StampaQuotidiana ,
Le
recenti
vicende
che
stanno
travolgendo
la
popolarità
di
Ronald
Reagan
hanno
sollevato
un
vasto
dibattito
che
riguarda
non
soltanto
la
persona
del
presidente
ma
anche
l
'
istituzione
stessa
della
presidenza
della
repubblica
degli
Stati
Uniti
,
come
si
è
venuta
trasformando
negli
ultimi
decenni
.
Per
quanto
possa
sembrare
paradossale
,
si
va
dicendo
che
il
presidente
degli
Stati
Uniti
è
insieme
forte
e
vulnerabile
,
e
addirittura
tanto
più
vulnerabile
quanto
più
forte
.
Il
paradosso
consiste
nel
fatto
che
la
vulnerabilità
è
di
solito
considerata
caratteristica
di
un
potere
debole
.
Nell
'
ultimo
saggio
scritto
prima
della
morte
(
Autoritarismo
,
fascismo
e
classi
sociali
,
Il
Mulino
,
Bologna
1975
)
Gino
Germani
esprimeva
il
dubbio
che
i
pochi
governi
democratici
nel
mondo
attuale
potessero
sopravvivere
in
un
universo
di
Stati
in
gran
parte
non
democratici
.
Egli
fondava
questo
dubbio
sulla
convinzione
che
i
regimi
democratici
fossero
più
vulnerabili
sia
per
ragioni
interne
-
la
frammentazione
del
potere
che
consente
a
piccoli
gruppi
organizzati
di
inferire
colpi
mortali
alla
società
costretta
per
difendersi
a
violare
le
sue
stesse
regole
-
,
sia
per
ragioni
esterne
-
la
crescente
e
inarrestabile
dimensione
universale
della
politica
internazionale
che
avrebbe
favorito
i
regimi
autoritari
più
di
quelli
democratici
.
Entrambe
le
ragioni
mettevano
in
relazione
la
vulnerabilità
delle
democrazie
con
la
loro
debolezza
.
Soprattutto
per
quel
che
riguarda
la
politica
estera
,
la
stessa
tesi
è
stata
sostenuta
col
solito
vigore
e
furore
polemici
da
Jean
-
François
Revel
nel
libro
Come
finiscono
le
democrazie
(
Rizzoli
,
Milano
1984
)
.
Le
democrazie
sarebbero
destinate
a
finire
,
e
a
rappresentare
un
episodio
di
breve
durata
nella
storia
del
mondo
,
per
l
'
incapacità
di
difendersi
dal
loro
grande
avversario
,
il
totalitarismo
.
Questa
incapacità
sarebbe
dovuta
in
parte
ai
dissensi
interni
,
in
parte
all
'
eccesso
di
arrendevolezza
di
fronte
all
'
astuto
,
spietato
,
antagonista
.
Anche
in
questo
caso
la
vulnerabilità
è
interpretata
come
il
naturale
effetto
della
debolezza
.
In
che
senso
la
vulnerabilità
può
essere
fatta
derivare
piuttosto
dall
'
eccesso
di
forza
che
dall
'
eccesso
di
debolezza
?
La
risposta
è
stata
data
per
secoli
dai
classici
del
pensiero
politico
:
tanto
più
grande
il
potere
dei
governanti
tanto
più
forte
è
la
tentazione
che
essi
hanno
di
abusarne
,
vale
a
dire
di
esercitarlo
violando
o
aggirando
le
norme
stabilite
per
regolarlo
e
limitarlo
.
Tale
risposta
trova
piena
conferma
nell
'
affermazione
di
uno
dei
più
illustri
storici
contemporanei
degli
Stati
Uniti
,
Arthur
Schlesinger
,
che
in
un
'
intervista
di
questi
giorni
ha
detto
:
«
Gli
scandali
come
il
Watergate
,
oggi
l
'
Irangate
,
sono
la
risposta
patologica
alla
patologia
dell
'
onnipotenza
»
.
Naturalmente
vi
sono
regimi
in
cui
il
potere
è
forte
e
insieme
invulnerabile
.
Sono
gli
Stati
dispotici
ove
chi
governa
non
ha
,
come
diceva
Montesquieu
,
«
né
leggi
né
freni
»
.
Vi
sono
regimi
in
cui
leggi
fondamentali
esistono
ma
mancano
gli
organi
di
controllo
della
loro
osservanza
.
Sono
le
autocrazie
preliberali
in
cui
il
rispetto
delle
leggi
fondamentali
che
dovrebbero
limitare
il
potere
sovrano
è
demandato
allo
stesso
detentore
di
quel
potere
(
«
autocrate
»
è
letteralmente
colui
che
governa
se
stesso
)
.
