StampaQuotidiana ,
Fu
nel
settembre
del
1943
che
Leo
Longanesi
perse
la
migliore
occasione
,
presentataglisi
sino
ad
allora
,
di
liberare
il
mondo
dalla
sua
piccola
,
ma
ingombrante
presenza
.
I
tedeschi
avendo
occupato
Roma
,
dove
in
quel
momento
abitava
,
e
avendo
affidato
la
polizia
a
certe
bande
di
fanatici
neofascisti
,
Longanesi
decise
di
attraversare
le
linee
e
di
cercare
rifugio
nel
Sud
già
liberato
.
Operazione
non
facile
e
di
dubbi
risultati
,
anche
se
fosse
riuscita
.
Perché
se
Leo
aveva
molto
da
temere
dai
fanatici
neofascisti
di
Roma
,
non
meno
aveva
da
temere
dai
fanatici
antifascisti
di
Bari
e
di
Napoli
.
Per
i
primi
,
egli
era
l
'
ispiratore
di
tutti
i
movimenti
di
fronda
sviluppatisi
in
seno
al
partito
e
al
regime
;
per
i
secondi
,
egli
era
il
grande
orchestratore
di
tutti
i
motivi
e
slogan
,
sui
quali
si
era
basata
la
propaganda
del
ventennio
.
Comunque
,
poiché
quelli
uccidevano
,
mentre
questi
mettevano
soltanto
in
galera
,
Longanesi
decise
di
tentare
la
sorte
e
,
raggiunto
in
treno
l
'
Abruzzo
,
proseguì
a
piedi
sino
a
una
località
che
,
pur
senza
più
appartenere
all
'
Italia
occupata
,
non
apparteneva
nemmeno
ancora
a
quella
liberata
e
che
quindi
era
sottoposta
alle
bombe
degli
uni
e
degli
altri
.
In
quel
grandinio
di
proiettili
,
Leo
,
senza
più
altra
bussola
che
il
proprio
istinto
,
si
mise
a
scappare
come
un
topo
saltando
da
un
filare
di
viti
a
uno
di
ulivi
,
finché
gli
parve
di
aver
trovato
rifugio
sotto
uno
sbrecciato
muraglione
,
ultimo
resto
di
una
casa
crollata
.
Accucciatosi
lì
mentre
le
granate
sibilavano
tutt
'
intorno
,
risalì
con
gli
occhi
,
per
assicurarsi
della
sua
consistenza
,
lungo
quel
riparo
di
pietra
e
di
calcina
,
finché
essi
si
posarono
su
una
scritta
in
catrame
che
,
lassù
in
alto
,
aveva
resistito
anche
all
'
artiglieria
:
«
Il
Duce
ha
sempre
ragione
»
.
Leo
impallidì
.
Quella
frase
l
'
aveva
coniata
lui
quindici
anni
prima
,
e
c
'
era
quindi
alcunché
di
logico
,
o
almeno
di
intonato
alla
Nemesi
,
che
essa
,
seppellendolo
,
gli
facesse
da
lapide
ed
epitaffio
.
Ma
Dio
,
come
ama
i
peccatori
pentiti
,
così
ha
un
debole
per
i
fascisti
ravveduti
.
E
Leo
poté
cavarsela
anche
quella
volta
,
con
gran
disturbo
di
tutti
,
e
specialmente
dei
suoi
amici
che
,
senza
di
lui
,
avrebbero
una
vita
molto
più
facile
e
meno
degna
di
esser
vissuta
.
Non
vidi
Leo
a
Napoli
perché
in
quello
stesso
periodo
,
e
per
ragioni
del
tutto
analoghe
,
io
,
dopo
un
doveroso
soggiorno
a
San
Vittore
,
mi
trovavo
in
Svizzera
;
ma
ne
ebbi
notizia
da
certi
ambienti
monarchici
che
là
frequentavo
,
riuniti
intorno
alla
principessa
Maria
José
,
e
che
erano
in
contatto
con
quelli
del
Sud
,
riuniti
intorno
al
principe
Umberto
,
fra
i
quali
Longanesi
,
appena
giunto
a
Bari
,
aveva
seminato
lo
sgomento
e
lo
scompiglio
.
