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Andreotti ( Montanelli Indro , 1970 )
StampaQuotidiana ,
Nel '68 , quando fu costituito il primo governo Rumor , nel leggere la lista dei partecipanti , molti rimasero di stucco : il nome di Giulio Andreotti non vi figurava . Era la prima volta che succedeva da oltre vent ' anni . Di quanti ministeri si siano composti e decomposti in quest ' arco di tempo , ho perso il conto ; ma tutti ricordavamo che non ce n ' era stato uno di cui Andreotti non avesse occupato qualche posto - chiave . Dal sottosegretariato alla Presidenza del Consiglio alle Finanze , dalle Finanze al Tesoro , dal Tesoro alla Difesa , dalla Difesa all ' Industria , Andreotti si era ormai accreditato come il jolly della politica italiana , una specie di Domenghini buono per tutti i ruoli sia d ' attacco che di difesa . Gli eurologi - come potremmo chiamare gli esperti del Cremlino democristiano che , come tutti sanno , ha la sua sede all ' EUR - ravvisarono nell ' esclusione il segno di una parabola discendente . Andreotti , dissero , è caduto vittima di un eccesso di abilità . A furia di non volersi legare a nessun gruppo per restare in una posizione di arbitro rispetto a quelli altrui e fare tra loro l ' ago della bilancia , è rimasto isolato , e ora ne paga il fio . La sua è ormai una battaglia di retroguardia , con cui tenta di salvare il salvabile , cioè la sua posizione di " notabile " . Quella non può insidiargliela nessuno , data la sua base elettorale fra le più forti del partito : oltre duecentomila voti di preferenza . Ma su di essa ha ripiegato , rinunziando alla lotta per il primato . Giovane com ' è , può anche darsi che torni la sua ora . Ma chissà quanto dovrà aspettarla . L ' ha aspettata due anni : che , per un ' inversione di parabola , sono un po ' pochi . E ' chiaro che Andreotti , lungi dal rinunziare , faceva in questo frattempo una corsa di difesa in coda al plotone per prendere la volata e batterlo sull ' ultima rampa . Non so se questo piano lo avesse in testa fin dal '68 . So soltanto che , per lasciarsi emarginare da una lista di governo , qualcosa in testa doveva averla . L ' ha sempre avuta , fin dal tempo in cui sembrava che la sua sorte fosse indissolubilmente legata a quella di De Gasperi . Con questo - intendiamoci - non vogliamo dire ch ' egli abbia tradito il suo iniziatore e patrono . Anzi , fra tutti i pupilli dello statista trentino , è uno dei più fedeli alla sua memoria , e l ' ha dimostrato anche nell ' eccellente saggio biografico che gli ha dedicato . La sua non è l ' orazione funebre di Antonio sulla tomba di Cesare . Si sente che parla d ' un Maestro , anzi del Maestro . Ma al cadavere non rimase abbracciato e non ne seguì la sorte , come una vedova indiana , sulla pira . Quell ' operazione di svincolo , a volerla compiere senza incorrere in accusa di fellonia e ingratitudine , non era facile . Anche per ragioni di anagrafe ( è nato nel '19 ) , Andreotti non aveva meriti " ante marcia " . Come antifascista , tutto il suo capitale morale consisteva nell ' amicizia di De Gasperi , da lui conosciuto un giorno del '41 , nella biblioteca Vaticana . Studente poco più che ventenne , Andreotti c ' era andato - dice - a cercarvi dei documenti sulla Marina pontificia . Il bibliotecario ignorava che ce ne fosse stata una e si meravigliò che quel ragazzo se ne interessasse , e proprio in quel momento . Ce ne meravigliamo un po ' anche noi , pur conoscendo le curiosità dell ' uomo e la sua passione per la Storia . De Gasperi allora non era che un ospite mal sopportato della Curia , ma il suo nome cominciava a uscire dall ' oblio in cui il regime lo aveva piombato . Il giovane studioso trovò molto istruttiva la conversazione con lui , sebbene di Marina del tutto digiuno . Tornò a vederlo con sempre maggior frequenza , e di lì a poco si trovò travasato nella redazione del Popolo , che aveva ripreso clandestinamente le sue pubblicazioni sotto la direzione di Gonella . Aveva inciampato in De Gasperi al momento giusto : quello in cui i dispersi superstiti del vecchio partito popolare si riunivano sotto la sua guida , cercavano di ricostituire alla svelta i quadri e avevano bisogno , per vitaminizzarli , di giovani . Gli unici che avessero una fedina politica pulita erano quelli che non avevano avuto il tempo di sporcarla : quelli delle ultimissime leve , cui Andreotti apparteneva . De Gasperi nutriva una invincibile diffidenza per gli uomini della generazione successiva alla sua , tutti più o meno figli della lupa . Preferiva i nipoti . E fra i nipoti , predilesse Andreotti per motivi che possiamo soltanto ricostruire per induzione . De Gasperi era un cattolico , non un clericale , e già fin d ' allora aveva i suoi guai col Vaticano . Pio XII non lo amava . Viceversa Andreotti in Vaticano ci stava come una trota nel torrente , o per meglio dire come un ' anguilla nella mota . Non so se vi avesse già dei protettori quando andò a fare quelle tali ricerche nella Biblioteca . Ma fatto sta che in quel labirinto di corridoi , in quell ' andirivieni di passi felpati , fra tutti quei Monsignori dalla voce sommessa e dal linguaggio allusivo , si orientò subito , come guidato da un radar . Vado - ripeto - per ipotesi . Ma