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IL PAESE DEL MELODRAMMA ( BARILLI BRUNO , 1930 )
Saggistica ,
I Il paese del melodramma A In quella enorme zanzariera che è la valle del Po fra Parma e Mantova doveva nascere il genio di Giuseppe Verdi , e Parma diventare la roccaforte dei verdiani . Da quelle terre arate e grasse tu vedi le torri e i monumenti e le mura di questa antica capitale dove ebbe sede anche la corte di Maria Luisa d ' Austria , moglie del grande Imperatore . Per toccare il fondo dell ' anima di Verdi non nuoce l ' aver vissuto a lungo là dentro , quarant ' anni fa , fra un popolo facile ad accalorarsi , travagliato e pieno di una sinistra inclinazione musicale . Quella era l ' epoca delle sedizioni fulminee , dei grossi adulterii , dei preti e dei mangiapreti , l ' epoca del gaz , dei ladri di gatti , e dei lampionari che vanno con l ' asta nell ' Ave Maria fuligginosa e accendono dei lampioni rotti : la plebe porta il tabarro alla spagnuola , il cappelluccio calcato sugli occhi , e sputa fuori dei denti con tracotanza parlando a grumi quel dialetto mescolato e gagliardo che ancora dura . Il cosidetto vino della bassa , mistura schiumosa e spropositata che faceva bum nello stomaco , dava fuoco ai loro discorsi e aggiungeva risonanza all ' umore fondo di questi odiatori del genere umano . Parma chiudeva entro i suoi bastioni umidi un dedalo di straducole , porticati , tane e borghetti carichi di passione , di violenza e di generosità . Covi di anarchici e di bombardieri ratés , le sue osterie erano sempre piene di vociferazioni e di canti . Quando vedevi sbucar fuori dal buio delle porte certe fosche , scarne e spiritate figure di popolani , dagli occhi assonnati e biechi , facevi presto ad accorgerti che in quel clima infuriava ancora il microbo dell ' ottantanove . Immersa nel fiato torbido dei suoi cieli di novembre , questa città logora e illustre rassomigliava molto a un quartiere del vecchio Parigi . Anche sulla sua piazza della Rocchetta avrebbe potuto degnamente figurare il palco della prima ghigliottina . Popolo turbolento e temibile , popolo che disprezza il villano , odia lo sbirro e massacra la spia dove la trova , quello di Parma . Tutta la città era un teatro continuo : contumelie , gazzarre e tumulti finivano la giornata di questi cittadini pericolosi e fierissimi . Quante volte non abbiamo veduto scoppiare da un nonnulla la ribellione , torme di gente rabbiosa accorrere e fra botte e legnate volare all ' aria qualche kepí di questurino . Le cagnare , nella luce verde dell ' inverno si trasformavano in sommosse e in un baleno , fra mille urli e sbatacchiamenti di imposte , la situazione diventava grave . Gli arresti , gli strilli forsennati delle donne , le sassate , gli spari , le fughe e gli inseguimenti allargavano il campo della lotta che si protraeva poi nell ' oscurità , circospetta , accanita , feroce e micidiale . O , lunghe notti d ' ansia passate ad ascoltare il crepitare dei moschetti , il passo di corsa delle pattuglie di rinforzo , le cariche dei cavalleggeri , le maledizioni strazianti dei caduti e l ' acciottolio delle barricate distrutte ! All ' agitazione tragica e sospesa di quelle tenebre facevano allora riscontro , come in uno specchio calmo , i lucori silenziosi e sepolti di qualche palazzo , le vampate dei forni del pane , la fabbrica infuocata del vetro e le finestre dell ' interminabile ospedale che duravano accese fino all ' alba , quando , coi nervi distesi , udivi finalmente morire sotto la neve alta il grido dello spazzacamino . B Ma il mondo gira , girano le stagioni e poiché l ' afa d ' agosto ci spinge fuori , usciamo un poco dalle mura di questa città dal clima troppo continentale - - incontro ci viene l ' odore del fieno , e il fiato bricco e pesante della canapa messa a macerare . Lí , a due passi , Parma stracca e mezzo sepolta nella cerchia dei suoi terrapieni nicchia assopita nella siesta pomeridiana . Un breve orizzonte si apre dinanzi a noi regolare monotono e triste . Verdi nacque qui , né si volle più muovere da questi luoghi . Il suo respiro fu tutt ' uno con l ' aria carica e violenta di questa pianura lavorata a fondo dai più grami contadini . Ostinatamente rivolto verso le memorie d ' una età passata , egli lasciava che il sole lo folgorasse alle spalle ­ grande figura adusta che rimane lungamente ferma sul tramontare del secolo scorso . Non si ha un ' idea del suo ordine , della sua atavica semplicità e della sua profonda fatica . Se gli avessero portato per le briglie Pegaso , il cavallo dalle ali , egli lo avrebbe attaccato a un aratro o a un qualunque carrettino rurale . Vuole la terra sotto i suoi piedi quest ' uomo tetragono come il toro nel buio della stalla , e il suo occhio cerca nell ' ombra la scintilla e la vampa . Dunque con lui niente teorie , esperimenti , avvenirismi . Egli sa che quando l ' arte progredisce rapidamente è segno che precipita e che dall ' infuriare delle mode e delle novità non si avranno che tegole e rottami sul capo . Tuttavia ciò non lo trattiene dal fare , sul tardi , quel che i critici chiamano con ammirazione « seguire i tempi » - - ma i tempi un artista li precede o li ripudia ­ ; per concludere , egli che dopo la prova amava ancora su ogni altra sua opera il Trovatore , lasciò detto : torniamo all ' antico . E tutto il suo teatro s ' identifica con il suo paese d ' origine . Sul volto crucciato e stanco di Parma Verdi fa come il macchinista della luce che conosce l ' arte di rubare gli effetti ai vecchi teloni del melodramma . La sua voce querula e tellurica scoppia e fa cadere l ' uno su l ' altro i colpi di scena ; e mentre affondano e risorgono là dentro il fasto rugginoso , gli aspetti sordidi , i colori , i riflessi , l ' architettura , gli sfondi di questa antica capitale , ti par di vedere Verdi , come un enorme stregone di campagna incombere fra il fumo dei comignoli sulla città faziosa . C Durante la recita il nostro cuore di credenti palpita appeso all ' icone dei padri . Gli occhi aperti nell ' oscurità , vigiliamo come dei macchinisti ipnotizzati dal riverbero violento della fornace , mentre la nave fila a tutto vapore sugli abissi dell ' oceano : e fissiamo febbrilmente i lumi dell ' orchestra . Quel pubblico verdiano cupo e fedele che è capace nella sua passione sacrosanta di inviare lettere anonime fregiate di teschio e di pugnali incrociati a chi osasse esprimere dubbi o riserve sull ' idoleggiato bussetano , è con noi , dietro di noi , mentre canta la voce dolorosa di Ernani , o squilla la musica vermiglia del Trovatore . E pensiamo nell ' ascoltare il sacro respiro de ' suoi corali e la veemenza de ' suoi concertati tradotti in disegni larghi esatti , al realismo e alla concretezza di questo grande uomo . Gl ' insegnanti del Conservatorio di Milano dissero che egli non aveva attitudini per la musica e ch ' egli non possedeva nessuna abilità ; e non aveva che del genio : troppo poco per dei professori e dei critici . Non siamo noi di quelli che propongono il Falstaff come il capolavoro , e lo pongono a culminare innanzi a tutte le altre opere di Giuseppe Verdi . Intorno a questo grande capolavoro , sollievo ed edificazione di tutti i kapellmeister , i contatti e gli attriti violenti si placano ragionevolmente , la lava si intiepidisce , il fuoco non è più che cenere calda . Qui fra le scorie appare e si allarga una topografia disegnata e tranquillizzante , e qui vengono a piantare le tende i competenti , gli elaboratori , gli alchimisti , mentre il pubblico si allontana rispettosamente per far posto al loro proficuo e amoroso lavoro d ' inventario . Nel Falstagg , che va considerato a parte , tutto è obbiettivamente realizzato con quella mentalità calma e prevenuta che dà soltanto la cultura agli uomini di tarda età . Là dentro Verdi s ' è fatto , per quel che poteva , protestante , e ha versato con circospezione gli ultimi spiccioli del suo genio e le melanconiche tenerezze della sua verve discreta e senile : ma la sua antica voce è indebolita , i suoi atteggiamenti non sono più i frutti meravigliosi , spaccati e strabocchevoli dell ' intuito , e le sue decisioni sono attraversate da un elemento nuovo e preoccupante . Una bruna ombra di tristezza si allunga per pagine e pagine su questa partitura , e alla luce solforosa della ribalta , la commedia musicale del vecchio misantropo appare spesso fredda , prudente , indiretta ed evasiva . Egli era incappato per la seconda volta in un poeta certamente autorevole , ma pieno di ideologie e di scombiccherature dilettantesche ; costretto a sottolineare un dialogo molto fitto e complicato , tutto seminato di arguzie arzigogolate e di accorgimenti letterari , il vecchio Verdi , che era costruito alla maniera semplice e sdegnosa dei grandi , sentí forse il dissidio , ma non ebbe la forza di dominare , di distruggere e di ricostruire a linee larghe , sommarie e potenti la materia del libretto . D ' altronde si trattava finalmente di mostrar la faccia ai contrappuntisti e agli intellettuali accantonati e ostili , e allora , nel silenzio sterile e superbo del tramonto , egli si volse lentamente a quelli e diede loro l ' opera riflettuta , riposata , ed