StampaQuotidiana ,
Alle
domande
:
«
Come
devo
agire
?
Quale
deve
essere
la
guida
delle
mie
azioni
?
»
,
Si
possono
dare
due
risposte
diverse
.
Si
può
dire
:
«
Agisci
secondo
la
voce
della
tua
coscienza
che
è
quella
stessa
della
ragione
o
dell
'
ordine
cosmico
o
della
volontà
divina
»
.
O
si
può
dire
:
«
Agisci
in
modo
che
la
tua
azione
tenda
ad
accrescere
la
somma
del
benessere
o
della
felicità
comune
»
.
Quest
'
ultima
è
la
risposta
data
al
problema
morale
dall
'
utilitarismo
.
Questa
dottrina
(
di
cui
si
possono
scorgere
le
prime
tracce
nei
Sofisti
e
nello
stesso
Platone
)
fu
difesa
,
oltreché
dagli
Illuministi
,
da
economisti
e
filosofi
inglesi
nella
prima
metà
dell
'
'800
ed
è
rimasta
una
delle
alternative
fondamentali
della
filosofia
morale
nel
mondo
moderno
.
Secondo
l
'
utilitarismo
,
un
'
azione
è
buona
o
cattiva
a
seconda
che
tende
ad
accrescere
o
a
diminuire
il
benessere
pubblico
.
L
'
azione
morale
dev
'
essere
la
risultanza
di
un
calcolo
:
bisogna
pesare
l
'
entità
rispettiva
del
piacere
attuale
e
del
piacere
futuro
e
mai
sacrificare
il
piacere
maggiore
al
piacere
minore
.
«
L
'
uomo
virtuoso
»
diceva
Bentham
«
accumula
per
l
'
avvenire
un
tesoro
di
felicità
;
l
'
uomo
vizioso
è
un
prodigo
che
dissipa
senza
calcolo
il
suo
reddito
di
felicità
.
»
Chi
resiste
alla
tentazione
di
un
piacere
presente
in
vista
del
danno
che
esso
procurerà
a
sé
o
agli
altri
,
si
comporta
moralmente
;
chi
soggiace
a
quella
tentazione
senza
pensare
a
ciò
che
accadrà
domani
,
si
comporta
immoralmente
.
Il
benessere
privato
coincide
con
il
benessere
pubblico
:
l
'
azione
apparentemente
disinteressata
dell
'
individuo
che
sacrifica
il
suo
piacere
al
benessere
comune
,
risponde
all
'
autentico
interesse
dell
'
individuo
ed
è
frutto
di
un
calcolo
intelligente
che
considera
entrambi
i
piatti
della
bilancia
.
Bentham
(
che
dette
la
prima
sistemazione
rigorosa
all
'
utilitarismo
)
riteneva
che
solo
per
questa
via
la
morale
può
diventare
una
scienza
esatta
e
sottrarsi
alla
saggezza
decorativa
,
alle
parole
sacramentali
,
alle
distinzioni
casistiche
e
ai
dogmi
dell
'
intolleranza
.
L
'
utilitarismo
(
egli
diceva
)
rende
di
facile
uso
la
regola
del
dovere
e
ne
fa
un
aiuto
efficace
per
il
benessere
quotidiano
degli
uomini
.
La
critica
che
Alessandro
Manzoni
rivolse
all
'
utilitarismo
nell
'
appendice
al
capitolo
terzo
della
Morale
cattolica
(
1855
)
è
rimasta
decisiva
per
la
filosofia
italiana
.
Manzoni
opponeva
all
'
utilitarismo
che
ciò
che
è
moralmente
giusto
non
si
può
confondere
con
ciò
che
è
utile
all
'
individuo
e
alla
società
,
che
l
'
azione
morale
autentica
è
ispirata
non
dall
'
interesse
,
ma
da
una
norma
che
obbliga
la
coscienza
e
che
il
concetto
stesso
di
obbligazione
non
nascerebbe
se
la
morale
fosse
fondata
sull
'
utilità
perché
seguire
l
'
interesse
non
è
un
obbligo
ma
una
tendenza
.
Manzoni
riconosceva
che
ciò
che
è
giusto
è
anche
utile
,
nel
senso
che
chi
agisce
giustamente
può
attendersi
una
ricompensa
e
chi
agisce
ingiustamente
un
castigo
;
ma
riteneva
che
questo
legame
tra
giustizia
e
utilità
non
indicasse
l
'
identità
dei
due
termini
ma
piuttosto
la
loro
distinzione
.
E
negava
che
il
criterio
dell
'
utilità
servisse
a
rendere
più
facile
la
scelta
dell
'
azione
da
compiere
.
