StampaQuotidiana ,
Quanti
sono
gli
scrittori
che
riescono
a
vivere
col
frutto
della
loro
arte
,
senza
dover
ricorrere
a
un
altro
mestiere
?
Apparentemente
sono
molti
nelle
così
dette
Repubbliche
popolari
;
ma
pochi
,
pochissimi
negli
Stati
dove
vige
una
relativa
libertà
di
pensiero
e
di
opinione
.
In
questi
ultimi
Paesi
un
numero
imprecisato
di
uomini
di
lettere
riesce
a
sbarcare
il
lunario
,
talora
assai
brillantemente
,
con
lavori
che
si
fanno
con
carta
penna
e
calamaio
e
con
l
'
impiego
della
macchina
da
scrivere
:
e
saranno
collaborazioni
a
giornali
,
sceneggiature
di
film
,
riduzioni
di
romanzi
altrui
a
commedie
o
a
pellicole
,
oppure
opere
di
varia
divulgazione
;
ma
resta
da
dimostrare
che
questi
uomini
vivano
del
frutto
della
loro
arte
(
ammesso
che
ne
abbiano
davvero
una
)
.
La
verità
è
che
anch
'
essi
,
in
quanto
poeti
,
hanno
un
secondo
mestiere
:
quello
dell
'
uomo
di
penna
.
Scrittori
notissimi
,
magari
insigniti
del
premio
Nobel
,
vivono
della
loro
penna
,
non
della
loro
arte
.
Le
eccezioni
non
mancano
,
ma
sono
rare
,
e
anche
queste
sono
illusorie
.
Quando
vediamo
negli
scaffali
le
«
opere
complete
»
di
un
autore
famoso
,
noi
distinguiamo
a
colpo
d
'
occhio
le
poche
che
appartengono
alla
sua
arte
dalle
molte
che
sono
di
pertinenza
del
suo
secondo
mestiere
:
quello
del
produttore
di
parole
stampate
.
Ciò
vale
per
l
'
emisfero
occidentale
.
Altrove
,
si
direbbe
che
le
cose
mutino
.
La
Russia
conta
certamente
alcune
migliaia
di
autori
che
ricevono
dallo
Stato
un
regolare
stipendio
,
in
cambio
del
quale
sono
richiesti
di
fornire
opere
di
creazione
e
non
già
manipolazioni
di
prodotti
pseudo
-
letterari
.
Tuttavia
,
non
occorre
essere
molto
informati
di
quanto
avviene
nell
'
Unione
Sovietica
per
comprendere
che
non
può
esistere
uno
Stato
che
dia
qualcosa
in
cambio
di
nulla
.
Testimonianze
non
sospette
,
anzi
ineccepibili
,
ci
dicono
che
nei
Paesi
totalitari
,
lo
scrittore
che
manifesti
opinioni
o
sentimenti
non
conformi
alle
istruzioni
impartite
dall
'
alto
viene
accusato
(
ed
è
il
meno
che
possa
accadergli
)
di
«
sputare
nel
piatto
in
cui
mangia
»
;
il
che
,
disgraziatamente
,
è
verissimo
.
Un
fanatico
potrebbe
obiettare
che
le
opinioni
personali
non
sono
punto
necessarie
all
'
artista
e
che
la
libertà
non
contrasta
con
un
'
autorità
«
liberamente
»
accettata
.
Ma
chi
accetta
liberamente
una
libertà
condizionata
da
uno
stipendio
?
Un
'
occhiata
alla
storia
letteraria
ci
dice
che
la
Russia
ebbe
una
grande
letteratura
rivoluzionaria
solo
nel
tempo
in
cui
gli
scrittori
non
riscuotevano
salari
statali
.
Dopo
è
stato
quasi
il
deserto
.
Le
osservazioni
che
abbiamo
fatte
,
non
certo
peregrine
,
mostrano
chiaramente
come
sia
quasi
impossibile
,
in
tutto
il
mondo
,
a
uno
scrittore
di
vivere
dell
'
arte
sua
.
Lo
scrittore
che
vende
1c
sue
parole
può
occasionalmente
darci
alcune
pagine
di
autentico
valore
poetico
e
magari
qualche
opera
duratura
,
ma
non
vivrà
che
del
prodotto
delle
sue
opere
deteriori
.
A
tutti
,
a
quasi
tutti
gli
scrittori
,
s
'
impone
il
secondo
mestiere
,
e
non
è
detto
che
i
mestieri
apparentemente
intellettuali
(
insegnamento
,
giornalismo
,
cinema
,
ecc
.
)
siano
i
più
conciliabili
con
quelle
vacanze
dello
spirito
che
sono
il
vero
terreno
da
cui
sorge
l
'
arte
.
