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D'ANNUNZIO III. Le donne che non amò ( Bianciardi Luciano , 1963 )
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« La cosa che donna M . temeva è ormai una certezza . Bisognerà trovare un mezzo per rimediare prontamente ... La madre finora non sa nulla : dubita soltanto . Il caso è stranissimo . Io prima avrei giurato che non poteva essere . Tu che pensi ? Che mi consigli ? » Così scriveva Gabriele al padre nel maggio del 1883 . È la tipica lettera del giovanotto meridionale salito in città a fare fortuna che ha « commenato ' o gliommere » , cioè ha combinato il pasticcio e ora non sa più a che santo votarsi : sbalordito , teme le ire del padre suo , della madre di lei , teme le chiacchiere di amici e conoscenti , ma al tempo stesso , sotto sotto , si compiace della sua grossa avventura . Donna M . , e cioè Maria Hardouin duchessina di Galles , era incinta . La nobiltà romana , da lei impersonata , gli aveva ceduto a tal punto . Una nobiltà di mezza tacca , certo : il padre di lei , Jules Hardouin , era sottufficiale degli ussari . Accantonato col suo plotone al pian terreno di palazzo Altemps , aveva sedotto la vedova del duca di Gallese , l ' aveva sposata e papa Pio IX gli concesse allora la nomina a sottotenente . Non solo : la duchessa sedotta e impalmata ottenne dal pontefice anche il passaggio del titolo nobiliare al suo aitante ex sergentone . E ora quel titolo , grazie a una seconda seduzione , veniva a ornare la nomea del giovanissimo Gabriele . Quel bel ragazzino biondo , ricciuto , piccoletto , capellutissimo , dagli occhi azzurri , era evidentemente destinato a far carriera . Gli amici romani del Fanfulla , della Cronaca bizantina , e infine della Tribuna , ne erano anch ' essi , a modo loro , sedotti , e se lo coccolavano , se lo portavano dietro a mangiar pane e ricotta , a pellegrinare sull ' Appia antica , a recitare a gran voce un ' ode carducciana . « In lui era tanto spontaneo il senso della barbarie e tanto curiosamente commisto a una nativa gentilezza di donna , che lo avresti detto una di quelle querce educate al tempo del barocchismo e potate in guisa da dar sembianza d ' una qualche cosa poco selvatica . » Sono parole di Eduardo Scarfoglio , che di lì a poco doveva scoprire , con appassionata disillusione , quanto poco barbara fosse la sua giovane amica quercia pescarese . Gabriele , che sino ad allora girava con la chioma irsuta , senza cravatta , con indosso una stenta giacchetta , si trasformò rapidamente in un damerino , accolto in tutti i salotti e in non poche alcove . La prova eccola lì , donna Maria incinta , il matrimonio irrevocabile , i parenti di lei sdegnati ma pur sempre costretti ad accettare gli sponsali , e a trovare per Gabriele un posto degno e sicuro : cinquecento lire alla Tribuna , per redigere la cronaca mondana . Ora Gabriele lanciava una firma che avrà fortuna , Duca Minimo , prendeva lezioni di cavallo e di scherma , che gli saranno assai utili in un paio di duelli , cominciava a far debiti , entrava nel suo turbinoso giro di avventure galanti . « La giovinezza mia barbara e forte in braccio de le femmine si uccide » . Olga Ossani era una cronista mondana , e si firmava Febea : più anziana di Gabriele , precocemente canuta , spregiudicata , avviò lei questo amorazzo redazionale , e guidava il suo giovane amico , padre da poche settimane , nell ' « alta selva » di Villa Medici , e gli insegnava certi suoi strani riti paleocristiani . Nel Piacere la Ossani si chiamerà Elena Muti , e il suo amore con Gabriele durerà esattamente quanto l ' amore di Elena per Andrea Sperelli . Ma il libro fu dedicato alla moglie : è già cominciata una specie di staffetta , per cui sul frontespizio del libro figura il nome della donna abbandonata , mentre il nuovo amore ne costituisce la materia . Eduardo Scarfoglio è ormai un ex amico e diventa critico mordace : « Risaotto al pomidauro » , scrive sul Corriere di Roma , all ' uscita dell ' Isaotta Guttadauro , e i due scendono sul terreno , spada alla mano . Proprio Scarfoglio gli aveva fatto da padrino nel primo