StampaQuotidiana ,
A
poco
più
di
tre
chilometri
da
Caltanissetta
si
trova
un
gruppo
importante
di
zolfare
,
la
maggior
parte
delle
quali
appartengono
al
deputato
Testasecca
,
creato
conte
per
la
cospicua
donazione
che
fece
ai
poveri
in
occasione
delle
nozze
d
'
argento
dei
sovrani
.
I
nonni
del
neo
conte
erano
dei
poveri
borghesucci
quando
verso
il
1830
comperarono
per
pochi
soldi
alcune
colline
di
quei
dintorni
.
Erano
colline
superficialmente
molto
povere
,
ma
che
nel
loro
seno
racchiudevano
tesori
.
E
infatti
appena
se
ne
accorsero
e
cominciarono
a
sfruttarle
,
i
genitori
dell
'
onorevole
Testasecca
diventarono
in
pochi
anni
arcimilionari
.
Le
zolfare
del
conte
deputato
sono
oggi
coltivate
con
sistemi
abbastanza
razionali
(
macchine
,
vagoncini
e
ascensori
)
,
ma
vicino
ad
esse
se
ne
trovano
altre
dove
vigono
ancora
gli
antichi
sistemi
e
nelle
quali
la
creatura
umana
è
ridotta
peggio
di
una
bestia
da
soma
.
Non
faccio
che
trascrivere
le
note
prese
col
lapis
durante
un
'
escursione
che
feci
la
mattina
del
24
ottobre
.
Ore
sette
ant
.
Uscendo
dalla
città
,
i
due
amici
che
gentilmente
mi
accompagnavano
,
l
'
avv
.
Angelo
Giarrizzo
e
lo
studente
di
medicina
Paolo
Trobia
,
mi
mostrano
lungo
la
via
di
Sant
'
Anna
alcune
caverne
scavate
nel
tufo
e
nelle
quali
fino
a
poco
tempo
fa
abitarono
molte
famiglie
di
zolfatai
.
Alcune
vi
abitano
ancora
.
Il
Municipio
fece
sgombrare
le
altre
non
già
per
igiene
e
per
filantropia
,
ma
perché
queste
tane
da
trogloditi
minacciavano
di
rovinare
e
in
caso
di
disastro
il
Municipio
stesso
temeva
di
essere
chiamato
responsabile
e
di
dover
pagare
i
danni
.
Ore
otto
.
Siamo
arrivati
in
un
vallone
pieno
di
monticelli
che
paiono
fatti
da
talpe
gigantesche
.
Sono
ingressi
di
zolfare
e
calcheroni
,
ossia
mucchi
di
minerale
greggio
preparato
per
accenderlo
e
cavarne
lo
zolfo
col
sistema
primitivo
.
Ci
avviciniamo
ad
un
calcherone
in
formazione
.
Otto
uomini
raccolgono
con
le
pale
il
minerale
greggio
di
un
mucchio
e
ne
riempiono
delle
ceste
che
vengono
da
una
quindicina
di
ragazzi
portate
nella
buca
del
calcherone
.
È
un
lavoro
che
potrebbe
esser
fatto
benissimo
con
vagoncini
.
Si
adoperano
i
carusi
perché
si
spende
meno
.
L
'
età
di
questi
ragazzi
varia
dai
10
ai
18
anni
.
Alcuni
di
essi
,
imberbi
,
magri
,
patiti
,
sembrano
molto
più
giovani
di
quello
che
sono
.
Guadagnano
dai
quindici
ai
trenta
soldi
al
giorno
,
secondo
la
quantità
del
minerale
che
possono
portare
.
Per
guadagnare
qualche
soldo
di
più
,
corrono
continuamente
dal
mucchio
del
minerale
alla
vasca
del
calcherone
.
Lavorando
esternamente
,
non
sono
del
tutto
nudi
;
indossano
i
pantaloni
.
Una
cosa
che
colpisce
il
visitatore
è
questa
,
che
il
lavoro
meno
pesante
,
cioè
quello
di
riempire
le
ceste
,
è
fatto
dagli
adulti
,
dai
picconieri
,
e
quello
più
faticoso
,
ossia
il
trasporto
delle
ceste
piene
,
è
addossato
esclusivamente
ai
ragazzi
.