esemplare come un gran quadro placido ed educativo . A parer nostro egli raggiunse con una immediatezza tutta meridionale il culmine più eccelso della bellezza proprio nel Trovatore . Senza dubbio , dinanzi a quest ' opera impareggiabile i commentatori rimangono sconcertati e senza compenso . Ecco dove l ' arte di Verdi , che è tutta sovvertimento , deformazione , caricatura sublime , mette a fuoco i quattro canti della terra . Il suo ritmo prodigioso e veemente , scagliato con la fionda , durevole come il bagliore di una scarica cosmica , arrossa allora tutto il cielo vibrante dell ' arte . Lí ribolle , entro schemi rozzi ma larghi e solidi , il suo temperamento facinoroso e straordinario , sussulta la sua natura copiosa , scoppiano i suoi canti capovolti , ripresi e innalzati clamorosamente . Chi è abituato per una certa dimestichezza a ficcare le dita fra gli ingranaggi dei componimenti musicali , le ritrae improvvisamente , fa un salto indietro e rimane trasecolato al prorompere della sua foga folgorante e irreparabile . Con l ' isteria che dà l ' esuberanza , tumultuante e cieca , con una stravaganza e una convulsione tutta italiana , fulminea e positiva , lasciando impraticate le strade maestre , egli divora , senza por tempo in mezzo , come un bolide radente , le scorciatoie più impensate , sempre fugace e irraggiungibile per colmo di forza e di impeto . Irritato , imperioso e gigantesco , egli lambisce felinamente il sangue caldo dalle proprie ferite ; e la preghiera e l ' invettiva sembrano uscire dalla sua gola come una minaccia inarticolata dalle fauci di un ciclope tetro e appassionato . D Le sue straordinarie creazioni hanno spesso origine dai motivi più frusti e popolari . Egli può rivedere tutto un Oriente nell ' interno di un frutto nostrano come il cocomero . Verdi , quando vuole , fa ballare le rovine ; con un colpo eccentrico egli sa rialzare , come nell ' Aida , i valori scaduti e antichissimi . Entro l ' atmosfera equinoziale di quest ' opera , con un certo caldo , profumato e svenevole che sa acutamente di belle donne , Verdi , il colosso che non conosce distanze , muove a passi di gigante da un pozzo desertico all ' altro per attingere melodie africane e rovesciarle sull ' assemblea ardente e prostrata in un languore gonfio di sospiri . In questa opera tipica , piena di caldura e di freschezza saturnina , la musa nera di Verdi , ci si para dinanzi per la prima volta , come la Sibilla , e dietro lei si spalancano le meraviglie templari e i tesori massicci delle Mille e una notte . Le mescolanze di gregoriano secolare , di moresco e di italiano del ceppo più focoso , sulle quali il genio letargico e temporalesco del bussetano scarica saette e fulmini silenziosi dai bagliori abbronzati e torridi , fanno uno spettacolo unito e portentoso di geroglifici subitanei , di forme piramidali dai colori atri , che affondano , man mano , nelle cupe oscurità azzurrine del quadro , rintuonando interminabilmente . Ci sembra che tutta una miracolosa razza teatrale si sia spenta con lui sul finire del secolo scorso . Nelle generazioni successive , rimescolate e confuse frettolosamente dalla politica , dalla guerra e dalla così detta cultura economica , non ritroviamo più traccia di quel che fu l ' affanno lirico , l ' idolatria romanzesca e musicale degli italiani dell ' ottocento ; si direbbe che i legami di sangue , le affinità di temperamento e di sentimento che dovrebbero unirci al passato sieno scaduti e dimenticati per sempre . Dove sono oggi gli artisti che han voce , anima e carattere da regalare agli eroi stravaganti ché Verdi ci pone innanzi come problemi ? È avvenuto , a noi , udendo l ' Aida tirata via con brutale routine , di pensare che il teatro lirico italiano si avviasse di corsa verso la più assordante e babelica confusione . Su una piattaforma cruda e volgare i trasporti castissimi , gli scorci , e il volo vago dell ' ispirazione possono diventare giuochi pesanti e imprese da circo . In tal caso scene d ' insieme e finali gravidi di coreografia rischiano di sembrarci troppo panciuti e carichi di mostarda esplodente . A vedere l ' orchestra e i cori nel loro colmo rinculare d ' improvviso e rimpiattarsi sotto i colpi infaticabili che la grancassa tira giú a due mani , c ' è da credere di esser capitati mentre è in corso l ' espugnazione d ' un fortilizio . E Dopo Verdi il teatro lirico italiano decaduto , tradito e vilipeso ogni giorno di dentro e di fuori , va alla deriva e scompare umilmente come un annegato . La clientela aggressiva e demagogica dei politicanti ha guastato il chiuso e storico giardino italiano , ha tratto in rovina anche questo istituto nativo e carico di carattere , che , coronato di gloria , una volta , e investito di un vero potere temporale , par divenuto oggi un terrapieno sconvolto per costruzioni edilizie . Oggi la molla magica è spezzata , gli spiriti sono fuggiti dalle nostre terre , e con essi , il genio , l ' ispirazione . Sui paesi gelati del Settentrione , anche quando fa bello , la luce vien giú così debole e fioca che la gente della città è costretta ad accendere tutti i lampioni per vedere se davvero c ' è o non c ' è il sole : allo stesso modo , noi , di questi tempi , diamo fuoco ai nostri innumerevoli becchi a gaz e incendiamo tutto il combustibile rimasto pur d ' illuminare da vicino un mondo caliginoso , ridotto e basso , nel quale non si muovono più intenzioni né disegni plausibili . Dove è finito lo splendore brioso del nostro teatro ? Ci sono ancora fra i giovani delle creature eteree , gazzose , satinate e leggere che salgono nell ' atmosfera lietamente sino a toccare il cielo con un dito . Poeti , musicisti , così , quasi incollati al firmamento , rimangono muti e sospesi in quelle altitudini inaccessibili , deserte e luminose , e attendono in conserva per mesi e anche per anni il giorno del loro giudizio quasi universale . Sotto i loro piedi si apre tumultuoso e informe il baratro , essi scivolano aggrappati pericolosamente e volteggiano con dei raccapriccianti capovolgimenti astrali come dei jongleurs fra i raggi oscillanti e sottili del loro proprio sistema celeste . Corifei meteorici volanti negli spazi dell ' immaginazione , essi naturalmente si nutrono non più di carne e di sangue come prima , ma di aria , d ' incenso , di mosche e di speranze . Ma giunge la Notte del giudizio : essi possono cadere , e , se cadono , cadono e bruciano , traversando tutto il cielo , come le stelle filanti . Un solo fischio , un fischio soprannaturale nel silenzio della mezzanotte , il guaito funereo d ' un cane , il lamento sinistro di un neonato , la stecca recisa e micidiale d ' un cantante può staccarli di colpo dalla cupola degli spazi e farli precipitare , fantocci lontani in combustione che s ' inabissano e si consumano in una dispersione silenziosa e quasi totale . I pantani tenebrosi dove guazzano i coccodrilli , accolgono i loro resti miserevoli . Ormai chi ha più la forza di vestire , di portare le antiche e preziose armature battute a fuoco e cesellate d ' oro ? Tutte le più belle voci stanno consumandosi e spegnendosi l ' una dopo l ' altra come ceri sull ' altare . Con un coraggio metodico ciascuno s ' industria di sgorbiare a casaccio le opere immortali . Il suggeritore propone e il cantante dispone . Si dànno le opere senza provarle , anzi si provano senza darle . Gli esecutori vengono scelti fra i più apatici e mansueti , come si scelgono i cavalli bianchi per le fanfare di cavalleria , perché non s ' imbizzarriscano e non tirino calci al suono e allo strepito degli strumenti . Costoro , infatti , entrano esitanti e s ' avvicinano al pubblico con il fare sbalordito e diffidente che hanno le bestie dentro i macelli . Le prime donne in scena hanno l ' aria di voler allattare fino all ' ultimo respiro il tenore mingherlino e tremante il quale annusa inquietamente sul palcoscenico la polvere , tutto invaso dal terrore del si bemolle che sta per essergli presentato come un effetto scaduto . Il nostro melodramma oggi è in uno stato d ' atrofia moribonda . Ogni tanto un Golia molle , sfasciato , senza volto , si presenta al pubblico : ebbene , al solo fischio della fionda , guarda , questo colosso crolla come un masso , e si muove in pochi istanti lasciando distesa a traverso la strada la sua corpulenza esanime . L ' ingombro enorme è difficile da rimuovere ; e allora guai « a chi deve procedere oltre : ci vuole forza di braccia , e pali , badili e accetta non bastano per dar libera via alla nostra vena che forse c ' è ancora , ma intristisce , per mancanza di sfogo , in pozzanghere malsane » . Se lo ricorda l ' immaginazione il nostro teatro d ' opera , piccolo , odoroso , stagionato , sonoro , dorato e pieno tutto di genio fino al soffitto : reggia di acchito e di fantasia , sulle cui scene i cantanti si presentavano con il sorriso sulle labbra e la morte nel cuore a un pubblico gerarchico che mostrava d ' ascoltare a seconda del rango con un aristocratico attaccamento , con una squisita bigotteria musicale o con un infiammato e incontenibile furore . Gli apparati della ribalta e gli arnesi convenienti all ' illusione creavano ai sensi delle dimensioni imprevedute e sbalorditive : quando poi nella foga della recita capitava in vista , fra gli spettatori , la presenza sorprendente di qualche eunuco celebre , agghindato e nonchalant , un nuovo prestigio sembrava aggiungersi alla voce dolce e spietata di Eros che risuonava , invadendo la sala con una indolenza folle e spirante . E allora il fuoco indomabile incendiava i cuori delle dame seminude , le faceva anelare mortalmente e dava le traveggole ai cavalieri dal sorriso incantato e vacillante . F Ohimè , ché caduto è il lirico furore , e gli applausi di un popolo famoso si estinguono lontano . Anche il prestigio della scenografia è scomparso per sempre dal teatro italiano . Si architetta , si costruisce , ma si dimentica che soltanto l ' illuminazione può dar corpo alle immagini . Fra le coulisses non circola come un elisire la musica , il focolare della tradizione sembra spento . La luce elettrica , igienica e pallida ispettrice , imbianca tutto col suo squallore , pone in fuga le ombre , spazza via dalla scena ogni residuo fantastico e mette in evidenza un ceppo annerito e freddo . La luce , elemento prezioso , vuol essere propinata avaramente come un filtro . Il palcoscenico non è che un pozzo nero e profondo da esplorare prudentemente con la lanterna cieca , e se il macchinista apre tutte le valvole dell ' elettricità , diventa un buco enorme e deserto , uno spogliatoio miserabile ; il fondale appare lí innanzi pencolante e scolorito , le quinte si reggono male ai suoi lati livide e servili . Non si devono mai colpire , per intero , né di faccia né di striscio , gli scenarii che sono superfici piatte , con una luce folgorante . In un palcoscenico pieno d ' ombra e di mistero i personaggi , questi prigionieri del melodramma che tentano di liberarsi contorcendosi michelangiolescamente , passeranno a traverso tutte le fasi della illuminazione come la luna nel corso del suo viaggio notturno . La luce li cercherà allora nella semioscurità , li sceglierà , e colpirà con la sua mira i loro corpi mobili e plastici . Mentre cantano ornerà viva e granulosa i loro gesti di argento . Brucierà sui loro contorni come pepe di Caienna che arde ; farà nascere riflessi e balzare lampeggiamenti di gelatina dalla seta cangiante dei loro costumi , investirà con un riverbero pieno di fermento le loro faccie stravolte . I raggi sfuggiti a una lanterna magica picchieranno e si frantumeranno come una bottiglia di vetriolo , contro i seni turgidi di Eleonora che sta delirando . A volte il caso ci ha procurato spettacoli di questa qualità nei teatri di provincia . In una piccola città durante una recita di Otello verso la fine del primo atto sul cominciare del duetto la luna piena frusciando rotolò giú d ' improvviso e finí per impigliarsi come un volatile di fuoco fra le aste di una palma bassa rovesciando aggressivamente alcuni grossi raggi sgarbati e crudi di magnesio sulla coppia degli sposi male assortiti che si fiutavano rifugiati lí sotto ; ci parve di vedere allora Desdemona , gigantessa coperta di veli perlacei , perdersi come neve che si scioglie fra le braccia di un enorme pezzo di cioccolata lucente che digrignava i denti con un umorismo feroce da negro . Questo effetto esagerato e fulmineo provocò una grandinata di applausi . Ecco come s ' incaricò l ' imprevisto di fare dell ' arte a dispetto del metteur ­ en ­ scène . G Giuseppe Verdi , sembra l ' uomo nato apposta per spazzare via col suo pugno sterminatore ogni parassitismo intellettualistico , per mettere in fuga la musicologia ragionante , per scomporre le tele di ragno dei sistemi metafisici . Allorché si presenta la sua faccia ardente e corrugata , e risuona la sua musica litigiosa e violenta , teatrale e spaziosa , sono vane le spiegazioni e le proteste capziose , le obiezioni filosofiche e il gesuitismo letterario ; è perfettamente inutile allora , il parlare di suggestione e di sensibilità , di modernità e di cultura . Egli non è per buona sorte un missionario , ma un contadino eroe . Il suo alito ha un sano odor di cipolla e la sua voce è imperiosa , i suoi istinti pieni di veemenza primitiva . Egli ignora le parafrasi , s ' intromette furiosamente , taglia i nodi colla roncola , e fa scorrere lacrime e sangue esilaranti , piomba sul pubblico , lo mette tutto in un sacco , se lo carica sulle spalle e lo porta a gran passi entro i rossi , vulcanici dominii della sua arte . H Un giorno un vecchio mentore , persona conosciuta e famigliare che sosteneva in città la parte di Matusalemme , ci toccò una spalla . Eravamo sotto i portici del palazzo del Governatore . Trentadue gradi all ' ombra . In quell ' estasi canicolare udivi salire fino al cielo il ritornello querulo di un venditore di terraglie . - - Ragazzo mio , - - fece il nostro autorevole amico indicandoci una delle arcate che si aprivano in piena luce sulla piazza Grande , - - proprio di là ho visto venir su Verdi appoggiato al braccio della Stolz . Nel fermo stupore solare questi due pellegrini sorsero dinanzi a me improvvisamente . Lo stesso grido noioso e solitario che tu odi ripetersi in questo momento echeggiava anche allora qui sotto le volte . Verdi ne parve sorpreso . Si sciolse dalla sua compagna , cavò fuori un libriccino e segnò una sull ' altra quelle quattro note approssimative . La cantilena del merciaio ambulante era andata a incastrarsi dritta nella sua fantasia . Ferro tira ferro , ragazzo mio . Il cervello umano quando lavora diventa una calamita . Qualche volta un accessorio rimette in movimento la macchina , poi l ' opera si stacca come un frutto maturo e rotola sull ' erba . Vedi come procede di sorpresa e per indicazioni il lavoro creativo ? Non si potrebbe forse pensare che in un pomeriggio arido e sonnolento come questo da una costola di Adamo venne fuori Eva e si addormentò vicino a lui ? Basta , se lo vuoi sapere il grido ozioso di poco fa ha trovato la sua nicchia nella Aida . Vent ' anni or sono , nell ' udire quest ' opera , riconobbi , durante l ' atto del Nilo , nell ' invocazione rituale dei sacerdoti nascosti nel tempio , la voce del nostro venditore di terraglie che da cinquant ' anni trascina il suo piato e la sua merce per le strade di Parma . ­ Questa fu la nostra prima lezione di composizione . Di lí a poco il vecchio mentore messo a giacere spari divorato dagli anni . Accade qualche volta d ' incrociare sulla strada una sconosciuta che ci fa rimanere lí smemorati e perplessi . Carica di evidenza essa cammina isolata e immersa in quel fluido pittorico che gli artisti chiamano « il vero » . Qualunque sia il genere e il grado della sua bellezza , eccone una che ha le fisique du rôle . Pienezza , fragilità , fascino di provenienza portentosa , costei è là , fuori del tempo , fugace , improvvisa , come un ' assente rientrata di soppiatto tra le file . La grande razza risplende sui suoi tratti , mentre corre verso un profondo destino , il suo passaggio tocca una corda , e la tua marcia , i tuoi pensieri si arrestano netto sotto il colpo della sorpresa . Sei colto al varco ; curvo , sospeso sul mistero della sua origine poco t ' importa di sapere dove vada ; è al suo atto di nascita che tu miri , è la sua carta d ' identità che vorresti vedere . Di quale amorosa combinazione è il frutto questa creatura straordinaria ? In fondo a una perplessità di questa sorta ci gettano i tratti più crudi e felici delle opere di Verdi . Noi che scrivendo di lui vorremmo essere il vento nel fuoco , ci fermiamo a certi passaggi e dimentichiamo di seguirlo per gustare meglio nel fiore l ' amaro della radice . Un amaro che penetra e affonda nella nostra memoria ; e il ricordo fatuo inafferrabile entra in giuoco . L ' attenzione stimolata si concentra , circoscrive il suo raggio e preme appassionatamente su quel punto torbido e remoto . Guardiamo la vita trascorsa dietro una lente d ' ingrandimento : sgranata , formicolante , vivida visione . In questo stato di lucidità ansiosa il problema del più pesante dell ' aria sembra risolversi . I fatti si alterano , la realtà travisata si sposta , si solleva e comincia la mise en route dell ' immaginazione . Ci accade allora di cogliere d ' un tratto i rapporti e le aderenze che uniscono Verdi al pittoresco scheletrico della vecchia Parma , e di scoprire su quale vacillante e provvisorio piede di casa s ' innalzi l ' arte clamorosa e grande di quest ' uomo universale . La nostra città è rotta in due , e si dà l ' aria di essere traversata da un famoso corso d ' acqua . Il torrente scende ogni tanto dalla montagna e le fa una visita improvvisa e minacciosa . I parmigiani gli hanno preparato per ogni evenienza un gran letto che non basta ai suoi trasporti . A primavera vien giú in piena , impennato e tuonante come se fosse preceduto da una fila di tamburi , s ' ingrossa , monta , supera i livelli e sale con la rapidità di un aerostato fomentato da un falò . La folla nera protesa sui parapetti grida e gongola , mentre sotto i suoi piedi i ponti tremano , e guarda passare nei gorghi e roteare intorno ai pilastri tronchi d ' albero , stie galleggianti , asini e cani affogati e gonfi come sacchi di zampogne . Già l ' acqua sta per lambire il segno dell ' ultima inondazione e chiudere gli occhi dei ponti : schiuma e tempesta contro gli ostacoli velocissima . Le ali dei muraglioni e le case dai camini che fumano sembrano filare in senso inverso come una flotta pigiata e fuggente . Allo stesso modo impetuoso si abbatte sul popolo radunato nel teatro di Parma la melodia corale di Verdi , poi decresce , si ritira e lascia allo scoperto il greto ampio ardente , impervio e abbagliante . Ci sono individui che hanno molto in più e qualcosa in meno del normale , per cui quando non possono far meglio degli altri cadono al disotto di tutti . Come gli ordigni di invenzione empirica così anche gli spiriti veramente primitivi e originali subiscono delle pannes impreviste e irreparabili . Verdi è uno di questi . Alti e bassi , annientamenti , lacune , risurrezioni miracolose , tutto concorre a rendere variabile e avventuroso il suo ritmo , e fin che il suo genio traversa il cielo come un aquilone che soltanto la corsa può sostenere egli trascura di essere intelligente , finge d ' ignorare che i corpi subiscono l ' attrazione della terra e che là dove la vita si spegne la spoglia precipita . Insomma a vederlo rinunciare ai salvataggi artificiosi , meccanici , all ' ortopedia della tecnica , lo diresti l ' uomo che non crede alla morte . La sua opera rimane sospesa come una nube carica di elettricità sui luoghi e sull ' epoca immobile della nostra giovinezza . Noi sentiamo agitarsi là dentro e insorgere il tramestio turbolento d ' un anniversario . Come per il rifluire di una vita anteriore quel mondo di suoni diventa vorticoso , scialbo , teatrale , pieno di escamotages silenziosi , di crolli . Tutto un passato ancora caldo e recente sembra risalire pigramente il suo corso . Dobbiamo dichiarare che le nostre preferenze vanno a quell ' arte mutevole , rudimentale e caduca , che porta nella sua fisionomia terrestre il segno forte della sua stagione . Tutto quel che dovrà subire la legge fatale del ritorno offre , quando si stacca e s ' innalza , uno spettacolo pieno di somiglianza umana , di emozione e di interesse . Il profilo grottesco e rivoluzionario della prima locomotiva a vapore , questo grosso bébé del Progresso , e l ' aspetto rurale di tutti i meccanismi e apparecchi di una scienza ancora incerta che lavora colle proprie mani servendosi di alberi abbattuti e di pietre sepolte suscitano insieme al piacere e alla curiosità la venerazione più viva . Ma appena si giunge agli sviluppi , alla pienezza tecnica , alla fabbricazione anonima , ai piani elevati e praticabili , al lusso e alla chiaroveggenza della matematica , al calcolo sublime , il nostro interesse si perde nel vuoto della eccellenza professionale . Il moto perpetuo della perfezione che vuol dire immobilità ci fa morire di noia e colare a picco . Nella gran luce assoluta la perfezione sta , senza oscillare , in una fissità implacabile . Intorno ad essa cadono le possibilità , si esauriscono i pericoli , si spezza ogni rapporto , ogni stimolo , ogni speranza : le carriere si chiudono , cessano gli aumenti di stipendio . Là comincia un vitalizio eterno e immutabile . Nel melodramma di Verdi c ' è musica per tutte le borse . I suoi difetti e le sue qualità han radici profonde nella nostra terra . Estirpare i primi vuol dire distruggere anche le seconde . « Non bisogna esagerare - - egli scriveva - - nella smania di voler ogni cosa perfetta , perché si corre il pericolo di compiere ben poco , o di non compiere nulla . La natura , la sincerità di un maestro si rivela mantenendo pressoché intatto ciò che gli è uscito spontaneamente dal cervello , molto meglio che tormentando instancabilmente ciò che egli ha fatto . Anzi nell ' alternativa di cose un po ' basse con altre elevate queste s ' avvantaggiano di più nel contrasto . Io non istento a credere che alcuni poeti abbiano calcolato su simili effetti » . - - Così serenamente Giuseppe Verdi riconosceva che la sua opera resterà per sempre incompiuta . Nelle opere di Verdi ci sono dei quadri di un romanticismo così morto e caloroso che quasi ti sembra di vedere come in un sogno astronomico , la jena passar ratta su terreni sbiancati , ondeggianti , e tutto un cimitero che succhia il latte alle poppe della luna . Nel secondo atto del Ballo in maschera , per esempio , la scena rappresenta un paesaggio che sprofonda e affoga nella marea lunare . Fremono le chiome basse dei salici e la loro ombra va e viene lentamente sui marmi sepolcrali . Il Tempo brucia in qualche lumicino votivo con l ' intermittenza di un polso malato . O Valle piena di avventuroso silenzio , Tribunale supremo della galanteria , intorno al tuo recinto funebre che brulica di fatui lucori s ' aggirano come grandi farfalle notturne i tenebrosi porte manteaux del teatro melodrammatico , personaggi speronati e illustrissimi che al cospetto dei tuoi monumenti lapidari si strappano l ' anima a lembi ; li chiama dall ' orchestra con una lunga cantilena di malaugurio la voce esangue del corno inglese ; ed eccoli , i colpevoli , dal fondo della scena , muovere verso di noi i passi incerti . Fra l ' intrico di gramigne che inceppano il loro cammino , afforano le assi di qualche bara sfasciata . Una spada , delle lacrime luccicano ; bacche d ' argento spuntano fra le gramaglie d ' una vesta , e il suono d ' una voce istrumentale echeggia . Udite come brilla in quella voce il quid della celebrità ! Udite gli accenti sbigottiti che fluttuano nebbiosamente sulle due bocche confuse nell ' amore ! Son essi , gli adulteri fuggitivi , che il cimitero stringe e assale da ogni lato con tutte le sue croci ed i suoi mausolei : rinculano i meschini e s ' innalza la disperazione del tenore sull ' arco dei violoncelli . Ma con l ' invasione dei cori lo spettacolo assume un portamento da grande opera , la melodia s ' allarga , e quando la scena nereggia lugubremente di cospiratori sghignazzanti e un ' onda di feroce derisione sollevata e sospinta dal ritmo musicale si abbatte sui malcapitati amanti , come non riconoscere in quei volti numerosi e contorti , in quella crudeltà , gli stessi partigiani , impalliditi cogli anni , che nei giorni lontani infestavano la vita pubblica della nostra città ? Opere di Verdi , vicenda burrascosa e mortale , inedia , agonie e risurrezioni miracolose ! Un punto forte , anzi fortissimo , quello della riscossa , c ' è sempre là dentro , quando la faccia stessa del melodramma ottocentesco emerge sfolgorante e intrisa di sangue come quella di un terremotato che scappa fuori vivo da un avello crollato . La cabaletta esce allora dalla più abusata e nera routine con un rilievo bellissimo . Una freccia vien dritta a piantarsi nel nostro cuore e dobbiamo gridare : toccato . Col piede leggero e il cranio pieno di una esultanza scarlatta entriamo in argomento . Chi se l ' aspettava ? Finalmente il tenore mostra i denti . In teatro nasce il disordine e la rivoluzione si propaga . La lingua batte do ­ ve il dente duole ! Trasecolati si apostrofano l ' un l ' altro gli spettatori trionfanti : Evviva , abbasso ! Fuori di casa Strauss , Debussy e Stravinski ! Intanto un ritmo di ben altra stagione , un ritmo portentoso e schietto , rotola in orchestra sotto il sole campagnolo . La caricatura entra in un clima ampio tutto meridionale . Al diavolo il contrappunto e le fughe ; il barometro sale . L ' udite correre infuriata sul fondo della scena la vecchia tradizione , risorta fra i rimorsi , che ammonisce e invoca implacabile come la canzone d ' un amore che fu ? « Ma non vedi che l ' albero pende , e la foglia la va , la va , la va . - - Se mi volevi bene non mi dovevi abbandonà ... » Appena fuori della porta di Parma ci veniva fatto , da ragazzi , di capitare a ridosso dei bastioni in certe località disperate e propizie alle infantili paure , fra casematte , cisterne putride , dove le male erbe sembrano nascondere pietrame di tombe . - - Nell ' ora fallace del giorno che cade la luce traspare , s ' annida , lotta per districarsi fra le masse del fogliame e rompere là dentro lacerante , stanca , velata , mobile . A due passi la vita ferveva , e il suon dell ' opre raggiungendoci nel nostro labirinto , pigliava un tono canoro ; irreale come d ' un grido che fa vòrtice in un pozzo : eco continua che si volgeva in minore con una scordatura soave . Quello era il tempo del nostro tirocinio in faccia alla natura . Piaceva a noi rimanere lí e guardare accasciarsi e scemare la giornata . Sollevato a intervalli , come un velario in grembo al vento , il cielo ricadeva in repentini squallori , colmo di una lucida e smemorata vacuità . Tremule irradiazioni spaziali attraversavano il mondo , fin che , arrestato lo spento rimescolio , l ' occhio poteva fermarsi su uno spettacolo di silente e immobile riposo . Sull ' incudine cadeva abbandonato il martello del fabbro , cessava l ' indistinto strepito dei lavori quotidiani e il fossato s ' andava riempiendo di fantasmi . Simili a forme animalesche e buie le cose intorno affondavano , vacillanti , nell ' ombra ' . Ultime e nuove affioravano le lucciole e s ' allontanavano come portate via sulle acque notturne . Respirando a pieni polmoni la freschezza di quel clima mortuario sentivamo quasi , in preda a un sublime sgomento , frusciare sul nostro capo il