StampaQuotidiana ,
In
queste
settimane
di
guerra
nei
Balcani
due
parole
mi
tornano
alla
mente
.
La
prima
è
di
Bertolt
Brecht
al
termine
del
suo
lavoro
teatrale
:
La
resistibile
ascesa
di
Arturo
Ui
:
"
E
voi
imparate
che
occorre
vedere
e
non
guardare
in
aria
;
occorre
agire
e
non
parlare
.
Questo
mostro
stava
,
una
volta
,
per
governare
il
mondo
.
I
popoli
lo
spensero
,
ma
ora
non
cantiamo
vittoria
troppo
presto
,
il
grembo
da
cui
nacque
è
ancora
fecondo
"
.
Questa
metafora
del
grembo
ancora
fecondo
evoca
una
delle
cause
di
quanto
sta
avvenendo
.
C
'
è
una
matrice
dalla
quale
sono
stati
generati
molti
stermini
,
fino
alla
Shoah
.
Essa
continua
a
generarne
.
I
conflitti
nelle
terre
dell
'
ex
Jugoslavia
,
la
"
pulizia
etnica
"
,
l
'
esodo
forzato
delle
genti
del
Kosovo
lo
attestano
,
come
pure
tanti
altri
conflitti
in
altre
regioni
del
mondo
che
,
pur
drammaticamente
vivi
,
non
fanno
notizia
.
Tutto
questo
non
è
lontano
da
noi
.
Anche
il
nostro
Paese
ha
conosciuto
vergognose
"
leggi
razziali
"
.
Altre
"
notti
feroci
"
gravano
sull
'
Europa
,
come
Primo
Levi
ci
aveva
avvertiti
.
Avevamo
sperato
in
un
sempre
più
diffuso
e
radicato
costume
democratico
e
invece
di
nuovo
rinascono
forme
di
dittatura
,
di
violenta
privazione
della
libertà
.
Questo
millennio
si
avvia
alla
conclusione
tra
incursioni
aeree
,
bombardamenti
,
stragi
.
La
seconda
parola
a
cui
ripenso
in
questi
giorni
è
stata
pronunciata
dall
'
Assemblea
delle
chiese
cristiane
europee
a
Basilea
nel
maggio
1989
:
"
Abbiamo
causato
guerre
e
non
siamo
stati
capaci
di
sfruttare
tutte
le
opportunità
di
dialogo
e
di
riconciliazione
:
abbiamo
accettato
e
spesso
giustificato
con
troppa
facilità
le
guerre
"
.
Questa
parola
ci
ricorda
le
responsabilità
che
portiamo
anche
come
cristiani
.
Sulle
ragioni
possibili
di
alcuni
atti
di
guerra
(
cioè
sul
tema
di
una
eventuale
"
guerra
giusta
"
)
,
si
è
ragionato
a
lungo
nei
due
millenni
cristiani
.
Sant
'
Agostino
scriveva
:
"
Fare
la
guerra
è
una
felicità
per
i
malvagi
,
ma
per
i
buoni
una
necessità
...
è
ingiusta
la
guerra
fatta
contro
popoli
inoffensivi
,
per
desiderio
di
nuocere
,
per
sete
di
potere
,
per
ingrandire
un
impero
,
per
ottenere
ricchezze
e
acquistare
gloria
.
In
tutti
questi
casi
la
guerra
va
considerata
un
"
brigantaggio
in
grande
stile
"
"
(
De
Civitate
Dei
,
IV
,
6
)
.
Ma
Giovanni
XXIII
nella
Pacem
in
terris
,
afferma
:
"
Nell
'
era
atomica
è
irrazionale
(
alienum
est
a
ratione
)
pensare
che
la
guerra
possa
essere
utilizzata
come
strumento
di
riparazione
dei
diritti
violati
"
.
Il
concetto
di
"
guerra
giusta
"
viene
così
superato
.
E
il
Concilio
,
che
per
lo
più
non
ha
voluto
pronunciare
anatemi
,
ha
tuttavia
su
questo
punto
un
parola
ferma
e
dura
:
"
Ogni
atto
di
guerra
che
indiscriminatamente
mira
alla
distruzione
di
intere
città
o
di
vaste
regioni
e
dei
loro
abitanti
,
è
delitto
contro
Dio
e
contro
la
stessa
umanità
e
con
fermezza
e
senza
esitazione
deve
essere
condannato
"
.
Tra
le
ragioni
che
hanno
portato
al
superamento
della
dottrina
della
guerra
giusta
,
accanto
alla
percezione
dei
danni
incalcolabili
prodotti
dalle
"
moderne
armi
scientifiche
"
,
vi
è
la
progressiva
adesione
alla
struttura
politica
di
tipo
democratico
,
con
il
riconoscimento
dell
'
opinione
pubblica
come
istanza
di
controllo
e
di
guida
nella
gestione
del
potere
politico
.