All
'
ufficiale
dell
'
Intelligence
Service
che
lo
aveva
interrogato
,
egli
aveva
risposto
di
essere
sempre
stato
fascista
,
di
esserlo
ancora
e
di
considerare
tutti
i
capi
dell
'
antifascismo
come
un
branco
di
sciocchi
,
che
Mussolini
aveva
commesso
il
grave
errore
di
lasciar
sopravvivere
.
Dopo
simili
dichiarazioni
,
si
pensò
che
lo
avrebbero
internato
.
Non
lo
internarono
,
anzi
,
lo
mandarono
a
parlare
alla
radio
con
Soldati
e
Steno
:
e
fu
uno
dei
pochi
atti
intelligenti
che
i
liberatori
compirono
.
Ma
era
diventato
impossibile
servirsi
di
lui
per
la
propaganda
monarchica
.
Gli
furono
chiesti
soltanto
dei
pareri
.
Egli
diede
quello
di
mandare
il
principe
al
fronte
anche
contro
la
volontà
di
suo
padre
e
degli
Alleati
e
di
fargli
sparare
da
qualcuno
una
revolverata
in
una
gamba
in
modo
che
si
rendesse
obbligatoria
l
'
amputazione
«
sopra
il
ginocchio
.
Sopra
,
mi
raccomando
;
non
sotto
»
.
Poi
Umberto
avrebbe
risalito
l
'
Italia
mostrandosi
in
tutte
le
città
e
paesi
e
villaggi
e
campagne
appoggiato
alle
stampelle
«
col
pantalone
della
gamba
mutilata
chiuso
sul
moncone
da
uno
spillobalia
.
Balia
,
mi
raccomando
»
,
mentre
la
principessa
,
dopo
una
congrua
cura
dimagrante
,
avrebbe
dovuto
esser
ritratta
in
una
fotografia
,
da
riprodurre
in
milioni
di
esemplari
,
poveramente
vestita
,
col
volto
dolente
e
i
bambini
in
collo
.
«
E
niente
dramma
,
eh
?
Solo
melodramma
,
mi
raccomando
!
»
Quando
Milano
fu
liberata
,
telegrafai
a
Longanesi
di
raggiungermici
.
«
Sei
sicuro
che
non
m
'
impiccheranno
?
»
,
mi
chiese
.
Gli
risposi
che
a
Milano
nessuno
lo
conosceva
e
che
il
vento
del
nord
continuava
a
soffiare
solo
in
bocca
a
Pietro
Nenni
.
Egli
venne
,
ma
,
non
so
come
,
qualcuno
lo
vide
appena
sceso
dal
treno
,
e
ne
informò
il
giornale
del
partito
d
'
azione
,
il
cui
direttore
(
che
di
lì
a
tre
anni
doveva
presentarsi
all
'
editore
Longanesi
in
veste
di
giovane
autore
,
per
supplicarlo
di
pubblicargli
un
libro
)
diede
incarico
a
qualcuno
di
scrivere
un
trafiletto
contro
il
reprobo
.
Il
trafiletto
comparve
l
'
indomani
.
Era
anonimo
;
ma
,
appena
lettolo
,
Leo
ne
riconobbe
l
'
autore
,
suo
vecchio
amico
.
Non
disse
nulla
,
sebbene
a
quei
tempi
essere
additati
al
furore
di
una
folla
,
che
più
ammazzava
e
più
credeva
di
mondarsi
del
delitto
di
essere
stata
vibrantemente
fascista
,
fosse
pericoloso
.
Ma
un
paio
di
giorni
dopo
,
mentre
mi
trovavo
con
Longanesi
in
un
elegante
caffè
di
Montenapoleone
,
il
trafilettista
comparve
e
,
vedendomi
senza
accorgersi
contemporaneamente
della
presenza
di
Leo
,
mi
venne
incontro
a
mano
tesa
e
,
dopo
aver
stretto
quella
mia
,
la
porse
,
sia
pure
con
un
certo
imbarazzo
,
anche
a
lui
.
