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Caro Dario ( Sofri Adriano , 1997 )
StampaQuotidiana ,
Caro Dario , le regole di questa clausura mi mettono sempre in ritardo . Dunque l ' andamento - come al solito - travolgente dei tuoi movimenti ha accumulato nella mia cella una quantità di pensieri , che cerco di smaltire in parte . Comincio dal dirvi grazie ( mi rivolgo sempre ad ambedue , Franca e te ) . Che siate generosi , si sa . Ma che arrivaste a buttare fino i primi momenti della vostra gioia di qua dai nostri muri ( e di quelli , tanto più brutali , delle galere turche o algerine ) è un segno di vera prodigalità . Non ero stato tanto sorpreso - un po ' sì , come te - dal premio che ti è toccato . Grazie a Dio ho girato un po ' per il mondo , e soprattutto ho frequentato molto la Norvegia , e lì non c ' è nessuno che possa reagire alla notizia del tuo Nobel simulando di non sapere chi sei . Mi è anche difficile ammettere che si possa , qui da noi , dolersi del Nobel a te , perché si desiderava che andasse ad altri . Io per esempio ammiro la poesia di Luzi e ho simpatia per lui . Sono stato molto contento che la campagna contro le mine sia stata premiata , all ' indomani della grave posizione tenuta a Oslo anche dal governo degli Usa . Doppiamente contento , perché c ' è un versante italiano peculiare della campagna . Noi siamo gran produttori e trafficanti di questi giocattoli , e abbiamo fatto tesoro della nostra eredità umanistica per battezzarli con questa parola atroce : " antiuomo " . Altri paesi hanno trovato degli eufemismi , per un residuo di vergogna : noi ce ne freghiamo perfino della estrema ipocrisia del lessico . In compenso la partecipazione italiana alla campagna , da parte di associazioni come l ' Emergency del dottor Gino Strada , di comunicatori come Costanzo , di politici come Occhetto , e dello stesso governo , è stata importante . Insomma mi sono rallegrato per questo premio ( mondanità compresa : ce ne fossero di Audrey Hepburn e di Lady Diana ) , benché sperassi molto che venisse premiato l ' intellettuale cinese Wej Jingsheng , imprigionato da anni , e , dalla sua prigionia , lucido e impavido denunciatore dei despoti del suo paese . Quando leggerete le sue lettere - le conosco grazie a mio fratello Gianni - ne sarete commossi e ammirati , e avrete voglia di fare qualcosa . Questa specie di scarso patriottismo , diciamo così ( te lo posso dire dopo che hai dovuto raccogliere dalla polvere l ' elmo di Scipio ) , dell ' accoglienza fatta al tuo Nobel mi ha fatto ripensare - non so se altri l ' abbiano già detto - che tu sei il vero contraltare delle sciocchezze separatiste lombarde . A parte il lombardo scritto , Porta o Gadda o Testori , il lombardo ascoltato mi arrivò , tanto tempo fa , dalle tue canzoni e poi dai tuoi spettacoli , compresa la stessa parola " padano " , come nel tuo ( genovese però ) Johan Padân , in commedie che usavano dialetti e grammelot per farsi capire da tutti e far divertire tutti . Ora che hai il Nobel , dovrai provarci tu a riacchiap pare dalla coda questa pazzia padanista , se non è già troppo tardi . E poi c ' è il mio affare , naturalmente . Non dirò niente sui meriti del pool contro la corruzione politica . Non c ' entra . Ecco invece un sommario promemoria sugli inizi del mio caso . La Procura milanese aveva seguito per moltissimi anni la tesi che l ' omicidio Calabresi fosse stato compiuto da persone in qualche modo legate a Lotta Continua , al suo servizio d ' ordine , " frange militariste " , eccetera . Ogni tanto si avventurò fino a indicare nomi e cognomi , cedendo a vociferazioni e illazioni incontrollate , per amor di tesi . Quando lo fece , commise un doppio arbitrio , accusando persone del tutto estranee ( e presto dimostrate tali ) e facendole finire sui giornali prima di avvisarle : così nel 1981 nel caso di Marco F . , indicato in fotografia come l ' assassino . Non credo che , al momento dell ' attentato , e ancora per molti anni , quei magistrati , pur così affezionati alla loro tesi , potessero prendere sul serio l ' idea che un omicidio fosse stato deciso dal " vertice " di Lotta Continua , da una delibera presa a voto di maggioranza nel suo Esecutivo , e altre follie del genere ( oggi sancite dalle sentenze ) . Quell ' idea era allora inconciliabile col senso comune , che poi il tempo avrebbe deformato . Ne ho una conferma indiretta nel fatto che , nel corso degli anni , da qualcuno di questi magistrati mi venne inviata per interposta persona la richiesta di aiutarli alle loro indagini con quello