Infatti
,
prevedere
tutti
gli
effetti
che
una
azione
determinata
avrà
nel
futuro
su
noi
stessi
e
sugli
altri
,
per
determinarne
il
grado
di
utilità
,
è
un
compito
difficile
e
quasi
impossibile
sulla
scorta
delle
indicazioni
che
l
'
esperienza
passata
può
dare
:
tanto
più
che
l
'
esperienza
può
farci
prevedere
il
corso
probabile
delle
cose
,
non
quello
certo
.
Dopo
la
critica
manzoniana
,
l
'
utilitarismo
(
che
era
stata
la
premessa
filosofica
dell
'
opera
di
Beccaria
,
Dei
delitti
e
delle
pene
)
non
ha
suscitato
in
Italia
che
un
blando
interesse
storico
ma
non
è
stato
assunto
,
neppure
da
pensatori
positivisti
,
come
punto
di
partenza
dell
'
indagine
della
vita
morale
.
Nella
filosofia
anglo
-
americana
invece
esso
è
rimasto
,
con
poche
eccezioni
,
l
'
indirizzo
dominante
,
pur
essendo
sottoposto
a
critiche
minute
,
e
continua
ad
essere
l
'
unica
alternativa
all
'
interpretazione
metafisica
o
teologica
del
mondo
morale
.
Dopo
la
guerra
,
esso
ha
assunto
una
nuova
forma
ed
è
stato
chiamato
utilitarismo
«
modificato
»
,
«
ristretto
»
,
o
«
indiretto
»
,
perché
non
si
applica
più
alle
azioni
ma
solo
alle
regole
da
cui
esse
sono
dirette
.
Secondo
il
vecchio
utilitarismo
,
un
'
azione
è
buona
o
cattiva
a
seconda
che
contribuisce
o
no
al
benessere
o
alla
felicità
comune
.
Secondo
il
nuovo
utilitarismo
,
un
'
azione
è
buona
o
cattiva
se
si
conforma
o
no
a
una
regola
;
ma
una
regola
è
buona
o
cattiva
a
seconda
che
contribuisce
o
no
al
benessere
comune
.
Secondo
il
vecchio
utilitarismo
,
il
calcolo
dei
piaceri
o
dei
dolori
che
possono
derivare
da
un
'
azione
determinata
deve
essere
fatto
da
chiunque
si
appresta
a
compiere
l
'
azione
stessa
;
secondo
il
nuovo
utilitarismo
,
questo
calcolo
dev
'
essere
fatto
solo
da
coloro
che
si
accingono
a
dare
un
giudizio
sulle
regole
della
morale
e
vogliono
saggiarne
o
determinarne
il
valore
.
Da
questo
punto
di
vista
,
mentre
la
vita
morale
consiste
(
proprio
come
crede
il
comune
buon
senso
)
nell
'
obbedienza
alle
leggi
e
non
ha
bisogno
di
appellarsi
al
criterio
utilitario
,
l
'
indagine
morale
,
al
livello
della
riflessione
filosofica
,
deve
fare
appello
a
quel
criterio
nella
valutazione
e
nella
critica
delle
norme
morali
,
delle
leggi
giuridiche
e
delle
istituzioni
sociali
.
Si
tratta
,
certamente
,
di
un
punto
di
vista
assai
più
scaltrito
che
si
sottrae
in
buona
parte
alle
critiche
cui
andava
soggetto
l
'
utilitarismo
classico
.
Rimane
da
vedere
se
esso
si
sottrae
veramente
a
tutte
le
critiche
decisive
,
cioè
se
dà
conto
di
tutti
gli
aspetti
della
vita
morale
.
E
su
questo
punto
i
pareri
sono
ancora
discordi
.
Un
libro
recente
di
David
Lyons
(
Forms
and
Limits
of
Utilitarianism
,
Oxford
,
1965
)
giunge
su
questo
punto
a
conclusioni
negative
.
L
'
utilitarismo
nuovo
,
come
il
vecchio
,
non
risolve
tutti
i
problemi
della
morale
.
Soprattutto
non
dà
conto
dei
diritti
,
dei
doveri
,
delle
obbligazioni
nel
loro
carattere
assoluto
e
incondizionato
:
in
quanto
non
ammettono
le
limitazioni
cui
la
clausola
delle
utilità
li
sottoporrebbe
.
Una
promessa
,
ad
esempio
,
è
un
impegno
che
è
giusto
sia
mantenuto
ad
ogni
costo
,
anche
se
il
suo
mantenimento
cessa
di
essere
utile
per
uno
dei
contraenti
.