cielo e le sue stelle . Col primo raggio di luna sorgevano titubanti , a spiarci , ad una ad una , fra le fronde e i rami , le facce d ' argento dei congiurati del « Ballo in maschera , che una nuvoletta a poco a poco » spegneva . Allora lentamente il sonno della terra ci prese in grembo , mentre ancora pareva a noi di udire un gramo motivo d ' orchestra allungarsi , accorciarsi e accordare il suo timbro al grido della civetta . Su quel verso romito e ferale , antica e paurosa cadenza , l ' anima trovava a occhi chiusi il modo di passare sui precipizi con una leggerezza sonnambolica . O , il vaporoso risveglio quando nell ' altissima notte , con un vento che trascina e fa stormire i vecchi ippocastani dei bastioni , mutevole , fra l ' uragano e una tristezza di pioggia echeggiò , molto lontano , nel canto sgranato e lunatico d ' un viandante la cabaletta di Verdi . II Migliavacca Trent ' anni fa viveva a Parma un vecchio violinista lacero e randagio chiamato Migliavacca , cieco , obeso e sbarbato come un diacono . Acidità , patema e sarcasmo sfogava masticando ingiurie con la voce vinosa . Era tenuto in gran conto e rispettato da tutti . Con quella sua testa maestosa chinata sul petto , inchiodata nel buio , incuteva timore , e un codazzo di ammiratori lo seguiva a debita distanza durante le sue peregrinazioni e i suoi concerti serali . Migliavacca vagava da un ' osteria all ' altra stringendo sempre sotto l ' ascella un violinuccio mingherlino e unto come un osso di prosciutto . Amò sino all ' ultimo dei suoi giorni la musica d ' opera , il vino di bottiglia e le donne calde da trivio . Per amore di queste ultime si lasciava condurre docilmente verso le case di malaffare . Saliva brancolando quelle scale piene di lezzo e di canzoni avariate , poi su nel salotto , quando lo sfiorava il braccio nudo e morbido di qualche rauca baldracca , allungava il broncio come un vizioso e la sua grossa e pesante maschera impassibile , che chiudeva una sciagura di fuoco , sembrava volersi spezzare e sciogliere in una lascivia muta . Subito tutte quelle femmine gli si facevano sopra a pregarlo : Migliavacca , nonno mio , una sonata carina ! Egli trasaliva a quei fiati postribolari ; con un sorriso lubrico sulle umide labbra andava tastando il violino , l ' imbracciava e raccoglieva il volto congestionato sulla cassa dell ' istrumento . Le dita aggrappate alla tastiera come a scavare con le unghie in un petto , egli arrivava allora sino a toccarci il cuore . Poi , il pezzo , fra sospiri e armonie , finiva , e Migliavacca , spinto rotoloni sopra un divano , colava gloriosamente a picco sotto gli amplessi e le carezze di quelle prostitute . Il giorno dopo di primo mattino lo ritrovavi già al lavoro fermo e soletto sul marciapiedi , all ' ombra , dinanzi all ' Albergo della Fontana . Guadagnava così , umilmente , il suo pane , suonando per i clienti che in maniche di camicia si facevano alla finestra , mentre intorno ai capricci del suo archetto tumultuavano con una famigliarità pittoresca i piccioni del palazzo comunale . La sera stessa lo rivedevi poi all ' ultimo atto dell ' opera , seduto sul loggione del Teatro Regio . Come siede in chiesa , abbandonato su uno stallo della cantoria il più vecchio canonico del capitolo , eccoti Migliavacca che ascolta nel buio la Traviata , biascicando non si sa quale gioia concentrata . Gli era guida e compagno fedele un chitarrista mezzo orbo anche lui , bruciato dal vino , sbrindellato e beceresco come un mulatto andaluso di Gustavo Doré . La faccia di costui era una spugna d ' alcool . Mentre strappava sonnecchiando il mazzo delle corde , una ruota di mosche e di sogni ronzava di continuo intorno a quella sua gemebonda chitarra . Di tanto in tanto Migliavacca , con un grugnito represso , era costretto a scuoterlo , perché s ' addormentava su un accordo . Suonavano insieme dinanzi al caffè Marchesi per un pubblico seduto all ' aria aperta . Vanitosa esposizione di piccole famiglie , società provinciale , ragazze da marito , esasperazione , indolenza e noia immortale della vita cittadina facevano durante quelle portentose serate commemorative un quadro colorito e vivace . Fra gli strilli e le eccentriche piroette dei camerieri , tra il luccicore di caraffe , di scodelle e di bicchieri , anime lasse vibrano sospese alle corde d ' un cagionevole violino . O , quante bocche di rosa socchiuse come per un bacio dinanzi a una granita di limone . Sono le signorine di buona condizione , piantonate dai cari genitori , che si dànno anch ' esse a inseguire di soppiatto , sul tema musicale , l ' idea unica e fissa d ' un matrimonio eventuale . Dormiveglia , candore , allibimento di quell ' architettura arciducale . Quasi emersa da una storica oscurità la gente squattrinata si addensava dietro i due sonatori . Odii , rivalità , ira , rancori covava in seno tutta quella plebe assaporando la musica cupamente in pose rapite e meditabonde . Intanto sui vecchi edifici circostanti sembrava allungarsi man mano rigida e coricata l ' ombra di Napoleone . Quei concerti , duravano l ' estate oltre la mezzanotte a languire così . La adunanza popolare , chiusa e nera ammutoliva come un firmamento intorno al cieco . Simili a stelle cadenti , nel chimerico silenzio creato dal violino , arcane cupídigie e ipotesi lanciate sprofondavano negli universi misteriosi . Quando Migliavacca suonava , il traffco era bloccato ; lui vivo non si sarebbe potuto pensare di posare sulla strada principale le rotaie del tram . Egli mori ; e fu in quel vuoto improvviso che la più balorda e intraprendente genía prese piede in città . Lo spettro del progresso s ' infiltrò fra quei vicoli quasi verdi di erba . Asfaltisti , ingegneri , vagneriani , socialisti , entrarono e sorsero a sconvolgere ogni angolo . Fu la rivoluzione nei costumi , nelle abitudini , in tutto , ma i veri rivoluzionari rimasero tuttavia i verdiani pallidi e feroci di Parma . Musicisti sciupati e giú di moda , coi loro baffi fradici di nebbia , chiusi nelle loro fruste pelliccie , spente figure di nottambuli che lasciano penzolare la testa e hanno delle austere borse sotto gli occhi , costoro se ne andavano lungo i muri come dei vecchi topi spelacchiati e pieni di acciacchi salivano e scendevano solinghi sul tardi , i ponti a schiena d ' asino . Con certi cappelli neri , larghi e pioventi come ombrelli , questi peripatetici pitocchi in preda a un acerbo rovello , cercavano , capitando sotto il lume smorto d ' un lampione , di nascondere quella cera magra , gonfiata da una tosse che tien le loro bocche in continua emozione . O eroi affranti che avete bevuto nel calice sino alla feccia , guardiani laidi e dignitosi d ' un passato incantevole , voi che oggi riposate trafelati sugli ultimi lembi di silenzio , sappiate che la gloria non esiste più . Guardate la vostra città . Han demolito le mura , hanno abbattuto anche le centenarie alberate dei bastioni . Al suono dei claroni il villano traversa in automobile le vostre strade . Polvere che il vento solleva , polvere che ricade sulla polvere , in quel deserto di memorie che è diventata la vita . Altro che arte ! È la velocità che conta oggi , i pugilati , le truffe e poi , di nuovo , la velocità . Masticate dunque l ' amaro veleno , voi che avete ancora nel petto il ritmo lento , nodoso e ostile dei congiurati e dei creatori . III Il ponte verde Era un ponte a schiena d ' asino , fatto di legname . Più pittoresco che non si creda , edificante come la doppia scala allegorica della vignetta che rappresenta « Le età dell ' uomo » . Andava su ripido , s ' impennava , e poi giú dall ' altra parte , scavalcando il corso d ' acqua nel luogo più antico , monumentale e solitario della città . Parma e il suo cielo facevano sfondo . Qualche raro passante arrivato sulla gobba del ponte , sostava appoggiato al bastone , imitando egregiamente il gramo omino della parabola che dopo la balda giovinezza affronta la china della vecchiaia . In quei tempi ero un ragazzino che dall ' orto d ' una casa affacciata e sospesa sul torrente , spiava , verso l ' ora di cena , il ritorno del suo papà . Lo vedevo scendere , mio padre , stanco e a capo chino , il ponte , e sprofondare tra le spallette - - era ancora lí , tanto vicino a me : lo chiamavo con una subitanea angoscia prima che scomparisse del tutto . Più di vent ' anni fa questo ponte venne distrutto e sostituito da un piatto canalone , in cemento armato , al quale la coalizione degli ingegneri e dei socialisti che amministrava insolentemente la città diede il nome di « ponte Verdi » . Omaggio di quei che proclamavano l ' arte « spesa improduttiva » fatto a un originale musicista che essendo sul punto di morire perdeva proprio allora una bella occasione di protestare . Ma l ' antico ponte scomparso , da non confondere con quello attuale , si chiamava verde perché di verde era stato dipinto da oltre un secolo . E di esso restarono fermi nella limpida corrente i piloni spezzati e i massi dispersi qua e là . Quand ' era in piedi , il ponte verde , univa la Pilotta , colossale edificio costruito dai Farnese che distende la sua facciata sulla destra del torrente , alla riva opposta , difesa da un muraglione altissimo e