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Prodi ( Rossanda Rossana , 1995 )
StampaQuotidiana ,
Raramente mi è successo di raccogliere tante lodi e tanti rimproveri come per aver scritto che a me Prodi va bene . Mi si rimprovera di cancellare cuore e ragioni della sinistra appiattendola a un cattolico democratico , mi si elogia perché finalmente avrei smesso di essere una massimalista che insegue il tanto peggio tanto meglio . Mi voglio rovinare : tutte chiacchiere , andiamo al sodo . Che cosa sono oggi le sinistre ? Che cosa vogliono ? Se non riescono a proporre un proprio candidato capace di raccogliere dal 40 al 50 per cento dei voti è perché non hanno una risposta sul dove vorrebbero che andasse il paese . Berlusconi non ha vinto perché era un Grande comunicatore , ma perché comunicava a un ' Italia con il Pci in caduta libera e il Caf in galera che l ' avrebbe portata sulla via liberista . Prodi comunica che si può avere un sano liberismo , ma corretto da misure di solidarietà , perché , differentemente da Berlusconi , non racconta che il processo sarà indolore . Che proporrebbe invece l ' ipotetico candidato delle sinistre ? Fino a dieci anni fa quel che la sinistra voleva era abbastanza chiaro , e per questo , pur non superando mai il 30 per cento , influiva su alleati e avversari , pesava sulla bilancia delle decisioni . Quando il Polo strilla che i comunisti erano e sono dovunque e dovunque vanno sradicati , esprime un abito mentale fascistoide , per cui chiunque fino a ieri era agente di Mosca oggi lo sarebbe di D ' Alema , ma evidenzia una verità : un senso comune di sinistra ha avuto una vera egemonia in questo paese . In che consisteva ? In politica , in un ' idea forte della rappresentanza , nella persuasione che potevano e dovevano avere una voce tutti e sempre , non solo al momento delle elezioni . In tema di società , in un ' idea forte della cittadinanza , per cui ogni italiano aveva diritto a lavorare , a essere istruito e curato , e doveva esserne assicurato nei mezzi per farlo . Nessuna delle due cose era venuta da sé , c ' erano volute la crisi del 1929 e una guerra . Non andava da sé che fossimo un paese di ricche contraddizioni , donne e uomini , deboli e forti , ricchi e poveri , cattolici e laici o altre religioni , Nord e Sud : e che queste differenze si esprimessero anche in conflitti , condotti dalle rappresentanze politiche ma anche da quelle sociali dirette . Né che esse volta a volta trovassero un provvisorio punto di arrivo , o avanzata , o sconfitta , o mediazione in una società articolata che non delegava tutti i poteri a una oligarchia verificata ogni quattro o cinque anni , e in una idea del « pubblico » , statale o comunale o regionale , che fungesse anche come compensatore degli squilibri . Era la democrazia partecipata , il « non americanismo » italiano . Questi princìpi hanno retto l ' Italia dal dopoguerra agli anni ottanta e in essi la sinistra - assai poco « comunista » nel senso filologico della parola - è cresciuta , e ha funzionato anche da frusta dello sviluppo , tanto è vero che siamo nel club riservato dei G-7 . Questi stessi princìpi sono andati in crisi nel corso degli anni ottanta e il 27 marzo scorso si è tentato di abbatterli . Ma quale partecipazione ? Ci vuole un esecutivo forte e un cittadino che vota ogni quattro o cinque anni per dire sì o no e per il resto non disturbi il manovratore . Ma quali diritti sociali o di cittadinanza ? I diritti sono solo politici ; per il resto il diritto dei diritti , il pilastro della società è l ' impresa , e lavoro casa scuola assistenza sono sue variabili dipendenti . Lo Stato , il « pubblico » come luogo di compensazione , garante di una qualche uguaglianza sui beni essenziali , si tolga di mezzo . La sinistra ha subìto questa ondata , non difende l ' ottica di prima e per questo ha perduto , se non voti , la capacità di essere un riferimento anche oltre il proprio ambito . Perciò si divide , non solo tra Pds e Rifondazione e soggetti politici minori , ma anche fra soggetti sociali maggiori , che in qualche modo hanno tentato di declinare in forme diverse quei princìpi e quei bisogni - vale anche per il pensiero delle donne - e per questo non c ' è oggi un candidato delle sinistre . Perché è avvenuto ? È una storia di errori o tradimenti , come mi scrivono alcuni compagni ? È una modernizzazione fatale , come pensano altri ? Io non credo né ai tradimenti né alle fatalità . Credo che ci sia stato un franamento del terreno sul quale la sinistra della mia generazione è cresciuta . Era il terreno dello sviluppo , magari cattivo ma certo , in cui ormai stavamo e nel quale i nostri diritti , politici e sociali , erano in qualche misura garantiti . Mi spiego . Eravamo persuasi che il capitalismo comportava una crescita allargata di beni , dunque di lavoro , dunque di consumi . Ci dividevamo dopo : i comunisti la trovavano