in
modo
nuovo
,
cioè
senza
rinunciare
a
quel
livello
del
gusto
ch
'
è
ormai
una
condizione
imprescindibile
di
ogni
spettacolo
moderno
teatrale
.
Fino
a
quel
giorno
,
fino
a
che
non
si
formi
un
pubblico
preparato
e
gli
ascoltatori
non
siano
quel
che
sono
oggi
:
due
o
tre
diverse
clientele
mescolate
insieme
,
con
esigenze
,
gusti
,
abitudini
,
e
persino
idiosincrasie
e
idolatrie
contrastanti
,
gli
spettacoli
lirici
stenteranno
a
trovare
il
loro
equilibrio
e
sui
palcoscenici
pioveranno
,
insieme
con
le
rose
,
anche
i
carciofi
e
i
ravanelli
:
segno
di
inciviltà
ma
anche
di
passione
per
un
genere
d
'
arte
che
per
molti
è
una
corrida
,
per
altri
un
rito
;
ma
che
per
tutti
(
e
consoliamoci
con
questa
constatazione
)
è
uno
degli
aspetti
insostituibili
della
nostra
civiltà
artistica
.