A
breve
distanza
si
vedono
gli
ingressi
della
zolfara
Gessolungo
,
dove
circa
dieci
anni
or
sono
accadde
una
catastrofe
che
uccise
cinquantotto
persone
.
I
cadaveri
mutilati
delle
vittime
non
furono
trasportati
neppure
nel
camposanto
di
Caltanissetta
;
s
'
improvvisò
qui
vicino
un
cimitero
dove
vennero
sepolti
in
una
fossa
comune
.
Ore
otto
e
mezza
.
Ci
avviciniamo
ai
due
ingressi
della
zolfara
Cinnirella
,
dove
lavorano
attualmente
circa
cento
persone
,
col
vecchio
sistema
del
trasporto
a
spalla
.
Da
una
delle
due
bocche
di
pozzo
si
entra
nella
miniera
e
dall
'
altra
si
esce
:
è
già
un
progresso
in
confronto
di
altre
zolfare
dove
si
entra
e
si
esce
dallo
stesso
buco
.
Ci
siamo
appena
accostati
all
'
ingresso
del
pozzo
di
uscita
,
che
ne
vediamo
uscire
uno
dopo
l
'
altro
tre
carusi
gobbi
.
Seguono
altri
disgraziati
per
lo
più
adulti
,
curvi
sotto
il
peso
del
sacco
di
minerale
che
portano
in
ispalla
.
Sono
tutti
ansanti
e
grondanti
di
sudore
.
Alcuni
non
hanno
altro
indumento
che
una
pezzuola
davanti
;
altri
portano
i
soli
pantaloni
;
altri
cosa
stranissima
il
solo
gilé
.
La
maggior
parte
sono
deformati
dalla
immane
fatica
.
Un
ragazzo
di
sedici
anni
un
vero
nano
per
la
deficiente
statura
non
dimostra
più
di
dieci
anni
e
ci
dice
che
ha
cominciato
a
fare
il
caruso
a
otto
anni
.
Un
altro
ci
racconta
che
ha
cominciato
a
sette
.
Ora
non
li
prendono
se
non
hanno
almeno
nove
anni
,
ma
ciò
succede
qui
nelle
zolfare
vicinissime
al
capoluogo
di
provincia
e
sorvegliate
dalla
direzione
degli
ingegneri
:
nell
'
interno
si
continua
come
in
passato
,
nel
modo
che
potei
constatare
nella
zolfara
Virdilio
.
Quanto
guadagnate
voi
?
chiesi
a
un
caruso
trentenne
,
il
quale
mostra
di
avere
cinquant
'
anni
.
Una
lira
al
giorno
mi
rispose
ma
io
sono
dei
discreti
,
dei
bravi
:
altri
miei
compagni
più
giovani
non
riescono
a
guadagnare
più
di
dodici
soldi
al
giorno
;
i
più
forti
e
resistenti
giungono
a
guadagnarne
trenta
,
il
massimo
.
E
quanti
viaggi
fate
al
giorno
?
Siccome
la
miniera
è
molto
profonda
,
non
possiamo
fare
più
di
dieci
o
dodici
viaggi
al
giorno
,
percorrendo
ogni
volta
trecentocinquanta
metri
di
scale
,
senza
contare
le
gallerie
.
Ore
otto
e
tre
quarti
.
Chiesto
il
permesso
ad
uno
dei
proprietari
e
ottenuto
un
caruso
per
guida
,
che
ci
precede
portando
una
lampadina
a
olio
,
entriamo
nella
zolfara
.
Questa
lampade
,
che
generalmente
i
carusi
s
'
attaccano
al
berretto
con
un
filo
di
ferro
,
sono
piccoli
orciuoli
scoperti
,
di
terracotta
,
con
un
becco
da
cui
passa
il
lucignolo
;
per
la
forma
ricordano
le
lampade
etrusche
.
Costano
2
centesimi
l
'
una
,
ma
sono
difficili
da
portare
,
si
rompono
facilmente
e
lasciano
versar
l
'
olio
,
di
cui
non
contengono
che
una
piccola
quantità
,
cosicché
è
necessario
riempirle
ogni
ora
.
Scendiamo
per
una
scala
scavata
nel
masso
.
La
volta
,
di
gesso
,
di
minerale
o
di
tufo
,
ora
ci
permette
di
stare
ritti
e
ora
ci
costringe
a
curvarci
.