non mi sembra azzardato supporre che in quel mondo egli sia stato , per De Gasperi , un prezioso ambasciatore , e che anche a questo debba il suo fulmineo inizio di carriera : deputato a ventott ' anni , prima di trenta era già sottosegretario alla Presidenza , cioè l ' uomo più vicino al capo e più al corrente delle sue manovre . Andava anche , mi dicono , a messa insieme a lui , e tutti credevano che facessero la stessa cosa . Ma non era così . In chiesa , De Gasperi parlava con Dio ; Andreotti col prete . Era una divisione di compiti perfetta . Quale profitto l ' allievo avesse tratto da quell ' esperienza , lo si vide alla scomparsa del maestro . Si vestì da orfano , ma senza avanzar pretese all ' eredità : e in tal modo si sottrasse alla spietata epurazione che invece colpì i grandi diadochi del defunto : Scelba , Gonella eccetera . Da che parte sia stato in questi sedici anni di guerra di successione , nessun eurologo è in grado di dirlo con certezza . Con certezza si sa soltanto che nel partito non c ' è stata maggioranza in cui egli non sia entrato né ministero di cui non abbia fatto parte . Nell ' arruffato giuoco di correnti , che ha ridotto la dicci a un vortice , anche lui ha la sua , che si chiama " Primavera " e che di professione fa la fidanzata : anche il nome l ' aiuta a dire all ' ultimo momento che ancora " non ha l ' età " . Per quale sottile combinazione di pesi e contrappesi il partito ora abbia affidato a lui la nuova operazione di governo , è materia d ' ipotesi . Ma forse il motivo va ricercato appunto nelle difficoltà coniugali ch ' essa comporta , e di cui Andreotti si è dimostrato il massimo esperto . Mi pare che vi abbia accennato egli stesso quando , uscendo dal Quirinale , disse che la collaborazione fra i quattro partiti non implicava un matrimonio , lasciando capire che poteva limitarsi allo " struscio " . A quest ' ardua impresa , nessuno è più qualificato di lui che ha strusciato sempre senza compromettersi mai . L ' uomo è distaccato , freddo , guardingo , a sangue ghiaccio . Non c ' è pericolo che impenni sull ' ostacolo . E abituato ad aggirarlo , e lo dimostra la disinvoltura con cui ha regolarmente fatto le sue « entrate » - ora da destra , ora da sinistra - che tanto hanno confuso gli osservatori . Come arma di riserva , dispone anche dell ' umorismo . Andreotti è l ' unico uomo politico italiano che ne possieda , e forse molto più di quanto mostra . Lo amministra con parsimonia perché sa benissimo quanto sia pericoloso , in un paese marcio di solennità e di retorica come il nostro . Ma ogni tanto lo tira fuori come un gatto gli artigli , e sono questi graffi che conferiscono alla sua eloquenza un timbro particolare . Andreotti non è un grande oratore : gliene mancano la rotondità e i voli . Ma è uno squisito parlatore , uno schermidore che assesta il colpo senza perdere mai la guardia , un agguerrito débatteur pieno di garbo e di cattiveria , cioè di una cattiveria corretta dal garbo . Ce n ' è per tutti , amici e nemici , perché in questo romano pontificio convivono in perfetta armonia un Monsignore e un Pasquino . E vorrei sapere quante altre ce ne sono nel suo « Diario » segreto che , mi dicono ( e ci credo perché del memorialista ha la passione e tutte le qualità ) , egli tiene scrupolosamente aggiornato . Peccato che non faremo in tempo a leggerlo perché Andreotti non lo pubblicherà prima del suo ritiro dalla politica che coinciderà con il suo congedo dalla vita . E non ha che cinquant ' anni . È autenticamente colto , cioè di quelli che non credono che la cultura sia cominciata con la sociologia e finisca lì . Come abbia fatto a formarsela , avendo cominciato a fare il ministro prima dei trent ' anni e non avendo più smesso , Dio solo lo sa . Ma mi dicono ch ' è sempre riuscito a trovare il tempo di annaffiarla . E questo è a dir poco sorprendente perché , oltre che dal daffare governativo , egli dev ' essere oberato da quello elettorale come capo di una delle più vaste clientele d ' Italia . Secondo qualcuno , la sua segreteria sarebbe la più efficiente centrale di « raccomandazioni » , pur in un Paese e in un partito in cui l ' efficienza si sfoga solo lì . Ma va a metano , cioè senza far fumo né residuati . E ' una specialità di Andreotti quella di non lasciar mai impronte digitali . Un industriale mi ha raccontato : « Un giorno Andreotti mi parlò di un suo protetto in tali termini che io stavo per offrirgli un posto di direttore generale , quando lui mi chiese di assumerlo come fattorino . Promuovendo quella specie di Einstein a impiegato , mi sentivo ancora in debito con lui » . Una volta chiesero ad Andreotti , per l ' ennesima volta ministro , se non avvertiva il pericolo che alla fine il potere lo logorasse . « Il potere logora coloro che non lo hanno » rispose placidamente . E oggi non ha certo di che ricredersi . Egli offre anche questa garanzia : di conoscere come nessuno la macchina dello Stato perché di tutti i suoi ingranaggi ha fatto l ' esperienza sul vivo , e tale è la prontezza con cui se ne impadronisce che dovunque è passato ha lasciato il ricordo di un " competente " . Ma questa , per un uomo di governo , è la qualità che conta meno , in Italia . Anzi , può anch ' essere considerata negativa .