StampaQuotidiana ,
Il
problema
dei
rapporti
fra
intellettuali
e
potere
è
un
tema
ricorrente
.
In
questi
giorni
si
è
svolto
un
convegno
su
questo
tema
,
in
occasione
della
pubblicazione
del
quarto
volume
degli
«
Annali
della
storia
d
'
Italia
»
einaudiana
,
intitolato
appunto
Intellettuali
e
potere
.
Nell
'
ultima
riunione
del
Comitato
centrale
Aldo
Tortorella
,
responsabile
dell
'
organizzazione
culturale
del
pci
,
ha
svolto
un
'
ampia
relazione
in
cui
ripropone
il
tema
del
«
ruolo
delle
istituzioni
culturali
per
il
rinnovamento
e
la
trasformazione
della
società
e
dello
Stato
»
.
Si
sta
svolgendo
a
Roma
un
convegno
promosso
da
intellettuali
del
psi
,
che
dovrebbe
concludersi
,
nientemeno
,
con
«
un
manifesto
per
la
cultura
italiana
»
.
Non
sono
passati
molti
giorni
dalla
conclusione
dell
'
Assemblea
nazionale
della
dc
,
provocata
o
ispirata
da
uomini
di
cultura
cattolici
preoccupati
del
venir
meno
della
tensione
ideale
nella
lotta
politica
in
Italia
,
il
cui
protagonista
è
da
più
di
trent
'
anni
un
partito
che
si
chiama
cristiano
.
Il
tema
è
ricorrente
,
perché
i
rapporti
fra
politica
e
cultura
sono
difficili
.
All
'
atteggiamento
di
diffidenza
del
politico
per
l
'
intellettuale
corrisponde
un
analogo
atteggiamento
di
diffidenza
dell
'
intellettuale
per
il
politico
.
Alcuni
anni
fa
è
stata
pubblicata
la
traduzione
italiana
del
libro
di
R
.
Hofstadter
,
Società
e
intellettuali
in
America
(
Einaudi
,
Torino
1968
)
,
che
,
pur
riferendosi
agli
Stati
Uniti
degli
anni
del
maccartismo
,
presenta
un
'
ampia
documentazione
storica
sul
tema
del
conflitto
permanente
fra
l
'
uomo
politico
che
ha
o
crede
di
avere
i
piedi
per
terra
e
l
'
idealista
nelle
nuvole
,
accusato
di
inventare
progetti
bellissimi
ma
irrealizzabili
.
Una
versione
recentissima
e
casalinga
di
questa
antica
avversione
ho
colto
in
un
'
intervista
pubblicata
una
settimana
fa
,
in
cui
il
ministro
Marcora
,
volendo
tirare
le
orecchie
agli
ottimisti
,
dice
a
un
certo
punto
:
«
Sono
un
uomo
pratico
,
io
.
Sono
un
vecchio
lombardo
,
sto
in
politica
da
trent
'
anni
,
non
sono
un
intellettuale
.
Guardo
al
sodo
»
.
Non
ci
vuole
molta
fantasia
a
immaginare
una
battuta
diametralmente
opposta
in
bocca
a
un
intellettuale
:
«
Sono
un
uomo
che
cerca
di
capire
come
vanno
le
cose
.
Non
improvviso
,
ci
penso
su
.
Non
sono
un
politico
.
Guardo
nel
fondo
»
.
Proprio
perché
questi
rapporti
sono
difficili
,
e
sono
difficili
perché
l
'
intellettuale
e
il
politico
hanno
vocazioni
,
ambizioni
,
progetti
di
vita
,
capacità
diverse
,
e
non
c
'
è
gioco
di
prestigio
dialettico
che
valga
a
mediare
o
a
superare
queste
differenze
,
il
problema
non
si
risolve
con
alternative
drastiche
come
questa
:
«
L
'
intellettuale
è
un
seminatore
di
dubbi
»
(
così
Rosellina
Balbi
sulla
«
Repubblica
»
)
.
«
No
,
è
un
raccoglitore
di
certezze
»
(
così
,
almeno
sembra
,
Sanguineti
sull
'
«
Unità
»
)
.
