StampaQuotidiana ,
L
'
Officina
Militare
Pirotecnica
,
a
Porta
Mazzini
,
sulla
strada
di
Imola
,
era
,
per
quei
tempi
,
uno
stabilimento
più
che
rispettabile
.
Vi
lavoravano
circa
2000
operai
.
Si
pensi
che
nel
1876
un
censimento
economico
aveva
assodato
che
le
maestranze
impiegate
nell
'
industria
vera
e
propria
comprendevano
in
tutto
460
mila
individui
.
L
'
Ansaldo
di
Genova
,
per
esempio
,
ne
occupava
dai
1500
ai
1600
nei
momenti
di
punta
.
All
'
Officina
Militare
di
Bologna
,
i
due
terzi
della
mano
d
'
opera
era
femminile
:
addetta
al
dosaggio
delle
polveri
e
al
caricamento
delle
cartucce
.
Direttore
dello
stabilimento
era
il
generale
Luigi
Stampacchia
,
pugliese
,
tipico
rappresentante
della
vecchia
classe
militare
,
generosamente
baffuto
,
paternamente
burbero
.
Ma
il
colonnello
Garau
,
un
sardo
dagli
occhi
di
fuliggine
sotto
sopracciglia
folte
e
quasi
sempre
aggrottate
,
capo
del
reparto
sperimentale
,
aveva
tutt
'
altro
carattere
.
Oltracciò
,
come
tutti
gli
ufficiali
nati
sotto
la
bandiera
del
regno
sabaudo
,
non
vedeva
troppo
di
buon
occhio
i
colleghi
meridionali
.
La
saldatura
fra
«
piemontesi
»
e
«
borbonici
»
era
,
d
'
altronde
,
assai
fresca
.
Vincenzo
Muricchio
capì
fin
dal
primo
incontro
che
la
convivenza
col
colonnello
sarebbe
stata
spinosa
.
Non
avendo
simpatia
per
la
vita
d
'
ufficio
,
espresse
timidamente
il
desiderio
di
occupare
la
carica
meno
sedentaria
dell
'
officina
.
Il
colonnello
,
dopo
averlo
fulminato
da
sotto
le
sopracciglia
,
gli
troncò
la
parola
:
«
Capitano
!
Non
l
'
hanno
mandato
a
Bologna
per
ballare
il
valzer
.
Non
spetta
a
lei
decidere
dove
stare
e
cosa
fare
.
Favorisca
raggiungere
immediatamente
l
'
Ufficio
Metalli
,
al
quale
l
'
ho
già
destinata
!
»
.
L
'
Ufficio
Metalli
aveva
il
compito
di
calcolare
e
saggiare
l
'
efficienza
di
materiali
impiegati
nella
confezione
delle
cartucce
,
in
rapporto
agli
effetti
balistici
.
Proprio
in
quei
giorni
,
il
personale
che
vi
era
addetto
stava
studiando
un
problema
assai
grave
.
Da
qualche
settimana
,
la
sostituzione
della
polvere
nera
con
un
esplosivo
antifumogeno
era
un
fatto
compiuto
.
Ma
soltanto
in
teoria
.
Il
posto
dei
due
grammi
di
polvere
,
che
costituivano
la
carica
delle
cartucce
Weterly
,
era
stato
preso
dalla
«
balistite
»
.
Questa
nuova
sostanza
eliminava
completamente
le
vecchie
,
acri
fumate
:
presentava
,
però
,
un
inconveniente
non
meno
preoccupante
.
La
polvere
nera
(
che
i
soldati
chiamavano
«
tabacco
»
)
era
ben
lontana
dall
'
avere
la
forza
dirompente
della
balistite
.
Qualche
imperfezione
nei
bossoli
era
stata
,
perciò
,
sempre
tollerabile
.
Ma
la
pressione
esercitata
dallo
scoppio
delle
nuove
cariche
sulla
parete
del
bossolo
era
talmente
violenta
,
da
provocare
incidenti
sanguinosi
,
solo
che
l
'
ottone
fosse
minimamente
incrinato
.
Durante
le
prove
al
poligono
di
tiro
,
molte
delle
10.000
cartucce
adoperate
avevano
provocato
l
'
esplosione
del
fucile
e
cinque
o
sei
soldati
ci
avevano
rimesso
le
dita
.
Essendo
assolutamente
impossibile
aumentare
lo
spessore
dei
bossoli
,
condizionati
al
calibro
dell
'
arma
,
non
restava
che
scartare
rigorosamente
i
bossoli
incrinati
.
Visto
oggi
,
il
problema
è
di
una
semplicità
addirittura
infantile
;
ma
basta
riportarsi
al
1889
,
per
capire
,
una
volta
di
più
,
quanta
strada
abbia
fatto
la
tecnica
,
e
con
che
vertiginosa
velocità
,
in
meno
di
settant
'
anni
.
Per
le
operaie
bolognesi
addette
alla
confezione
delle
cartucce
,
individuare
le
incrinature
capillari
dell
'
ottone
era
compito
difficilissimo
,
quasi
impossibile
.
Per
quanto
le
disgraziate
si
consumassero
gli
occhi
sui
bossoli
,
senza
peraltro
rallentare
il
ritmo
del
lavoro
,
era
talmente
fioca
e
vaga
la
luce
che
scendeva
dalle
finestre
polverose
,
protette
da
grate
,
scavate
come
feritoie
nei
muri
spessi
due
metri
,
da
togliere
ogni
garanzia
al
controllo
più
volenteroso
.
Né
l
'
aggiunta
di
luce
artificiale
poteva
giovare
granché
.
Escluse
per
ovvie
ragioni
le
lampade
a
petrolio
o
a
gas
,
furono
appese
sui
banconi
di
caricamento
alcune
lampadine
elettriche
:
modeste
bolle
di
vetro
,
nelle
quali
i
filamenti
di
carbone
,
simili
a
vermiciattoli
incandescenti
,
emettevano
un
bagliore
rossiccio
e
sbadiglioso
.
Curve
attorno
ai
banconi
di
rozzo
castagno
,
le
operaie
sgranavano
gli
occhi
sui
tubetti
d
'
ottone
.
Li
scrutavano
talmente
da
vicino
,
che
le
ciglia
sfioravano
il
metallo
.
D
'
altronde
,
correva
voce
che
la
Duplice
stesse
architettando
un
'
aggressione
proditoria
ai
danni
della
Triplice
.
Il
ministro
della
guerra
,
Bertolè
Viale
,
era
inquieto
.
Sollecitava
,
con
lunghi
dispacci
cifrati
,
una
maggior
produzione
di
cartucce
.
Si
era
già
raggiunta
la
«
prodigiosa
»
sfornata
di
500.000
pezzi
al
giorno
.
Troppi
,
per
un
lavoro
tanto
delicato
.
Fu
allora
che
il
capitano
Vincenzo
Muricchio
,
il
quale
non
aveva
affatto
l
'
aria
di
un
topo
da
esperimenti
,
rivelò
per
la
prima
volta
le
sue
migliori
qualità
;
le
stesse
che
di
lì
a
poco
dovevano
affrettare
la
nascita
del
«'91»
.
Il
colonnello
Garau
non
era
tipo
da
prendere
in
considerazione
le
questioni
sociali
o
da
lasciarsene
impietosire
.
Il
suo
motto
,
durante
le
agitazioni
popolari
,
era
quello
del
generale
Bava
-
Beccaris
:
«
Voi
cantate
i
vostri
inni
,
noi
spariamo
i
nostri
cannoni
»
.
Per
eliminare
i
bossoli
difettosi
ritenne
buon
sistema
tempestare
di
multe
le
operaie
.
Molte
di
quelle
disgraziate
,
pagate
una
lira
al
giorno
,
arrivavano
ogni
mattina
in
diligenza
dai
paesi
vicini
.
Alcune
si
facevano
,
all
'
alba
,
perfino
sei
o
sette
chilometri
a
piedi
,
e
altrettanti
la
sera
.
