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Il grande airone ha chiuso le ali ( Vergani Orio , 1960 )
StampaQuotidiana ,
Il grande airone ha chiuso le ali . Quante volte Fausto Coppi evocò in noi l ' immagine di un grande airone lanciato in volo con il battere delle lunghe ali e sfiorare valli e monti , spiagge e nevai ? Fortissimo e fragile al tempo stesso , qualche volta la stanchezza o la sfortuna lo abbattevano e lo facevano crollare a terra , sul ciglio di una strada o sull ' erba del prato di un velodromo ; la sua figura sembrava spezzarsi in una strana geometria , come quella di un pantografo , e una volta di più suscitava l ' immagine di un airone ferito . Altre volte , era l ' immagine di una tragica conclusione di caccia . Quante volte , di lui affranto per la stanchezza sull ' erba , a pochi metri da un traguardo , sentimmo dire : « Sembra un cervo moribondo ! » . L ' occhio galleggiava immobile , con la pupilla arrovesciata al limite della palpebra : le guance erano scavate , le labbra anelanti per l ' amara fatica : le lunghe braccia , le lunghe gambe come buttate là , senza più armonia , scompostamente , in una stanchezza mortale . La fragilità fu la compagna sinistra di quest ' uomo che per tanti anni sembrò un ragazzo , il ragazzo più forte di tutti , sostenuto da una energia quasi magica , una forza da racconto delle fate . Il trittico su cui poggiava il misterioso « sistema » delle sue capacità fisiche - cuore , polmoni , muscoli - nascondeva , quasi invisibile , un punto di estrema vulnerabilità . Questa era la vulnerabilità dei ragazzi . Coppi era rimasto tale : sembrava si fosse fermato al gradino dei sedici anni : ossa troppo leggere - dicevano : « uno scheletro di canna ... » - nervi troppo scoperti , un ingenuo palpitare dei sentimenti , un difficile equilibrio fra l ' animo del ragazzotto di campagna ch ' egli era stato e l ' uomo che la vita l ' aveva costretto a diventare . Un abulico che poteva scatenare fulminei scatti di lampeggiante volontà : un uomo rimasto per tutta la vita stranamente melanconico ; favorito dalla natura , perseguitato - bisogna dirlo anche se toccò le soglie della più alta fortuna - perseguitato , ripeto , dalla sorte . Ora che le ali del « campionissimo » si sono chiuse , non si può non ricordare quante volte la sua carriera e la sua vita stessa corsero il rischio di essere spezzate da quello che si chiama abitualmente un « banale incidente » : una caduta come un ragazzo ne fa a centinaia , cavandosela con una sbucciatura ad un gomito o ad un ginocchio . Non mai nella forsennata vertigine della corsa , quando la ruota della bicicletta va saettando a disegnare il filo sospeso fra la vita e la morte sul ciglio di un burrone : ma a metà di una pedalata senza storia , a passo di carovana , a passo di trasferta . Anche oggi , è un piccolo , misterioso , atroce e imponderabile intervento del fato - dicono l ' insidia invincibile di un « virus » tropicale , o la funesta chimica organica di una per ora inesplicabile intossicazione - quello che colloca l ' angosciosa parola della fine al romanzo della sua vita . Ricordate ? Non meno rapido fu il « banale incidente » che , una decina di anni or sono , fece morire , dopo due o tre ore di agonia , suo fratello Serse . I due fratelli in « bianco - celeste » avevano finito di correre sulle strade sferzate dalla pioggia il Giro del Piemonte . La gara si era conclusa sull ' anello di cemento del velodromo torinese . Tra la folla che si assiepava sul viale di periferia e all ' uscita della pista , Fausto aveva cercato un rifugio - troppi applausi , troppi abbracci , troppo clamore - sull ' automobile della casa . Serse , che poteva passare tra la folla inosservato , aveva preferito risalire in bicicletta , per andarsene all ' albergo al piccolo passo . Non pioveva più , l ' asfalto si asciugava . Bastò un piccolo scarto della ruota . Serse cadde , toccò appena con la tempia sul cordone di un marciapiede . Non sentì che un piccolo colpo : le dita non trovarono nemmeno una goccia di sangue . Rimontò in sella , fece senza altri pensieri il percorso sul lungo viale che portava all ' albergo : salì alla sua camera senza attendere l ' ascensore , si spogliò della maglia fangosa , andò