Per
quanto
il
problema
dei
rapporti
fra
intellettuali
e
potere
sia
un
tema
ricorrente
,
o
forse
proprio
per
questo
,
non
è
un
problema
cui
si
possa
dare
una
soluzione
netta
una
volta
per
sempre
.
E
non
si
può
almeno
per
due
ragioni
.
Prima
di
tutto
perché
questa
benedetta
categoria
degl
'
intellettuali
è
vasta
,
varia
,
divisa
,
e
ogni
volta
che
se
ne
parla
bisogna
intendersi
bene
di
che
cosa
si
vuol
parlare
.
In
secondo
luogo
,
perché
,
dato
per
ammesso
che
i
rapporti
tra
gli
intellettuali
(
ma
quali
intellettuali
?
)
e
il
potere
siano
difficili
,
non
è
affatto
detto
siano
sempre
della
stessa
natura
.
Alcuni
anni
fa
mi
è
accaduto
di
distinguere
gl
'
intellettuali
che
ho
chiamato
«
esperti
»
,
da
quelli
che
ho
chiamato
«
ideologi
»
.
Vedo
che
la
distinzione
è
stata
ripresa
da
Corrado
Vivanti
,
se
pure
con
qualche
riserva
,
nella
prefazione
al
volume
degli
annali
einaudiani
dianzi
citato
.
Mi
sono
accorto
dopo
che
nel
notissimo
rapporto
della
Commissione
trilaterale
sulla
crisi
della
democrazia
si
distinguono
gli
intellettuali
tecnocrati
da
quelli
«
orientati
verso
i
valori
»
(
«
value
-
oriented
»
)
:
distinzione
analoga
alla
mia
,
se
pure
caricata
di
un
giudizio
di
valore
,
positivo
per
i
primi
,
negativo
per
i
secondi
,
lontanissimo
dalle
mie
intenzioni
.
La
distinzione
è
rilevante
,
a
mio
parere
,
perché
il
rapporto
fra
intellettuali
e
potere
cambia
secondo
che
ci
si
riferisca
agli
esperti
o
agli
ideologi
.
I
primi
offrono
ai
politici
conoscenze
,
informazioni
,
dati
elaborati
;
i
secondi
principi
,
direttive
,
prospettive
di
azione
.
Nella
irrequietezza
degl
'
intellettuali
che
hanno
agitato
le
acque
stagnanti
della
democrazia
cristiana
vedo
lo
stato
d
'
animo
tipico
dell
'
intellettuale
che
fa
appello
ai
valori
,
chiede
il
ritorno
ai
principi
primi
,
e
inalbera
la
questione
morale
;
al
contrario
,
nel
rivolgersi
,
del
resto
non
per
la
prima
volta
,
del
partito
comunista
agli
uomini
di
cultura
,
vedo
soprattutto
l
'
interesse
che
ha
questo
partito
,
depositario
dei
principi
che
lo
hanno
fatto
nascere
e
ai
quali
non
può
abdicare
(
pur
potendoli
aggiornare
)
senza
venir
meno
alla
propria
funzione
di
partito
-
guida
,
nell
'
attrarre
a
sé
uomini
esperti
nei
diversi
campi
del
sapere
scientifico
.
In
questi
due
percorsi
contrari
dell
'
uomo
di
principi
verso
un
partito
prammatico
e
del
partito
di
principi
verso
gli
esperti
,
si
possono
cogliere
,
da
due
parti
diverse
,
anzi
opposte
,
i
due
vizi
principali
della
nostra
vita
politica
:
senza
alti
ideali
per
quel
che
riguarda
il
partito
maggiore
e
di
maggior
governo
;
senza
gli
strumenti
conoscitivi
necessari
per
la
trasformazione
di
uno
Stato
diventato
anacronistico
,
per
quel
che
riguarda
i
partiti
e
i
movimenti
della
sinistra
(
che
non
possono
pretendere
di
trasformare
il
mondo
,
secondo
il
vecchio
detto
di
Marx
,
se
non
dopo
averlo
compreso
)
.