A
partire
dal
1880
,
specialmente
in
Emilia
,
erano
sorti
circoli
,
associazioni
e
cooperative
di
lavoratori
.
La
parola
di
Costa
,
Lazzari
,
Bissolati
e
Turati
alimentava
un
socialismo
in
cui
si
mescolavano
l
'
arditismo
garibaldino
,
il
cuore
di
De
Amicis
e
la
commozione
civile
di
Pascoli
.
Era
un
socialismo
molto
lontano
da
Marx
,
ma
più
vicino
alla
natura
degli
italiani
e
alla
riscossa
del
Risorgimento
.
Tutto
sommato
,
controllava
le
masse
assai
meno
dell
'
attuale
comunismo
.
Le
autorità
provinciali
vivevano
meno
tranquille
di
quelle
d
'
oggi
.
Specialmente
fra
la
Romagna
e
il
Po
.
Le
multe
a
catena
del
colonnello
Garau
stavano
per
creare
pasticci
nello
stabilimento
di
Bologna
,
allorché
il
capitano
Muricchio
,
rammentandosi
degli
specchi
ustori
ideati
da
Archimede
a
Siracusa
,
trovò
il
sistema
di
quintuplicare
la
luminosità
delle
lampade
a
filamento
di
carbone
.
Bastava
avvitarle
in
una
conchiglia
foderata
di
metallo
ben
lucidato
o
addirittura
di
specchio
.
Nacquero
così
,
in
embrione
,
i
primi
«
riflettori
parabolici
»
usati
dall
'
Esercito
.
Puntati
sui
tavoloní
dello
stabilimento
,
permisero
alle
operaie
di
scartare
la
quasi
totalità
dei
bossoli
difettosi
.
In
conseguenza
di
ciò
,
il
colonnello
Garau
chiamò
a
rapporto
il
suo
ingegnoso
capitano
e
gli
disse
così
:
«
Dovrei
punirla
per
aver
adoperato
,
nelle
sue
esperienze
ottiche
,
materiale
dello
stato
senza
riempire
l
'
apposito
modulo
di
richiesta
e
aspettarne
l
'
approvazione
,
debitamente
vistata
dalla
sezione
staccata
di
artiglieria
.
Ma
in
considerazione
dell
'
utilità
dei
suoi
riflettori
,
mi
limito
a
un
rimprovero
verbale
semplice
.
Debbo
tuttavia
significarle
la
mia
soddisfazione
per
il
suo
attaccamento
all
'
Officina
.
Vada
pure
»
.
E
il
capitano
,
battuti
seccamente
i
tacchi
,
andò
.
Oggi
,
a
distanza
di
quasi
settant
'
anni
,
rammenta
benissimo
quella
giornata
di
marzo
;
i
tetti
bolognesi
ancora
screziati
di
neve
;
le
operaie
,
dalle
mani
screpolate
dal
freddo
,
che
ormai
gli
sorridevano
,
timidamente
,
come
a
un
amico
.
Rammenta
anche
la
vaga
tristezza
che
le
parole
asciutte
del
colonnello
gli
avevano
lasciato
nell
'
anima
.
Tanto
che
quella
sera
,
anziché
spassarsela
allegramente
coi
colleghi
più
brillanti
nei
soliti
locali
di
via
Indipendenza
,
via
Rizzoli
e
via
Galliera
,
si
ritirò
presto
nella
stanzetta
a
pigione
(
lire
venti
mensili
compresa
la
lavatura
della
biancheria
e
il
riscaldamento
)
e
si
sprofondò
nelle
letture
preferite
.
Testi
e
riviste
di
balistica
,
naturalmente
;
e
in
modo
speciale
alcune
pubblicazioni
assai
recenti
che
trattavano
un
argomento
di
appassionante
attualità
:
i
fucili
militari
a
ripetizione
di
piccolo
calibro
.
Quello
,
e
non
le
lampade
a
riflettore
,
era
l
'
obiettivo
da
raggiungere
!
Il
Weterly
,
a
parte
il
suo
peso
eccessivo
(
kg.
4,100
)
e
la
mole
ingombrante
delle
munizioni
,
non
era
un
cattivo
fucile
.
Creato
nel
1870
,
l
'
esercito
olandese
lo
adottò
contemporaneamente
al
nostro
.
Nato
come
arma
a
retrocarica
a
un
solo
colpo
,
il
capitano
d
'
artiglieria
Vitali
lo
aveva
modernizzato
,
qualche
anno
dopo
,
applicandovi
un
meccanismo
a
«
ripetizione
»
.
È
vero
che
lo
scontro
di
Dogali
,
nell'87
,
avrebbe
forse
potuto
risolversi
in
modo
meno
disastroso
per
la
nostra
truppa
se
ogni
soldato
avesse
avuto
con
sé
maggior
numero
di
cartucce
;
ma
è
altrettanto
vero
che
contro
i
nostri
500
morti
caddero
ben
1800
seguaci
di
ras
Alulà
.
Il
Weterly
era
,
dunque
,
assai
preciso
e
munito
di
un
ordigno
di
caricamento
difficilmente
inceppabile
.
La
strage
di
Dogali
non
portò
,
comunque
,
a
una
seria
revisione
del
nostro
apparato
militare
.
Gli
strali
dell
'
opinione
pubblica
sfiorarono
lo
stato
maggiore
,
allora
capeggiato
dal
generale
Enrico
Cosenz
,
e
andarono
a
piantarsi
nella
redingote
di
Francesco
Crispi
.
Gli
aedi
nazionali
si
allearono
con
gli
avversari
del
ministro
siciliano
.
D
'
Annunzio
,
che
in
seguito
doveva
diventare
il
«
cantore
»
ufficiale
di
ogni
impresa
«
d
'
oltremare
»
,
definì
«
bruti
di
Dogali
»
i
soldati
caduti
attorno
al
tenente
colonnello
De
Cristoforis
.
Carducci
si
rifiutò
d
'
inaugurare
il
monumento
a
quei
valorosi
,
dichiarando
che
non
avrebbe
speso
una
parola
per
le
«
vittime
di
una
spedizione
inconsulta
»
.
Nel
maggio
del
1890
,
quando
il
collonnello
Garau
si
recò
a
Roma
,
Vittorio
Emanuele
,
ventunenne
,
assunse
il
suo
primo
comando
di
reggimento
:
il
l
°
fanteria
,
di
stanza
a
Napoli
.
Il
principe
scriveva
spesso
al
colonnello
Osio
,
che
era
stato
suo
«
governatore
»
,
le
sue
impressioni
di
comandante
.
Leggendole
oggi
,
si
ha
la
sensazione
di
quanto
il
futuro
re
fosse
amareggiato
e
deluso
.
Eccone
una
:
«
Mi
rincresce
di
fare
il
terribile
,
mi
secca
di
fare
il
cane
,
ma
il
giorno
di
Pasqua
ho
fatto
una
vera
catastrofe
,
alla
12a
Compagnia
,
dove
una
piccola
inchiesta
da
me
fatta
fece
risultare
gravi
irregolarità
nell
'
ordinare
il
servizio
di
picchetto
armato
:
ho
punito
il
furiere
e
cinque
graduati
;
inoltre
ho
inflitto
il
massimo
di
45
giorni
,
come
prima
punizione
,
a
un
soldato
avellinese
,
classe
1869
,
che
si
era
fatto
esentare
dal
picchetto
,
imponendosi
a
due
suoi
compagni
.
Ho
potuto
far
cogliere
un
ladro
e
consegnarlo
al
tribunale
.
Ho
potuto
mettere
la
mano
su
quattro
ladri
che
infestavano
la
compagnia
:
a
uno
ho
inflitto
i
45
giorni
a
due
i
15
di
rigore
e
per
uno
convoco
oggi
la
commissione
di
disciplina
.