Longanesi
lo
fissò
un
attimo
;
poi
,
con
l
'
agilità
di
un
misirizzi
,
balzato
in
piedi
su
un
tavolo
in
mezzo
alla
folla
degli
avventori
,
che
italianamente
celebravano
l
'
avvenuta
liberazione
con
gran
bicchieri
di
panna
montata
alla
faccia
del
defunto
Mussolini
che
tirannicamente
aveva
loro
impedito
di
mangiarla
in
pubblico
(
ma
non
in
privato
)
sino
a
quel
giorno
,
urlò
,
additando
il
suo
accusatore
:
«
Prendetelo
!
È
un
antifascista
!...»
.
E
l
'
antifascista
,
senza
riflettere
che
in
quel
luglio
del
1945
era
per
lo
meno
prematuro
additare
come
tale
qualcuno
al
linciaggio
,
se
la
diede
a
gambe
.
Leo
Longanesi
trascorre
la
sua
vita
ad
aver
torto
oggi
per
il
gusto
di
aver
avuto
ragione
domani
.
Ma
quando
domani
è
diventato
oggi
,
egli
si
dimentica
di
aver
avuto
ragione
ieri
,
e
anzi
quasi
se
ne
vergogna
.
«
Io
,
antifascista
!
?
»
,
protestava
al
tempo
in
cui
il
CNL
imperversava
.
«
Vorrai
scherzare
!
Ho
i
documenti
in
regola
,
io
:
squadrista
,
marcia
su
Roma
,
direttore
dell
'
"
Assalto
"
di
Bologna
...
»
,
e
sembrava
che
stesse
compilando
un
curriculum
vitae
ad
uso
del
Minculpop
,
con
la
stessa
foga
con
cui
,
al
tempo
del
Minculpop
,
proclamava
:
«
Fascista
,
io
!
?
...
Vorrai
scherzare
!
...
Cacciato
via
come
"
deviazionista
"
Ball
'
"
Assalto
"
di
Bologna
,
direttore
di
tutti
i
giornali
più
soppressi
d
'Italia...»,
e
sembrava
che
stesse
redigendo
(
nel
1937
)
un
curriculum
vitae
ad
uso
del
CNL
.
In
una
borghesia
che
avesse
la
coscienza
e
il
coraggio
di
se
stessa
,
Longanesi
occuperebbe
il
posto
che
in
seno
a
quella
inglese
occupò
Bernard
Shaw
e
in
quella
francese
Gavarni
:
poiché
egli
riassume
in
sé
il
genio
panflettistico
del
primo
e
quello
caricaturale
del
secondo
.
Poche
cose
,
come
l
'
incapacità
di
sopportare
lo
specchio
deformante
in
cui
Longanesi
l
'
obbliga
ad
ogni
passo
a
rimirarsi
,
denunziano
la
pochezza
e
la
fralezza
della
borghesia
italiana
,
che
,
come
Mussolini
suo
naturale
interprete
e
rappresentante
,
vede
in
ogni
critica
un
atteggiamento
di
ostilità
.
«
Lo
hanno
riprodotto
sull
'
"
Avanti
!
"
»
,
dissero
certi
industriali
lombardi
,
quando
Leo
ebbe
pubblicato
il
suo
terzo
libro
:
Il
destino
ha
cambiato
cavallo
,
con
lo
stesso
accento
di
sgomento
con
cui
vent
'
anni
fa
si
diceva
di
un
autore
:
«
La
"
Pravda
"
ha
parlato
bene
di
un
suo
racconto
!
»
.
E
un
signore
si
scusò
di
averlo
frequentato
,
con
queste
parole
:
«
Credevamo
che
fosse
un
amico
e
che
servisse
la
"causa"...»
.
Pur
con
tutta
la
sua
intelligenza
,
che
di
rado
gli
consente
di
sbagliare
un
pronostico
,
Longanesi
non
si
aspettava
quella
reazione
e
,
di
ritorno
da
Parigi
,
lo
trovai
avvilito
e
mortificato
,
a
rigirarsi
in
mano
le
lettere
di
protesta
giuntegli
da
ogni
parte
nel
covo
di
via
Borghetto
,
sede
della
sua
casa
editrice
.