Vi
sono
infine
regimi
in
cui
non
solo
il
potere
deve
essere
sempre
esercitato
entro
i
limiti
stabiliti
da
una
costituzione
formale
,
e
oggi
,
nella
maggior
parte
dei
casi
,
anche
rigida
,
ma
è
,
o
dovrebbe
essere
,
di
fatto
sottoposto
sempre
a
controlli
esterni
.
Sono
gli
Stati
democratici
.
Di
questi
controlli
due
sono
i
principali
:
quello
derivato
dalla
libertà
di
stampa
,
che
permette
la
formazione
di
un
'
opinione
pubblica
;
quello
derivato
dall
'
istituzione
della
divisione
dei
poteri
da
cui
nasce
il
controllo
del
potere
legislativo
su
quello
governativo
.
Sono
due
istituti
caratteristici
dello
Stato
democratico
,
di
cui
siamo
debitori
alla
tradizione
del
pensiero
liberale
,
che
ha
avuto
negli
Stati
Uniti
una
delle
sue
terre
d
'
elezione
.
Secondo
la
brillante
tesi
sostenuta
recentemente
da
Michel
Walzer
,
professore
di
scienze
sociali
all
'
Institute
for
Advanced
Studies
di
Princeton
,
lo
spirito
del
liberalismo
consiste
nell
'
«
arte
della
separazione
»
,
a
cominciare
dalla
separazione
dello
Stato
dalla
Chiesa
,
della
sfera
privata
dalla
pubblica
,
della
società
civile
dal
sistema
politico
,
per
finire
,
all
'
interno
del
sistema
politico
,
a
quella
tra
l
'
uno
e
l
'
altro
dei
massimi
poteri
.
Tutte
queste
separazioni
servono
,
come
afferma
Walzer
,
«
a
prevenire
e
a
combattere
l
'
uso
tirannico
del
potere
»
.
In
base
a
questa
tesi
è
lecito
sostenere
che
tanto
la
crisi
della
presidenza
Nixon
quanto
quella
della
presidenza
Reagan
siano
nate
proprio
dalla
violazione
del
principio
di
separazione
,
vale
a
dire
dalla
pratica
costante
,
e
per
un
certo
periodo
di
tempo
incontrollata
,
della
confusione
,
in
primo
luogo
della
confusione
fra
potere
legale
e
potere
personale
,
ovvero
nell
'
uso
personale
del
potere
legale
.
Si
capisce
quindi
perché
si
possa
parlare
di
vulnerabilità
a
proposito
tanto
di
un
governo
debole
quanto
di
un
governo
forte
.
Ma
se
ne
parla
in
due
sensi
diversi
.
Il
primo
è
vulnerabile
per
sua
natura
;
il
secondo
è
tale
in
un
contesto
istituzionale
in
cui
anche
il
supremo
potere
è
limitato
da
regole
giuridiche
.
Nel
primo
caso
la
vulnerabilità
è
un
fatto
negativo
,
e
induce
chi
la
denuncia
a
sostenere
che
la
democrazia
è
impraticabile
.
Nel
secondo
è
un
fatto
positivo
,
ed
è
anzi
la
riprova
che
i
meccanismi
di
controllo
del
potere
,
propri
dei
regimi
democratici
,
sono
entrati
,
se
pur
talora
tardivamente
,
in
azione
.
Nel
primo
caso
è
un
difetto
,
nel
secondo
il
rimedio
a
un
difetto
.
Un
rimedio
che
dimostra
se
mai
quanto
sia
difficile
il
pieno
rispetto
delle
regole
democratiche
nei
rapporti
internazionali
,
in
un
sistema
in
cui
la
maggior
parte
degli
Stati
non
sono
democratici
ed
è
esso
stesso
solo
apparentemente
democratico
,
in
realtà
ingovernabile
.
Sino
a
che
uno
Stato
non
democratico
vive
in
una
comunità
cui
appartengono
Stati
non
democratici
,
ed
è
essa
stessa
non
democratica
,
anche
il
regime
degli
Stati
democratici
sarà
una
democrazia
incompiuta
.
L
'
idea
del
vecchio
Kant
,
per
cui
la
condizione
preliminare
di
una
pace
perpetua
,
diversa
da
quella
dei
cimiteri
,
fosse
che
tutti
gli
Stati
avessero
egual
forma
di
governo
,
la
forma
repubblicana
,
quella
forma
di
governo
in
cui
per
decidere
della
guerra
occorre
l
'
assenso
dei
cittadini
,
non
era
il
«
sogno
di
un
visionario
»
.
Era
una
previsione
fatta
nella
forma
del
«
se
allora
»
.
Purtroppo
quel
«
se
»
-
«
se
tutti
gli
Stati
fossero
repubblicani
»
-
può
essere
per
ora
soltanto
l
'
oggetto
di
un
augurio
.