decrepito , che un immenso tappeto sventolante di erbe , di fioracci , e di bocche di leone copriva a perdita d ' occhio . Nella stagione di magra le lucertole , le donnole , le biscie strisciavano fitte entro quella gramigna abbarbicata al mattone ; i topi d ' acqua , a schiere , girellavano lungo la muraglia , fra i ciuffi verdi s ' inseguivano e si lasciavan cadere come dei sacchetti scotendo e facendo tremare le cascate d ' edera . Raggiunta quella riva così popolata di animalacci immondi , la strada del ponte passava sotto l ' arco d ' un torrione merlato e sboccava nel profondo parco ducale . Sul torrazzo dalla sagoma tozza e guerresca lavorava un fabbro ­ ferraio . Tutto il giorno s ' udiva il martello e la lima cantare . Specialista di grosse serrature , di catenacci e di chiavi governamentali , quest ' uomo viveva solo là dentro . Usciva solo , non seppi mai da qual porta . Sbucava dal voltone , sempre un po ' nero di fumo e lucente di polvere di ferro . Salutava mio padre con un rispetto simpatico e civile . Ci si sentiva onorati e contenti del suo « buongiorno » . E ogni volta avevo una gran curiosità di avvicinarlo , di conoscerlo , di dargli la mano . La domenica usciva con un cappello duro . Era un artigiano all ' antica ; abbottonato , individualista , senza tracotanza . Il giorno del riposo lo passava nelle vicinanze della sua fucina , senza altra occupazione che di guardare il colore dell ' acqua sotto il ponte , e il colore del cielo . Ma quando udivi il picchiettio del suo lavoro , che per lo più durava fino a notte , allora ti sembrava che un mistero armonioso si diffondesse dalla torre chiusa , il più gran mistero della mia fanciullezza . Ascoltavo , tendevo le orecchie a quel suono domestico e remoto . Là dentro non c ' era metallurgia , non c ' era il terremoto meccanico , né le pulegge , né i torni , né i rocchetti d ' un opificio . Egli forse , soletto , col cappello in testa , accomodava in quel momento delle vecchie suppellettili , degli ordigni casalinghi , rifaceva il fondo di qualche fornello , il manico d ' un girarrosto , o il coperchio d ' una pentola . Intanto quel suo martellino faceva una musica tenera , dettagliata , amorosa . Saltando sull ' incudine , i colpi cominciavano forte , continuavano più rapidi , e finivano in una pioggia argentina . Il fuoco della fucina volteggiava azzurro dietro i vetri della sua finestra medioevale . E quella finestra a vetri piombati non s ' apriva mai . Il mio fabbro ­ ferraio non mostrò mai la sua faccia lassú . Quando il torrente era in piena , il governo della città dava l ' allarme , ma il vecchio ponte non aveva paura che la furia delle acque lo portasse via : con quella sua solida gabbia ' di travi , simile a un leggendario battello , il ponte Verde avrebbe potuto galleggiare sino al Po ' . Tuttavia il malumore contro di lui cresceva col crescer del torrente . Le autorità non dormivano più . Quella balaustra verde col suo salto da gobbo irrideva al pericolo , e la sua mossa allegra , precisa , scheletrica cantava sopra i flutti per i poeti invece di ragionare per i geometri . In quell ' ambiente pieno di balorde investiture politiche e di declamazioni victorhughiane , là dove c ' era un padre del popolo e alcune decine di democratici massoni a costituire il Consiglio comunale , si demolivan le chiese , si abbattevan le torri , si atterravan gli alberi , si scavava la fossa ai secoli passati , si distruggeva tutto per dar lavoro al popolo . Più un lavoro era inutile e più ce n ' era urgenza . Il padre del popolo aveva pronti dei piani formidabili di lavori inutili : ce n ' era da lavorare inutilmente per cinquant ' anni almeno . E il ponte fu condannato . Chi poteva salvare questo piroscafo che da cent ' anni stava in quarantena fra due file di case , dall ' odio di tanti filantropi ? Due santi , due patroni , due difensori , li aveva il ponte Verde , ma l ' uno era cieco , l ' altro sordo , laceri ambedue e in uno stato avanzato d ' inedia . Da tempo immemorabile stavan li di fazione ai due accessi chiedendo l ' elemosina . La rovina del ponte li travolse ambedue , e scomparvero insieme . Il primo , un vegliardo dai lunghi capelli d ' argento , sedeva tutto il giorno , dal lato della Pilotta , su uno sgabello basso , col bastone fra le gambe , e tendeva il cappello . Una barba veneranda gli incorniciava la faccia imponente e tranquilla . Sulle spalle larghe portava una gran casacca scolorita . La sua voce grave e profonda , come l ' ultima canna d ' un organo , l ' udivi di lontano , prima di vederlo . Era sempre la stessa salmodia sonnolenta : fate la carità al povero cieco . L ' altro , un vecchio mummificato , seduto nel cantone più buio della volta che conduce al parco ducale , vendeva dei dolci speciali , alti quattro dita , e composti d ' ogni sorta d ' avanzi . Questi pezzi di torta , tagliati a losanga , che a noi discoli sembravano cosa ghiottissima , venivano chiamati , non saprei perché , paste greche - - c ' era dentro di tutto : mandorle , pasta frolla in briciole , ossi di ciliege , cioccolato , biscotti avariati , avanzi di marzapane , pan pepato e qualche volta , bottoni di soldato - - un tritume nero , impastato e poi cotto al forno . Intorno a quei dolci di dubbio colore , che una fitta polvere di zucchero copriva , ronzavano le mosche e la ragazzaglia della strada . Bisognava vedere gli occhi avidissimi e le pose languenti di tutta quella marmaglia che protraeva accanitamente l ' assedio . Il vecchio cisposo vendeva i suoi dolci un soldo l ' uno , ma aveva la vista corta e incassava i palanconi falsi . I monelli cocciuti aspettavano che gli si chiudessero gli occhi , che la testa cadesse sul petto , per dargli un urtone e rubargli all ' improvviso qualche pasta greca . Poi erano strilli e fughe nel greto del torrente . Tutta la gente , tutto il bel mondo dei pomeriggi festivi , e gli amanti della sera , passavano sotto l ' arco oscuro della torre , dove il mio fabbro invisibile faceva suonar le chiavi . Passavano le belle donne sfiorando con i loro volans di seta quell ' ombra di mendicante accucciato sulla terra , quell ' esoso venditore di sudici dolciumi , che rimaneva là , immobile , abbandonato nelle tenebre , fin che il fanale verde s ' accendeva in groppa al ponte a illuminare debolmente i due versanti . I pipistrelli volteggiavano leggeri e silenziosi intorno a quel faro smorto e stralunato . IV Teatro Fra la babilonia sempiterna del cartone dipinto , in una stroppiatura feroce della realtà , sotto l ' azzurro disperato dei cieli , fra i lampi del magnesio che fanno trasecolare i volti imbiancati e anneriscono gli occhi come olive ardenti , si desta di soprassalto l ' oro rimoto delle attrezzature e risplendono i laghi nei regni bruciacchiati e secolari di Solimano . Là regna , come un principio , la Spagnola con la sua vena strana di delirio canoro , intorno a lei nella gran luce e nel vuoto piove la polvere di un mondo in consunzione . Dalla fabbriceria degli ori armonici sale un ronzio sonoro di violini appisolati , uno zufolo flebile e un fiatare roco di legni musicali ; i violoncelli vanno gorgogliando giú fino al fondo delle iridescenze , il fagotto borbotta fra l ' afa smaniando e gli ottoni accaldati sembrano digerire , sopra una nota lunga , un sonnifero denso nella gran siesta cocente del fossato orchestrale : la Spagnola attacca con la voce indolenzita una boutade lunatica appresa al sillabario puerile d ' un usignolo , che sente molto il genere « crepuscolo » , e la sua voce sempre più esitante scompare in un indistinto naufragio di malinconia . D ' un tratto un acutissimo fischio , un fischio simile a quello che avvisa gli equipaggi delle navi in manovra , fa cambiare rotta e quadro alla prova : un ' oscurità caotica precipita rombando sulla scena ; i fondali rovinano dall ' alto fra i richiami concitati di una folla anonima . Cieli nuovi escono dalle spaccature della ribalta e vanno su a occupare il posto di quelli già sfruttati . Le quinte da ogni parte vacillano e navigano tra un diradare di nebbia rossastra . Poi , a poco a poco , come da un antro vulcanico , emerge il palcoscenico con le sue fumose muraglie bruciacchiate e qualche lembo di scenario che dalle bilancie pende fino a terra . Allora un fiato da caverna e una oscura , misteriosa tristezza venne giú da quell ' inerte laboratorio lirico . Guardiamo , contriti , intorno e in alto le file replicate dei palchi rossi e riboccanti dove stanno in comunanza gli sparati immacolati , le decolletées pallide e ambigue , i crani lucidi e le lunghe braccia guantate . L ' alto ceto siede , fra la seta e le gemme , affacciato ai davanzali dei balconi innumerevoli , in pose d ' eleganza e d ' abbandono musicale , come vegliando sotto i piccoli lampadari di cristallo veneziano , mentre sul fondo indistinto vigila , eretta e ossequiente , la nera galanteria dei cavalieri serventi . Tutta la grande sala fin su agli estremi capitelli carica di volti protesi e accesi , sembra voler roteare in un parossismo d ' insania e di concitazione , fra grida di ebbrezza e di fanatica passione delirante . Rosina Storchio , silfide milanese , sentimentale di alto lignaggio , in una veste gonfia