che sapessi : richiesta del tutto fuori luogo . Era abitudine di qualcuno di quei magistrati - per esempio del sostituto Armando Spataro , che è ripetutamente intervenuto , in aula e fuori , per sostenere l ' accusa contro di noi , e che ho appena reinvitato a discutere con me le prove che ritiene raggiunte a nostro carico - di chiedere , spesso fuori verbale , agli indagati della " lotta armata " se avessero sentito qualcosa circa Lotta continua e l ' omicidio Calabresi . Poiché l ' appetito viene mangiando , da un qualche momento a quegli interrogati furono fatti anche il mio nome e quello di altri fra i più noti dirigenti dell ' antica Lotta continua . Dunque quando nell ' estate 1988 scoppia , come un ' impresa militare , la nostra cattura e incriminazione , non si tratta affatto dell ' improvvisa e imprevedibile rivelazione di un pentito che venne da nulla , bensì dell ' inveramento di un ' idea a lungo perseguita ed elaborata . Fino a che punto , lo mostra un episodio documentato negli atti del processo , e ancora oggetto di uno strascico giudiziario derivato : un anno prima , nel luglio 1987 , Marco Boato mi telefonò da Trento per farmi gli auguri di compleanno , e per dirmi , a metà tr a l ' ilarità e lo sdegno , la seguente storia . Un imputato veneto di reati di banda armata , interrogato anche lui fuori verbale sull ' omicidio Calabresi da un giudice istruttore a Milano , ne aveva ricavato la notizia che lo stesso Boato e io , Sofri , saremmo stati arrestati quella notte come responsabili dell ' omicidio . ( A parte me , pensare Boato corresponsabile di un omicidio è una pazzia grottesca ) . Mi disse Boato : " Che cosa pensi di fare ? " . " Di cenare e andarmene a dormire " , risposi . Dormimmo bene e non se ne parlò più : fino all ' estate successiva . Questo prova fin dove arrivasse il peccato di gola di qualche investigatore milanese , ufficialmente un anno prima che Leonardo Marino andasse a riversare il suo pentimento in una caserma dell ' Arma ; o , se si preferisce , nel tempo stesso in cui la coppia Marino - Bistolfi inaugurava i suoi colloqui con avvocati e notabili politici sul tema.Siamo nell ' estate 1988 . Pubblico ministero è Ferdinando Pomarici . Del quale non importa se fosse di sinistra o di destra , e quanto : era il Pm che aveva deriso gli scettici garantendo di aver " scarnificato mattonella per mattonella " il " covo " Br di via Monte Nevoso , salvo lasciarvi un arsenale di armi e carte in una intercapedine protetta da " quattro chiodini " . Pomarici aveva l ' aria di volersi sbrigare : la prima e unica volta che mi interrogarono , lui e il Giudice istruttore Lombardi , mi disse : " Guardi , tanto è tutto prescritto , abbiamo amici in comune , lei confessa e spiega anche il contesto storico e politico , nessuno lo farebbe meglio di lei " . E ' durato nove anni , il nostro maledetto processo . Lui avrebbe risolto tutto in un ' oretta . Poche persone hanno detto tante bugie , dimostrate tali , di cui nessuno ha mai chiesto conto . Per un anno e mezzo Pomarici dichiarò di non aver mai saputo dei rapporti prolungati e occultati fra Marino e i carabinieri : poi un giorno , quasi con fastidio , disse di averlo sempre saputo . Quando Marino passava nottate con l ' allora colonnello ( oggi generale , con un incarico altissimo nei servizi d ' informazione ) Bonaventura , Pomarici stava conducendo con lui un ' indagine su un episodio milanese : inoltre aveva lavorato con lui nel corso degli anni nell ' inchiesta Calabresi . Eppure , lui Pm del caso , ebbe l ' ardire di sostenere di non aver avuto il minimo sentore del fatto che quel colonnello Bonaventura , che passava i giorni con lui a Milano , passasse le notti con Marino a Sarzana a proposito dell ' omicidio Calabresi . A sua volta , Pomarici ritardò inspiegabilmente il momento di investire dell ' inchiesta il Gi Lombardi , che ne era da anni il titolare . Come sia stata condotta quell ' istruttoria , nascondendo alla difesa ogni circostanza dell ' accusa , rattoppando costantemente , fino alla manipolazione , gli svarioni , le contraddizioni e le smentite di Marino , non si può ridire qui . Voglio solo ricordare una questione recente circa il Gi Antonio Lombardi . Nel 1993 un ufficiale del Ros dei carabinieri di Trapani consegnò agli atti dell ' indagine trapanese sull ' assassinio di Mauro Rostagno un rapporto su carta intestata e con tanto di firma . L ' ufficiale riferiva di essersi incontrato a Milano col Gi Lombardi , che gli aveva detto che Rostagno era stato assassinato in connessione col processo