«
Be
'
?
»
,
dissi
.
«
Non
lo
prevedevi
?
»
«
Io
no
!
»
«
Ma
come
!
?
Tu
denunzi
i
difetti
della
borghesia
italiana
,
eppoi
ti
arrabbi
perché
la
borghesia
italiana
mostra
di
avere
effettivamente
i
difetti
che
tu
hai
denunziato
!
»
Longanesi
mi
fissò
un
attimo
.
«
Cosa
c
'
entra
?
»
,
proruppe
poi
.
«
Anche
di
te
dico
solitamente
che
sei
un
cretino
.
Ma
quando
poi
fai
il
cretino
davvero
...
e
ti
succede
spesso
...
mi
arrabbio
.
Perché
cosa
ci
sto
a
fare
,
io
,
se
non
a
impedirti
di
essere
cretino
dicendoti
che
lo
sei
?
»
Longanesi
«
serve
la
causa
»
a
modo
suo
,
sparando
addosso
ai
suoi
compagni
di
trincea
ogni
volta
che
questi
accennano
a
sporgere
pericolosamente
la
testa
oltre
i
sacchetti
di
rena
che
li
proteggono
.
Lo
fa
da
vent
'
anni
,
infaticabilmente
,
rischiando
un
processo
per
tradimento
a
ogni
schioppettata
che
tira
,
giurandosi
che
non
lo
farà
più
«
per
questo
branco
d
'
imbecilli
che
non
ne
valgono
la
pena
»
,
e
ricominciando
l
'
indomani
al
tavolo
del
caffè
,
in
trattoria
,
con
la
penna
e
la
matita
,
dietro
la
sua
scrivania
di
editore
,
denigrando
tutto
ciò
che
ama
,
ammirando
tutto
ciò
che
detesta
,
contraddicendosi
ogni
cinque
minuti
e
riuscendo
ad
aver
sempre
ragione
.
Eccolo
lì
,
nel
suo
pittoresco
disordine
di
via
Borghetto
.
Sta
studiando
la
copertina
per
un
libro
tedesco
,
di
cui
ha
acquistato
i
diritti
.
«
Un
capolavoro
!
»
,
mi
assicura
.
«
Un
tale
capolavoro
che
,
quando
penso
che
poi
andrà
a
finire
in
mano
ai
lettori
italiani
,
quasi
quasi
mi
vien
voglia
di
rinunziare
alla
pubblicazione
!
»
Non
gli
chiedo
di
cosa
tratta
per
non
metterlo
in
imbarazzo
:
Leo
quel
«
capolavoro
»
non
lo
ha
letto
,
anche
perché
non
sa
il
tedesco
;
ne
ha
soltanto
guardato
la
rilegatura
,
la
stampa
e
le
illustrazioni
.
Di
altro
non
ha
bisogno
,
questo
curioso
mago
che
di
tutti
gli
autori
contemporanei
ha
un
'
idea
tanto
più
precisa
quanto
meno
ne
ha
sfogliato
le
opere
.
«
Bella
,
bella
!
»
,
disse
una
volta
a
Moravia
che
gli
portava
una
novella
per
il
settimanale
«
Omnibus
»
di
cui
Leo
era
direttore
.
«
Bellissima
!
»
«
Come
fai
a
dirlo
»
,
fece
Moravia
,
«
se
ancora
non
l
'
hai
letta
?
»
«
Infatti
,
se
l
'
avessi
letta
,
forse
non
lo
direi
!
»
E
,
appena
l
'
autore
fu
uscito
,
mi
gettò
il
manoscritto
,
senza
guardarlo
,
con
questo
strano
ordine
:
«
Prendi
il
primo
capoverso
e
portalo
in
fondo
al
racconto
.
E
al
suo
posto
metti
l
'
ultimo
»
.