I
gradini
,
che
qui
chiamano
scaloni
,
quando
l
'
inclinazione
dello
scavo
non
eccede
i
40°
,
occupano
tutta
la
larghezza
della
scala
:
sono
detti
allora
scaloni
sani
,
hanno
un
'
alzata
da
20
a
25
centimetri
ed
una
pedata
presso
a
poco
eguale
.
Quando
l
'
inclinazione
supera
i
40°
,
la
larghezza
della
scala
è
divisa
e
si
trovano
i
cosiddetti
scaloni
rotti
o
a
maschio
e
femmina
:
sopra
ogni
metà
della
scala
è
tracciata
una
gradinata
,
per
modo
che
i
riposi
o
pedate
d
'
una
metà
corrispondono
a
metà
delle
alzate
dell
'
altra
.
Si
rende
così
possibile
l
'
ascesa
e
discesa
,
che
altrimenti
riuscirebbe
difficilissima
per
la
soverchia
alzata
dei
gradini
.
Molti
gradini
sono
rotti
e
tutti
appaiono
lustri
per
il
continuo
strofinamento
dei
piedi
scalzi
dei
carusi
.
Anche
sulla
volta
,
specialmente
quando
è
di
gesso
,
si
vedono
delle
striscie
lucide
prodotte
dalle
mani
dei
carusi
che
s
'
appoggiano
.
Ma
dopo
un
centinaio
di
metri
di
discesa
avremo
fatto
più
di
quattrocento
gradini
non
trovammo
più
né
scaloni
sani
né
scaloni
rotti
:
il
buco
procedeva
a
zig
-
zag
e
invece
che
sulle
scale
si
camminava
sui
detriti
del
minerale
.
Ogni
tanto
dovevamo
scostarci
per
lasciar
passare
file
di
carusi
scarichi
che
correndo
scendevano
a
prendere
nuovi
carichi
.
Per
lo
più
nudi
,
con
un
semplice
grembialino
davanti
,
malamente
illuminati
dalle
lampadine
,
con
le
loro
faccie
sfigurate
e
con
la
pelle
bruna
,
più
che
europei
sembravano
isolani
dell
'
Oceania
.
In
certi
punti
le
pareti
delle
volte
nelle
scale
e
nelle
gallerie
sono
puntellate
con
tavole
e
travi
,
alcune
delle
quali
piegano
sotto
il
peso
e
minacciano
di
spezzarsi
.
Ai
lati
vediamo
qua
e
là
delle
gallerie
chiuse
con
un
cancello
di
legno
,
perché
o
sfruttate
o
trovate
pericolose
.
Perché
non
sono
state
riempite
come
l
'
esperienza
di
tante
catastrofi
ha
insegnato
?
Ore
nove
.
Al
punto
detto
«
piè
della
scala
»
troviamo
una
galleria
circolare
somigliante
ad
un
'
ampia
grotta
.
Un
picconiere
dal
torso
nudo
tutto
scintillante
di
sudore
,
batte
il
suo
piccone
contro
il
minerale
di
colore
oscuro
dalle
larghe
vene
gialle
di
zolfo
.
Quattro
o
cinque
carusi
raccolgono
i
pezzi
del
minerale
e
ne
riempiono
i
loro
sacchi
.
All
'
incerta
e
tremolante
luce
delle
lampadine
,
la
grotta
,
dalla
volta
a
striscie
gialle
,
rossiccie
e
scure
,
è
d
'
un
orrido
pittoresco
:
meriterebbe
di
essere
ritratta
da
un
Salvatore
Rosa
.
Avviene
non
di
rado
che
i
picconieri
trovano
delle
grotte
naturali
dalle
volte
ricoperte
di
stalattiti
,
di
cristallizzazioni
stupende
.
Ne
fu
scoperta
recentemente
una
a
Lercara
Friddi
,
ma
in
pochi
giorni
tutti
i
bellissimi
e
risplendenti
ornamenti
naturali
furono
vandalicamente
portati
via
.
A
stento
io
ne
potei
trovare
un
campione
.
Il
caldo
è
soffocante
,
e
non
possiamo
resistere
che
pochi
minuti
nella
galleria
«
piè
della
scala
»
.
Ore
nove
e
un
quarto
.
Imbocchiamo
un
altro
cunicolo
dalle
pareti
dirupatissime
e
scendiamo
,
tortuosamente
,
curvi
.