Calabresi , per impedirgli di denunciare , come era intenzionato a fare , i suoi compagni di un tempo . Queste e altre infamie simili - non solo infami , ma ridicolizzate da ogni genere di prova , a cominciare dalla voce stessa di Mauro che parlava del nostro arresto e di me nella sua televisione - giacquero , coperte dal segreto , fra le carte dell ' inchiesta trapanese , finché potei leggerle nel luglio del 1996 , e denunciare quel documento calunnioso e scandaloso . Il Gi Lombardi smentì con veemenza , a mezzo agenzia , di aver mai detto quelle cose : non mi risulta che abbia denunciato l ' ufficiale , autore di un così smaccato falso . Io denunciai ambedue , e aspetto ancora di ricevere la minima notizia sull ' itinerario della mia denuncia . Non c ' è male , no ? Ogni volta che cose particolarmente insopportabili sono successe nel corso dei nostri processi - alla rinfusa : la descrizione della via di fuga dall ' attentato madornalmente sbagliata da Marino , e lodata per iscritto per la sua " esattezza " da Pomarici e poi da Lombardi ; la accidentale ( accidentale sul serio , Dario ) rivelazione dei rapporti occultati fra Marino e i carabinieri ; la distruzione sistematica dei corpi di reato , dopo il nostro arresto e incriminazione ; la stesura di una sentenza " suicida " per rovesciare un verdetto di assoluzione ; il pregiudizio dimostrato di un presidente di corte di assise d ' appello , e così via - ogni volta , non una voce della procura milanese si è alzata a criticare , o anche solo a manifestare dubbio o rammarico . Al contrario , molte voci , a partire dalla più autorevole , quella di Borrelli , si sono alzate a sostenere l ' accusa contro di noi , durante e dopo i processi , a criticare la sentenza di annullamento pronunciata dalle Sezioni unite della Cassazione ( cosa che D ' Ambrosio ha appena rifatto , sui giornali , addebitandole di essere entrata " nel merito " ) , a criticare la sentenza di assoluzione del secondo processo di appello , e così via . Ripeterò , non avendo mai avuto il minimo cenno di ricevuta , un esempio clamoroso , che non poteva non interessare i pareri altrimenti così pronti dei magistrati della procura . I due giudici togati del nostro primo processo si chiamano Manlio Minale , che presiedeva la Corte di Appello ( come ti è stato appena ricordato ) e Galileo Proietto , giudice a latere . Ebbene , Minale era al suo ultimo processo da giudice , essendo già stato designato , prima dell ' apertura stessa del dibattimento , procuratore aggiunto , dunque collega , subalterno di Borrelli , e superiore in grado di Pomarici , dei magistrati di quella procura che con tanto impegno e spirito di " squadra " , aveva sostenuto l ' accusa in istruttoria , e l ' avrebbe sostenuta in dibattimento . Tu hai notato forse come in tutti questi anni io abbia cercato di tenere un equilibrio , di non farmi risucchiare dentro schieramenti costituiti , di non prendere posizione su questioni generali ( comprese le più spinose , come l ' uso e l ' abuso dei " pentiti " ) attraverso il filtro esclusivo della mia personale vicissitudine . Questo valeva dunque anche per un tema come la separazione delle carriere fra magistrati dell ' accusa e del giudizio , sul quale conservo un preoccupato dubbio . Esemplificando i paradossi cui può portare la carriera unica , si è spesso evocata la possibilità che un magistrato finisca col giudicar e gli stessi imputati di cui è stato lui , da Pm , a costruire l ' accusa . Bene : nel mio caso si è compiuto il paradosso opposto , col giudice chiamato a sconfessare l ' operato , particolarmente esposto e discusso , dei suoi colleghi in pectore . Per completezza di paradosso , aggiungo che anche il giudice a latere , ed estensore della motivazione della sentenza , Proietto , è passato alla procura . Ho invano aspettato che qualcuno , Borrelli , D ' Ambrosio , Spataro , un altro a piacere , dicessero una parola sulla singolarità del caso . Tanto più che si trattava di un processo , non dirò importante ( tutti i processi , avendo in palio il diritto e il destino delle persone , dovrebbero essere importanti ) ma costellato di delicati colpi di scena , come la ricordata accidentale scoperta della convivenza notturna taciuta e negata fra Marino e i carabinieri , venuta fuori per l ' ingenuità di un curato di paese , e trattata con ineffabili riguardi dalla procura ( Pomarici che dichiarava di aver telefonato a Borrelli per avvertirlo della venuta dei carabinieri a testimoniare ) e dal Presidente , che pure era stato il primo menato per il naso