di trine legg [ i ] ere e appena tinte di colore , abbandonata vaporosa nel gran salone rococò , solitaria fra i mobili fastosi e i candelabri viventi , delicata e leggera sui piedi di gran dama , versa nella sua bella voce , trasparente cristallo di Murano , lacrime , angoscia , e il fragile ridere tremante di un ' anima che naufraga in ricordi deliziosi . I suoi accenti sono quelli sincera d ' una passione mille volte provata e non mai esaurita . Ella sembra invocare con pena graziosa la concordia , l ' amore , e la pietà , perché l ' arte italiana e celebrata non abbia a decadere e a morire , sembra invocare con una abnegazione cosi viva da tener in catena la supina platea e il proteso loggione . V Bottesini Fu uno dei più geniali fra gli artisti del secolo verdiano , e fra i virtuosi il più fantastico . Egli riuscí a spiritualizzare la grottesca meccanica del suo istrumento , soffiando su tutti gli ostacoli col fiato di un mistificatore prodigioso . All ' apogeo , questo artista sommo traduceva vivamente Paganini sul contrabbasso . Figlio d ' un ' epoca nella quale i padroni della terra non erano degli ingegneri , ma dei signori magnifici che una gerarchia intellettuale innalzava e illuminava , incontro a lui si mosse graziosamente il favore di quel tempo generoso e romantico . Fino all ' ultimo giorno egli mangiò il pane della gloria , poi fu dimenticato . Con Giovanni Bottesini scomparve l ' ultimo esemplare del contrabbassista virtuoso . Non lasciò eredi . La sua superba arte istrumentale gli mori a lato come una sposa che non vuol sopravvivere . Là dove egli era giunto , per un colpo mancino del genio e con la più stravagante complicità della natura , nessuno potrà arrivare mai più , né farsi da presso per capirne e spiegarne il miracolo . Il suo posto solitario sta distrattamente al di là di ogni limite . Ai suoi tempi il Gusto aveva una funzione , il Genio un carattere e l ' Arte una tradizione . La politica , questa scienza divenuta flagello , taceva subordinata e sottomessa . I grossi affari di Stato lasciavano appena un ' ombra di fastidio sul volto dei ministri e qualche granulosa traccia di tabacco sui loro panciotti . Del resto , le palle di cannone si contavano sulle dita , ed erano così pigre che , contrariate da un vento forte , cambiavano direzione e finivano qualche volta per tornare indietro . In quel mondo spiritoso e volubile come la fiamma aggressiva e vacillante del gaz , l ' astrazione esatta non era preveduta : il baratro spettrale della luce elettrica non s ' era ancora spalancato dinanzi agli uomini . In teatro si leggeva il libretto al fumo di una candela e , sulla scena , la pece greca poteva rappresentare , senza opposizione , la collera degli elementi . Anche la matematica soffriva allora l ' umidità ; e la meccanica , che viveva in buona lega con il legname , scricchiolava faticosamente e si schiantava ai primi geli rimanendo ostruita e ferma sotto le stagioni . Allora eran permesse soltanto le invenzioni buffe ; le burle che facevan crepare dal ridere eran di moda ; c ' era per la musica e per la danza del fanatismo e del furore ; l ' Italia da Venezia a Napoli era un solo carnevale , del tutto innocente . Dunque , non per caso , un bel giorno il nostro pubblico si trovò fra i piedi anche Giovanni Bottesini con il suo contrabbasso . Quest ' uomo che viaggiò il mondo tutta la vita e lasciò dovunque tracce profonde di costernazione e di stupore , era grande di statura e aveva un aspetto lunare e corroso , sciupato e assonnato , insomma un artista dal sangue guasto e dalle abitudini dissolute . Entrava in fretta all ' ultimo minuto sul palcoscenico fradicio e semibuio del teatro ducale , sbirciando , col collo torto , di tra le coulisses , il loggione stipato di gente , mentre il servo di scena gli levava l ' immensa pelliccia . Allorquando , dinoccolato , si presentava tirandosi dietro , bonariamente , quell ' enorme topaia , tutti , del pubblico , ridevano e lui con tutti , a crepapelle . Faceva volentieri della parodia ; cominciavano prima i grugniti del contrabbasso ; dopo si passava nel regno dei calabroni e ti preva che tutta l ' aria e la luce brulicassero di pungiglioni . Allora quasi intontito tra il ronzare , nel torpore e nell ' afa sovraccarica di idrofobia , egli , il suonatore , rotolava , a poco a poco addormentato , giú per la tastiera attaccandosi , per miracolo , alla quarta corda . Oh , quel russare profondo , voluminoso , inaccessibile , sembrava confondersi con i trasalimenti assonnati dell ' asse terrestre o con il lamentoso e artritico scricchiolio di una stiva tappata e troppo carica ! Adagio , adagio , pigliava poi via , serpeggiando , con un tramestio obliquo , cieco e dilungato , come rettile mostruoso che s ' inselva . Fin che si buttava , piegato in due , a suonare con voglia , sferzando l ' istrumento come per rompere una crosta dura . Dal credenzone spiritato uscivano , allora , i suoni più volubili , scivolando via stretti in successioni di accordi e in glissandi veloci , leggeri e lucenti come i raggi che trafiggono le nubi . Gli arpeggi , le corde doppie e i pizzicati azzeccati saltavano all ' aria in una prodigiosa mescolanza , formando una grandiosa e barocca architettura che crollava precipitosamente , circondata e distrutta con furia da una sequela di tonfi mistificatori . Il suo era un cantare tutto invaghito e pieno di spasimo che somigliava , sulla prima corda , a quello del violoncello , solo che il suono intonato era reso un po ' enigmatico quasi da una maschera fosca che non desse di riconoscerlo . La sua arcata dolce , interminabile , tenace , pacifica e distesa , e il suo stile nobile , pieno di sentimento e di santità tant ' opra facevano da persuadere e indurre il trappolone puntiglioso e refrattario a parlare con voce ammansita , soave , incalorita , fremente , e a sciogliere nel velluto d ' un pianissimo , una per una , le note sospirate e perplesse della più adorabile malinconia . Niente lo accontentava . Istrione , disseppellitore di effetti sempre più rari e pericolosi , egli si rifaceva sotto , mettendo , di nuovo , tutto a soqquadro per stanare , scuotere e risvegliare il mostro sedentario . Superando le difficoltà , così , a scalinate ; sfasciando piramidi di ottave ; sollevando , in burrasca , il suo lento pachiderma sino alle stelle , con uno scrollare avventato , astioso e gigantesco egli frullava l ' arco tozzo e formidabile , come una tramontana tempestosa , fra il groviglio dei cordami . Echeggiava allora , fuggendo , sull ' intrico temporalesco , un debole e lontano scampanio di bronzi , insistente e ferale , e a quello ecco rispondere , d ' acchito , strangolata e vicina , l ' anima sprangata e sordida del contrabbasso . Muovente dai silenzi stagionati , una voce gobba e sepolta di ventriloquio si affacciava domesticamente fra le corde canterellando con una insolenza ironica delle variazioni grottesche sul motivo del Carnevale di Venezia : la modulazione oscena l ' alzava audacemente di tono , poi ricadeva in mollezze veneree dondolandosi , al fondo , sull ' arco del contrabbasso . Quel che succedeva a questo punto in teatro è indescrivibile . Il pubblico aristocratico della corte si torceva sulle poltrone in preda ad una ilarità stridula . Gli applausi e le richieste di bis scoppiavano lungo le file scomposte , ad ogni battuta . Le dame seminude e portentose , che facevan corona nelle logge dei nobili , tirate in ballo senza preamboli s ' ingegnavano di salvare il pudore , ridendo inorridite dietro i ventagli . Bottesini , appoggiato al suo carcassone di legno , s ' inchinava , intanto , da trionfatore . VI Mastro Titta Una volta , qui a Roma c ' era un uomo rosso , maestoso e dabbene , certo mastro Titta , che aveva l ' incarico di separare le teste dai corpi . Egli compieva questo ufficio puntualmente con una sveltezza e una nettezza degne di grande memoria . Doveva egli , anche , appena fatto il colpo , acciuffare la testa mozza per i capelli e levarla su in alto con gesto teatrale in modo che il popolo , tutto , la vedesse grondare e i più vicini potessero mirare gli occhi che s ' invetrano e si chiudono . Questo spettacolo , che aveva luogo , immaginiamo , sul crepuscolo , fra il litaniare di un branco di frati e lo scampanio lento delle quattro chiese Michelangiolesche che presidiano agli sbocchi la immensa piazza del Popolo , doveva servire d ' ammonimento agli empi e di ristoro ai probi cittadini . Nell ' aria era diffuso un lutto scintillante , armonia promiscua dell ' ora che il sole e la luna falcata , entrambi nel cielo , si guardano brevemente . I leoni di pietra della monumentale fontana egizia soffiavano fuori a scrosci impetuosi e lucidi ventagli di acqua nelle innumerevoli vasche dove fra un tumulto silenzioso d ' acque guizzavano ormai gli argenti della sera . I lumi delle preganti Madonnine murali erano , sulle vie , già tutti accesi e gialli . La gente accorsa che aveva interrotto i proprii mestieri , acciecata dal baleno della scure e dalla vista del sangue tornava mogia , sospettosa e rabbuiata verso il centro e le botteghe . Allora sulla piazza deserta rimaneva il patibolo eretto . Solo a notte alta il pastore , seguíto