duello , con un certo Magnico : ferito di fendente alla testa , il medico lo curò con una soluzione di cloruro di ferro , che bastò a fermare il sangue , ma anche gli bruciò il bulbo dei capelli , avviando già da allora la rapida calvizie del poeta . Il nuovo amico adesso è Adolfo De Bosis , che organizza una crociera argonautica . Sopra un panfilo a vela , la « Lady Giare » , innalzando la bandiera di Shelley , bianca e azzurra con tre conchiglie , salparono da Ortona , decisi a far cabotaggio lungo la adriatica , fino a Venezia , a Trieste , a Fiume , e poi giù giù verso Spalato , Zara e Gattaro ( luoghi che entrano adesso nella poetica dannunziana ) . Portavano con sé tappeti persiani e vasellame d ' argento , e a ogni porto scendevano a terra per prepararsi il tè . « Mo arriveno li ggiochi » , dicevano i pescatori abruzzesi e marchigiani al veder stendere quei tappeti , convinti che fosse una compagnia di saltimbanchi . Avevano scelto la ciurma con un criterio estetico , e cioè s ' erano presi due marinai dal nome sonante . Ippolito Santillozzo e Valente Veniero . Purtroppo l ' uno non aveva mai navigato a vela , l ' altro era un mezzo deficiente , e fu così che la « Lady Giare » dopo Rimini perse la rotta , e il vento la portava al largo . Li salvò , per loro buona sorte , una nave da guerra che incrociava da quelle parti , e li rimorchiò a Venezia . Gabriele ebbe lì la notizia della nascita del terzo figlio ( che battezzò Veniero ) , ma non si mosse . Aveva mandato via anche Barbara Leoni e adesso pensava solo a discutere di problemi navali con certi ufficiali della « Barbarigo » . Degli amori con Barbara Leoni dava un resoconto quasi cronistico nel Trionfo della Morte che uscì nel 1887 , quando già era cominciata una storia d ' amore nuova , con la nobildonna napoletana Maria Gravina Cruyllas . A lei è dedicato L ' innocente , che pure ha per protagonista , ancora , Barbara , anzi contiene , ricopiati pari pari , interi brani di lettere a lei . A questo punto tu cominci a pensare che a Gabriele importasse più la letteratura che le donne . « Se veramente pel mio letto passassero tutte le donne che don Giovanni sognava » , scriveva a Barbara addolorata e offesa , « tu dovresti esserne quasi lieta alla fine : perché tutte certamente , certamente , mi lascerebbero il rimpianto e il desiderio furioso di te » . Certi biografi affermano che la Barbara Leoni fu il più grande amore del poeta . Altri danno il primo posto alla Eleonora Duse . Ma chi segua questa catena di storie che si accavallano e si confondono e sfumano l ' una nell ' altra senza visibili differenze , è indotto a concludere che grandi amori nella vita di D ' Annunzio non ce ne furono , e che egli anzi soffrì d ' una innata incapacità di affetti profondi . E che non ebbe neanche una profonda sensualità . Infatti una sensualità autentica presuppone sempre una radice interiore di impegno morale , che D ' Annunzio non ebbe mai . Nei rapporti con le donne , e così con gli animali e con gli oggetti , D ' Annunzio portò una sensibilità acuta , anche esasperata , ma sempre epidermica . Vagheggiò il piacere come esperienza tattile , olfattiva , visiva , non di più . Fu tutto pelle , tutto vellicamento , e portò al parossismo quest ' arte . Ha scritto il Croce che egli fu « dilettante di sensazioni » . Non sta a noi dire qui se è veramente così . Ecco come racconta il ritorno da una cavalcata peri poggi intorno a Settignano : « Balzavamo di sella , su lo spiazzo , palpando il collo della bestia generosa col guanto inzuppato . I garzoni accorrevano ... Il palafreniere curvo su la lettiera asciutta , con una manciata di paglia per ogni mano , e quello che tuffava la spugna nella secchia tenendo la coda o il piede , ognuno accompagnava la bisogna con un certo soffiare ch ' era come un suono lieve di persuasione e di blandimento ... Di posta in posta , palpavo con la mano senza guanto la spalla le reni l ' anca per sentirle asciutte ; e più d ' una volta eccitavo lo zelo con l ' esempio , in gara di prontezza , ché tu sai quanto mi piaccia fra i destri essere più destro » . Come si vede , il lavoro