L
'
altra
ragione
per
cui
il
rapporto
fra
intellettuali
e
potere
suscita
tante
discussioni
dipende
dal
fatto
che
non
si
tratta
di
un
rapporto
a
senso
unico
.
Molte
inutili
discussioni
nascono
dallo
scambiare
l
'
analisi
di
questo
rapporto
a
molte
direzioni
con
il
desiderio
che
il
rapporto
sia
quello
che
ciascuno
di
noi
ritiene
giusto
.
Questo
rapporto
cambia
secondo
l
'
idea
che
i
singoli
intellettuali
hanno
della
loro
funzione
nella
società
(
idea
dietro
la
quale
ci
può
essere
addirittura
una
visione
globale
del
mondo
)
,
e
secondo
le
circostanze
storiche
.
C
'
è
chi
esalta
la
vita
contemplativa
in
paragone
a
quella
attiva
e
dispregia
coloro
che
si
perdono
nelle
cure
del
mondo
.
C
'
è
per
contrasto
chi
ritiene
che
l
'
uomo
di
cultura
abbia
il
dovere
di
impegnarsi
nell
'
azione
politica
,
perché
al
di
fuori
della
comunità
ordinata
al
bene
comune
non
c
'
è
salvezza
.
Chi
ha
ragione
e
chi
ha
torto
?
Ci
sono
coloro
che
adoperano
le
armi
proprie
dell
'
intelligenza
(
le
idee
,
le
opinioni
,
le
credenze
,
le
dottrine
,
gl
'
ideali
)
per
combattere
il
potere
costituito
e
naturalmente
per
costituirne
un
altro
che
ritengono
migliore
.
E
ci
sono
per
contrasto
coloro
che
esercitano
la
loro
influenza
per
consolidare
il
governo
del
loro
paese
(
sono
i
cosiddetti
«
organizzatori
del
consenso
»
)
.
Ancora
una
volta
,
chi
ha
ragione
e
chi
ha
torto
?
Ma
si
può
mai
comparare
chi
promuove
il
consenso
per
salvare
uno
Stato
democratico
minacciato
dalla
violenza
eversiva
da
destra
e
da
sinistra
,
uno
Stato
che
ammette
il
dissenso
,
con
chi
si
piega
a
sollecitare
consensi
a
uno
Stato
totalitario
dove
i
dissenzienti
sono
puniti
o
soppressi
?
Sono
domande
retoriche
,
ma
valgono
a
far
capire
che
il
problema
del
rapporto
fra
intellettuali
e
potere
ha
molti
aspetti
e
non
può
avere
una
sola
risposta
,
e
di
conseguenza
la
domanda
così
frequentemente
e
fastidiosamente
ripetuta
quale
debba
essere
la
politica
degl
'
intellettuali
verso
i
partiti
o
dei
partiti
verso
gli
intellettuali
,
è
completamente
priva
di
senso
,
se
non
si
specifica
quali
intellettuali
,
in
quale
contesto
,
e
per
quali
obiettivi
.
Una
cosa
è
certa
(
anche
il
«
seminatore
di
dubbi
»
può
permettersi
talora
di
avere
qualche
certezza
)
:
alla
crisi
politica
generale
che
è
sotto
gli
occhi
di
tutti
-
basti
pensare
che
il
problema
dei
rapporti
Est
-
Ovest
è
ben
lontano
dall
'
essere
risolto
,
e
già
si
pone
con
forza
il
problema
dei
rapporti
Nord
-
Sud
,
la
cui
soluzione
dipende
dalla
soluzione
del
primo
-
,
corrisponde
una
crisi
delle
idee
,
anzi
,
com
'
è
stato
detto
più
volte
,
una
crisi
delle
idee
per
risolvere
la
crisi
.
Di
fronte
alla
quale
noi
ci
teniamo
le
nostre
piccole
e
domestiche
crisi
di
governo
che
,
paragonate
alla
tragicità
dei
conflitti
che
agitano
la
fine
di
questo
nostro
tragico
secolo
,
ci
appaiono
come
zuffe
di
polli
in
una
stia
.