dall ' originaria versione sul pentimento spontaneo e repentino . E visto che ci siamo , e che D ' Ambrosio ti ha invitato a portare elementi nuovi per la revisione del nostro processo , se ne hai ( chissà perché tu , a volte l ' ironia di certe battute mi sfugge ; siamo noi a cercare di farlo , com ' è noto ) terrei a chiedergli se abbia mai pensato , nei ventidue anni che ci separano dalla sentenza del 1975 sul " malore attivo " di Pinelli , alla revisione , o alla riapertura , di quel processo . E ' ancora oggi contento , o rassegnato , Gerardo D ' Ambrosio , a quel Pinelli che si piroetta oltre la ringhiera per il malore attivo , o si chiede ogni tanto come sia andata davvero ? Non sto barattando il processo Pinelli con quello Calabresi ( non l ' ho mai fatto , l ' hanno fatto i miei nemici , pretendendo di fare della nostra condanna la condizione per la " riabilitazione " del commissario ) , né facendo una battuta politica o un commento morale : la mia è un ' osservazione , per così dire , strettamente tecnica o giudiziaria.Calabresi fu ucciso , ma ci sono parecchie persone che si trovavano nella stanza da cui un interrogato fermato illegalmente e innocente uscì a capofitto dalla finestra , e nessuna di quelle persone , che allora mentirono tutte - come il dottor D ' Ambrosio appurò - ha più aperto bocca . Io sono in galera - ma non commiserarmi troppo : ne abbiamo viste di peggio - secondo i procuratori e alcuni giudici , perché Lotta continua aveva una specie di struttura illegale che " non può non essere stata " , come dice Marino , l ' autrice dell ' omicidio Calabresi , di cui io " non posso non essere stato " a conoscenza . Oppure : sono in galera perché il 13 maggio del 1972 alla fine di un mio comizio Pietrostefani e io avvicinammo Marino per comunicargli un mandato a uccidere , però Pietrostefani non c ' era ; perché alla fine del comizio andai con Brogi e Marini in un bar e di lì uscii in strada per dare a Marino un mandato a uccidere , ma Brogi e Marino erano uno a Genova e l ' altro a casa , e nessuno andò al bar , e la gente si sparpagliò perché pioveva forte , ma Marino si è dimenticato che piovesse ; ricevuto il mandato a uccidere , Marino mi salutò e tornò a Torino , però invece si fermò a Pisa e anzi la sera tardi venne con tanti altri a casa mia . E così via . Sono in galera per questo , e così i miei amici . Sono in galera anche perché dopo che Pomarici , Lombardi e una quantità di altri hanno tuonato che io , potente e amico di potenti ( caro Dario , amico mio ) , non sarei mai stato toccato , mentre il solo povero Marino avrebbe pagato per tutti . Con un piccolo cambio di ausiliare - aver pagato , essere pagato - è andata proprio così , e Marino , intervistato , ci concede benignamente la grazia . Carnevali , mondi a testa in giù : ma che aspettiamo a battergli le mani . Non ho alzato la voce verso quel disgraziato di Marino , in questi anni , né avrei parlato all ' ingrosso della procura di Milano se tu , nel tuo modo travolgente , non avessi fatto venire giù il loggione . E ' vero , l ' ultima sentenza milanese si imperniò sul fatto che il pentimento ( no : la crisi " mistica " ) di Marino sono autentici perché da ragazzo era passato dai Salesiani . Bestemmia che mi dispiace tanto più , perché ho simpatia e stima per molti Salesiani . Non mi auguro affatto che tu - né altri - modifichi la tua stima per la magistratura milanese per solidarietà con me . Mi dispiacerebbe perfino . Vorrei che , tenendosi al mio processo , di ogni cosa detta a carico o a difesa , si verificasse , per quanto è possibile ( molto ! ) la fondatezza e la lealtà . Il 17 maggio 1972 Luigi Calabresi fu assassinato . Gli attentatori arrivarono e e fuggirono a bordo di una 125 blu rubata . Tutti i testimoni in grado di distinguere riferirono che alla guida c ' era una donna . Nell ' auto abbandonata , furono ritrovati sul cruscotto , al posto di guida , degli occhiali neri da donna che i proprietari dell ' auto non avevano mai visto . Quando venne sospettato il neofascista Nardi , fu arrestata una giovane donna tedesca , Gudrun Kiess , accusata di essere stata la guidatrice dell ' auto . La Kiess restò in carcere a lungo , benché non avesse mai preso la patente . Nel luglio del 1988 gli inquirenti dichiararono che la donna al volante dell ' auto dell ' attentato era Leonardo Marino . Anch ' io non ho mai preso la patente . Sono qui che cammino avanti e indietro e mi fanno male i piedi . La lampadina è un micidiale doppio tubo al neon e non riesce a somigliare alla luna . Grazie , ciao .