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IL MIRACOLO LO FA VISCONTI ( De Monticelli Roberto , 1959 )
StampaQuotidiana ,
« Mettete un bel Padre Nostro in fondo a una commedia , poi tirate subito il sipario e avrete un subisso di applausi » potrebbe essere la prima norma di un decalogo dedicato da Diego Fabbri ai giovani commediografi italiani . È avrebbe ragione , visto l ' esito che ha avuto , ieri sera , Figli d ' arte a Milano . Figli d ' arte è un copione che Luchino Visconti ha preso a pretesto per uno spettacolo . Lo spettacolo è vario , vivo , ha il fascino delle immagini riprodotte da una lanterna magica : un po ' di maniera , per chi se ne intenda , ma rivelatrici , per la maggioranza , d ' un mondo sempre affascinante , quello del palcoscenico . La commedia , invece , è irrimediabilmente mancata . Anzi , più che mancata diremmo inconsistente , un ' enorme macchina , un grosso mulino a vento , le cui grandi pale s ' allargano come le braccia di una croce nel cielo del solito spiritualismo di maniera ; e macinano il consueto aneddoto culminante in una conclusione miracolosa e un paio di ideuzze di mistica interpretativa fra Pirandello e Stanislavskij . Riprendendo un tema che gli è evidentemente caro , il Fabbri ha voluto di nuovo raccontare la redenzione di un adultero attraverso la fede . Più che di adultero si tratta , questa volta , di un libertino , ché tale è l ' Osvaldo di questa commedia , capocomico - mattatore d ' una compagnia di prosa che si prepara a presentare ( e le prove si svolgono nel teatro di Cesena , e si finge che sia quello stesso in cui accadde il famoso episodio del Passatore ) il testo di un autore defunto . Costui ha scritto tre atti che si richiamano , secondo modi parodistico - grotteschi , al mito di Don Giovanni ; il protagonista della commedia in prova è infatti un barbiere di paese che , di successo in successo sulla strada della galanteria , arriva a compromettere la moglie di un ambasciatore , ed è costretto a rifugiarsi in un convento dove incontra , suora conversa , una sua antica fidanzata . Il dilemma , per il regista e gli attori che stanno provando , è qui : il perfido Don Giovanni deve uscire dalla commedia con una piroetta blasfema o un miracolo veramente accade e il seduttore se ne andrà convertito ? Nel primo caso , secondo il regista , avremmo un « grottesco » sacrilego , nel secondo un dramma « spirituale » , proprio alla maniera di Diego Fabbri . Il miracolo accade anche sul palcoscenico di quel teatro di provincia dove , intorno al mattatore libertino , ruotano la moglie , da cui vive separato , illustre e patetica attrice , l ' ex - amante , un ' attricetta parigina del « boulevard » , e una ragazzina uscita fresca da una scuola d ' arte drammatica e pronta a lasciare aperta , all ' importante seduttore , la porta della sua camera d ' albergo . Il miracolo avviene , favorito dall ' intervento della madre del capocomico , ostinata visitatrice di santuari ; e dal Pater Noster finale . A furia di impuntarsi sui miracoli , Diego Fabbri s ' è precluso l ' unico miracolo che per un artista conti , quello dell ' ispirazione . In questa commedia tutto è falso , o , per lo meno , convenzionale : il trombonesco libertinaggio del protagonista , il fiducioso attendismo di quella sua moglie pallida e scocciatrice , l ' isterico sentimentalismo della francese , il titubante sperimentalismo del regista . E tutto questo meccanismo , poi , tutto questo artificio complicato , questo spaccare in quattro il capello delle teorie interpretative ( e Stanislavskij e Pirandello e via citando ) , per arrivare a che ? A far cambiare d ' albergo , riportandolo quindi nel talamo legittimo , al protagonista . Sappiamo benissimo che le intenzioni del Fabbri erano diverse e assai più ambiziose : arrivare all ' identificazione del miracolo scenico col miracolo religioso , dimostrare che , non potendo l ' attore veramente incarnarsi col personaggio se non partecipando della sua vita interna , per interpretare un dramma di fede occorre un atto di fede . Ma dietro quale traliccio di approssimazione , di sotterfugi e di ingenuità sentimentali , queste intenzioni si nascondono . Il miracolo vero lo ha fatto , con la sua regia , Visconti , che ha inoltre amplificato le risonanze del testo dando , con acuta sensibilità , le suggestioni di quella vita di palcoscenico , il senso della favola che sempre si rinnova ; e sottolineando gli effettismi comici , le cose migliori della commedia . Aggiungi l ' interpretazione impeccabile , un Paolo Stoppa che , nei toni del grande gigionismo teatrale , fa una felice parodia di tutta una tradizione , la sempre sincera e sensibile Rina Morelli , anche in un personaggio così falso , la bella e ardente Françoise Spira ( che a un certo punto rimane in « dessous » , un po ' di spogliarello non fa male anche in un dramma cattolico ) , la fresca e decisamente maturatasi Ilaria Occhini , Teresa Franchini , Sergio Fantoni , attendibilissimo come giovane regista . Bella la scena di Garbuglia . Dell ' esito , s ' è detto . È comparso anche l ' autore .