StampaQuotidiana ,
Povera
Giuliana
.
Ha
già
tentato
una
volta
di
uccidersi
,
ma
non
ce
l
'
ha
fatta
,
e
nell
'
incidente
automobilistico
ha
preso
una
tal
botta
in
testa
che
nonostante
un
mese
di
clinica
non
è
più
riuscita
a
trovare
il
suo
equilibrio
.
Invece
di
mandarla
in
convalescenza
in
campagna
,
o
a
distrarsi
in
un
'
allegra
stazione
turistica
,
il
marito
,
ingegnere
,
se
l
'
è
riportata
,
col
figlioletto
,
sui
luoghi
dove
lavora
:
nella
zona
industriale
di
Ravenna
,
tra
altiforni
,
ciminiere
,
serbatoi
,
un
paesaggio
deprimente
,
grigio
e
fumoso
.
Sfido
io
,
la
poverina
dà
fuori
da
matta
.
Anziché
«
reinserirsi
nella
realtà
»
,
continua
a
soffrire
di
angosce
e
di
incubi
notturni
,
striscia
lungo
i
muri
,
è
tutta
un
brivido
.
Né
il
marito
,
che
ha
già
dato
prova
di
insipienza
,
muove
un
dito
per
aiutarla
:
non
la
incoraggia
nel
proposito
,
da
lei
manifestato
,
di
aprire
una
boutique
,
anzi
le
mette
intorno
degli
amici
stupidi
e
sporcaccioni
,
con
i
quali
la
porta
a
passare
una
giornata
in
una
baracca
sul
mare
.
La
casa
,
povera
Giuliana
,
è
deprimente
,
arredata
con
mobili
e
soprammobili
provvisori
;
il
bambino
,
Dio
mio
,
non
ride
mai
,
è
un
mostriciattolo
che
armeggia
con
giocattoli
avveniristici
,
e
si
diverte
a
spaventare
la
mamma
.
E
gli
operai
?
Persino
fra
di
loro
la
nevrosi
ha
mietuto
vittime
.
Quando
arriva
Corrado
,
un
collega
del
marito
,
Giuliana
tenta
di
sciogliersi
:
un
po
'
impietosito
dalle
condizioni
di
lei
,
un
po
'
attirato
dalla
malattia
della
donna
,
in
cui
crede
di
riconoscere
le
proprie
inquietudini
di
uomo
randagio
,
Corrado
le
gironzola
intorno
.
Vorrebbe
aiutarla
,
e
anche
lei
per
un
poco
ci
spera
,
ma
tutto
finisce
in
una
camera
d
'
albergo
.
Non
sarà
certo
Corrado
che
potrà
guarire
Giuliana
dalla
nevrosi
.
È
il
male
del
secolo
,
tutti
ne
siamo
affetti
.
Matti
incurabili
,
l
'
unico
conforto
ci
viene
dal
tenere
per
mano
un
bambino
e
dall
'
avere
coscienza
della
nostra
condizione
.
La
colpa
di
tutto
?
Innanzi
tutto
,
della
civiltà
industriale
.
Gli
uccellini
,
che
hanno
un
cervello
da
uccellino
,
l
'
hanno
capito
che
dalle
ciminiere
esce
un
veleno
mortifero
,
e
non
ci
passano
più
.
Gli
uomini
,
invece
,
testoni
,
ci
vanno
a
vivere
in
mezzo
,
peggio
per
loro
.
Questo
il
nocciolo
della
storia
raccontata
dal
Deserto
rosso
,
il
film
di
Antonioni
presentato
stasera
alla
Mostra
di
Venezia
.
La
sua
fragilità
ideologica
è
evidente
a
chiunque
non
sia
malato
di
intellettualismo
.
Antonioni
non
aggiunge
nessun
zuccherino
alla
sua
pessimistica
analisi
del
mondo
contemporaneo
,
disumanizzato
dal
progresso
scientifico
;
ma
la
sua
condanna
della
civiltà
delle
macchine
sembra
ormai
coinvolgere
l
'
eterna
condizione
dell
'
uomo
.
Giuliana
,
per
far
star
quieto
il
bambino
,
favoleggia
di
un
mondo
primitivo
,
di
una
ragazzina
libera
e
felice
nell
'
acqua
di
un
'
isola
,
e
tuttavia
inquietata
da
un
'
oscura
presenza
:
qui
(
l
'
unica
apertura
ridente
del
film
)
,
non
soltanto
si
proietta
lo
stato
d
'
animo
della
novellatrice
,
ma
lo
stesso
rimpianto
del
regista
,
che
transita
per
«
questa
nostra
dimora
terrestre
»
.
come
ama
chiamarla
,
nostalgicamente
rammemorando
gli
evi
felici
della
pesca
e
della
pastorizia
,
tuttavia
già
incrinati
dalla
minaccia
dei
mostri
.
