StampaQuotidiana ,
Roma
,
3
settembre
-
Ho
sognato
di
scrivere
questo
articolo
per
tutta
la
mia
vita
.
Ora
che
posso
scriverlo
sono
scarico
di
nervi
come
una
medium
dopo
un
lungo
ed
estenuante
raptus
spiritico
.
Non
ho
vergogna
di
dire
che
ho
sentito
battere
il
cuore
come
al
momento
in
cui
mi
strattonò
in
cielo
il
paracadute
del
mio
primo
lancio
.
Ho
veduto
con
freddezza
la
finale
olimpica
vinta
da
Livio
Berruti
per
l
'
Italia
:
con
freddezza
e
allucinante
rapidità
di
immagini
,
esattamente
come
mi
avvenne
quando
spenzolai
per
la
prima
volta
duecento
metri
sopra
il
capannone
-
palestra
di
Tarquinia
.
Ma
vicino
a
me
era
Pasquale
Stassano
,
segretario
della
Commissione
tecnica
della
FIDAL
.
Pasquale
Stassano
è
tosco
-
lucano
da
parte
di
madre
.
Quella
razza
misteriosa
gli
ha
lasciato
nel
sangue
voci
arcane
.
Pasquale
parla
tutte
le
lingue
del
mondo
,
vive
e
morte
,
quando
lo
visitano
gli
spiriti
durante
il
sonno
.
I
suoi
nervi
non
sono
di
questa
terra
.
Udito
il
botto
del
via
,
Pasquale
fu
scosso
da
un
tremito
impressionante
:
egli
si
proiettò
oltre
il
parapetto
e
stava
per
cadere
fra
Bing
Crosby
e
non
so
quale
altro
ciarlatano
del
mondo
cinematografico
.
Potei
afferrarlo
per
miracolo
e
schiacciare
i
primi
100
metri
di
Berruti
,
che
non
mancheranno
di
strabiliare
il
mondo
:
il
mio
cronografo
sarà
stato
matto
come
era
certamente
Pasquale
e
come
son
io
adesso
:
ma
diceva
e
dice
tuttora
10
"
e
1
.
All
'
arrivo
ho
schiacciato
20
"
1
.
Maggioriamo
pure
d
'
un
decimo
:
sono
10
"
2
in
curva
:
roba
da
arcangeli
.
E
intanto
Pasquale
Stassano
si
tese
accanto
a
me
come
una
corda
e
sospirando
profondamente
mi
domandò
,
con
voce
sognante
,
se
avessi
visto
l
'
ultima
parte
della
finale
:
gli
dissi
che
aveva
vinto
Berruti
:
arrovesciò
gli
occhi
e
svenne
.
Io
sentivo
il
cuore
e
temevo
per
me
e
per
i
miei
figli
.
E
come
per
miracolo
mi
parve
di
non
aver
scritto
per
nulla
cinque
libri
di
atletica
leggera
.
Lo
svenimento
di
Stassano
era
la
liberazione
dopo
la
catastrofe
.
Non
so
dire
cos
'
era
,
veramente
.
Mi
sentivo
svenuto
anch
'
io
,
sostenendo
il
mio
amico
.
Non
ho
detto
che
ho
sognato
di
scrivere
questo
articolo
tutta
la
vita
,
e
ora
che
posso
scriverlo
sono
vuoto
?
Mi
si
accavallano
dentro
impressioni
e
pensieri
,
ricordi
e
speranze
lontane
.
Livio
Berruti
balza
dai
blocchi
con
l
'
aerea
levità
d
'
una
gazzella
.
Ma
il
suo
volto
è
stirato
in
una
smorfia
così
volitiva
da
atterrire
.
Anche
in
lui
potrebbe
schiattare
qualcosa
come
una
folgore
.
È
piccolo
ed
esile
,
un
ragazzino
bello
e
armonioso
,
ma
tutto
nervi
.
Galoppano
alle
sue
spalle
diavoli
orrendi
,
omoni
di
una
razza
spaventosamente
vitale
,
giovane
,
truculenta
,
belluina
.
Le
loro
falcate
impressionano
come
le
smorfie
disperate
sulle
loro
boccacce
vermiglie
,
sui
dentoni
di
candido
avorio
.
Il
mio
cuore
-
sento
io
-
va
salendo
in
affanno
dalla
sua
nicchia
sconvolta
;
mi
arriva
alla
gola
:
soffoco
.
Poi
rivedo
Livio
fuori
di
curva
,
già
vincitore
sicuro
;
ma
i
negracci
alle
sue
spalle
si
impegnano
allo
spasimo
:
paiono
avanzare
sino
a
raggiungerlo
.
Per
pietà
,
per
pietà
,
ancora
una
decina
di
passi
.