Furibondo
,
Moravia
,
quando
vide
stampata
la
sua
novella
a
quel
modo
,
irruppe
in
redazione
armato
di
un
randello
,
e
ne
seguì
una
rissa
.
Ma
aveva
torto
perché
,
così
invertita
,
la
narrazione
era
una
delle
sue
più
belle
.
«
I
tuoi
racconti
»
,
gridava
Longanesi
,
«
sono
come
quelle
buone
stoffe
inglesi
il
cui
rovescio
vale
più
del
dritto
!
»
E
mai
di
Moravia
era
stata
detta
una
cosa
più
giusta
e
in
fondo
più
lusinghiera
.
Ora
,
per
fare
la
copertina
di
quel
libro
che
non
conosce
e
che
sarà
,
come
al
solito
,
geniale
e
pertinente
,
Leo
non
ha
,
sull
'
ingombro
tavolo
della
scrivania
,
che
un
mozzicone
di
matita
,
una
vecchia
lama
da
barba
per
temperarlo
,
una
gomma
consunta
,
un
vasetto
di
colla
da
calzolaio
e
un
paio
di
forbici
arrugginite
.
È
curioso
vedere
colui
che
è
uno
dei
tre
o
quattro
più
grandi
editori
italiani
,
impegnato
in
questa
modesta
bisogna
d
'
artigiano
,
vivente
antitesi
della
ministeriale
impersonalità
di
cui
amano
circondarsi
i
suoi
rivali
con
i
loro
uffici
razionali
,
le
loro
piramidali
gerarchie
,
gli
eserciti
di
segretari
e
dattilografe
.
Quella
di
Longanesi
,
anche
se
un
giorno
egli
arriverà
a
schiacciare
la
concorrenza
e
a
monopolizzare
il
mercato
,
non
sarà
mai
niente
di
più
che
,
la
«
bottega
»
di
un
«
maestro
»
artigiano
incapace
di
staccarsi
dal
proprio
lavoro
manuale
per
spaziare
sui
vasti
orizzonti
della
grande
impresa
industriale
.
Perché
il
sogno
di
Leo
è
un
mondo
di
«
cose
fatte
in
casa
»
,
come
le
fettuccine
che
sua
madre
gli
prepara
quando
,
tre
o
quattro
volte
l
'
anno
,
torna
a
Imola
,
che
è
in
fondo
la
vera
Italia
come
lui
la
concepisce
,
in
Milano
non
vedendone
,
con
i
suoi
grattacieli
,
con
la
sua
sete
di
«
moderno
»
,
con
le
sue
industrie
senza
materie
prime
,
che
una
paradossale
caricatura
,
contro
cui
egli
è
in
guerra
non
da
quando
ha
pubblicato
Il
destino
ha
cambiato
cavallo
,
come
credono
i
suoi
nemici
attuali
,
che
lo
accusano
di
tradimento
,
ma
da
sempre
,
da
molto
prima
che
essi
lo
invitassero
a
pranzo
ritenendolo
servitore
della
causa
.
«
Dammi
un
'
idea
!
»
,
disse
.
«
Che
idea
?
»
«
Un
'
idea
per
la
copertina
...
»
E
che
idea
vuol
da
me
quest
'
uomo
che
d
'
idee
ne
ha
sempre
date
a
tutti
noi
?
«
Perché
questo
»
,
continua
,
«
non
è
mica
un
libro
pieno
di
caccole
come
quelli
che
scrivono
i
nostri
autori
...
C
'
è
qui
dentro
tutta
l
'
Austria
,
tutta
Vienna
...
Che
città
,
Vienna
,
eh
?
»
«
Quante
volte
ci
sei
stato
?
»
«
Mai
.
Ma
l
'
altra
sera
al
cinematografo
ne
ho
visto
le
fogne
nel
Terzo
uomo
.
Quelle
son
fogne
,
caro
mio
!
...
Una
città
che
ha
quelle
fogne
lì
...
»
E
si
mette
a
descrivermela
nei
suoi
angoli
barocchi
,
nei
suoi
palazzotti
metternicchiani
,
nella
asimmetria
delle
sue
piazze
,
nella
irrazionalità
delle
sue
straducole
.