Abbastanza
superficiale
nel
voler
far
dipendere
tutti
i
guai
contemporanei
,
con
un
determinismo
ottocentesco
,
dall
'
inferno
industriale
,
il
film
rivela
la
sua
origine
intellettualistica
nel
fatto
che
la
molla
dell
'
ispirazione
non
è
scattata
per
l
'
intuizione
di
un
carattere
o
di
un
nodo
sentimentale
,
già
fusi
con
un
'
atmosfera
,
ma
,
per
ammissione
dell
'
autore
,
di
rimbalzo
a
una
visita
agli
stabilimenti
di
Ravenna
,
vedendo
le
risorse
rappresentative
che
si
potevano
trarre
da
quel
rauco
paesaggio
di
bitume
e
di
strutture
meccaniche
.
Poiché
l
'
ambiente
preesisteva
,
Antonioni
vi
ha
calato
dentro
dei
personaggi
che
dovevano
forzosamente
aderirvi
.
Se
sono
risultati
delle
maschere
schematiche
,
alle
cui
disavventure
non
partecipiamo
,
è
perché
la
tesi
era
già
risolta
nel
momento
stesso
dell
'
impostazione
,
e
il
rapporto
fra
i
personaggi
e
i
luoghi
non
comportava
più
,
come
ancora
nell
'
Eclissi
,
alcuna
dialettica
.
Si
trattava
semplicemente
di
un
'
opera
di
giustapposizione
,
alla
quale
erano
estranei
ogni
senso
del
dramma
e
ogni
palpito
di
passione
.
Se
è
questo
che
Antonioni
voleva
,
ci
è
riuscito
perfettamente
.
Usando
il
colore
,
con
entusiasmo
da
neofita
,
e
anche
la
musica
elettronica
,
per
esprimere
unitariamente
la
desolazione
del
panorama
e
lo
squallore
dei
personaggi
,
egli
ha
saputo
con
maestria
costruire
un
universo
disameno
che
riesce
a
deprimerci
tutti
,
benché
nessuno
sappia
dimenticare
che
il
catalizzatore
della
storia
è
un
caso
clinico
,
e
perciò
scarsamente
generalizzante
.
L
'
aver
poi
,
come
egli
ha
fatto
,
dipinto
l
'
erba
e
gli
alberi
,
per
renderne
il
colore
più
funzionale
,
conferma
quanto
si
diceva
:
che
il
regista
,
intervenendo
sugli
oggetti
per
farli
combaciare
ai
sentimenti
,
ha
coinvolto
se
stesso
in
quel
processo
che
demolisce
l
'
antico
rapporto
fra
uomo
e
natura
contro
il
quale
protesta
.
Di
per
sé
il
colore
è
adoperato
con
bellissimi
effetti
:
su
una
base
neutra
,
il
grigio
della
desolazione
,
Antonioni
ha
giocato
estraendo
dalla
tavolozza
del
technicolor
e
dell
'
eastmancolor
pastosità
che
a
tutt
'
oggi
restano
insuperate
,
e
pongono
il
film
fra
le
più
alte
conquiste
della
sensibilità
cromatica
del
regista
italiano
.
Il
clima
scenografico
è
perciò
di
straordinaria
potenza
evocatrice
(
come
talune
invenzioni
,
basti
citare
il
bastimento
che
sembra
navigare
fra
gli
alberi
,
sono
la
conferma
di
un
genio
cinematografico
su
cui
non
occorre
nemmeno
discutere
)
.
Ma
a
che
vale
aver
raggiunto
con
tanta
gloria
il
traguardo
del
colore
,
se
esso
è
messo
al
servizio
di
una
tesi
superficiale
,
di
una
storia
priva
di
sviluppi
narrativi
sia
pure
interiori
,
di
personaggi
per
i
quali
non
proviamo
né
simpatia
né
pietà
,
e
di
una
recitazione
molto
modesta
?
Se
Deserto
rosso
non
è
stato
una
delusione
,
perché
tale
in
ogni
caso
da
suscitare
polemiche
culturali
(
e
per
scrupolo
di
informazione
si
aggiunge
che
qui
a
Venezia
il
film
è
piaciuto
a
molti
)
,
nell
'
interpretazione
ha
però
mancato
quasi
tutte
le
promesse
:
1'esagitazione
di
Giuliana
,
interpretata
da
una
Monica
Vitti
stanca
di
impersonare
donne
angosciate
,
è
tutta
rovesciata
all
'
esterno
.
Richard
Harris
,
nella
parte
di
Corrado
,
è
di
una
totale
inespressività
,
degli
altri
non
si
ricorda
nemmeno
il
nome
.
Perché
anche
la
recitazione
manca
di
fluidità
e
il
difetto
di
un
film
pur
figurativamente
così
suggestivo
come
Deserto
rosso
è
nella
visionaria
fantasia
di
un
intellettuale
di
provincia
che
ha
identificato
il
diavolo
con
le
fabbriche
,
e
crede
che
tutta
l
'
umanità
sia
chiusa
in
un
cerchio
di
dannati
,
ciascuno
nella
sua
gabbia
.
Andiamo
a
Ravenna
,
e
vediamo
quanti
sono
gli
operai
,
gli
ingegneri
,
le
mogli
dei
tecnici
che
si
comportano
come
nel
film
.