Berruti
ha
smesso
di
volitare
.
Soffre
sino
allo
stremo
.
Resiste
d
'
un
soffio
,
precipita
.
Ora
è
disteso
bocconi
sulla
pista
,
e
mi
pare
che
baci
la
terra
.
Mi
pare
e
forse
non
è
.
Berruti
è
ancora
presente
a
se
stesso
.
È
un
arcangelo
frigido
.
Un
grande
campione
,
un
italiano
quale
può
nascerne
uno
ogni
cent
'
anni
,
se
pure
è
mai
nato
.
L
'
ha
espresso
il
nostro
vecchissimo
sangue
e
questo
esalta
.
Ha
dominato
i
più
forti
velocisti
del
mondo
.
Ha
saputo
rinunciare
a
un
altro
titolo
possibile
per
ottenerne
uno
sicuramente
.
Nessun
atleta
muscolare
avrebbe
potuto
manifestare
così
perfetta
lucidità
mentale
.
Berruti
è
originario
della
Bassa
Vercellese
.
Viene
dalla
terra
.
I
suoi
erano
agricoltori
.
Studia
farmacia
o
sarà
professionista
come
tutti
i
buoni
piccoli
borghesi
che
hanno
fatto
il
gruzzolo
lavorando
in
campagna
,
da
saggi
agricoltori
.
La
sua
«
curtis
»
è
sorta
fra
le
risaie
,
la
sua
tempra
si
è
fatta
sui
lavori
più
duri
.
Ma
il
cervello
è
fino
e
la
cultura
è
salda
.
Un
ragazzo
di
21
anni
(
è
nato
il
19
maggio
del
1939
)
non
si
conosce
fino
a
questo
punto
se
non
è
intelligente
.
Berruti
avrebbe
potuto
cedere
alle
lusinghe
dei
superficiali
e
impegnarsi
anche
nei
100
,
esaurirsi
-
probabilmente
a
vuoto
.
Invece
ha
scelto
con
fredda
sicurezza
la
sua
prova
e
vi
si
è
preparato
come
chi
sapeva
di
poter
vincere
.
Né
l
'
ha
miracolato
il
buon
genio
degli
stadi
.
Ha
vinto
da
grandissimo
campione
ripetendo
in
semifinale
e
finale
il
primato
olimpico
e
mondiale
(
sui
200
con
curva
)
:
20
"
5
.
Quando
ebbe
vinto
la
semifinale
migliorando
il
proprio
record
di
ben
2
decimi
,
il
terrore
mi
prese
che
si
fosse
del
tutto
svuotato
:
e
la
sua
gracile
struttura
di
atleta
tutto
nervi
non
potesse
ricaricarsi
in
due
ore
.
E
riflettei
sulla
relativa
fortuna
di
Seye
,
il
negro
,
che
aveva
potuto
vincere
con
un
tempo
superiore
alle
sue
possibilità
(
20
"
8
)
.
Ma
Berruti
ritornò
ai
blocchi
contenendo
a
stento
la
prorompente
energia
dei
purosangue
.
Ebbe
una
falsa
partenza
,
con
Johnson
.
Lo
starter
Pedrazzini
non
l
'
assegnò
ad
alcuno
.
Probabilmente
ha
giovato
anche
lui
caro
vecchio
«
Primet
»
dell
'
atletica
milanese
ad
evitargli
ogni
assillo
,
a
mantenere
Berruti
nello
stato
d
'
animo
dell
'
atleta
sorprendentemente
sicuro
di
sé
e
deciso
a
vincere
.
Io
lo
vidi
infatti
guizzare
dai
blocchi
in
travolgente
furore
;
e
poi
distendere
la
falcata
in
curva
come
nessuno
al
mondo
riesce
,
e
balzare
in
rettilineo
con
più
di
un
metro
su
Carney
,
che
correva
all
'
esterno
.
Poi
ebbe
luogo
la
catastrofe
di
cui
dicevo
e
si
risolse
il
dramma
.
Furono
dieci
secondi
così
tormentosi
da
stupirmi
ancora
adesso
di
averli
potuti
superare
.
Infine
scorsi
il
filo
di
lana
tendersi
sul
suo
petto
:
e
Berruti
cadere
.
E
forse
baciare
la
terra
:
e
il
pubblico
urlare
per
lui
che
aveva
vinto
.
Carney
,
gigantesco
negro
d
'
America
,
l
'
ha
spuntata
su
Seye
,
un
negro
del
Mali
che
corre
per
la
Francia
.
Il
bianco
Foik
è
quarto
.
I
negri
Johnson
e
Norton
a
chiudere
la
marcia
ma
sotto
i
21
secondi
.