Poco
fa
ho
inflitto
í
30
giorni
(
15
più
15
)
a
un
soldato
che
pagava
un
compagno
per
farsi
sostituire
di
'
corvée
'
,
minacciandolo
se
non
lo
sostituiva
.
Il
mio
plotone
allievi
ufficiali
ha
raggiunto
il
numero
di
ben
104
allievi
:
fra
breve
saranno
103
,
perché
ne
ho
scacciato
uno
per
aver
rubato
un
libro
a
un
compagno
.
Oggi
un
consiglio
di
disciplina
reggimentale
ha
all
'
unanimità
deciso
per
la
rimozione
del
tenente
Baríola
(
nipote
del
generale
)
per
grave
mancanza
contro
l
'
onore
:
mi
sono
dovuto
decidere
a
fare
questa
esecuzione
:
è
il
secondo
ufficiale
che
liquido
dal
principio
dell
'
anno
e
temo
che
testé
un
paio
d
'
altri
saranno
per
avere
la
stessa
fine
»
.
Ed
ecco
un
'
altra
lettera
del
colonnello
Vittorio
Emanuele
allo
stesso
Osio
,
ancora
più
significativa
:
«
Oggi
ho
visto
a
San
Potito
i
lavori
che
il
Genio
sta
facendo
.
Un
mese
fa
mi
fu
riferito
che
nella
volta
del
camerone
occupato
dalla
1a
Compagnia
si
erano
formate
delle
lesioni
.
Andai
subito
a
vedere
e
non
essendo
rassicurato
da
quanto
vidi
,
mandai
subito
a
chiamare
il
capitano
del
Genio
(
ora
l
'
hanno
fatto
maggiore
)
che
aveva
i
quartieri
dalla
parte
superiore
della
città
.
Questo
egregio
signore
vide
e
pronunciò
essere
lesioni
limitate
al
solo
intonaco
.
Non
essendo
ancora
tranquillo
per
la
pelle
dei
miei
soldati
,
feci
chiamare
il
colonnello
del
Genio
che
verificò
esservi
forse
qualche
pericolo
.
Non
ancora
contento
,
parlai
della
cosa
al
generale
Corvetto
,
che
,
quando
ero
a
Persano
,
fece
visitare
il
fabbricato
al
generale
De
Benedictis
;
a
farla
breve
,
la
volta
fu
dichiarata
in
pericolo
imminente
;
furono
fatte
sgombrare
e
mandate
in
Castel
dell
'
Ovo
due
mie
compagnie
;
e
tolto
l
'
intonaco
,
si
scoprirono
numerose
e
profonde
lesioni
.
Incredibile
ma
vero
!
»
.
Esistono
,
nel
carteggio
fra
il
principe
e
Osio
,
altre
annotazioni
e
osservazioni
,
dalle
quali
risulta
in
modo
trasparente
che
Vittorio
,
nel
biennio
'90-92
,
si
accorse
,
per
diretta
esperienza
,
quanto
fosse
lontano
il
suo
esercito
da
quello
ideale
che
aveva
sognato
,
giovinetto
,
leggendo
i
classici
greci
e
romani
.
Gli
ufficiali
carichi
di
debiti
,
ricattati
dagli
strozzini
,
impegolati
con
gente
di
malaffare
,
ivi
compresi
i
«
camorristi
»
,
erano
una
quantità
.
Le
soperchierie
dei
sottufficiali
furieri
,
all
'
ordine
del
giorno
.
La
tranquilla
,
oleografica
ignoranza
di
molti
ufficiali
d
'
alto
grado
,
una
piaga
profonda
.
Il
colonnello
Garau
,
preannunciato
da
un
dispaccio
protocollato
«
segretissimo
»
,
non
fece
anticamera
.
Fu
subito
ammesso
alla
presenza
del
ministro
Bertolè
Viale
,
il
quale
,
per
la
circostanza
,
aveva
convocato
il
capo
di
S
.
M
.
Cosenz
e
il
tenente
generale
Cesare
Ricotti
Magnani
,
una
delle
colonne
dell
'
Esercito
,
futuro
ministro
.
Il
colonnello
esibì
il
materiale
che
si
era
portato
da
Bologna
e
illustrò
ai
tre
generali
i
meriti
del
nuovo
calibro
7
,
nonché
i
vantaggi
presentati
dalle
pallottole
incamiciate
di
acciaio
.
Fece
la
sua
relazione
mantenendo
una
secca
posizione
di
attenti
,
a
fronte
alta
,
con
militare
sobrietà
.
I
tre
generali
,
sul
cui
petto
spiccavano
le
decorazioni
guadagnate
nelle
battaglie
per
l
'
unità
patria
,
esaminarono
piuttosto
freddamente
fucili
,
proiettili
,
bersagli
e
pallottole
.
Le
pupille
acute
del
generale
Cosenz
,
che
nel
'60
aveva
risalito
l
'
Italia
meridionale
assieme
a
Garibaldi
e
Bixío
,
lampeggiavano
dietro
gli
occhiali
cerchiati
di
semplice
metallo
bianco
.
Ricotti
,
reduce
di
Crimea
,
si
pizzicava
,
di
tanto
in
tanto
,
la
punta
dei
baffetti
brizzolati
.
Alla
fine
,
i
tre
si
appartarono
in
fondo
al
salone
barocco
,
parlamentarono
una
decina
di
minuti
,
quindi
pronunciarono
il
loro
responso
per
bocca
del
ministro
:
«
Caro
colonnello
,
mi
compiaccio
per
quanto
è
riuscito
a
portarci
.
Siamo
sulla
buona
strada
.
Ma
la
faccenda
dei
proiettili
rivestiti
d
'
acciaio
,
purtroppo
non
va
bene
.
C
'
è
di
mezzo
quella
benedetta
Convenzione
di
Ginevra
!
Non
è
mica
più
come
al
nostro
bel
tempo
,
che
la
guerra
si
faceva
come
si
voleva
e
,
perbacco
!
,
si
vinceva
come
si
poteva
!
Ora
c
'
è
Ginevra
:
una
città
che
ha
un
nome
da
vivandiera
.
A
Ginevra
hanno
stabilito
,
tutti
d
'
accordo
,
che
non
si
possono
usare
pallottole
di
ferro
o
d
'
acciaio
,
perché
possono
arrugginire
e
infettare
le
ferite
.
Figuriamoci
!
Infettare
!
Noi
,
che
ai
nostri
giorni
ci
medicavamo
le
ferite
con
la
saliva
!
Ma
lasciamo
andare
...
Perciò
,
il
suo
fucile
è
una
bella
cosa
,
ma
le
pallottole
non
vanno
.
Bisogna
trovare
qualche
altra
diavoleria
,
per
accontentare
madama
Ginevra
.
Torni
a
Bologna
e
ci
tenga
informati
.
Ciarea
»
.
Altro
che
promozione
a
generale
!
Il
colonnello
Garau
prese
il
primo
diretto
per
Bologna
,
non
senza
aver
appioppato
alcuni
giorni
di
rigore
ai
militari
del
suo
seguito
.
Durante
il
viaggio
,
preparò
accuratamente
il
«
cicchetto
»
da
somministrare
a
Muricchio
e
agli
altri
dell
'
Ufficio
Metalli
;
colpevoli
di
non
avergli
ricordato
la
Convenzione
di
Ginevra
,
stramaledetta
invenzione
di
vecchie
zitelle
!
Come
se
in
guerra
,
dove
ci
si
ammazza
più
che
si
può
,
le
infezioni
fossero
una
preoccupazione
seria
!
Roba
da
matti
!
Nel
'93
,
quando
Menelik
II
denunciò
il
patto
di
Uccialli
,
il
primo
«'91»
non
era
ancora
stato
consegnato
all
'
esercito
.
Nel
1894
apparvero
sull
'
«
Illustrazione
Italiana
»
le
prime
immagini
«
ufficiali
»
del
nuovo
fucile
,
assieme
alla
notizia
che
in
certe
vetrine
di
armaioli
,
a
Milano
e
Bologna
,
erano
apparsi
dei
fucili
dello
stesso
calibro
e
modello
,
adattati
per
la
caccia
al
camoscio
e
allo
stambecco
.
