StampaQuotidiana ,
Quando
,
nel
dicembre
1954
,
apparve
a
Napoli
il
primo
numero
di
«
Nord
e
Sud
»
,
le
posizioni
del
liberalismo
meridionale
erano
in
gran
parte
crollate
,
si
profilavano
grossi
successi
elettorali
delle
destre
,
ed
era
in
pieno
svolgimento
la
grande
offensiva
gramsciana
della
cultura
comunista
,
sostenuta
dall
'
organizzazione
di
massa
del
movimento
di
«
Rinascita
»
.
Davanti
all
'
imponenza
di
questo
schieramento
poteva
sembrare
che
la
nuova
rivista
,
col
suo
appello
alla
tradizione
del
meridionalismo
riformatore
contro
il
meridionalismo
rivoluzionario
,
fosse
destinata
a
esaurirsi
in
una
prova
ulteriore
di
velleitarismo
intellettuale
.
Pure
,
di
lì
a
qualche
anno
fu
chiaro
che
quel
granello
di
sabbia
aveva
contribuito
non
poco
a
inceppare
il
potente
meccanismo
avversario
,
a
fargli
perdere
colpi
,
a
spingerlo
fuori
strada
:
aprendo
così
un
periodo
di
egemonia
del
meridionalismo
riformatore
che
si
sarebbe
esteso
per
tutto
il
successivo
quindicennio
.
A
rievocare
questa
fase
della
più
recente
vicenda
meridionalistica
,
a
ripensarne
i
problemi
teorici
e
le
giustificazioni
ideali
,
sono
dedicate
le
pagine
raccolte
nel
suo
Meridionalismo
liberale
(
Ricciardi
,
Milano
-
Napoli
,
1975
,
pp.
237
)
da
Francesco
Compagna
,
fondatore
e
direttore
di
«
Nord
e
Sud
»
,
e
promotore
di
gran
parte
delle
attività
politiche
e
di
studio
sviluppatesi
intorno
a
essa
.
Questo
meridionalismo
liberale
rivendica
orgogliosamente
il
suo
punto
di
riferimento
fondamentale
nel
pensiero
di
Benedetto
Croce
.
Che
può
apparire
un
riferimento
sorprendente
,
se
si
pensa
alle
molte
accuse
rivolte
al
filosofo
di
non
aver
sentito
e
addirittura
negato
l
'
esistenza
stessa
della
«
questione
meridionale
»
:
ma
di
cui
Compagna
mostra
la
piena
legittimità
,
addittando
,
nella
visione
crociana
della
storia
del
Regno
di
Napoli
,
la
matrice
ideale
alla
quale
,
meglio
di
ogni
altra
,
possono
riallaciarsi
coloro
che
nel
Mezzogiorno
intendono
battersi
per
una
società
aperta
ai
valori
di
libertà
e
di
modernità
dell
'
Europa
civile
.
All
'
insufficienza
e
agli
abusi
della
vecchia
classe
dirigente
meridionale
,
legata
alla
terra
e
alle
forme
più
arcaiche
di
sfruttamento
della
terra
,
Croce
aveva
infatti
contrapposto
l
'
eredità
degli
«
uomini
di
dottrina
e
di
pensiero
»
dell
'
illuminismo
e
del
liberalismo
napoletano
,
sola
tradizione
di
cui
l
'
Italia
meridionale
«
possa
trarre
intero
vanto
»
e
a
costoro
i
meridionalisti
democratici
vollero
consapevolmente
richiamarsi
.
Da
ciò
le
polemiche
durissime
contro
gli
strascichi
del
meridionalismo
«
querulo
e
querimonioso
»
alla
Scarfoglio
,
che
negli
anni
cinquanta
riaffioravano
accanto
all
'
ondata
di
risentimenti
di
tipo
borbonico
espressi
dai
successi
elettorali
del
laurismo
;
e
da
ciò
anche
l
'
impegno
diretto
nella
battaglia
per
l
'
Europa
,
altro
polo
irrinunciabile
se
si
voleva
che
davvero
la
cultura
meridionalista
facesse
da
tramite
tra
la
moderna
coscienza
civile
dell
'
Europa
e
l
'
arretratezza
meridionale
.
Ma
l
'
originalità
dell
'
operazione
culturale
rievocata
da
Compagna
acquista
il
suo
pieno
significato
solo
se
al
nome
e
all
'
insegnamento
di
Croce
si
accosta
l
'
altro
,
così
diverso
e
pur
essenziale
,
di
Gaetano
Salvemini
.
Nella
fusione
di
una
linea
di
pensiero
De
Sanctis
-
Croce
con
quella
che
da
Cattaneo
conduce
a
Salvemini
,
il
meridionalismo
democratico
ha
infatti
trovato
lo
strumento
che
ha
consentito
di
associare
alla
battaglia
per
i
valori
politici
e
morali
della
civiltà
liberale
un
puntuale
ed
esteso
impegno
di
ricerca
sul
terreno
dei
problemi
concreti
,
delle
indagini
sull
'
emigrazione
e
sui
nuovi
insediamenti
industriali
,
sulle
politiche
di
sviluppo
e
sui
temi
della
urbanizzazione
e
della
sistemazione
del
territorio
.
