StampaQuotidiana ,
Da
qualche
tempo
si
parla
della
riforma
costituzionale
con
un
fervore
senza
precedenti
.
Sono
intervenute
nel
dibattito
,
forse
per
la
prima
volta
contemporaneamente
,
le
più
alte
autorità
dello
Stato
,
a
cominciare
dal
presidente
della
Repubblica
,
che
,
con
espressione
felice
,
ha
auspicato
al
paese
una
«
democrazia
più
matura
»
.
La
discussione
è
nata
circa
una
decina
d
'
anni
fa
,
ha
attraversato
due
legislature
,
l
'
ottava
e
la
nona
,
e
ora
si
riaffaccia
all
'
inizio
della
decima
.
Sono
stati
scritti
sull
'
argomento
migliaia
di
articoli
,
sono
state
date
migliaia
d
'
interviste
,
sono
stati
pubblicati
decine
di
libri
di
esperti
.
Sotto
la
direzione
di
Gianfranco
Miglio
si
era
costituito
alcuni
anni
fa
un
gruppo
di
studio
per
la
«
nuova
Costituzione
»
da
cui
sono
usciti
nel
1983
tre
o
quattro
volumi
molto
commentati
alla
loro
apparizione
.
Per
ben
due
volte
si
è
detto
:
questa
sarà
la
legislatura
della
grande
riforma
.
Ora
è
la
terza
.
Eppure
sinora
la
grande
riforma
non
ha
mosso
neppure
il
primo
passo
.
Né
la
grande
né
la
piccola
.
Neppure
la
piccolissima
,
quella
dei
regolamenti
parlamentari
.
Perché
?
La
spiegazione
più
semplice
di
cui
tutti
sono
consapevoli
ma
che
fingono
d
'
ignorare
,
è
la
seguente
.
L
'
esigenza
di
cambiare
la
Costituzione
nasce
dalla
constatazione
,
diventata
ormai
quasi
ossessiva
,
che
il
nostro
sistema
politico
è
inefficiente
.
Ma
è
proprio
l
'
inefficienza
del
sistema
che
sinora
ha
reso
difficile
,
se
non
impossibile
,
il
cambiamento
.
La
funzione
del
sistema
politico
è
quella
di
produrre
decisioni
ovvero
regole
imperative
per
risolvere
conflitti
d
'
interesse
fra
individui
e
fra
gruppi
al
fine
di
renderne
possibile
la
pacifica
convivenza
.
Si
dice
che
un
sistema
politico
funziona
bene
quando
riesce
a
prendere
decisioni
opportune
nel
più
breve
tempo
possibile
e
con
il
minor
dispendio
di
energie
da
parte
dei
decisori
.
Sotto
questo
aspetto
il
nostro
sistema
avrebbe
dimostrato
di
non
essere
un
buon
sistema
.
Di
qua
l
'
esigenza
di
riformarlo
sveltendone
le
procedure
.
La
maggior
parte
delle
proposte
sinora
fatte
convergono
verso
questo
scopo
,
dalla
modificazione
del
sistema
bicamerale
alla
riforma
dei
regolamenti
delle
Camere
,
dall
'
attribuzione
di
maggiore
autorità
al
presidente
del
Consiglio
al
cambiamento
della
legge
elettorale
per
diminuire
il
numero
dei
partiti
e
rendere
meno
affollate
le
coalizioni
di
governo
.
Queste
proposte
per
essere
attuate
debbono
trasformarsi
in
decisioni
.
Ma
chi
deve
prendere
queste
decisioni
?
Naturalmente
gli
stessi
organi
dello
Stato
di
cui
si
chiede
a
gran
voce
la
riforma
perché
decidono
male
.
Con
un
'
aggravante
in
più
:
che
le
decisioni
in
materia
costituzionale
sono
regolate
da
norme
che
le
rendono
più
difficili
.
Il
paradosso
della
riforma
costituzionale
,
il
paradosso
che
spiega
la
paralisi
,
è
tutto
qui
:
per
riformare
la
Costituzione
occorrono
condizioni
,
per
lo
più
aggravate
,
dalla
cui
mancanza
è
nata
l
'
esigenza
di
riformare
la
Costituzione
.
In
altre
parole
,
le
condizioni
che
rendono
necessaria
la
riforma
sono
quelle
stesse
che
sinora
l
'
hanno
resa
impossibile
.
Se
la
riforma
della
Costituzione
fosse
un
'
operazione
facile
,
vorrebbe
dire
che
il
nostro
sistema
funziona
bene
.
Ma
se
funzionasse
bene
,
che
bisogno
ci
sarebbe
della
riforma
?
Siamo
in
un
circolo
vizioso
,
da
cui
non
si
sa
bene
come
uscire
.
Ho
voluto
forzare
un
po
'
il
ragionamento
unicamente
per
mostrare
la
reale
difficoltà
dell
'
operazione
,
e
per
cercare
di
capire
perché
,
nonostante
la
montagna
di
parole
,
non
ne
sia
venuto
fuori
in
tanti
anni
neppure
il
topolino
di
un
fatto
concreto
.