Dopo
aver
accusato
un
po
'
tutti
di
«
tradimento
»
e
«
spionaggio
»
(
reati
allora
di
moda
)
,
si
scoprì
che
alcuni
fucili
e
moschetti
non
perfettamente
riusciti
,
e
che
pertanto
l
'
armeria
di
Terni
avrebbe
dovuto
immediatamente
distruggere
a
colpi
dí
maglio
,
erano
stati
«
intrallazzati
»
da
un
capo
tecnico
,
il
quale
se
li
era
portati
a
casa
,
li
aveva
trasformati
e
ceduti
a
un
armaiolo
.
Il
capo
tecnico
,
avente
a
carico
moglie
,
madre
,
suocera
e
cinque
figli
,
il
tutto
con
una
paga
giornaliera
di
circa
tre
lire
,
chiese
perdono
in
ginocchio
,
ma
finì
in
prigione
per
un
numero
d
'
anni
superiore
a
quello
dei
fucili
sottratti
.
L
'
anno
seguente
,
1895
,
il
7
dicembre
,
Menelik
II
(
che
cinque
anni
prima
aveva
coniato
monete
con
la
testa
di
re
Umberto
)
mandò
una
colonna
di
20.000
uomini
a
liquidare
i
2500
soldati
che
,
agli
ordini
del
maggiore
Toselli
,
occupavano
l
'
Amba
Alagi
,
sulla
frontiera
dello
Scioa
.
Gli
abissini
,
provenienti
dalle
montagne
dell
'
Amara
,
erano
scalzi
ma
muniti
di
quegli
ottimi
fucili
Weterly
che
il
negus
aveva
ottenuto
col
trattato
di
Uccialli
;
i
nostri
,
a
parte
qualche
centinaio
di
«'91»
ricevuti
,
con
contagocce
,
dalla
madre
patria
,
erano
anch
'
essi
armati
di
Weterly
,
ma
non
così
in
buono
stato
come
quelli
del
nemico
.
Dopo
una
mischia
furibonda
,
uno
contro
dieci
,
tutti
í
nostri
uomini
caddero
sul
campo
,
nessuno
escluso
,
dal
comandante
all
'
ultimo
conducente
di
muli
.
I
feriti
vennero
passati
a
fil
di
spada
.
Fu
certamente
il
più
fosco
Natale
della
nostra
storia
.
Il
generale
Baratieri
,
che
in
seguito
alle
sue
modeste
vittorie
contro
i
Dervisci
e
ras
Mangascià
era
considerato
come
un
misto
di
Scipione
e
Alessandro
Magno
,
diventò
bersaglio
di
attacchi
giornalistici
,
vignette
umoristiche
e
sberleffi
popolari
.
Restò
tuttavia
in
Africa
,
poiché
il
suo
vecchio
amico
Crispi
,
divenuto
presidente
del
Consiglio
nonostante
la
Banca
Romana
,
ne
difese
caldamente
la
posizione
.
Il
7
gennaio
1896
,
al
Barattieri
che
gli
chiedeva
uomini
,
migliaia
di
fucili
«'91»
e
un
forte
quantitativo
di
munizioni
,
Críspi
inviò
il
seguente
telegramma
:
«
Il
Paese
aspetta
da
te
una
vittoria
risolutiva
.
Quanto
alle
tue
richieste
,
Mocenni
(
ministro
della
Guerra
)
mi
fa
notare
che
un
invio
di
nuove
truppe
sarebbe
non
soltanto
inutile
ma
dannoso
,
poiché
non
avremmo
da
armarle
e
approvvigionarle
convenientemente
.
Ti
abbraccio
Francesco
»
.
Era
un
po
'
poco
.
Infatti
,
qualche
settimana
dopo
,
ai
primissimi
di
marzo
,
una
valanga
urlante
di
abissini
,
che
già
ci
avevano
tolta
Macallè
,
si
abbatté
sulle
nostre
truppe
nella
conca
di
Adua
,
capitale
del
conteso
Tigrè
.
Non
fu
,
come
molti
credono
,
un
'
unica
battaglia
campale
durata
alcuni
giorni
:
fu
un
carosello
di
scontri
e
mischie
feroci
combattute
,
fra
imboscate
e
sorprese
tattiche
,
nell
'
altopiano
attorno
al
Monte
Sullotà
.
I
guerrieri
di
Menelik
,
dopo
aver
accorciate
le
distanze
con
una
nutrita
massa
di
fuoco
,
attaccarono
in
ogni
luogo
all
'
arma
bianca
,
col
pugnale
e
la
scimitarra
.
Il
più
grave
,
fu
che
il
nostro
schieramento
non
era
affatto
difensivo
,
ma
in
formazione
d
'
avanzata
:
poiché
i
tre
comandanti
in
sottordine
del
corpo
di
spedizione
Arimondi
,
Dabormida
e
Albertone
avevano
ricevuto
dal
comandante
in
capo
,
Baratieri
,
l
'
improvviso
ordine
di
marciare
sul
grosso
degli
abissini
,
ciascuno
a
capo
di
una
colonna
.
L
'
ordine
scritto
era
accompagnato
da
un
foglietto
a
quadretti
,
su
cui
il
generale
aveva
schizzato
a
matita
,
un
piano
molto
sommario
dell
'
operazione
.
Quell
'
attacco
non
aveva
,
a
conti
fatti
,
alcuna
giustificazione
strategica
;
ma
il
Baratieri
temeva
di
essere
sostituito
dal
collega
Baldissera
,
arrivato
dall
'
Italia
invece
delle
armi
richieste
,
e
perciò
aveva
fretta
di
brillare
.
La
colonna
Albertone
,
investita
per
prima
,
sulla
sinistra
,
tentò
di
ripiegare
al
centro
,
dove
travolse
la
colonna
Arimondi
mentre
si
stava
attestando
su
posizioni
di
resistenza
.
La
colonna
Dabormida
,
sulla
destra
,
non
sapendo
dove
esattamente
si
trovassero
gli
altri
nostri
reparti
,
si
mosse
a
casaccio
,
perse
l
'
orientamento
,
sbagliò
strada
,
s
'
isolò
completamente
e
venne
sopraffatta
.
La
mattina
del
5
marzo
1896
,
giunse
a
Roma
il
rapporto
di
Baratieri
e
Baldissera
(
«
Non
ti
fidar
di
quella
gente
nera
!
»
cantavano
i
contadini
e
gli
operai
lavorando
)
sull
'
esito
della
battaglia
.
Rapporto
spaventoso
,
nonostante
le
prime
cifre
fossero
alquanto
ammaestrate
:
10.000
soldati
uccisi
,
feriti
o
prigionieri
,
sui
17.000
che
avevano
combattuto
;
200
ufficiali
,
compreso
il
Dabormida
,
rimasti
sul
campo
di
battaglia
.
Tutte
le
artiglierie
e
il
90%
delle
armi
individuali
e
delle
munizioni
,
rimasti
in
mano
nemica
.
Baratieri
,
rimosso
dal
comando
,
si
ebbe
,
volta
a
volta
,
per
diversi
anni
,
le
seguenti
qualifiche
:
imbelle
,
imbecille
,
tardo
,
fellone
,
inetto
,
rammollito
e
traditore
.
Baldissera
,
che
lo
sostituì
,
ebbe
l
'
incarico
dal
ministro
Di
Rudinì
,
successore
di
Crispi
,
di
sganciarsi
ripiegando
cautamente
.
Strada
facendo
,
Adigrat
e
Cassala
furono
liberate
dall
'
assedio
.
Nell
'
ottobre
del
'96
,
la
pace
fu
firmata
.