E
io
,
che
ci
sono
stato
venti
volte
,
non
saprei
rappresentarla
con
altrettanto
icastica
evidenza
.
«
Insomma
,
questa
idea
me
la
dai
o
non
me
la
dai
?
...
Ecco
,
non
ne
hai
,
come
al
solito
.
Perché
tu
di
idee
non
ne
hai
mai
.
Te
ne
rendi
conto
?
Tu
sei
uno
degli
uomini
più
poveri
di
idee
che
esistano
al
mondo
.
Passi
per
un
grande
giornalista
perché
viviamo
in
un
Paese
di
disgraziati
dove
ci
dividiamo
le
parti
così
:
io
grande
editore
,
tu
grande
giornalista
,
quell
'
altro
grande
siderurgico
,
quell
'
altro
ancora
grande
banchiere
,
eppoi
ci
teniamo
tutti
appoggiati
l
'
uno
all
'
altro
,
altrimenti
queste
grandezze
rotolano
per
terra
...
Ecco
,
vedi
,
per
esempio
:
io
giro
questa
chiavetta
e
si
fa
la
luce
.
Succede
ogni
sera
.
Eppure
,
ogni
sera
mi
sembra
un
miracolo
...
Mi
sembra
un
miracolo
che
ci
sia
qualcosa
come
l
'
elettricità
che
funziona
in
Italia
...
Io
lo
vedo
dalla
carta
igienica
...
Hai
mai
palpato
fra
le
dita
la
carta
igienica
nazionale
?
Ma
è
una
carta
che
in
un
altro
Paese
nemmeno
le
scimmie
ci
si
pulirebbero
il
sedere
...
Insomma
,
non
hai
,
tanto
per
cambiare
,
idee
,
e
me
ne
occorre
una
...
Un
'
idea
!
»
Ha
lo
stesso
gesto
di
quando
,
nel
1936
,
trovatosi
,
come
direttore
di
«
Omnibus
»
,
di
fronte
alla
notizia
dell
'
avvenuto
ingresso
di
Badoglio
in
Addis
Abeba
,
dopo
avere
per
sette
mesi
pronosticato
la
sua
imminente
inevitabile
sconfitta
,
cercava
un
'
ispirazione
per
darne
sul
suo
giornale
un
annunzio
che
,
senza
dispiacere
al
Duce
,
si
sottraesse
alla
retorica
d
'
obbligo
,
che
sembrava
inevitabile
in
quel
momento
.
Era
venuto
a
cercarla
al
bordello
,
luogo
che
egli
preferiva
per
le
sue
meditazioni
,
come
Toulouse
-
Lautrec
lo
preferiva
per
il
suo
pennello
,
e
l
'
impresa
sembrava
disperata
.
Finalmente
la
«
trovata
»
gli
venne
.
Si
precipitò
al
ministero
a
fare
incetta
di
tutti
i
telegrammi
Reuter
che
avevano
contrappuntato
di
immaginarie
disfatte
l
'
avanzata
delle
nostre
truppe
,
e
li
pubblicò
uno
di
fila
all
'
altro
:
«8
novembre
:
Quarantamila
italiani
circondati
a
Macallè
...
»
;
«7
dicembre
:
L
'
intera
armata
di
De
Bono
in
rotta
verso
l
'Asinara...»;
«27
febbraio
:
Graziani
in
fuga
con
le
sue
camicie
nere
...
»
.
E
a
chiusura
di
questa
iliade
di
guai
,
l
'
annunzio
di
Badoglio
:
«9
maggio
:
Oggi
,
alla
testa
delle
truppe
vittoriose
,
sono
entrato
in
Addis
Abeba
...
»
.
Così
Longanesi
riuscì
a
commemorare
l
'
avvenimento
senza
retorica
con
uno
sberleffo
agl
'
inglesi
per
risparmiarsi
un
'
esaltazione
di
Mussolini
,
e
assicurò
al
suo
pericolante
giornale
altri
sei
mesi
di
vita
.