Tutto
il
fior
fiore
dello
sprint
battuto
in
breccia
da
un
ragazzino
italiano
di
21
anni
,
un
abatino
settecentesco
con
l
'
erre
arrotata
,
un
farmacista
...
ah
,
per
dio
.
Dovremo
ricordarci
di
questo
giorno
.
Lo
sport
italiano
non
ne
ha
mai
vissuti
di
più
esaltanti
nella
sua
storia
,
che
pure
è
molto
notevole
.
Vincere
una
gara
di
scatto
all
'
Olimpiade
(
e
a
questa
Olimpiade
,
e
per
giunta
a
Roma
)
significava
rivalutare
tutto
un
vivaio
,
direi
un
intero
gruppo
etnico
,
una
razza
,
e
affermare
la
civiltà
d
'
un
Paese
.
Perché
se
un
popolo
,
vecchio
e
povero
come
il
nostro
,
riesce
a
esprimere
atleti
quale
Berruti
,
sicuramente
ha
buon
sangue
,
sicuramente
è
avviato
a
forme
di
vita
sempre
più
civili
e
più
prospere
.
Sono
parole
grosse
?
A
me
non
pare
.
Sono
considerazioni
persino
ovvie
,
che
un
onesto
studioso
di
sport
deve
fare
,
io
dico
,
dedicandole
a
Livio
Berruti
,
primo
italiano
campione
olimpico
dello
scatto
.
Quasi
a
facilitare
l
'
auspicio
per
il
pais
Livio
Berruti
,
la
nostra
Peppa
Leone
infila
tutte
,
negre
,
americane
e
tedesche
,
australiane
e
bulgare
,
correndo
in
ottima
volitiva
scioltezza
i
200
metri
della
sua
batteria
.
Dice
il
cronometro
:
23
"
7
,
nuovo
record
italiano
.
Nessun
'
altra
fa
meglio
fra
le
ragazze
dall
'
aspetto
normale
;
corre
in
23
"
2
-
record
olimpico
-
la
Rudolph
,
che
è
una
pantera
nera
casualmente
rinata
fra
i
grattacieli
d
'
America
;
ma
le
altre
,
correre
dovranno
,
dietro
alla
Peppa
nazionale
.
Sui
400
piani
,
visti
e
ammirati
superuomini
del
ritmo
.
Kauffmann
resta
seduto
(
senza
esaurire
tutta
la
spinta
)
per
300
metri
buoni
,
seguendo
la
strabiliante
falcata
di
Singh
:
poi
si
alza
,
e
allora
vedo
un
marziano
finire
scioltissimo
in
463
.
Dopo
di
lui
,
quel
Yerman
,
che
per
me
può
vincere
,
Young
46
"
1
davanti
all
'
inglese
diciannovenne
Brightwell
,
che
fa
46
"
2
.
Infine
,
Otis
Davis
,
negrone
alla
McKenley
,
spinge
in
salita
gli
ultimi
100
metri
e
fa
45
"
9
,
record
olimpico
.
Che
se
inclinasse
il
busto
come
si
deve
,
la
sua
spinta
sarebbe
tutta
esaurita
in
avanti
,
e
otterrebbe
45
"
5
facili
.
Non
so
però
come
possa
reggere
la
semifinale
e
la
finale
.
Sui
1500
m
,
se
non
gli
segano
uno
stinco
,
vince
Elliott
.
Ha
corso
in
batteria
in
3'11
"
4
,
e
ha
fatto
esattamente
come
quando
lo
vidi
a
Bromma
,
nel
1958
,
due
giorni
avanti
il
3'36
"
di
Göteborg
.
Gli
altri
sono
uomini
,
lui
è
un
orice
.
È
partito
in
progressivo
ai
1000
metri
e
ha
coperto
gli
ultimi
400
in
54
"
netti
.
Che
cos
'
è
allora
,
se
non
un
'
antilope
?
Quarti
di
finale
nei
110
ostacoli
.
Passano
tutti
i
grossi
.
E
con
loro
il
nostro
Svara
,
con
i
14
"
4
che
ha
sempre
nelle
sue
gambe
oneste
.
Gli
altri
ragazzini
azzurri
,
tutti
a
casa
,
e
con
onore
.
Nel
martello
,
fuori
gli
americani
,
brutalissimamente
,
come
è
vero
che
i
records
fini
a
se
stessi
lasciano
freddi
í
tecnici
.
Grande
atleta
è
colui
che
vince
la
grande
gara
.
Connolly
è
passato
di
forma
ed
ha
anche
scontato
la
presunzione
di
quasi
tutti
gli
americani
.
Ha
dunque
vinto
un
russo
,
e
tutti
gli
altri
finalisti
sono
slavi
,
esclusi
un
magiaro
e
un
irlandese
.
Adesso
corro
alla
boxe
.
Ah
!
,
che
tifo
.