StampaQuotidiana ,
La
politica
scolastica
dei
governi
che
si
sono
succeduti
dal
1968
in
poi
sarà
registrata
fra
le
pagine
più
ingloriose
della
recente
storia
del
nostro
paese
.
Non
che
negli
anni
precedenti
le
cose
andassero
nel
migliore
dei
modi
,
ché
anzi
una
certa
responsabilità
nei
guai
del
periodo
successivo
va
anche
attribuita
ai
ritardi
e
alle
carenze
con
le
quali
allora
si
fronteggiarono
i
problemi
derivanti
dall
'
espansione
scolastica
e
dal
mutare
dei
tempi
:
anche
se
un
minimo
di
giustizia
vuole
che
di
quegli
anni
si
ricordino
altresì
la
creazione
della
media
unica
,
l
'
obbligo
scolastico
portato
a
14
anni
,
il
salutare
rinnovamento
della
didattica
nelle
elementari
.
Ma
ritardi
e
carenze
in
materia
scolastica
sono
riferibili
alle
medesime
ragioni
che
hanno
ostacolato
il
sollecito
adeguamento
di
tanti
altri
aspetti
delle
nostre
strutture
pubbliche
alla
tumultuosa
trasformazione
del
dopoguerra
.
Invece
,
dopo
il
1968
si
è
assistito
al
fatto
davvero
senza
precedenti
della
degradazione
della
scuola
a
strumento
di
ordine
pubblico
,
destinato
a
trattenere
e
assorbire
,
costi
quel
che
costi
,
spinte
e
minacce
d
'
ordine
politico
che
il
governo
non
si
sente
di
affrontare
sul
terreno
loro
proprio
,
come
metodi
e
iniziative
politiche
.
E
poiché
scuola
in
questo
caso
vuol
dire
essenzialmente
professori
e
insegnanti
,
su
di
essi
si
è
sistematicamente
esercitato
il
ricatto
dei
detentori
del
potere
(
e
cioè
non
solo
del
governo
e
dei
partiti
che
lo
sorreggono
)
,
i
quali
hanno
scaricato
sui
docenti
il
compito
impossibile
di
fronteggiare
problemi
che
la
scuola
è
istituzionalmente
impreparata
a
risolvere
,
nell
'
atto
stesso
in
cui
ne
minavano
l
'
autorità
morale
e
disciplinare
con
una
campagna
denigratoria
spesso
riecheggiata
in
settori
e
a
livelli
ai
quali
non
sarebbe
mai
dovuta
pervenire
.
Vittime
maggiori
dell
'
operazione
sono
stati
i
docenti
delle
scuole
medie
superiori
,
dove
la
contestazione
ha
assunto
le
forme
più
violente
e
aggressive
,
e
dove
nel
tempo
stesso
gli
insegnanti
potevano
contare
su
risorse
e
libertà
d
'
iniziativa
assai
minori
di
quelle
a
disposizione
dei
colleghi
universitari
.
Si
è
così
assistito
allo
spettacolo
indegno
di
vecchi
servitori
dello
Stato
e
uomini
di
scuola
costretti
in
situazioni
impossibili
,
alla
mercè
di
turbe
rotte
a
tutte
le
astuzie
della
disputa
politica
,
spesso
manovrate
dall
'
esterno
,
e
non
di
rado
addestrate
alle
tecniche
della
guerriglia
urbana
.
Non
è
stato
difficile
,
per
costoro
,
costringere
anche
professori
seri
e
valenti
a
optare
tra
cedimenti
pagati
col
sacrificio
di
tutti
i
valori
della
professione
e
rinunce
che
spesso
coincidono
con
l
'
indigenza
e
con
la
fine
anticipata
del
proprio
inserimento
sociale
.
Senza
contare
esiti
più
dolorosi
,
di
cui
taluno
è
riuscito
,
anche
di
recente
,
ad
attraversare
la
cortina
di
silenzio
che
troppo
spesso
la
nostra
libera
stampa
stende
su
queste
cose
.
Con
i
risultati
,
sul
livello
del
processo
educativo
e
sulla
salute
politica
del
paese
,
che
sono
sotto
gli
occhi
di
tutti
.
«
Chi
ha
permesso
che
a
una
società
accadesse
questo
ha
colpe
che
nessun
tribunale
giudicherebbe
con
indulgenza
»
,
scrive
Vittoria
Ronchey
in
un
singolare
diario
scolastico
(
Figlioli
miei
,
marxisti
immaginari
,
Rizzoli
,
Milano
1975
,
pp.
175
)
che
esce
in
questi
giorni
,
e
che
sotto
il
velo
trasparente
dell
'
invenzione
letteraria
rievoca
una
serie
di
vicende
della
cui
verità
ideale
nessuno
che
abbia
in
qualche
modo
partecipato
al
dramma
della
nostra
scuola
negli
anni
recenti
può
dubitare
.
Il
libro
si
affida
anche
a
un
'
abile
costruzione
narrativa
,
che
riesce
a
creare
una
sorta
di
suspense
intorno
alle
esperienze
di
un
'
ignara
professoressa
di
filosofia
e
storia
nei
licei
,
da
Bergamo
approdata
in
un
istituto
romano
dove
le
sue
illusioni
di
progressismo
pedagogico
vengono
infine
alla
prova
della
realtà
.
Quelle
illusioni
escono
per
buona
parte
infrante
e
calpestate
nello
scontro
con
una
situazione
nella
quale
protervia
di
allievi
e
complicità
di
colleghi
costringono
al
fine
la
protagonista
ad
abbandonare
la
scuola
.