A
Menelik
fu
riconosciuta
«
un
'
indipendenza
assoluta
e
senza
riserve
»
,
più
la
sovranità
del
Tigrè
,
più
10
milioni
a
titolo
d
'
indennizzo
.
Nei
mesi
che
seguirono
,
le
statistiche
ministeriali
segnalarono
che
la
fabbricazione
del
«'91»
aveva
acquistato
,
finalmente
,
un
ritmo
encomiabile
.
Il
tenente
generale
Tancredi
Saletta
,
capo
di
stato
maggiore
,
ne
prese
atto
con
viva
soddisfazione
.
Se
mai
il
«'91»
,
nato
nell
'
Officina
Pirotecnica
di
Bologna
dalle
intuizioni
del
capitano
Muricchío
e
dal
lavoro
paziente
di
tanti
tecnici
,
fu
protagonista
assoluto
di
una
pagina
militare
,
ciò
avvenne
proprio
fra
l
'
estate
del
1916
e
quella
del
1917
:
quando
lo
stato
maggiore
,
capeggiato
da
Luigi
Cadorna
,
si
ostinò
a
spezzare
con
battaglie
frontali
,
assalti
all
'
arma
bianca
continui
e
tentativi
di
sfondamento
diretto
,
la
resistenza
di
un
nemico
arroccato
su
posizioni
di
resistenza
formidabili
,
annidato
dietro
il
ventaglio
micidiale
delle
mitragliatrici
e
i
grovigli
spinosi
dei
reticolati
.
A
distanza
di
quarant
'
anni
,
riesaminando
le
testimonianze
più
obiettive
del
primo
conflitto
mondiale
,
si
resta
ancora
sgomenti
,
immaginando
quelle
onde
brulicanti
di
uomini
«
oscuri
»
infrangersi
invano
contro
le
difese
nemiche
,
al
grido
disperato
dei
loro
motti
guerreschi
.
Gli
alpini
del
«
Susa
»
che
cadevano
a
plotoni
quasi
affiancati
sull
'
Ortigara
,
gridando
«
A
brusa
,
souta
'
l
Susa
!
»
;
quelli
dell
'
«
Ivrea
»
,
che
scattavano
alla
baionetta
urlando
il
loro
«
Tuic
un
!
»
,
tutti
per
uno
.
Coloro
che
riferendosi
alla
rotta
di
Caporetto
,
nell
'
autunno
del
'17
,
emettono
giudizi
avventati
sull
'
efficienza
media
del
soldato
italiano
,
ignorano
o
dimenticano
che
soltanto
nella
stolta
battaglia
della
Bainsizza
perdemmo
150.000
uomini
,
con
impressionante
percentuale
di
caduti
.
E
a
giudicare
severamente
il
generale
Cadorna
basterebbe
il
comunicato
diramato
dal
Comando
Supremo
il
28
ottobre
1917
,
per
annunciare
il
rovescio
di
Caporetto
:
«
La
mancata
resistenza
dei
reparti
della
seconda
Armata
,
vilmente
ritiratisi
senza
combattere
o
ignominiosamente
arresisi
al
nemico
,
ha
permesso
alle
forze
austrogermaniche
di
rompere
la
nostra
ala
sinistra
sulla
fronte
Giulia
»
.
Così
,
mentre
nelle
retrovie
sconvolte
i
«'91»
erano
adoperati
per
fucilare
sul
posto
i
retrocedenti
della
seconda
Armata
,
si
cercava
,
come
primo
provvedimento
,
di
addossare
ogni
responsabilità
del
disastro
alla
«
viltà
»
degli
uomini
«
oscuri
»
che
per
mesi
e
mesi
erano
stati
gettati
,
come
cose
,
nella
fornace
di
ostinate
e
stupide
battaglie
frontali
.
A
Caporetto
,
perdemmo
circa
400.000
uomini
,
centinaia
di
migliaia
di
armi
individuali
,
centinaia
di
batterie
d
'
artiglieria
leggera
e
pesante
,
innumerevoli
depositi
di
materiali
d
'
ogni
genere
.
Nonostante
la
maggioranza
dei
nostri
soldati
in
rotta
avesse
conservato
le
armi
(
come
,
a
distanza
di
23
anni
,
avvenne
in
Albania
,
in
Africa
e
perfino
nel
calvario
del
fronte
russo
)
,
la
strada
di
Caporetto
,
fra
colonne
di
profughi
sconvolti
,
civili
e
villaggi
abbandonati
,
apparve
tristemente
disseminata
di
fucili
,
affusti
,
carriaggi
,
munizioni
.
Ai
posti
di
blocco
,
i
soldati
inermi
venivano
molto
spesso
sottoposti
alla
decimazione
.
I
«
vili
»
dell
'
ottobre
'17
dimostrarono
di
essere
tutt
'
altro
che
tali
nel
giugno
del
1918
,
allorché
gli
austriaci
,
sia
pure
stremati
,
trovarono
inflessibile
resistenza
ai
loro
violenti
attacchi
su
tutto
il
nuovo
fronte
,
dagli
Altipiani
al
mare
,
sul
Grappa
e
sul
Piave
.
Ma
Vittorio
Veneto
,
nonostante
l
'
ebbrezza
della
vittoria
,
non
riuscì
a
chiudere
la
piaga
che
quattro
anni
di
una
guerra
mal
diretta
da
generali
in
polemica
fra
loro
e
minata
alle
spalle
da
esibizionismi
politici
avevano
aperta
nel
popolo
italiano
.
Un
solco
profondo
divideva
le
masse
deluse
e
insoddisfatte
e
una
classe
dirigente
che
nascondeva
sotto
astratti
schemi
politici
la
sua
mancanza
d
'
idee
e
di
convinzioni
.
Gli
uomini
«
oscuri
»
che
Cadorna
aveva
additati
al
disprezzo
degli
italiani
nell
'
autunno
del
'17
tornarono
a
casa
con
una
polizza
da
1000
lire
e
un
vestituccio
blu
di
cattiva
stoffa
elargito
dallo
stato
.
Erano
in
stragrande
maggioranza
contadini
,
poiché
la
gran
massa
degli
operai
siderurgici
era
stata
esonerata
e
,
sia
pure
nelle
strettoie
della
militarizzazione
,
era
rimasta
nelle
officine
.
I
giovani
ufficiali
di
complemento
,
alcuni
dei
quali
erano
partiti
per
la
guerra
imberbi
e
ne
ritornavano
maturi
ma
senza
precise
capacità
professionali
,
sprofondavano
nell
'
abbandono
morale
.
Tutti
contro
tutti
,
per
un
vago
ma
profondo
senso
di
rancore
.
Non
rientra
nei
limiti
di
questa
storia
l
'
analisi
del
«
fenomeno
»
fascista
.
Ma
c
'
interessa
l
'
apparizione
delle
armi
in
dotazione
all
'
esercito
fra
le
mani
degli
squadristi
,
in
camicia
nera
,
che
parteciparono
alle
spedizioni
punitive
dell
'
immediato
dopoguerra
e
nell
'
ottobre
del
1922
presero
parte
,
nel
numero
di
oltre
30.000
,
alla
marcia
su
Roma
.
L
'
armamento
dei
seguaci
di
Mussolini
era
,
per
lo
più
,
quello
degli
«
arditi
»
di
guerra
,
le
«
fiamme
nere
»
costituite
per
operazioni
d
'
assalto
:
bombe
«
sipe
»
a
forma
di
pigna
,
pugnali
da
tenere
«
fra
i
denti
»
,
rivoltelle
Glisenti
o
Mauser
,
con
fodero
di
legno
,
trovate
nei
magazzini
austriaci
o
addosso
agli
ufficiali
nemici
fatti
prigionieri
.
Ma
basta
avere
sott
'
occhio
la
testimonianza
fotografica
delle
«
spedizioni
punitive
»
e
della
«
marcia
»
finale
,
per
constatare
che
numerosi
squadristi
erano
armati
con
fucili
e
moschetti
«'91»
.