Anche
sul
piano
internazionale
,
il
progressivo
consolidarsi
di
una
istanza
sovranazionale
costituisce
una
(
sia
pur
gracile
)
alternativa
alla
guerra
mediante
la
mediazione
politica
.
Con
la
condanna
del
ricorso
alla
guerra
,
la
coscienza
cristiana
va
progressivamente
superando
anche
la
logica
della
deterrenza
.
La
deterrenza
,
afferma
il
Concilio
,
"
non
è
via
sicura
per
conservare
saldamente
la
pace
...
le
cause
di
guerre
anziché
venire
eliminate
da
tale
corsa
minacciano
piuttosto
di
aggravarsi
gradatamente
...
mentre
si
spendono
enormi
ricchezze
per
procurarsi
sempre
nuove
armi
,
diventa
poi
impossibile
arrecare
sufficiente
rimedio
alle
miserie
così
grandi
del
mondo
presente
"
.
In
queste
settimane
di
guerra
ci
ha
costantemente
guidato
il
magistero
coerente
e
coraggioso
del
papa
Giovanni
Paolo
II
.
Non
dimentico
le
sue
parole
il
mattino
del
primo
giorno
della
guerra
nel
Golfo
,
era
il
17
gennaio
1991
:
"
In
queste
ore
di
grandi
pericoli
,
vorrei
ripetere
con
forza
che
la
guerra
non
può
essere
un
mezzo
adeguato
per
risolvere
completamente
i
problemi
esistenti
tra
le
nazioni
.
Non
lo
è
mai
stato
e
non
lo
sarà
mai
.
Continuo
a
sperare
che
ciò
che
è
iniziato
abbia
fine
al
più
presto
.
Prego
affinché
l
'
esperienza
di
questo
primo
giorno
di
conflitto
sia
sufficiente
per
far
comprendere
l
'
orrore
di
quanto
sta
succedendo
e
far
capire
la
necessità
che
le
aspirazioni
e
i
diritti
di
tutti
i
popoli
della
regione
siano
oggetto
di
un
particolare
impegno
della
comunità
internazionale
.
Si
tratta
di
problemi
la
cui
soluzione
può
essere
ricercata
solamente
in
un
contesto
internazionale
,
ove
tutte
le
parti
interessate
siano
presenti
e
cooperino
con
lealtà
"
.
"
Declino
dell
'
umanità
,
scacco
della
comunità
internazionale
,
attentato
ai
valori
più
cari
a
tutte
le
religioni
"
,
così
diceva
il
Papa
a
proposito
della
guerra
nel
Golfo
.
Parole
che
dobbiamo
ancora
ripetere
per
la
guerra
nei
Balcani
.
Dobbiamo
instancabilmente
cercare
,
pensare
una
alternativa
all
'
uso
delle
armi
,
anche
quando
essa
sembra
impossibile
.
Come
vescovo
avverto
l
'
urgenza
di
contribuire
ad
una
educazione
alla
pace
:
solo
scrutando
le
ragioni
misteriose
del
male
nella
storia
e
nel
cuore
dell
'
uomo
possiamo
comprendere
perché
la
pace
sia
problema
sempre
aperto
.
Il
riconoscimento
del
male
in
tutte
le
sue
forme
,
questa
immane
potenza
del
negativo
che
ha
nella
guerra
la
sua
manifestazione
più
drammatica
,
non
deve
però
indurci
al
pessimismo
paralizzando
la
fiducia
nelle
risorse
positive
dell
'
uomo
.
Nasce
di
qui
la
tensione
al
dialogo
come
via
privilegiata
alla
pace
:
"
Ogni
uomo
,
credente
o
no
,
pur
restando
prudente
e
lucido
circa
la
possibile
ostinazione
del
suo
fratello
,
può
e
deve
conservare
una
sufficiente
fiducia
nell
'
uomo
,
nella
sua
capacità
di
essere
ragionevole
,
nel
suo
senso
del
bene
,
della
giustizia
,
dell
'
equità
,
nella
sua
possibilità
di
amore
fraterno
e
di
speranza
,
mai
totalmente
pervertiti
,
per
scommettere
sul
ricorso
al
dialogo
e
sulla
sua
possibile
ripresa
"
(
Giovanni
Paolo
II
,
Messaggio
per
la
Giornata
della
pace
1983
)
.
Questa
fiducia
nell
'
uomo
è
anzitutto
fiducia
nelle
risorse
della
sua
coscienza
,
soprattutto
di
quanti
patiscono
ingiustizia
.