Le
volte
basse
sono
sostenute
da
travi
e
puntelli
messi
in
modo
molto
primitivo
.
Grondanti
di
sudore
grossi
goccioloni
ci
cadono
continuamente
dal
viso
e
dalle
mani
e
vanno
a
bagnare
la
polvere
del
minerale
che
ricopre
il
ripido
sentiero
giungiamo
finalmente
verso
le
nove
e
mezzo
alle
gallerie
finali
,
dette
camminanti
,
vastissime
caverne
in
cui
lavorano
vari
picconieri
.
I
colpi
di
piccone
continui
,
incessanti
,
come
se
fossero
dati
da
una
forza
automatica
,
risuonano
cupamente
nella
semioscurità
.
Quelle
macchine
umane
dei
picconieri
fanno
venire
in
mente
il
Canto
dei
minatori
del
Rapisardi
:
Tra
cieche
forre
,
tra
roccie
pendenti
Sul
nostro
capo
entr
'
oscure
caverne
,
Fra
pozzi
cupi
e
neri
anditi
algenti
,
Fra
rei
miasmi
,
fra
tenebre
eterne
,
D
'
ogni
consorzio
,
dal
mondo
noi
scissi
A
nutrir
gli
ozi
d
'
ignoti
signori
,
Noi
picconieri
di
monti
e
d
'
abissi
,
Sepolti
vivi
scaviam
tesori
.
E
scavano
tesori
davvero
.
Anche
questa
zolfara
Cinnirella
,
che
passa
per
una
delle
meno
produttive
,
ha
già
arricchito
parecchi
a
Caltanissetta
.
E
tuttavia
i
proprietari
non
si
sono
indotti
ancora
ad
applicarvi
sistemi
di
trazione
più
razionali
e
umani
.
Ora
è
data
in
affitto
o
a
gabella
.
Ore
nove
e
tre
quarti
.
Dopo
un
po
'
di
riposo
torniamo
indietro
e
cominciamo
la
faticosa
salita
.
È
durissima
per
noi
che
non
portiamo
nulla
sulle
spalle
,
che
siamo
robusti
e
ben
nutriti
.
Come
deve
essere
più
dura
,
malgrado
l
'
abitudine
,
per
gl
'
infelici
carusi
!
Ne
incontriamo
a
ogni
minuto
.
Si
sente
ora
la
loro
respirazione
affannosa
,
e
ora
quel
lamento
che
fa
tanto
pena
.
Qualcheduno
urta
di
tanto
in
tanto
col
suo
carico
contro
la
volta
bassa
.
Qualche
altro
sdrucciola
e
cade
come
Gesù
sotto
la
croce
,
senza
trovare
un
pietoso
Cireneo
!
Altri
,
non
potendone
più
,
gettano
per
un
momento
il
pesante
fardello
e
siedono
ansanti
per
riprendere
un
po
'
di
fiato
.
Alla
svoltata
di
una
galleria
un
caruso
è
lungo
disteso
sui
pezzi
aguzzi
del
minerale
che
a
lui
,
sfinito
dalla
fatica
,
devono
sembrare
un
soffice
materasso
.
Passa
in
quella
un
sorvegliante
e
toccandolo
con
l
'
aguzza
asta
di
ferro
che
gli
serve
da
bastone
,
gli
domanda
:
«
Dormi
?
»
.
Man
mano
che
saliamo
una
corrente
d
'
aria
,
che
a
noi
pare
gelata
,
scende
dall
'
altissima
imboccatura
del
pozzo
.
Anche
coperti
di
lana
,
c
'
è
da
prendere
una
polmonite
.
E
i
carusi
,
grondanti
di
sudore
,
sono
nudi
!
Ore
dieci
e
un
quarto
.
Quando
noi
usciamo
a
rivedere
la
luce
del
sole
venendo
dalle
tenebrose
gallerie
ci
pare
per
qualche
minuto
abbarbagliante
siamo
talmente
stanchi
che
riparandoci
in
una
baracca
ci
gettiamo
a
sedere
,
disfatti
come
cenci
.
I
carusi
invece
,
appena
deposto
il
carico
,
devono
ridiscendere
frettolosamente
e
continuare
così
fino
a
sera
per
guadagnare
la
mercede
che
s
'
è
detto
.
E
quasi
tutti
hanno
anche
una
famiglia
da
mantenere
.