Non
vi
è
dubbio
che
molti
di
essi
furono
«
passati
»
,
sotto
mano
,
alle
camicie
nere
da
ufficiali
che
simpatizzavano
col
movimento
mussoliniano
.
Non
esistono
a
tutt
'
oggi
prove
concrete
che
nel
1921-22
le
autorità
militari
,
facenti
capo
al
ministero
della
Guerra
,
abbiano
ufficialmente
favorito
gli
squadristi
rifornendo
di
armi
.
Sappiamo
soltanto
che
alcuni
comandanti
di
reparto
«
lasciarono
socchiusi
»
i
magazzini
e
le
armerie
,
assumendosi
personalmente
il
rischio
(
del
resto
assai
limitato
)
di
tale
operato
.
Sappiamo
che
a
Firenze
,
il
colonnello
comandante
l'84a
Fanteria
,
con
caserma
in
corso
Tintori
,
concesse
agli
squadristi
locali
alcuni
camion
«18
BL
»
in
sovrannumero
e
un
certo
quantitativo
di
«'91»
con
le
relative
munizioni
;
sappiamo
che
diversi
fucili
,
un
paio
di
mitragliatrici
«
Saint
-
Etienne
»
e
un
certo
numero
di
bombe
uscirono
di
notte
tempo
da
una
caserma
di
Cremona
,
comandata
da
un
colonnello
legato
da
vecchia
amicizia
con
Roberto
Farinacci
;
una
quantità
abbastanza
rilevante
di
armi
,
rivoltelle
e
fucili
,
fu
consegnata
ai
fascisti
da
singoli
ufficiali
,
anche
di
Marina
,
alla
Spezia
,
a
Napoli
,
ad
Ancona
:
ma
specialmente
a
Foggia
e
a
Bari
,
dove
le
«
spedizioni
»
per
annientare
le
«
leghe
»
dei
braccianti
della
Capitanata
erano
più
frequenti
che
altrove
.
A
Bologna
,
un
maggiore
dei
bersaglieri
fece
avere
un
quantitativo
abbastanza
modesto
di
armi
ai
giovanotti
col
teschio
cucito
sul
petto
che
obbedivano
a
Leandro
Arpinati
e
Arconovaldo
Bonaccorsi
.
Ma
è
doveroso
dire
che
nel
1921
,
sotto
la
presidenza
del
Consiglio
dell
'
onorevole
Bonomi
,
fu
aperta
un
'
inchiesta
a
carico
degli
ufficiali
delle
Forze
Armate
che
avevano
procurato
armi
alle
camicie
nere
.
Non
bisogna
del
resto
dimenticare
che
almeno
quattro
generali
facevano
parte
,
fin
dalla
così
detta
«
vigilia
»
,
delle
formazioni
fasciste
:
De
Bono
,
Fara
,
Ceccherini
e
Zamboni
,
i
quali
parteciparono
regolarmente
alla
«
marcia
»
del
28
ottobre
;
e
che
altri
generali
e
ufficiali
superiori
,
benché
più
cautamente
,
avevano
aderito
al
fascismo
fin
dalle
sue
prime
avvisaglie
.
A
Mussolini
e
ai
suoi
«
quadrumviri
»
non
mancavano
certo
autorevoli
intermediari
presso
i
magazzini
militari
.
Ma
non
furono
certo
i
«'91»
,
le
bombe
e
le
mitragliatrici
che
aprirono
la
strada
della
capitale
agli
squadristi
per
i
quali
Oscar
Uccelli
,
più
tardi
prefetto
,
preparò
una
base
logistica
a
Perugia
.
L
'
Appia
,
la
Salaria
,
l
'
Aurelia
,
la
Flaminia
,
le
Ferrovie
dello
Stato
,
furono
facile
cammino
per
coloro
che
parevano
la
salvezza
giovanile
,
entusiasta
e
disinteressata
di
un
mondo
stanco
e
confuso
.
In
Etiopia
,
dall
'
ottobre
del
1935
al
maggio
del
'36
,
fra
truppe
di
primo
impiego
,
complementi
e
riserve
,
combatterono
circa
250.000
uomini
.
Il
«'91»
di
Adua
,
di
Tripoli
,
della
Bainsizza
e
del
Píave
,
nato
nella
Bologna
di
Carducci
,
costruito
a
Terni
e
nelle
armerie
ausiliarie
del
Garda
,
nelle
due
taglie
di
fucile
e
moschetto
,
fu
l
'
arma
degli
uomini
incorporati
nella
«
Tevere
»
,
nella
«
Gavinana
»
,
nella
«
Peloritana
»
,
nella
«
XIII
Marzo
»
;
dei
genieri
partiti
dai
centri
di
mobilitazione
di
Firenze
,
Bologna
,
Roma
,
Santa
Maria
Capua
Vetere
,
Piacenza
;
degli
alpini
,
dei
carristi
,
dei
«
dubat
»
.
Quanto
alle
armi
di
reparto
e
di
copertura
,
affluirono
a
Massaua
e
Mogadiscio
in
numero
assai
considerevole
:
5700
mitragliatrici
,
155
batterie
d
'
artiglieria
e
145
carri
armati
,
fra
i
quali
molti
veloci
,
del
tipo
«C.L.»,
«
Carden
Loyd
»
.
In
quanto
tempo
aveva
calcolato
di
concludere
la
sua
impresa
imperiale
,
Mussolini
?
Essendosi
autonominato
nel
luglio
del
1933
ministro
della
Guerra
,
la
cosa
lo
riguardava
doppiamente
.
Suo
capo
di
stato
maggiore
era
un
generale
designato
d
'
Armata
,
che
spesso
aveva
cantato
Giovinezza
di
fronte
alle
truppe
inquadrate
e
che
un
giorno
aveva
presentato
al
«
duce
»
la
«
rispettosa
e
unanime
domanda
degli
ufficiali
in
s.p.e.
»
di
ottenere
l
'
onore
della
tessera
fascista
.
Mussolini
lo
aveva
ascoltato
con
espressione
austera
,
poi
,
come
soffocando
un
'
onda
di
commozione
,
aveva
risposto
:
«
Fate
sapere
agli
ufficiali
,
superiori
e
subalterni
,
che
sono
fiero
di
loro
.
Il
fascismo
è
fiero
di
accogliere
,
all
'
ombra
delle
insegne
legionarie
,
i
quadri
dell
'
Esercito
»
.
Aveva
taciuto
un
momento
,
quindi
si
era
alzato
,
aveva
fatto
il
giro
della
scrivania
e
,
dopo
un
abbraccio
virile
,
più
che
altro
un
brusco
urto
spalla
contro
spalla
,
aveva
concluso
:
«
Quanto
a
voi
,
camerata
Baistrocchi
,
siete
degno
di
quest
'
ora
solenne
»
.
Con
la
collaborazione
entusiasta
di
Baistrocchi
,
e
quella
alquanto
più
cauta
del
sottosegretario
Pariani
,
di
Graziani
,
Badoglio
e
De
Bono
,
fu
stabilito
il
piano
d
'
operazioni
in
Etiopia
.
Attacco
massiccio
e
violento
nel
settore
eritreo
,
perno
di
resistenza
,
con
manovre
di
disturbo
e
puntate
di
alleggerimento
sul
fronte
somalo
.
Il
tutto
doveva
concludersi
in
un
massimo
di
otto
mesi
,
per
non
incappare
nella
stagione
delle
piogge
.
Ma
Mussolini
,
che
amava
le
coincidenze
storiche
,
aveva
già
fermamente
stabilito
che
la
proclamazione
dell
'
Impero
avvenisse
il
21
aprile
,
natale
di
Roma
.
Invece
,
gli
fu
possibile
annunciare
al
mondo
il
grande
evento
soltanto
il
9
maggio
:
e
di
quei
18
giorni
di
ritardo
non
perdonò
mai
il
vecchio
,
disgraziato
De
Bono
,
nonostante
lo
avesse
nominato
maresciallo
d
'
Italia
per
meriti
eccezionali
,
dopo
avergli
tolto
il
comando
delle
truppe
eritree
,
nel
novembre
'35
,
e
aver
messo
al
suo
posto
Badoglio
.