Un
Foscolo
o
un
Leopardi
che
passino
dieci
ore
al
giorno
sforbiciando
comunicati
di
agenzie
giornalistiche
sono
inimmaginabili
;
mentre
è
stato
possibile
a
impiegati
di
banca
di
scrivere
Giovannin
Bongee
o
The
Waste
Land
.
D
'
altra
parte
,
è
facile
l
'
obiezione
,
non
sarebbe
mai
sorta
la
Commedia
umana
se
Balzac
avesse
trascorso
la
sua
breve
vita
negli
uffici
di
una
Cassa
di
Risparmio
;
non
avremmo
avuto
Guerra
e
pace
e
la
Recherche
se
Tolstoi
e
Proust
non
fossero
stati
dotati
di
un
considerevole
«
censo
»
.
E
in
questo
caso
noi
scopriamo
quale
può
essere
il
secondo
mestiere
più
favorevole
alle
lettere
;
quello
del
rentier
.
Oltre
questo
,
esistono
i
mestieri
veri
e
propri
,
tra
i
quali
è
largamente
compreso
quello
del
produttore
di
libri
.
Ma
bisogna
anche
riconoscere
la
strana
situazione
in
cui
viene
a
trovarsi
l
'
autore
di
libri
invenduti
e
perciò
poco
o
punto
redditizi
.
Centinaia
,
forse
migliaia
di
pittori
e
scultori
di
dubbio
valore
vivono
vendendo
le
loro
opere
e
fra
i
loro
clienti
,
direttamente
o
indirettamente
,
non
manca
quasi
mai
lo
Stato
.
Larghe
sovvenzioni
statali
rendono
possibile
la
difficile
vita
della
musica
,
del
teatro
e
del
cinema
.
Una
chiusura
degli
sportelli
,
una
«
serrata
»
da
parte
di
pittori
o
di
cineasti
o
di
teatranti
getterebbe
il
mondo
intero
nella
costernazione
.
Ma
fate
che
gli
scrittori
incrocino
le
braccia
e
stringano
la
cintola
,
e
vedrete
che
nessuno
si
accorgerà
della
loro
protesta
.
I
giornali
continueranno
a
uscire
,
e
tutti
saranno
convinti
che
qualche
capolavoro
inedito
prima
o
poi
-
meglio
se
dopo
la
morte
dell
'
autore
-
finirà
per
essere
scoperto
nel
fondo
di
qualche
cassetto
.
In
definitiva
,
la
vecchia
opinione
che
la
letteratura
vada
scoraggiata
persiste
tenacemente
alla
radice
della
nostra
formazione
classica
.
Lascio
al
lettore
decidere
se
questo
è
un
alibi
che
permette
al
mondo
borghese
di
affamare
i
poeti
senza
provarne
rimorso
;
o
se
sia
anche
un
indiretto
omaggio
alla
rarità
e
imprevedibilità
della
poesia
.
Praticato
su
vasta
scala
-
come
oggi
avviene
-
il
mestiere
di
scrittore
ha
una
tradizione
piuttosto
recente
,
da
porsi
in
relazione
con
lo
sviluppo
del
giornalismo
e
dell
'
attività
editoriale
.
Se
non
vogliamo
partire
addirittura
dal
primo
Settecento
,
Edgar
Poe
è
già
il
tipo
del
moderno
pubblicista
che
vive
di
collaborazioni
pagate
:
e
male
gliene
incolse
;
ma
in
epoca
più
recente
,
il
Melville
non
fu
che
un
modesto
impiegato
.
Né
ci
rifaremo
più
addietro
per
ricordare
le
professioni
,
e
le
disavventure
economiche
,
di
un
genio
quale
il
Cervantes
.
Nei
tempi
eroici
della
poesia
i
poeti
furono
diplomatici
,
ciambellani
,
ecclesiastici
,
guerrieri
,
mercanti
,
figli
di
papà
e
occasionalmente
anche
ladri
e
assassini
,
ma
non
vissero
mai
dei
«
diritti
d
'
autore
»
.
Non
mancavano
,
s
'
intende
,
i
poeti
cesarei
,
i
librettisti
o
gli
agiografi
di
Corte
,
ma
si
tratta
di
casi
isolati
,
ed
anche
oggi
esistono
commediografi
(
per
lo
più
mediocri
)
che
vivono
dei
loro
prodotti
.
Non
occorre
ripetere
che
si
tratta
per
lo
più
di
«
prodotti
»
,
non
di
opere
d
'
arte
.
D
'
altronde
,
il
teatro
è
un
mondo
che
sta
a
sé
.
In
ogni
tempo
si
ebbero
uomini
di
teatro
che
furono
insieme
autori
attori
e
impresari
,
e
che
quindi
esercitarono
contemporaneamente
professioni
diverse
;
ma
nemmeno
questo
caso
può
invalidare
il
vecchio
assioma
che
i
carmi
non
danno
pane
.
