StampaQuotidiana ,
Lo
squisito
spettacolo
di
ieri
sera
,
al
Teatro
Nuovo
,
la
perfetta
rappresentazione
,
in
termini
di
puro
linguaggio
scenico
,
d
'
una
delle
opere
più
riuscite
di
Giraudoux
,
son
di
quelli
che
dovrebbero
riconciliare
col
teatro
anche
il
pubblico
più
distratto
.
Perché
ieri
sera
-
il
che
non
capita
spesso
,
coi
tempi
che
corrono
-
s
'
è
constatato
,
una
volta
di
più
,
che
la
protagonista
autentica
,
a
teatro
,
è
pur
sempre
la
parola
;
quando
,
ben
inteso
,
essa
assume
quella
presenza
fosforica
,
quella
specie
di
illuminazione
misteriosa
e
furtiva
che
le
deriva
direttamente
dalla
poesia
.
Un
sottile
legame
unisce
Ondina
di
Giraudoux
,
che
il
pubblico
italiano
conosce
per
averne
visto
,
due
anni
or
sono
,
la
realizzazione
scenica
data
dal
Teatro
Stabile
della
Città
di
Genova
,
a
Intermezzo
(
che
Enzo
Ferrieri
mise
in
scena
,
nel
1950
,
con
la
compagnia
della
radio
,
al
Piccolo
Teatro
)
.
Sia
la
protagonista
di
Ondina
sia
quella
di
Intermezzo
sono
delle
mediatrici
fra
il
mondo
dei
fantasmi
e
quello
dei
vivi
.
Anzi
,
secondo
René
Lalou
,
dotto
ammiratore
dell
'
opera
di
Giraudoux
,
il
vero
motivo
di
Ondina
è
quello
di
Intermezzo
.
Tutto
ciò
,
però
,
ha
un
interesse
relativo
.
Un
po
'
farraginosa
e
decorativa
,
Ondina
è
una
grande
féerie
.
Intermezzo
,
invece
,
una
felicissima
parabola
in
cui
una
provincia
francese
,
nella
quale
si
assommano
,
a
ben
guardare
,
individuabili
motivi
di
costume
e
di
storia
,
trasalisce
alle
soglie
di
un
mistero
,
visto
in
termini
di
favola
,
ma
non
troppo
.
Il
personaggio
della
maestrina
Isabella
che
,
nelle
campagne
intorno
a
una
cittadina
del
Limousin
,
intrattiene
un
'
incantata
conversazione
con
lo
spettro
di
un
giovane
suicida
per
amore
,
ha
,
come
figura
puramente
lirica
,
un
amaro
fascino
;
i
contorni
della
sua
giovanile
silhouette
sono
quelli
stessi
della
porta
che
si
schiude
sul
mondo
di
là
.
La
trama
vi
è
nota
:
l
'
apparizione
del
fantasma
nelle
campagne
intorno
alla
piccola
città
rovescia
i
termini
della
morale
borghese
,
rivoluziona
pericolosamente
il
linguaggio
-
cioè
la
convenzione
-
e
la
vita
.
Intervento
di
un
Ispettore
,
cioè
della
miope
e
semplicistica
Burocrazia
.
Da
quell
'
usciolo
aperto
sul
mistero
viene
un
'
infida
corrente
d
'
aria
,
un
soffio
che
può
essere
letale
alle
raffreddate
istituzioni
,
ai
catarrosi
Luoghi
Comuni
;
la
maestrina
Isabella
,
che
insegna
alle
sue
piccole
allieve
a
non
avere
paura
della
vita
reale
,
a
considerarla
nell
'
insieme
dei
suoi
due
emisferi
,
quello
palese
e
quello
invisibile
,
è
a
suo
modo
una
pericolosa
rivoluzionaria
.