In
realtà
,
dopo
le
prime
,
incontrastate
operazioni
,
la
facile
occupazione
di
Adigrat
,
Axum
,
Adua
e
Macallè
,
non
dissimilmente
da
quanto
era
accaduto
quarant
'
anni
prima
a
Baratieri
nello
stesso
teatro
di
guerra
,
i
due
ras
più
avveduti
dell
'
armata
etiopica
attaccarono
con
circa
80.000
uomini
il
nostro
schieramento
offensivo
,
costringendoci
a
un
frettoloso
ripiegamento
su
Axum
e
minacciando
di
accerchiare
i
reparti
dislocati
attorno
a
Macallè
.
Il
povero
De
Bono
,
tormentato
dalle
fitte
dell
'
artrite
(
lui
le
chiamava
«
le
mie
camolette
»
)
,
già
sfiduciato
riguardo
l
'
andamento
fascista
,
non
aveva
previsto
tutto
ciò
e
non
aveva
quindi
predisposto
una
precisa
linea
di
arroccamento
.
Il
vecchio
generale
d
'
Armata
lasciò
l
'
Eritrea
,
fu
promosso
ma
da
quel
momento
messo
praticamente
in
disparte
.
Sul
fronte
somalo
,
Graziani
riuscì
a
rintuzzare
un
attacco
in
forze
di
ras
Destà
e
lo
inseguì
fino
a
Neghelli
,
sottoponendo
le
truppe
alla
fatica
di
due
marce
forzate
,
per
concludere
l
'
operazione
prima
che
Badoglio
,
nel
suo
settore
,
ottenesse
i
primi
successi
.
Fu
in
febbraio
che
le
forze
eritree
,
con
le
due
battaglie
decisive
del
Tembien
,
riuscirono
a
mettere
in
rotta
le
forze
di
ras
Cassa
e
ad
aprirsi
la
strada
verso
Addis
Abeba
.
Ma
furono
necessari
poderosi
interventi
d
'
aviazione
e
,
spiace
ricordarlo
,
l
'
uso
degli
aggressivi
chimici
.
Il
9
maggio
1936
,
in
un
tardo
e
piovoso
pomeriggio
,
Mussolini
annunciò
al
balcone
di
Palazzo
Venezia
,
che
í
«
Sette
colli
di
Roma
»
tornavano
ad
essere
illuminati
,
dopo
19
secoli
,
dalla
gloria
imperiale
.
Allo
stesso
modo
che
nel
1911
,
al
principio
della
campagna
di
Libia
,
Elvira
Donnarumma
aveva
lanciato
Tripoli
sarà
italiana
,
la
soubrette
Nikuzza
,
accompagnata
dalla
chitarra
di
Mario
Latilla
,
padre
di
Gino
,
rese
popolare
Faccetta
nera
.
Nelle
vetrine
dei
profumieri
apparve
il
«
Tabacco
d
'
Harar
»
.
Il
tè
,
sottoposto
a
sanzioni
,
fu
sostituito
dal
«
karkadè
»
,
coltivato
sull
'
altopiano
abissino
.
Si
cominciò
a
chiedere
,
sotto
banco
,
il
«
caffè
di
caffè
»
.
La
campagna
d
'
Etiopia
costò
complessivamente
allo
stato
dai
600
agli
800
miliardi
in
valuta
attuale
.
Servì
a
rinverdire
la
fiducia
dell
'
uomo
della
strada
nel
fascismo
;
ma
rivelò
agli
esperti
di
cose
militari
,
come
Vincenzo
Muricchio
,
che
la
potenza
delle
nostre
armi
,
dopo
14
anni
di
fascismo
,
era
aumentata
in
senso
scenico
,
ma
non
sostanziale
.
Sotto
le
squadriglie
da
caccia
e
da
bombardamento
,
valorizzate
dalle
imprese
di
De
Pinedo
,
Balbo
,
Valle
e
Maddalena
,
le
fanterie
non
erano
cambiate
.
Gli
«
spallacci
»
adottati
nell'11
segavano
ancora
le
collottole
come
guinzagli
.
Anche
se
la
giacca
aveva
perso
il
soffocante
colletto
chiuso
,
le
fasce
gambiere
restavano
,
inutili
,
a
far
prudere
i
polpacci
.
E
nessuno
ancora
pensava
che
il
vecchio
«'91»
fosse
ormai
inadeguato
ai
propositi
di
aggressione
e
di
«
guerra
lampo
»
che
il
«
regime
»
,
non
pago
dell
'
avventura
etiopica
,
andava
maturando
e
minacciando
.
La
seconda
guerra
mondiale
dimostrò
,
infatti
,
che
i
singoli
soldati
,
nella
cornice
della
retorica
imperiale
,
erano
rimasti
gli
stessi
di
trent
'
anni
prima
,
con
un
po
'
meno
voglia
di
morire
.
Il
12
settembre
1943
,
quattro
giorni
dopo
l
'
illusorio
armistizio
annunciato
da
Badoglio
,
la
Divisione
«
Puglie
»
costituita
dal
71°
e
72°
reggimento
fanteria
,
motto
:
«
Ad
summum
»
,
alle
sommità
,
mostrine
bianche
e
verdi
,
si
trovava
dislocata
nel
Kossovo
,
regione
a
nordest
dell
'
Albania
,
e
dell
'
Albania
divenuta
provincia
dopo
il
crollo
della
Jugoslavia
,
il
18
aprile
1941
.
La
Divisione
,
che
durante
la
campagna
di
Grecia
si
era
valorosamente
battuta
nel
settore
di
Clisura
,
partecipando
all
'
epica
difesa
di
«
quota
731»
,
accettò
compatta
l
'
ordine
di
Badoglio
,
legittimato
dal
giuramento
al
re
e
alla
bandiera
.
I
diecimila
uomini
della
grossa
unità
erano
fermamente
disposti
a
combattere
contro
i
tedeschi
,
qualora
l
'
ex
-
alleato
avesse
assunto
un
atteggiamento
provocatorio
.
Il
grosso
della
«
Puglie
»
era
a
Prizren
,
capitale
del
Kossovo
.
Nei
quattro
giorni
che
seguirono
il
messaggio
di
Badoglio
,
nell
'
ostinata
calma
dell
'
ultima
estate
,
compagnie
e
battaglioni
si
prepararono
a
fronteggiare
un
eventuale
attacco
germanico
.
Si
parlava
di
una
divisione
corazzata
«
Goering
»
,
a
riposo
sui
confini
della
vicina
Bulgaria
,
pronta
a
marciare
contro
gli
italiani
.
In
vista
di
tale
possibilità
,
furono
approntate
postazioni
per
mitragliatrici
,
mortai
e
cannoni
anti
-
carro
alla
periferia
orientale
della
città
,
dove
era
possibile
dominare
d
'
infilata
il
lungo
e
polveroso
stradale
candido
e
deserto
,
dal
quale
i
tedeschi
avrebbero
dovuto
per
forza
arrivare
.
Ma
la
mattina
del
giorno
14
giunse
l
'
ordine
,
dai
superiori
comandi
di
Corpo
d
'
Armata
e
di
Armata
,
di
cessare
ogni
preparativo
di
difesa
ed
offesa
,
poiché
i
tedeschi
avevano
dichiarato
di
rispettare
l
'
armistizio
e
di
non
volere
in
alcun
modo
ostacolare
un
eventuale
rimpatrio
dei
reparti
italiani
.
Anzi
,
per
dimostrare
la
loro
perfetta
buonafede
,
le
truppe
germaniche
in
Albania
erano
disposte
a
consegnare
provvisoriamente
le
armi
ai
nostri
comandi
,
mentre
noi
avremmo
fatto
altrettanto
.