Su
questo
sfondo
si
dispiega
una
serie
di
esempi
significativi
delle
tecniche
psicologiche
,
delle
chiusure
mentali
,
delle
azioni
di
concreta
ostilità
con
le
quali
tanta
parte
del
corpo
insegnante
è
stata
forzata
a
subire
un
tipo
di
scuola
che
ripugna
alle
sue
convinzioni
più
profonde
.
Ma
soprattutto
la
vicenda
offre
all
'
autrice
l
'
occasione
di
una
serie
di
riflessioni
sulla
crisi
della
scuola
,
di
cui
qui
si
vagliano
gli
aspetti
essenziali
alla
luce
,
insieme
,
di
un
serio
impegno
culturale
e
di
un
'
autentica
vocazione
educativa
.
I1
risultato
forse
più
rilevante
dell
'
analisi
è
l
'
individuazione
della
corresponsabilità
che
,
nell
'
origine
della
crisi
,
unisce
l
'
aggressione
politica
montata
dall
'
estremismo
di
sinistra
contro
la
supposta
«
cinghia
di
trasmissione
del
sistema
»
,
e
il
permissivismo
pedagogico
di
derivazione
americana
.
Su
questo
schema
di
fondo
una
serie
di
determinazioni
particolari
danno
materia
alle
pagine
più
valide
e
più
impegnative
del
libro
.
Sarà
dunque
da
ricordare
la
segnalazione
,
di
indiscutibile
evidenza
,
della
responsabilità
che
nell
'
aggressione
contro
la
scuola
spetta
a
quei
docenti
estremisti
dalle
cui
classi
è
quasi
sempre
partita
la
prima
ondata
dell
'
attacco
;
e
,
con
essa
collegata
,
la
precisa
accusa
rivolta
ai
docenti
comunisti
,
a
parole
sempre
pronti
a
distinguersi
dai
gruppuscoli
,
ma
di
fatto
impegnati
ad
assicurarne
la
impunità
anche
di
fronte
agli
eccessi
meno
giustificabili
.
E
,
in
fatto
di
docenti
,
sia
consentito
,
a
chi
li
ha
visti
all
'
opera
,
di
esprimere
la
propria
intera
solidarietà
con
la
denuncia
dei
«
vecchi
demagoghi
imbellettati
»
,
quali
sono
apparsi
agli
occhi
della
scrittrice
tanti
professori
universitari
venuti
a
patti
indecorosi
con
la
contestazione
anche
su
questioni
inerenti
agli
studi
che
dovevano
essere
la
loro
ragione
di
vita
.
L
'
autrice
,
a
suo
tempo
allieva
riconoscente
di
quei
«
maestri
»
,
non
tace
la
propria
sconfortata
delusione
:
e
chi
indaga
le
ragioni
della
crisi
di
ideali
e
di
modelli
di
vita
che
investe
tanta
parte
della
gioventù
intellettuale
farà
bene
a
non
trascurare
l
'
effetto
disastroso
che
su
di
essa
hanno
avuto
gli
esempi
di
questo
tipo
.
Con
ciò
non
si
vuole
certo
esonerare
dalle
sue
responsabilità
la
classe
politica
,
alla
quale
spettava
di
impedire
che
si
creassero
le
situazioni
sulle
quali
fatti
come
questi
si
sono
determinati
:
ma
i
tempi
straordinari
richiedevano
,
e
tuttora
richiedono
ai
professori
,
specie
universitari
,
prove
che
eccedono
i
limiti
dei
loro
ordinari
doveri
.
E
tuttavia
,
se
dovessi
indicare
dove
la
punta
accuminata
di
questo
libro
scava
più
in
fondo
,
additerei
piuttosto
la
seconda
direzione
,
della
pedagogia
velleitaria
e
parolaia
,
fondata
su
nozioni
di
così
povero
contenuto
intellettuale
e
di
tanta
impotenza
operativa
.
A
essa
hanno
attinto
a
piene
mani
i
molti
che
andavano
alla
ricerca
di
alibi
ai
propri
cedimenti
.
Specialmente
il
culto
dello
«
spontaneismo
pedagogico
»
,
correlato
al
disinvolto
abbandono
della
tradizione
culturale
-
che
poi
vuol
dire
l
'
intero
nostro
patrimonio
intellettuale
,
umanistico
e
scientifico
-
come
strumento
educativo
,
ha
spesso
fornito
una
mano
volenterosa
ai
banditori
della
crociata
contro
l
'
«
integrazione
nella
società
borghese
»
.
Milioni
di
giovani
hanno
già
fatto
le
spese
di
siffatti
esperimenti
politico
-
culturali
,
sul
terreno
intellettuale
e
su
quello
morale
.
Resta
solo
da
sperare
che
libri
come
questo
contribuiscano
a
indurre
le
forze
politiche
democratiche
a
impegnarsi
sempre
più
direttamente
in
una
scuola
che
appare
sempre
meno
in
grado
di
riscattarsi
con
forze
proprie
.
E
alla
speranza
vogliamo
anche
aggiungere
l
'
augurio
che
i
recenti
decreti
delegati
,
miranti
a
coinvolgere
più
direttamente
la
società
nella
vita
della
scuola
,
siano
anche
il
segno
che
la
classe
politica
ha
preso
finalmente
coscienza
della
sua
responsabilità
di
assicurare
ai
nostri
figli
un
'
educazione
adeguata
ai
cittadini
di
un
paese
libero
e
civile
.