Ancora
una
volta
,
il
criterio
dell
'
utilità
non
risponde
(
pare
)
a
tutte
le
esigenze
della
giustizia
ed
è
dichiarato
insufficiente
a
spiegare
la
vita
morale
.
In
un
passo
de
La
Repubblica
,
Platone
diceva
che
neppure
una
banda
di
briganti
o
di
ladri
potrebbe
mettersi
insieme
e
portare
a
termine
una
malefatta
qualsiasi
,
se
non
rispettasse
,
nel
suo
interno
,
le
regole
della
giustizia
.
Non
si
potrebbe
esprimere
meglio
il
carattere
funzionale
delle
regole
che
costituiscono
la
giustizia
o
,
in
generale
,
la
vita
morale
.
Queste
regole
tendono
a
far
sì
che
gli
uomini
,
invece
di
ammazzarsi
e
nuocersi
a
vicenda
,
possano
vivere
insieme
e
progettare
e
coordinare
le
attività
da
cui
dipende
la
loro
vita
nel
mondo
.
Tendono
altresì
a
eliminare
i
conflitti
o
a
diminuirli
o
a
stabilire
criteri
per
la
loro
soluzione
pacifica
;
nonché
a
favorire
e
dirigere
certe
trasformazioni
dei
moduli
cui
si
conforma
la
vita
associata
o
a
escluderne
altre
.
Si
può
discutere
all
'
infinito
sul
fondamento
trascendente
o
immanente
delle
regole
morali
,
sulle
vie
in
cui
sono
manifestate
o
rivelate
all
'
uomo
,
sulla
loro
assolutezza
o
relatività
e
via
dicendo
.
Ma
sul
fatto
fondamentale
della
funzione
che
esse
assolvono
o
debbono
assolvere
nella
vita
associata
,
cioè
di
rendere
possibile
questa
vita
e
di
non
votarla
alla
distruzione
(
che
sarebbe
la
distruzione
degli
stessi
individui
che
la
compongono
)
,
si
trovano
d
'
accordo
i
più
disparati
sistemi
di
etica
.
Ora
proprio
su
questa
funzione
delle
regole
morali
ha
fatto
leva
l
'
utilitarismo
antico
e
moderno
e
fanno
leva
soprattutto
le
nuove
forme
di
utilitarismo
indiretto
.
Forse
il
termine
stesso
di
«
utilità
»
(
e
quindi
anche
di
«
utilitarismo
»
)
è
troppo
ristretto
per
indicare
la
molteplicità
delle
funzioni
che
le
norme
morali
devono
assolvere
nel
contesto
sociale
,
perché
sembra
riferirsi
all
'
interesse
ristretto
dell
'
individuo
che
va
in
cerca
del
suo
utile
particolare
.
E
certo
avevano
ragione
i
critici
del
vecchio
utilitarismo
(
Manzoni
compreso
)
di
dubitare
che
l
'
utile
individuale
coincidesse
sempre
con
l
'
utile
comune
.
Ma
il
concetto
di
funzionalità
delle
regole
morali
(
come
di
quelle
giuridiche
)
non
soggiace
a
queste
critiche
,
perché
si
situa
a
un
livello
più
alto
di
generalizzazione
e
non
concerne
più
l
'
utile
privato
come
tale
.
Il
criterio
della
funzionalità
è
presente
,
almeno
implicitamente
,
a
tutte
le
critiche
ben
fondate
che
oggi
si
rivolgono
a
istituzioni
,
ordinamenti
giuridici
o
costumi
o
atteggiamenti
ricorrenti
:
in
quanto
mostrano
che
istituzioni
,
ordinamenti
,
atteggiamenti
non
assolvono
più
la
loro
funzione
o
mirano
a
realizzare
scopi
che
sono
estranei
al
funzionamento
di
certi
aspetti
della
società
moderna
.
E
se
si
considera
la
varietà
e
la
disparità
delle
credenze
,
dei
costumi
,
delle
istituzioni
dei
popoli
che
ormai
vivono
a
contatto
di
gomito
in
un
mondo
divenuto
troppo
stretto
,
e
tra
i
quali
c
'
è
una
ferrea
solidarietà
di
fatto
che
ha
preceduto
di
gran
lunga
la
buona
volontà
della
comprensione
reciproca
,
si
vede
subito
come
la
considerazione
funzionalistica
della
morale
,
indipendente
com
'
è
,
per
sua
natura
,
dai
conflitti
ideologici
,
è
la
sola
capace
di
preparare
la
condizione
per
una
effettiva
coesistenza
pacifica
.