11
problema
di
far
sì
che
i
poeti
possano
mettere
la
pentola
al
fuoco
senza
perdere
gli
anni
migliori
in
un
altro
mestiere
si
presenta
dunque
,
oggi
,
più
che
mai
insolubile
.
Ma
è
probabile
che
sia
,
come
tutti
i
problemi
insolubili
,
una
questione
mal
posta
.
Dire
che
uno
Stato
rispettabile
dovrebbe
distribuire
impieghi
puramente
simbolici
,
sinecure
o
altro
ai
suoi
più
promettenti
scrittori
,
oppure
garantire
con
leggi
e
decreti
,
o
magari
mauri
militari
,
la
vendita
dei
loro
scritti
,
è
dar
prova
di
irrimediabile
ingenuità
.
Forse
una
società
ideale
potrebbe
aiutare
i
suoi
poeti
,
i
suoi
scrittori
in
modo
del
tutto
segreto
e
indiretto
,
senza
offenderne
la
dignità
e
l
'
indipendenza
;
ma
le
antiche
società
feudali
erano
molto
più
adatte
a
raggiungere
questo
scopo
.
La
nuova
civiltà
industriale
,
fondata
sul
denaro
e
sul
successo
,
non
offre
alcuna
garanzia
a
tale
riguardo
.
In
una
civiltà
come
la
nostra
solo
un
'
arte
d
'
uso
,
una
Gebrauchskunst
,
può
trasformarsi
in
denaro
spicciolo
.
Un
quadro
fatto
distribuendo
quattro
buchi
su
una
tela
,
una
musica
ottenuta
filtrando
o
dosando
pochi
ruggiti
elettronici
può
essere
un
oggetto
che
si
vende
a
privati
consumatori
e
magari
allo
Stato
,
attraverso
sussidi
a
mostre
,
festival
ecc.
Molto
più
difficile
,
e
infinitamente
meno
raccomandabile
,
è
che
Io
Stato
organizzi
e
«
pianifichi
»
elargizioni
di
quattrini
ai
suoi
poeti
,
sottraendoli
all
'
onta
del
secondo
mestiere
.
Chi
sceglierebbe
questi
poeti
?
Quale
-
da
noi
inesistente
-
Accademia
?
E
con
quali
garanzie
di
serietà
?
E
chi
potrebbe
impedire
il
moltiplicarsi
dei
sedicenti
poeti
aspiranti
a
prebende
e
sovvenzioni
?
Purtroppo
la
poesia
(
intesa
nella
più
lata
accezione
)
è
oggi
l
'
arte
più
indifesa
;
per
diverse
e
forse
opposte
ragioni
,
tanto
le
società
totalitarie
quanto
quelle
che
s
'
illudono
di
essere
libere
non
possono
far
nulla
per
favorirne
o
proteggerne
la
nascita
.
Si
direbbe
,
anzi
,
che
siano
fatte
apposta
per
creare
condizioni
ostili
al
suo
sviluppo
.
Ma
sarebbe
un
errore
credere
che
simili
premesse
rendano
meno
onorevole
la
vita
,
e
la
vocazione
stessa
,
dei
poeti
.
Probabilmente
,
la
costituzionale
inettitudine
della
poesia
a
fruttar
quattrini
ai
poeti
significa
ch
'
essa
ha
una
sua
particolare
dignità
alla
quale
le
altre
arti
non
sempre
possono
aspirare
.
Trenta
giovani
pittori
italiani
sono
stati
presentati
insieme
,
tempo
addietro
,
da
un
illustre
critico
sotto
il
titolo
:
Trenta
maestri
di
domani
senza
che
quasi
nessuno
gridasse
allo
scandalo
.
Ma
se
i
trenta
fossero
stati
poeti
anziché
pittori
,
né
il
presentatore
né
i
poeti
stessi
si
sarebbero
salvati
dal
ridicolo
.
Ciò
significa
che
la
poesia
non
è
ancora
discesa
,
nell
'
opinione
pubblica
,
al
grado
di
merce
;
e
che
il
titolo
,
in
verità
assai
scaduto
,
di
maestro
non
può
essere
tollerato
da
uno
scrittore
che
si
rispetti
.
Se
a
tale
grado
di
dignità
si
può
giungere
solo
praticando
un
secondo
mestiere
,
ebbene
,
ben
vengano
i
secondi
e
terzi
mestieri
.
Tutti
i
danni
che
ad
essi
si
ascrivono
sono
largamente
compensati
dal
fatto
che
per
mezzo
loro
l
'
arte
della
parola
non
si
è
ancora
posta
al
livello
delle
così
dette
«
belle
arti
»
,
certo
più
redditizie
,
ma
a
costo
di
quali
equivoci
!
.