brutale , a prezzi sociali troppo elevati , con inuguaglianze feroci ; i riformisti ritenevano di poterle alleviare con forme pubbliche di redistribuzione all ' interno e aiuti al terzo mondo e all ' estero ; i nuovi soggetti degli anni settanta ne contestavano la natura di per sé alienante , consumista , gerarchica , maschilista . Ma sviluppo era e , con morti e feriti , andava unificando il mondo . Oggi non lo è più . Oggi la crescita di produzione e di merci si fa per un mercato alto e ristretto , quindi come non mai competitivo , cui la mondializzazione permette di reclutare manodopera a prezzi stracciati e la tecnologia di risparmiarne una grande quantità . L ' Europa sta diventando un continente senza lavoro . Vorrei sommessamente pregare la sinistra di partire da qui . Non è problema « economico » , di « economicismo » , o come dicono i miei amici ex operaisti di « lavorismo » ; le democrazie moderne fondano la pienezza della cittadinanza non più sulla proprietà ma su un possesso di sé , una non dipendenza , che piaccia o non piaccia nel capitalismo passa per l ' accesso a una remunerazione del lavoro . Il resto è capitale , rendita o dipendenza , come quella della donna che non lavora o dei bambini . E infatti chi non lavora è tendenzialmente un escluso . Vorrei sempre sommessamente aggiungere che l ' Italia è arrivata a questa stretta in una condizione paradossale : negli anni in cui gli altri paesi si omogeneizzavano relativamente nella crescita , noi siamo rimasti con larghe zone deindustrializzate , che si riproducono tuttora in un Nord e Nordest fortemente dinamico e in un Sud immobile , per cui il lavoro cessa di estendersi prima di essere arrivato a riempire il bacino del paese . Ma avevamo una forte sinistra , con una forte combattività , e lo Stato ha funzionato non solo da mediatore dei conflitti ma da compensatore nelle sacche che le tendenze proprie del mercato o dell ' impresa lasciavano fuori . Non è molto intelligente deridere l ' industria di Stato o la pubblica amministrazione come mero clientelismo , senza capire che hanno svolto un ruolo di supplenza a uno sviluppo inuguale e manchevole . Si potrebbe , anzi si dovrebbe analizzarne le conseguenze , ma va capito da dove è venuto il nostro specifico compromesso sociale , e perché a un certo punto è diventato un terreno da un lato di paralisi e dall ' altro di corruzione . Questo modello la destra lo vuole abbattere . Ma non estendendo la crescita , per brutale che sia : non può più , se vuole restare mondialmente competitiva . Punta dunque a una progressiva separazione tra parti trainanti e parti , per così dire , in perdita , lasciate indietro . Le scelte del Polo - per esempio niente tasse , riduzione del peso del lavoro , dei contributi e delle pensioni , l ' estensione della spesa pubblica - sono andate in questa direzione , seguendo il percorso già delineato da Amato - Ciampi . La Lega nord è una formazione spuria ma dentro a un ' ipotesi nordista ; non raccontiamoci che è un interessante invito all ' autogoverno , è la presa d ' atto che l ' unificazione del tessuto nazionale sotto il profilo produttivo non c ' è stata , e il rifiuto di porla come obiettivo . Ma la sinistra come la mette ? Mi pare che neppure ne parli . Ne parlano in Germania , Francia e Gran Bretagna , pure meno squilibrati di noi , ma in Italia è il silenzio . Non parlarne significa stare alla scelta dei G-7 , che è la scelta abbozzata da Amato e Ciampi e portata avanti da Berlusconi . Il Pds non riesce a dirci in che cosa se ne differenzierebbe . Rifondazione dice che si batterà con tutti coloro che questa scelta umilia offende ed esclude . Ma vogliamo dirci per quale crescita o sviluppo , oppure non - crescita siamo ? Come pensiamo di condizionare o modificare il trend attuale ? Alzando dei grandi muri fra l ' Italia e il resto del mondo o facendo uso di strumenti politici radicali per stare nel mondo ma contrastare le tendenze che abbiamo di fronte ? Che cosa pensiamo dell ' attuale conglomerato sociale , come distinguiamo le corporazioni dalle classi , i ceti , i bisogni ? A chi proponiamo di aggregarsi e su quale obiettivo ? Come la mettiamo con l ' Europa ? Come la mettiamo con il debito pubblico in presenza di una rendita diffusa e di una circolazione di capitali del tutto incontrollata ? Non mi si risponda che tutto è chiaro . Non è chiaro nulla , per questo metto ostinatamente al centro questo problema e mi inquieta una sinistra , vecchia o nuova , che non lo veda . Per questo non mi appassionano i calcoli sulle leggi elettorali , non perdo i sensi sui sondaggi e non mi va di arricciare il naso perché Prodi non è un rivoluzionario . Non vedo molti rivoluzionari in giro . Mi basta che non mi rompa le ossa e non neghi che oggi il dilemma centrale , e ormai quasi mortale , che l ' Europa ha davanti è questo . Sta a noi affrontarlo , di tempo se n ' è perduto fin troppo .