degli uomini è guardato solo in quanto occasione che mette in rilievo un bel gesto , un bel contrasto visivo o sonoro , e gli animali si riducono a sensazione tattile , assaporata sottilmente ( prima col guanto e poi senza ) . Anche il figlio neonato , la prima volta che lo vede , gli suscita sensazioni di questo tipo : « È una cosa molle , rosea , calda , palpitante , che a volte si muove tutta e ha degli annaspamenti di ragno , delle grazie di scimmia giovane , degli accenti talora bestiali , talora sovrumani » . E quando una sua nuova amante , la Alessandra di Rudinì , la « Nike » ammalata , dovette subire tre operazioni , lui volle essere presente , e così racconta : « Non so quale ebrezza di volontà m ' infiammi e moltiplichi le mie forze ... Per la terza volta ho tenuto nelle mie mani le mani della vittima mentre la sua anima si profondava nel buio , sotto la maschera del cloroformio ; e m ' è parso di assistere a tre agonie e ho udito salire da ciascuna parole inaudite , parole che non possono essere dette se non alla soglia della morte ... » . Anche un corpo sofferente e dilaniato diventava ragione di godimento epidermico . Era veramente un dilettante di sensazioni , che nulla si negava pur di accrescere questo suo estetico diletto . La casa della Capponcina , con ventun servitori , otto cavalli e trentanove cani , stracolma di oggetti , di mobili antichi , di stalli da oratorio , di cuscini , di tappeti , turiboli , ferri battuti , damaschi ( una prefigurazione del Vittoriale ) , sta a provare quel furibondo bisogno del superfluo , necessario a lui quanto l ' aria che respirava . Già allora correvano sul suo conto le voci più strane , e lui non faceva nulla per smentirle , anzi non di rado le metteva in circolazione , un po ' per burla , un po ' sul serio . Ad ognuna delle sue numerose cadute da cavallo , qualche giornale stampava che D ' Annunzio era morto . Alla villa di Settignano , diceva la gente , D ' Annunzio beve filtri d ' amore nel cranio d ' una vergine . E indossa pantofole di pelle umana . E sostiene il suo declinante vigore mangiando carne di neonato . Cavalca nudo sulla spiaggia di Bocca d ' Arno , in compagnia di una Diana caucasica , matta della più nera mattezza slava . La slava matta , un amore brevissimo , era Natalia Golubev , alta , bionda , formosa . E se , come abbiamo visto , tornando da una cavalcata sostava ad ammirare il bel gesto d ' un palafreniere , finita la suggestione estetizzante , il prossimo gli diventava all ' improvviso odioso , meschino , vile e repellente . Un giorno in pretura per una causa da lui stesso promossa , lo ricorda così : « Cara contessa , sono rimasto fino a mezzogiorno e mezzo nell ' orrendo fetore del prossimo . E debbo tornare in pretura alle tre ! Mi compianga » . Era la causa contro un contadino di Settignano , certo Volpi ; colpevole di aver ucciso con un colpo di vanga un cane del D ' Annunzio , che faceva strage di galline nei pollai dei dintorni . Il poeta ne parla con accenti quasi ebbri : « Io sono stato accolto con pazza gioia dai miei cani innumerevoli , che sono il terrore del vicinato . Nella mia assenza hanno trucidato una cinquantina fra polli e anatre ! Ieri li ho condotti a gran galoppo su per la spiaggia , tra le grida dei bagnanti e dei pescatori » . Per i danni ai pollai offriva , magnanimo , cinque lire in cambio d ' ogni capo azzannato . Ora , si è parlato di bontà del D ' Annunzio verso gli umili : qualche suo vecchio servitore che ho conosciuto al Vittoriale mi ha detto dei suoi modi cortesi e signorili , della sua generosità . È vero : è anche vero che D ' Annunzio ebbe a volte certe impennate da populista . Ma amore per gli umili non ne ebbe mai , e la sostanza della sua generosità la ritroviamo in un ricordo di lui ragazzo al Cicognini , quando ebbe il permesso dal rettore di recarsi in libera uscita a Firenze e ne profittò per visitare un bordello . Ci andò in carrozza e scese all ' imbocco di via dell ' Amorino . « Balzai giù dal legno ; accomiatai il cocchiere ; gli fui prodigo . Già incominciavo a esercitare la prodigalità come un mezzo di allontanamento , come un modo di recidere i vincoli e di confermare le distanze . » Così il danaro che dava . Quello che ricevette gli parve , sempre , un debito del mondo intero verso di lui . Per esempio , sappiamo tutti quanto siano sempre stati , e sempre siano , vaghi e precari i rapporti fra editore e scrittore . Raramente rimangono sul puro piano commerciale ( io scrivo , tu stampi , questo il contratto , tanto la percentuale , punto e basta ) . Tendono invece ad assomigliare ai rapporti fra società sportiva e centravanti , fra impresario dell ' opera e primadonna : ripicche , gelosie , scenate , sberleffi , improvvisi ritorni d ' amore . Ma Gabriele , in questo , ha superato ogni esempio , anche futuro , anche ipotetico . La sua corrispondenza con Treves meriterebbe un articolo apposta . Aveva ventidue anni , era uno sconosciuto , e già gli scriveva così : « Per le poesie chiedo 4000 lire ; concessione , per cinque anni . Questo a lei non converrà , certamente ; quindi sarà inutile ragionare » . E il Treves , di rimando : « Vedo che con lei i rapporti sarebbero molto difficili , avendo acquisito idee erronee sul movimento letterario in Italia . Le rimando quindi le sue novelle » . Invece trovarono il modo di mettersi d ' accordo , e le lettere si susseguirono fitte fino all ' « esilio » in Francia . Inevitabile che il Treves non gli volesse mai bene davvero , anche se ne subì il fascino e la seduzione . D ' Annunzio , se escludiamo , forse , Ciccillo Michetti , non ebbe mai un amico vero . Lamentava la litigiosità altrui , ma era pronto a far causa contro Eduardo Scarpetta , che gli andava parodiando sulle scene La figlia di Jorio . Accettava danaro dagli strozzini , e poi imprecava quando gli strozzini facevano il mestier loro , e cioè lo strozzavano . Non seppe mai farsi una donna , allo stesso modo in cui non seppe mai farsi una casa , e vagò invece da un quartiere all ' altro di Roma , e poi da Roma a Francavilla , a Napoli , a Venezia , a Settignano , a Bocca d ' Arno , a Ostia , a Romena , ad Arcachon . Dilettante anche come padrone di casa , diventava professionista solo al tavolo di lavoro : allora dimenticava le donne , i cavalli , i cani , i begli oggetti , gli amici , persino i pasti . Imponeva a se medesimo una disciplina di ferro . E sapeva farsi pagare , sempre , da tutti , e bene . Eppure il professionista non bastò mai a pagare i capricci del dilettante . Nel 1910 la situazione era diventata insostenibile , ed egli tentò le più strambe vie d ' uscita . Pensò addirittura di impiantare un ' industria profumiera , e di mettere in commercio un ' essenza di sua invenzione , che battezzò « acqua nunzia » : cercava nelle farmacie e dagli erboristi ambra , belzuino , rose , gelsomini , zagare . Fu un fallimento . Poi saltò fuori un emigrato abruzzese , diventato milionario in Argentina , certo Giovanni del Guzzo . Aveva il rimedio : si fece dare dal poeta diciassette manoscritti , un ' automobile usata marca « Florentia » , e la promessa di scrivere un ' ode per il centenario della indipendenza argentina , e di tenere un ciclo di conferenze nei maggiori teatri di quel Paese . In cambio assicurava a D ' Annunzio un guadagno di almeno 300mila lire , che sarebbe servito a colmare i debiti . Per sé avrebbe trattenuto il venti per cento . Questo Del Guzzo pensò anche di comperare la Capponcina e di trasformarla in museo , con biglietto d ' ingresso di lire due . Il poeta parve acconsentire , e così firmarono un « patto d ' alleanza » con tutte le clausole in bell ' italiano e in bella scrittura . Ma prima d ' imbarcarsi per l ' Argentina il poeta dichiarò che gli era indispensabile recarsi a Parigi per farsi curare i denti da uno specialista . Arrivò in Francia il 28 marzo 1910 , e ci rimase cinque anni . Intanto alla Capponcina mettevano all ' asta tutto , esclusi i muri : statue di santi , stalli d ' oratorio , coperte di damasco , un cavallo , torciere in ferro battuto , materassi di lana , orologi , uno iatagan arabo , colonne di marmo , tele , terrecotte , libri antichi e calamai . L ' asta durò otto giorni e diede un ricavato di centotrentamila lire .