subito alla doccia , si coricò sul letto in attesa del massaggio . Quando il masseur girò la maniglia della porta la stanza era al buio : Serse pareva addormentato . Invece , era già in agonia . La stessa cosa , senza nemmeno la spiegazione di una piccola caduta , è avvenuta adesso , nel doloroso Capodanno di Novi Ligure , al ritorno da una tournée sulle strade equatoriali del Centro - Africa , piccole corse da kermesse alternate con le quattro schioppettate di qualche partita di caccia grossa . Fausto è andato a ritrovare Serse . La loro mamma piange due figli : Serse l ' oscuro , Fausto il lampeggiante . E nella stessa corsia d ' ospedale piangono due donne , diversamente e tragicamente uscite dalla sua storia d ' uomo , in quel romanzo d ' amore che fece tanto e così triste clamore e che ebbe anch ' esso - ci sembra di poterlo dire ora - la sigla del destino di un ragazzo inquieto condannato dalla stessa fragilità dei suoi nervi agli errori di coloro la cui adolescenza non sa concludersi . Inutile dire che l ' atleta appartenne alla ristrettissima schiera dei « fenomeni » , come Paavo Nurmi , come Carpentier , come Ladoumègue , come Zatopek . Egli - nella lunga stagione che enumerò i nomi deí Ganna , dei Girardengo , dei Binda , dei Guerra , dei Bartali , tanto per nominare solamente gli italiani - fu veramente « l ' atleta del secolo » . In altre sedi agonistiche - penso alla Spagna , e agli uragani di entusiasmo delle Plazas de Toros - i suoi « gemelli » potevano essere i grandi espada come Juan Belmonte . Sua mamma è forse la sola che lo ricorda ragazzino , ai tempi della sua prima bicicletta , la vecchia bicicletta di suo padre contadino . Quale sarebbe stato il suo avvenire ? Quale il mestiere a cui si sarebbe avviato ? Viver sempre tra le siepi , le stalle , le nebbie della piatta campagna ? Allora , Tortona sembrò la « metropoli » dove il ragazzino Fausto avrebbe potuto trovare il sentiero di una nuova vita . Era un ragazzo gentile , timido , riservato . Sembrò una fortuna ch ' egli trovasse un « posto » come garzoncello di salumeria : portava i pacchetti a domicilio , imparava la manovra dell ' affettatrice automatica , abituava l ' occhio a misurare l ' etto e mezzo o i due etti di formaggio . Sono molte donne di Tortona che lo ricordano quando , ventitré , venticinque anni fa , con il grembiule bianco avvolto alla cintola , Fausto arrivava di gran carriera sulla rugginosa bicicletta di suo padre , e suonava un colpetto timido di campanello ... È la storia umile , quasi crepuscolare , di un ragazzetto di campagna che portava ogni tanto a sua madre il gruzzolo delle piccole mance . La sua prima vittoria , a vent ' anni , sull ' Abetone , quando « scavalcò » sotto alla pioggia di una tappa del Giro d ' Italia il « solitario delle Dolomiti » , e suo caposquadra Gino Barrali ? Una ragazzata , un atto di quasi fanciullesca indisciplina ... L ' airone di Castellania aveva aperto all ' improvviso le ali in confronto al « gallo cedrone » di Ponte a Ema . Lo ricordo mentre andava su - pareva che addirittura corresse fischiettando - su per le svolte delle salite , sulla strada sparsa degli « aghi » degli abeti , sferzata dal taglio gelido della pioggia . La gente ai lati della strada si accucciava sotto gli ombrelli , cercando di leggere il « numero » stampato sul telaio , cercava nel giornale il nome che corrispondeva a quel numero ... Coppi ; un ignoto ... Fausto , nome ancora più ignoto ... Fausto vinse sempre senza mai sorridere , quasi non credendo mai totalmente in se stesso . Sembrava sempre soprapensiero : come stranamente e fissamente in ascolto di una qualche voce interna che gli andasse mormorando dentro una incomprensibile parola . Quella parola segreta non era : «Fortuna...» . La « guigne » , vecchia parola dei tempi lontanissimi delle antiche corse su strada , ha spezzato il filo della sua vita fragilissima , come un piccolo soffio di vento spezza il filo di una tela di ragno coperta di brina , là , sulle siepi invernali del suo paese di campagna . Restano una mamma desolata : e due donne diversamente ma egualmente infelici : una bambina che non lo vedeva da anni , un fanciulletto che , come lui , si chiama Fausto . Desolata mattina del due gennaio ...