Lo
storicismo
idealistico
,
con
la
sua
tradizione
di
concretezza
e
il
suo
amore
per
i
problemi
particolari
,
ha
così
potuto
fare
da
supporto
a
indagini
nelle
quali
le
tecniche
economiche
e
sociologiche
sono
state
largamente
messe
a
profitto
,
senza
perciò
dar
luogo
,
come
è
invece
accaduto
in
tanta
parte
della
cultura
italiana
degli
anni
sessanta
,
ad
alcun
cedimento
di
sapore
scientifico
e
neopositivistico
.
Su
questa
via
il
meridionalismo
democratico
ha
contribuito
con
indubbia
efficacia
a
orientare
la
politica
meridionalistica
dello
Stato
repubblicano
,
incontrandosi
con
altre
esperienze
di
diversa
origine
,
come
quella
della
Svimez
e
di
Pasquale
Saraceno
.
Al
meridionalismo
classico
dei
liberali
della
prima
generazione
,
i
Villari
e
i
Sonnino
,
i
Franchetti
e
i
Fortunato
,
questo
nuovo
meridionalismo
si
riallaccia
infatti
per
l
'
impegno
riformatore
,
per
la
persuasione
della
fecondità
di
un
'
azione
che
si
avvalga
dello
Stato
moderno
realizzato
in
Italia
dal
Risorgimento
come
primo
ed
essenziale
strumento
di
innovazione
nelle
regioni
meridionali
.
Nella
crisi
e
nei
cedimenti
manifestatisi
durante
gli
ultimi
anni
nella
compagine
di
questo
Stato
sono
anche
state
coinvolte
molte
delle
prospettive
meridionalistiche
che
a
esso
erano
legate
:
e
non
sono
rari
,
oggi
,
i
bilanci
totalmente
negativi
dei
risultati
dell
'
impegno
meridionalistico
che
ebbe
inizio
nel
1950
.
Il
meridionalismo
democratico
può
a
buon
diritto
rifiutare
una
larga
parte
di
queste
responsabilità
,
additando
la
sua
lunga
e
tenace
battaglia
contro
le
deformazioni
clientelari
del
potere
nel
Mezzogiorno
;
e
può
dire
comunque
di
avere
contribuito
grandemente
a
creare
un
Mezzogiorno
che
,
nonostante
tutto
,
è
e
rimane
«
diverso
»
.
E
tuttavia
,
nelle
pagine
più
recenti
di
questo
libro
,
e
specialmente
in
quelle
scritte
dopo
il
1970
,
non
è
difficile
cogliere
i
segni
e
l
'
ammissione
di
una
crisi
.
Che
non
è
tanto
determinata
dallo
scontro
col
meridionalismo
frontista
e
comunista
,
oggi
in
ripresa
e
col
quale
Compagna
,
rievocando
vent
'
anni
di
civili
contrasti
con
esso
,
può
ancora
riconoscere
certe
matrici
e
ascendenze
comuni
;
quanto
dalla
«
rottura
della
continuità
culturale
dell
'
Italia
moderna
»
che
si
riscontra
nel
meridionalismo
recentissimo
dei
contestatori
,
tutto
Vietnam
e
America
Latina
,
e
ignorantissimo
al
tempo
stesso
di
De
Sanctis
e
di
Fortunato
.
E
quella
medesima
rottura
che
a
Mario
Pannunzio
suggerì
nel
1966
la
chiusura
del
«
Mondo
»
,
nella
previsione
,
qui
testimoniata
,
di
un
nuovo
avvento
di
irrazionalismo
,
portatore
di
un
'
atmosfera
radicalmente
antitetica
al
liberalismo
di
ragione
che
era
proprio
del
grande
settimanale
,
così
strettamente
legato
anche
alla
vicenda
del
meridionalismo
democratico
.
Sono
state
vicende
intellettuali
come
queste
,
insieme
con
le
ultime
rischiose
esperienze
politiche
,
a
ingenerare
in
molti
la
sensazione
di
un
crescente
isolamento
,
e
ad
alimentare
le
ondate
di
pessimismo
che
si
avvertono
con
tanta
frequenza
.
Chi
a
tutto
ciò
sente
di
dover
resistere
troverà
in
queste
pagine
il
sostegno
di
una
ricca
strumentazione
culturale
e
politica
;
e
insieme
,
la
rievocazione
di
quell
'
intransigenza
liberale
che
a
Pannunzio
consentì
di
lasciare
una
traccia
così
profonda
nella
vita
intellettuale
di
un
'
Italia
che
per
molti
segni
sembrava
andasse
verso
sponde
opposte
,
e
che
anche
alla
«
purezza
e
durezza
»
del
suo
liberalismo
deve
di
non
esserci
andata
.