La
discussione
è
ancora
ferma
ai
preliminari
:
è
meglio
cominciare
dalle
grandi
riforme
e
procedere
verso
le
piccole
o
partire
dalle
piccole
per
salire
a
poco
a
poco
alle
grandi
?
Conviene
dare
la
precedenza
alla
Costituzione
vera
e
propria
oppure
al
sistema
elettorale
?
La
prima
alternativa
sembra
ormai
risolta
:
si
poteva
cominciare
dalle
piccole
riforme
subito
,
ma
ora
,
dopo
tanti
rinvii
e
tante
aspettative
deluse
,
non
si
può
cominciare
se
non
da
qualche
azione
clamorosa
.
Dare
una
risposta
alla
seconda
alternativa
è
più
difficile
,
perché
,
se
ci
sono
convergenze
rispetto
alla
prima
,
rispetto
a
questa
ogni
partito
va
per
conto
suo
e
cerca
di
tirar
l
'
acqua
al
proprio
mulino
.
E
si
capisce
:
non
esiste
una
procedura
elettorale
da
cui
possano
trarre
vantaggio
tutti
i
partiti
.
C
'
è
una
sola
procedura
che
a
rigore
renda
a
ciascuno
il
suo
ed
è
la
proporzionale
pura
con
il
minimo
di
correttivi
.
Ma
,
guarda
caso
,
questa
è
proprio
una
delle
cause
del
difetto
del
sistema
per
quel
che
riguarda
la
sua
capacità
operativa
.
Di
qua
un
altro
paradosso
:
il
procedimento
più
equo
dal
punto
di
vista
del
modo
di
comporre
il
Parlamento
è
anche
quello
meno
conveniente
dal
punto
di
vista
del
suo
buon
funzionamento
.
Si
può
mettere
il
problema
anche
in
questo
modo
:
i
due
organi
più
importanti
per
la
formazione
delle
decisioni
sono
il
Parlamento
e
il
Governo
.
La
proporzionale
è
la
procedura
migliore
per
la
composizione
del
Parlamento
che
,
se
deve
essere
un
organo
rappresentativo
,
deve
rispecchiare
con
la
massima
precisione
gli
orientamenti
del
paese
.
Per
la
capacità
operativa
del
Governo
,
invece
,
occorre
la
drastica
riduzione
dei
gruppi
politici
,
che
si
può
ottenere
soltanto
abolendo
o
correggendo
la
proporzionale
.
Queste
difficoltà
sono
sotto
gli
occhi
di
tutti
.
Oggi
rese
se
mai
più
gravi
dal
fatto
che
il
naturale
inizio
di
un
serio
dibattito
avrebbe
potuto
essere
una
commissione
parlamentare
.
Ma
questo
espediente
è
stato
ormai
bruciato
durante
la
nona
legislatura
con
la
Commissione
presieduta
dall
'
on.
Bozzi
,
composta
da
alcuni
dei
più
bravi
giuristi
italiani
.
Il
risultato
del
lavoro
della
Commissione
è
stato
una
bella
relazione
,
diventata
rapidamente
un
documento
d
'
archivio
,
se
non
addirittura
carta
da
macero
.
Nessuno
oggi
pensa
di
proporre
la
ripetizione
della
prova
.
Si
parla
d
'
incontri
bilaterali
.
Ma
che
cosa
s
'
intende
?
Se
s
'
intende
l
'
incontro
di
un
partito
,
per
esempio
quello
di
maggioranza
relativa
,
con
i
principali
partiti
di
governo
e
di
opposizione
,
la
cosa
sarebbe
possibile
ma
non
sarebbe
giusta
.
Se
s
'
intende
l
'
incontro
di
ogni
partito
con
tutti
gli
altri
,
come
si
dovrebbe
intendere
alla
lettera
,
ne
verrebbe
fuori
una
bella
confusione
.
Dopo
quasi
dieci
anni
insomma
sembra
che
si
debba
cominciare
da
capo
.
Ma
ormai
non
si
può
più
tornare
indietro
.
La
grande
riforma
è
diventata
una
sfida
per
la
nostra
classe
politica
.
Una
sfida
che
essa
deve
vincere
se
non
vuol
perdere
un
'
altra
parte
della
sua
credibilità
.
A
furia
di
fare
della
Costituzione
il
capro
espiatorio
di
tutti
i
guai
della
repubblica
,
si
è
finito
per
screditarla
.
Non
si
può
più
tornare
indietro
ma
non
si
può
neppure
fallire
.
Il
fallimento
sarebbe
un
ulteriore
segno
della
crisi
irreversibile
del
sistema
democratico
,
che
solleva
più
problemi
di
quelli
che
sia
in
grado
di
risolvere
,
e
non
riuscendo
a
risolvere
i
piccoli
se
ne
pone
di
sempre
più
grandi
.
Come
il
giocatore
che
punta
somme
via
via
più
alte
per
rifarsi
delle
perdite
precedenti
e
alla
fine
perde
tutto
:
oltre
la
camicia
,
anche
l
'
onore
.