Bisogna
puntare
"
sulle
forze
di
pace
nascoste
negli
uomini
e
nei
popoli
che
soffrono
...
così
da
sottoporre
le
forze
oppressive
a
delle
spinte
efficaci
di
trasformazione
,
più
efficaci
di
quelle
fiammate
di
violenza
che
in
genere
non
producono
nulla
,
se
non
un
futuro
di
sofferenze
ancora
più
grandi
"
(
Messaggio
per
la
Giornata
della
pace
,
1980
)
.
Alla
forza
della
coscienza
e
non
alla
violenza
è
affidata
la
causa
della
pace
.
Sul
versante
politico
,
la
pace
richiede
strutture
politiche
sovranazionali
davvero
efficaci
nell
'
arginare
le
possibili
sopraffazioni
.
Era
già
questo
l
'
auspicio
di
Paolo
VI
nel
suo
discorso
alle
Nazioni
Unite
nel
1965
:
"
Il
bene
comune
universale
pone
ora
problemi
a
dimensioni
mondiali
che
non
possono
essere
adeguatamente
affrontati
e
risolti
che
ad
opera
di
Poteri
pubblici
aventi
ampiezza
,
strutture
e
mezzi
delle
stesse
proporzioni
,
di
Poteri
pubblici
cioè
,
che
siano
in
grado
di
operare
in
modo
efficiente
sul
piano
mondiale
.
Lo
stesso
ordine
morale
quindi
domanda
che
tali
poteri
vengano
istituiti
...
Chi
non
vede
il
bisogno
di
giungere
così
,
progressivamente
,
a
instaurare
un
'
autorità
mondiale
,
capace
di
agire
con
efficacia
sul
piano
giuridico
e
politico
?
"
.
In
questi
giorni
di
guerra
ripenso
al
lungo
,
difficile
cammino
della
coscienza
cristiana
durante
due
millenni
nel
giudicare
la
guerra
e
gli
armamenti
.
Prima
delle
armi
nucleari
e
chimiche
il
principio
della
legittima
difesa
poteva
in
certi
casi
condurre
a
parlare
di
guerra
giusta
.
Ora
invece
si
è
convinti
della
tragica
inutilità
e
moralità
di
una
guerra
condotta
con
questi
nuovi
tipi
di
armamenti
.
Dobbiamo
augurarci
che
la
coscienza
critica
dei
cristiani
e
di
ogni
uomo
faccia
ancora
dei
passi
ulteriori
.
Intanto
occorre
che
la
mobilitazione
contro
il
male
sia
accompagnata
da
un
'
opera
progettuale
,
che
dia
nuova
consistenza
alla
pace
,
alla
sicurezza
,
alla
stessa
dissuasione
.
In
tale
linea
:
una
ricerca
di
giustizia
,
di
eguaglianza
,
di
solidarietà
,
il
potenziamento
del
dialogo
,
dei
sistemi
democratici
,
degli
organismi
di
controllo
internazionali
.
La
stessa
dissuasione
dovrebbe
fondarsi
non
già
sulla
minaccia
rappresentata
dagli
arsenali
,
bensì
su
quelle
risorse
ben
più
degne
dell
'
uomo
che
sono
la
solidarietà
internazionale
,
le
sanzioni
giuridiche
,
l
'
isolamento
di
chi
fa
ricorso
alla
prepotenza
e
alla
forza
.
Rassegnarsi
alla
logica
della
guerra
o
della
dissuasione
armata
vuol
dire
accettare
la
spirale
perversa
degli
armamenti
e
finire
in
una
trappola
mortale
per
l
'
umanità
.
Dal
punto
di
vista
progettuale
,
accanto
alla
proposta
di
studiare
forme
efficaci
di
difesa
civile
non
violenta
,
sta
il
riconoscimento
del
valore
della
obiezione
di
coscienza
,
la
denuncia
di
certe
forme
di
ricerca
scientifica
subalterne
a
logiche
di
distruzione
,
lo
scandalo
rappresentato
dal
divario
crescente
Nord
-
Sud
alimentato
dal
commercio
delle
armi
.
Sta
l
'
appello
alla
mediazione
politica
come
strumento
di
composizione
dei
conflitti
;
l
'
appello
a
disarmare
gli
animi
,
armando
la
ragione
;
l
'
appello
a
credere
nella
Parola
:
"
Forgeranno
le
loro
spade
in
vomeri
,
le
loro
lance
in
falci
,
un
popolo
non
alzerà
più
la
spada
contro
un
altro
popolo
"
.
(
Isaia
,
2,4
)
.