Dopo
le
trattative
,
ognuno
avrebbe
ripreso
le
sue
e
tutto
si
sarebbe
svolto
nel
reciproco
rispetto
.
Nel
pomeriggio
,
si
vide
un
velo
di
polvere
alzarsi
dal
rettilineo
proveniente
dal
confine
bulgaro
,
Non
erano
i
carri
della
«
Goering
»
:
si
trattava
di
una
modesta
camionetta
color
canarino
,
sulla
quale
si
trovavano
un
maresciallo
della
Wehrmacht
,
un
sergente
e
due
soldati
semplici
.
Nonostante
l
'
atteggiamento
fermo
e
l
'
aria
baldanzosa
,
si
vedeva
che
i
quattro
,
sotto
sotto
,
erano
piuttosto
preoccupati
.
Si
passavano
la
lingua
sulle
labbra
e
si
scambiavano
occhiate
furtive
.
Erano
i
quattro
incaricati
di
assistere
al
disarmo
«
provvisorio
»
della
Divisione
.
Il
che
avvenne
,
sotto
una
pioggia
leggerissima
e
uggiosa
,
la
mattina
presto
del
giorno
dopo
,
15
settembre
.
Tutti
gli
effettivi
della
«
Puglie
»
,
fanti
,
genieri
,
artiglieri
,
militari
di
sussistenza
e
di
sanità
,
sfilarono
(
per
la
prima
volta
cinque
per
cinque
,
secondo
il
sistema
tedesco
)
di
fronte
a
un
tavolino
piazzato
nel
centro
di
un
vastissimo
e
brullo
spiazzo
.
Dietro
al
tavolino
,
il
maresciallo
germanico
,
assistito
dai
suoi
commilitoni
,
consultava
i
quaderni
di
carico
e
scarico
relativi
alle
armi
e
alle
munizioni
.
Plotone
dopo
plotone
,
compagnia
dopo
compagnia
,
i
soldati
abbandonavano
,
su
diversi
mucchi
,
i
loro
«'91»
,
le
baionette
,
i
pacchi
rosa
di
munizioni
,
le
giberne
e
gli
spallacci
.
Lontano
,
alle
spalle
del
maresciallo
,
che
si
era
messo
occhiali
cerchiati
di
acciaio
,
i
monti
erano
fantasmi
color
bistro
,
sfumati
nei
vapori
del
maltempo
.
Un
enorme
silenzio
pesava
sotto
il
fruscio
lieve
della
pioggia
.
Qualche
ragazzo
serbo
,
fermo
agli
estremi
confini
dello
spiazzo
,
osservava
la
scena
.
Accatastati
sulla
fanghiglia
gialla
,
i
«'91»
nereggiavano
come
vecchi
rottami
.
Ancora
i
soldati
non
lo
sapevano
:
ma
intuivano
che
quello
era
il
primo
passo
verso
due
anni
di
doloroso
e
umiliante
internamento
in
Germania
.
E
capirono
che
ciò
li
aspettava
,
dopo
tanti
sacrifici
e
tanti
rischi
affrontati
,
allorché
un
«
anziano
»
del
'12
,
uno
degli
ultimi
della
lunghissima
processione
,
al
momento
di
consegnare
il
fucile
,
ci
ripensò
e
fece
l
'
atto
di
allontanarsi
tenendoselo
.
Il
maresciallo
si
alzò
,
gli
corse
dietro
,
lo
afferrò
per
una
spalla
berciando
invettive
incomprensibili
e
gli
abbozzò
un
ceffone
.
Lo
abbozzò
soltanto
:
perché
subito
si
guardò
attorno
e
rise
sgangheratamente
,
fingendo
di
aver
scherzato
.
Anche
quelli
della
«
Puglie
»
arrivarono
ai
campi
di
concentramento
tedeschi
dopo
sette
giorni
e
sette
notti
di
spaventoso
viaggio
in
carri
bestiame
,
attraverso
l
'
Ungheria
,
la
Carinzia
,
l
'
Austria
,
la
Baviera
e
la
Prussia
occidentale
.
Quanto
ai
«'91»
abbandonati
sul
fango
di
Prizren
,
i
tedeschi
li
utilizzarono
per
armare
le
bande
montanare
arruolate
nel
Dibrano
con
la
promessa
di
«
carta
bianca
»
nel
saccheggio
.
Ma
molti
di
quei
fucili
passarono
,
dopo
qualche
settimana
,
nelle
mani
dei
soldati
italiani
,
rimasti
alla
macchia
in
Jugoslavia
e
Montenegro
,
che
attraverso
stenti
infiniti
,
fame
freddo
e
malattie
,
andarono
a
ingrossare
i
reparti
partigiani
comandati
da
Giuseppe
Broz
,
non
ancora
conosciuto
come
«
maresciallo
Tito
»
.
Furono
quelli
,
oggi
raramente
ricordati
,
i
primi
italiani
che
fra
la
deportazione
e
il
collaborazionismo
scelsero
la
lotta
contro
il
nazismo
.
Primi
,
con
gli
sventurati
soldati
della
«
Acqui
»
a
Cefalonia
,
passati
per
le
armi
senza
misericordia
dai
tedeschi
,
che
invece
ancora
rispettavano
e
onoravano
i
«
pezzi
grossi
»
,
soli
veri
responsabili
del
nostro
crollo
disastroso
.
Primi
,
accanto
ai
marinai
del
Dodecanneso
,
agli
allievi
dell
'
Accademia
Navale
,
portati
in
massa
da
Venezia
a
Brindisi
dal
loro
intrepido
comandante
,
ammiraglio
Bacci
di
Capaci
.
Per
quasi
due
anni
,
sino
al
maggio
del
1945
,
le
formazioni
partigiane
e
i
reparti
ricostituiti
dagli
Alleati
nel
Corpo
Volontario
di
Liberazione
,
si
batterono
contro
i
tedeschi
e
gli
italiani
,
spesso
addirittura
adolescenti
,
che
a
fianco
dei
tedeschi
continuavano
a
combattere
.
I
«'91»
,
moschetti
e
fucili
,
che
i
partigiani
si
erano
procurati
dai
reparti
dell
'
esercito
discioltisi
dopo
1'8
settembre
o
con
colpi
di
mano
contro
caserme
e
depositi
,
incontrarono
sui
monti
della
Lombardia
,
del
Piemonte
,
della
Toscana
,
del
Veneto
,
dell
'
Emilia
,
dell
'
Umbria
,
i
«'91»
che
i
giovani
soldati
di
Salò
,
inquadrati
e
addestrati
parte
nell
'
Italia
settentrionale
parte
in
Germania
,
avevano
ricevuto
dai
tedeschi
.
Lunghi
mesi
di
inevitabile
guerra
civile
perfezionarono
la
rovinosa
conclusione
di
una
guerra
mal
preparata
,
stoltamente
dichiarata
,
diretta
con
ineffabile
imperizia
.
Ma
era
già
cominciata
la
stagione
dei
«
mitra
»
:
quelli
che
nell
'
ultimo
anno
di
guerra
,
i
soldati
avevano
soltanto
intravisto
,
e
molto
di
rado
,
sulla
spalla
di
qualche
ufficiale
della
«
Milizia
M.M.
»
,
i
così
detti
«
lupi
di
Galbiati
»
.
Mitra
dalla
sovracanna
bucherellata
,
mitra
tedeschi
corti
da
tenere
sospesi
sul
ventre
,
mitra
americani
e
inglesi
paracadutati
sulle
Alpi
e
sugli
Appennini
.
E
col
mitra
,
venne
in
uso
corrente
un
'
espressione
dura
,
cinica
,
agghiacciante
:
«
far
fuori
»
.
L
'
Italia
del
«'91»
,
coi
suoi
errori
,
le
sue
glorie
,
le
sue
illusioni
,
le
sue
ingenuità
,
i
suoi
impettiti
luoghi
comuni
,
era
per
sempre
finita
.