Nel
temperare
la
matita
con
la
sua
vecchia
lama
da
barba
,
si
fa
un
taglio
al
polpastrello
e
se
lo
caccia
in
bocca
per
succhiarne
il
sangue
che
zampilla
.
«
Signorina
!
»
,
chiama
.
«
Ma
è
possibile
che
non
abbiamo
,
in
tutto
l
'
ufficio
,
un
temperalapis
?
»
«
Lei
mi
ha
detto
di
non
comprarlo
!
»
,
ribatte
la
ragazza
.
«
Perché
?
Quanto
costa
?
»
«
Cinquanta
lire
.
»
«
Cinquanta
lire
un
temperalapis
!
?
...
Non
lo
voglio
!
...
Anche
perché
non
funziona
...
Son
sicuro
che
non
funziona
!
...
Non
funziona
nulla
,
in
questo
Paese
...
Scriva
al
nostro
corrispondente
di
Francoforte
che
ce
ne
mandi
uno
di
là
,
tedesco
.
Anche
se
costa
un
milione
...
»
E
a
me
:
«
Hai
visto
che
temperalapis
fanno
i
tedeschi
?
Belli
,
con
la
maniglietta
e
il
cappuccio
da
usare
anche
come
custodia
,
e
le
lamette
di
ricambio
...
Io
,
cosa
sia
la
Germania
,
lo
capisco
dai
temperalapis
...
Pensa
,
se
vinceva
la
guerra
,
avevamo
tutti
dei
temperalapis
così
...
»
.
Invitati
stasera
ambedue
dai
nostri
amici
Gomez
,
mi
domando
con
angoscia
di
che
umore
sarà
Leo
che
,
quando
è
in
vena
,
monopolizza
la
conversazione
e
la
tiene
per
ore
sul
filo
dei
più
smaglianti
paradossi
;
ma
,
quando
gli
gira
male
,
paralizza
un
salotto
e
lo
raggela
.
Semisdraiato
su
un
divano
,
con
un
bicchiere
e
una
bottiglia
di
cognac
che
al
termine
della
serata
avrà
scolato
fino
all
'
ultima
goccia
,
senza
mostrare
la
minima
alterazione
,
ascolta
per
un
pezzo
,
cupo
e
imbronciato
,
il
monologo
di
un
conte
che
fa
l
'
antiquario
,
molto
intelligente
d
'
altronde
e
abbastanza
spregiudicato
per
piacere
a
Longanesi
.
Ma
Leo
sorveglia
sua
moglie
Maria
,
che
si
è
accaparrata
anch
'
essa
una
bottiglia
di
cognac
,
e
ogni
tanto
l
'
ammonisce
avventandole
una
pedata
negli
stinchi
:
«
Non
bere
,
cretinal
...
»
.
Ma
Maria
ci
ride
sopra
e
beve
ugualmente
.
«
Ecco
»
,
dice
Leo
,
«
fa
sempre
così
,
e
poi
si
sbronza
.
Deve
far
onore
alle
tradizioni
di
famiglia
perché
la
sua
nonna
,
a
Bologna
,
la
chiamavano
"
la
petroliera
"
ed
era
l
'
amante
di
Andrea
Costa
...
Disgraziata
!
...
Non
difendere
la
tua
famiglia
,
altrimenti
...
Guarda
...
Attacco
a
parlare
io
e
smetto
fra
due
giorni
...
Quel
somaro
di
tuo
padre
...
»
.
Maria
continua
a
ridere
e
a
bere
,
sebbene
«
quel
somaro
»
sia
il
pittore
Spadini
,
e
Leo
ripiomba
nel
suo
cupo
malumore
,
mentre
il
conte
riallaccia
alla
meglio
il
filo
del
discorso
,
che
è
un
discorso
serissimo
sugli
arredamenti
delle
vecchie
case
milanesi
del
Settecento
:
c
'
è
dentro
gusto
,
cultura
,
intelligenza
,
competenza
,
e
tutti
lo
ascoltiamo
con
interesse
,
quando
la
voce
di
Maria
lo
interrompe
in
tono
lugubre
:
«
Conte
,
le
si
vedono
i
polpacci
...