Il
rischio
più
grave
,
tuttavia
,
è
lei
stessa
a
correrlo
:
c
'
è
in
quel
suo
franco
e
fiducioso
spenzolarsi
sull
'
abisso
,
in
quel
suo
cercare
con
fresca
semplicità
il
perché
del
premere
dei
morti
oceano
non
placato
-
ai
labili
confini
della
vita
,
il
principio
dell
'
annullamento
;
quasi
che
in
lei
si
accumulasse
una
forza
di
gravità
simile
al
peso
di
polpa
e
oscuro
sugo
che
stacca
il
frutto
dal
ramo
.
A
salvarla
è
l
'
amore
terreno
,
impersonato
,
nella
commedia
,
da
quel
«
controllore
dei
pesi
e
delle
misure
»
che
sembra
,
a
giudicare
da
quello
che
dice
,
dalla
poetica
ed
equilibrata
stupefazione
delle
sue
parole
,
un
patetico
sdoppiamento
dell
'
immagine
dell
'
autore
.
Così
il
fantasma
viene
dolcemente
risospinto
nel
mondo
dei
morti
e
tutto
ritorna
«
normale
»
,
i
pesi
specifici
dei
sentimenti
e
delle
convenzioni
morali
tornano
a
gravitare
nell
'
orbita
giusta
(
l
'
unica
possibile
,
d
'
altronde
,
perché
la
comunità
possa
vivere
)
e
il
cerchio
dell
'
abitudine
quotidiana
si
richiude
.
È
stato
da
qualcuno
detto
che
Intermezzo
è
soltanto
un
«
divertimento
»
.
A
noi
pare
che
questi
tre
atti
incantati
e
malinconici
vadano
ben
al
di
là
di
una
semplice
variazione
intellettualistica
.
A
saperci
mordere
,
in
questo
frutto
da
moderno
giardino
delle
Esperidi
c
'
è
molto
più
nocciolo
che
polpa
;
è
un
nocciolo
venuto
su
dall
'
humus
parigino
degli
anni
fra
le
due
guerre
(
la
commedia
fu
rappresentata
la
prima
volta
nel
1933
)
,
in
quell
'
aria
definita
,
felice
,
ma
piena
di
brividi
premonitori
,
increspata
da
una
specie
di
misteriosa
e
poetica
«
pelle
d
'
oca
»
,
che
caratterizzò
la
Terza
Repubblica
.
Si
potrà
obiettare
,
se
mai
,
che
su
un
teatro
di
questo
genere
sarà
bene
mettere
il
sigillo
dell
'
irripetibilità
.
Senso
unico
,
insomma
:
Giraudoux
,
e
basta
.
Non
è
facile
,
infatti
,
che
si
ripeta
,
contenuto
in
un
:
proporzione
quasi
classica
,
il
fenomeno
di
questo
impasto
di
spirito
,
intelligenza
,
umorismo
e
fantasia
.
Quale
occasione
poi
il
testo
offre
alla
compagnia
di
Jean
Louis
Barrault
.
Solo
attori
come
questi
,
sotto
la
guida
di
un
teatrante
in
equilibrio
sulle
più
raffinate
e
svariate
esperienze
intellettuali
come
Barrault
potevano
,
nello
scabro
anno
1958
,
dar
vita
scenica
plausibile
a
questa
«
toccata
e
fuga
»
in
tre
atti
.
Bisognerebbe
citarli
tutti
,
Simone
Valère
,
fresca
Isabella
corretta
da
un
pizzico
di
ironia
,
Jean
Desailly
,
poeticissimo
controllore
,
Pierre
Bertin
,
un
funzionario
lucido
e
tondo
come
uno
scarabeo
,
Jean
-
Pierre
Granval
,
lo
speziale
,
Paule
Dehelly
e
Maria
Hélène
D
'
Aste
,
il
coretto
delle
bambine
;
e
Barrault
stesso
,
che
s
'
era
riservata
la
fatale
figurazione
dello
Spettro
.
Le
delicate
musiche
di
Poulenc
e
le
scene
di
Maurice
Brianchon
hanno
fatto
il
resto
.
Platea
gremita
,
entusiasmo
vivissimo
.
Chi
ama
il
teatro
,
non
si
lasci
sfuggire
quest
'
occasione
.