»
.
Il
conte
resta
un
attimo
interdetto
,
tutti
siamo
rimasti
senza
fiato
,
Leo
si
alza
e
con
un
eloquente
:
«
Lo
vedete
?
»
,
va
a
strappare
il
bicchiere
di
mano
a
Maria
.
Il
conte
per
fortuna
è
uomo
abbastanza
di
spirito
e
risponde
con
gaia
pertinenza
.
Ma
Leo
,
ormai
,
è
partito
lancia
in
resta
contro
tutti
:
«
Piantatela
con
questo
gigione
di
Toscanini
...
Non
è
che
il
Gondrand
della
musica
...
»
.
«
Il
partito
liberale
italiano
non
è
dominato
dal
pensiero
di
Benedetto
Croce
,
ma
soltanto
dalle
sue
pecore
...
»
«
Un
idiota
è
un
idiota
,
due
idioti
son
due
idioti
,
ma
centomila
idioti
sono
una
forza
storica
...
»
«
Al
posto
dello
stemma
,
sulla
bandiera
italiana
,
ci
dovrebb
'
essere
una
scritta
:
"
Ho
famiglia
"...»
Al
momento
di
uscire
,
il
conte
invita
Leo
e
me
a
pranzo
per
domani
sera
a
casa
sua
.
Poi
noi
due
ci
avviamo
verso
il
centro
seguendo
il
gruppo
degli
altri
invitati
che
ci
precede
.
Avanziamo
in
silenzio
per
dieci
minuti
,
poi
Leo
si
ferma
di
botto
e
mi
fa
:
«
Che
noia
!
»
.
«
Che
noia
cosa
?
»
,
chiedo
io
.
«
Tutto
!
...
La
vita
che
meniamo
,
la
gente
che
frequentiamo
,
le
mogli
che
abbiamo
,
il
mestiere
che
facciamo
...
»
«
E
quale
altro
vorresti
fare
?
»
Leo
mi
afferra
il
braccio
,
mi
si
stringe
addosso
e
con
voce
sommessa
e
concitata
:
«
Be
'
,
lo
vuoi
sapere
?
»
,
dice
.
«
Io
vorrei
essere
un
generale
...
Un
generale
alto
un
metro
e
novanta
,
col
monocolo
,
cattivissimo
,
e
dirigere
battaglie
dalla
mattina
alla
sera
facendoci
morire
un
sacco
di
gente
,
compresi
i
miei
soldati
.
E
se
questi
soldati
,
poi
,
fossero
italiani
,
vorrei
che
ci
morissero
tutti
,
li
spingerei
sotto
le
cannonate
a
calci
nel
sedere
...
»
Si
arresta
di
botto
vedendo
Maria
,
davanti
a
noi
,
aprire
la
borsetta
,
cavarne
cento
lire
e
consegnarle
in
elemosina
a
un
mendicante
.
Si
avventa
su
di
lei
,
le
strappa
il
portafogli
di
mano
senza
dir
nulla
,
e
torna
verso
di
me
.
Poi
,
passando
a
sua
volta
davanti
al
medesimo
mendicante
,
si
fruga
macchinalmente
in
tasca
,
ne
estrae
altre
cento
lire
e
a
sua
volta
le
consegna
al
disgraziato
.
«
Come
si
chiama
quel
conte
di
poco
fa
?
»
,
mi
chiede
a
un
tratto
.
Glielo
dico
.
«
Accidenti
!
»
,
fa
lui
.
«
Che
bel
nome
!
...
È
simpatico
,
anche
!
...
Mi
è
caduto
alla
fine
,
quando
ci
ha
invitato
a
pranzo
,
perché
,
francamente
,
se
io
portassi
un
nome
e
un
titolo
come
il
suo
,
la
gente
come
te
e
come
me
in
casa
mia
non
la
farei
entrare
nemmeno
dalla
porta
di
cucina
.
A
degl
'
intellettuali
un
aristocratico
vero
non
dovrebbe
offrire
il
pollo
arrosto
.
Bastano
gli
avanzi
...
»
.