da un fiume dilagante di pecore querule , passava su quel sangue , attraversando , col plenilunio , la città . VII Cimarosa Tempi belli , ben fatti e magnifici . Il popolo ricciuto di Roma , pieno di devozione e di tornaconto , viveva adunato sotto le mura del Vaticano . Ovunque visioni eccelse , e antiche rovine . I terrapieni sacri reggono alto sul cielo le Palme sante e la Chiesa . La capra invereconda bruca lassú . I vescovi mitrati e splendenti sbucavano dai portali ecclesiastici seguiti dalle processioni osannanti e angeliche , proprio come nei quadri degli altari . Il Milord attraversava a cavallo la piazza di Spagna . E il brigante , dai lacci scarlatti , guatava , titubante e acceso , tra il fogliame folto delle fratte cresciute intorno al Colosseo , le donne forastiere arrivate in diligenza , che liberando dalla portiera le loro gonne di tulle a canestro , saltavano nel polverone , spargendosi in ogni direzione sfrenate , bianche , leggere e innocenti come il latte appena munto . Al calar del sole , l ' ora del Rosario suonava lentamente , e i frati zoccolanti tornavano sull ' asinello dalla cerca . Qua e là un credente , un uomo erculeo , cadeva supplice ai piedi di qualche cappella solitaria e tutta l ' antica Ciociaria si prosternava , mentre l ' acqua delle fontane spiegava più forte i suoi grandi ventagli e le immense coppe squassavano rumorosamente nei laghi sottostanti la loro vestaglia liquida . Si accendevano le nicchie contornate di lumicini a olio e cominciava il supplizio dei Santi nelle cui ferite miracolose sembrava ribollire sottovetro e sgranarsi a tratti dirottamente il sangue . Nere , sotto la cupola del firmamento , le due chiese sorelle del Foro Traiano sembravano dormire laggiú l ' una addosso all ' altra su quel fumido e deserto avello di romanità che era la piazza affondata nel buio . Tra le pietre calde e gli oscuri massi d ' architetture crollate , sfavillavano a miriadi , aerei come dei fuochi fatui , gli occhi dei gatti selvatici , abitatori di quel Foro ardente . Nella notte tutta risciacquata c ' era un silenzio calmo e magnifico entro il quale le stelle sventolavano con un luccichio ansioso e solenne . In quella quiete , che trae seco le ombre , i sospiri e le benedizioni , le famiglie scamiciate finivan di cenare sulla porta delle taverne e , scendendo su loro un sonno greve come quello che colse i centurioni sul sepolcro di Cristo , li vedevi cascar l ' uno dopo l ' altro colla faccia sulla tavola , o rovesciarsi sulle scranne , mentre in fondo , tra gli splendori velati del rione , si schiudeva all ' improvviso brillante come uno speco biblico l ' ingresso al teatro dell ' opera buffa . Tra le pieghe di un sipario squallido ' la faccia gialla e lampante di Cimarosa si mostrava per un attimo nel gaz della ribalta e dietro di lui echeggiavano scrosciando i dolcissimi fragori del settecento musicale . Era così bella a vedere l ' orchestra imbandita e largamente provvista . I suonatori là intorno parevano dei commensali . I violoncellisti in disparte stringevano il loro istrumento fra le ginocchia , brandendo a testa bassa l ' archetto , come dei famigliari in atto di scannare il capretto per i banchettanti . I professori di oboe , di corno , di clarinetto e di fagotto gonfiavano le gote ingordamente dinanzi a tutti quei tovaglioli di musica sciorinati sotto i lumi . I trombisti levavano la tromba a mo ' di inaffiatoio su chi beve e chi mangia . In piena luce rossa all ' altezza del pubblico , su quella mensa carica di provvigioni i timbri più sani e rallegranti giuocavano allo scoperto ; strumento colorito e sonoro che un direttoruccio anonimo seduto su un sediolino rosso pizzicava qua e là dimenandosi come un buongustaio in mezzo ai condimenti . In cima a quel trionfo apparecchiato brillava teneramente il cielo ameno del teatro antico e stormivano le fronde dei boschetti balsamici dipinti sulla carta del fondale . Il grosso manico , dal barocchissimo riccio , dei cinque contrabbassi spiccava a pie ' del boccascena e decorava il quadro come il principio di una portentosa piantagione istrumentale . Niente potrà uguagliare quest ' arte che non vuole essere scienza . Quest ' arte che porta così leggermente il segno della personalità e del genio sembra creata per abitare a lungo senza peso nell ' anima di un popolo . La piccola orchestra è trattata e posseduta da Cimarosa con un garbo castigato e ardente : amore pieno d ' omaggi , nell ' intimità matrimoniale d ' una alcova . Quei pizzicati bassi imitano alla lontana i passi misteriosi di Pulcinella che sale le scale d ' un casamento dove ne succedono di tutti i colori , ad ogni piano tonale e istrumentale . Intorno c ' è un profumo di baci , di bucato , e quell ' odore grato di cucina della vecchia maniera italiana ; c ' è la terra , c ' è il sole d ' un giorno felice , il bianco delle pause , gli scorci nuovi e lo spazio ridente , virginale , delle cose sottintese con una verecondia napoletana . Il Matrimonio segreto chiude una sua propria acustica interna : architettura , illuminazione , caratteri , han leggi e funzioni originali lí dentro , e Cimarosa respira nel clima della ribalta come un pesce che viene alla superficie a bere l ' aria salata . La musica , nelle semplici mosse , ha in costume , una vita , una faccia di carne e una bocca parlante . - - Esce trepida , fitta dal labbro del cantante quella melodia che il cuore dipana via via , come il nastro d ' un rocchetto telegrafico . A mezzo di Bidú Sayao Cimarosa ci risponde dall ' altra riva - - la riva dei Campi Elisi . - - È Bidú Sayao che guida la barca di Caronte . Lei entra a cuor leggero in quel regno pieno di segni e di forme incorporee e il pubblico la segue in punta di piedi . Bidú Sayao ha dell ' anima fin tra le pieghe della sua veste . Il suo cuore che è piccolo come si conviene a quello di una prima donna , di un soprano leggero , batte sotto l ' orlo di seta del suo busto , e per poco che sia ferito va su dal fianco alla gola con tale impeto gentile che fa quasi capolino - - e dalla sua bocca graziosa lo vedi sanguinare nella sua voce . La musica frattanto si sparge adagio adagio , irradia il silenzio , e s ' avvicina con la prima luce che risveglia i fiori , le erbe , e solleva le montagne fuori dai veli e dall ' oscurità del caos diluviale in cui è immersa la nostra epoca di modernità nella quale il sentimento , la naturalezza e il senno sono delle cose irreperibili . In quest ' opera antica , l ' orchestra trema di gioia , come le foglie al venticello d ' estate ; allora olezzano , la rosa , il ginepro e il garofano . - - Stride agitata dal zeffiro la cristallina fontana - - il più geloso , l ' ultimo segreto d ' un carillon si sgrana - - son fasci di reminiscenze , suoni sommessi e teneri , è il canto . di una voce buia e bagnata di pianto . Spinta dal fiato roco dei flauti l ' ispirazione traversa il palcoscenico come un fantasma in pieno giorno . Odi negli echi leggeri che vagano nell ' aria i fruscii soffici e spenti d ' un corpo che si spoglia : forcinelle , spilloni , e stecche sottilissime di osso di balena che saltano dal busto . - - Poi ti sembra di udire , insieme a un gemito lasso , il turgido tremore d ' un seno sprigionato che prorompe dai lacci - - e tra un basso e sontuoso volo di veli , il soffio d ' una gonna calda che cade sul pavimento . In un baleno un grave senso di fuoco invade tutta la sala . A traverso l ' esumazione elegiaca ti par che brilli nell ' ombra una figura di carne , una figura ineffabile : è Bidú Sayao che si muove e vacilla , fra lo spettrale saltellamento del cembalo , quasi sul punto di cadere nel nulla . Nel Matrimonio segreto tutta una psicologia settecentesca rinasce da quattro note . - - Nei giri precisi , nei larghi respiri di quelle cantilene il movimento scenico è implicito . - - Guidati dall ' orecchio gli artisti non hanno che da agire senza volere per raggiungere e superare il colmo di splendore , di vita , di spirito e di calma che è in questa musica . Qui il ritmo ha un itinerario , e tutte le sue stazioni un senso e una utilità . O natura chiara e felice che spira negli adagi con un garbo ritemprato e sereno . Qui è la perfezione discreta , la gaiezza casta , il brio profondo e pieno di beneplacito . Sull ' ultima battuta della recita i contrabbassi abbandonati fra le braccia dei professori d ' orchestra sembrano russare à la belle étoile come se la notte non dovesse finire mai più . Dopo questa di Cimarosa vien l ' opera di Rossini che gorgheggia e stride con l ' esuberanza che dà alle donne l ' età pericolosa . VIII Prime donne Elvira de Hidalgo . Nel quadro spagnolesco del Barbiere di Siviglia ( questa opera che rimescola il sangue giovanilmente , lieta e inebriante come un vino raro , quest ' opera indemoniata da crescendi orchestrali , che fanno una fulminea propaganda di follia ) tutto è imbroccato con una genialità leggera e favolosa . Questo capolavoro , stravagante e superbuffo , è pieno d ' un ' ilarità musicale che turba la ragione e suscita un pandemonio e un delirio parodistico . Rossini ci appare là , nero , secco , grottesco eppure brillante , luminoso , colorito , tenero , trasparente , spirituale e ammantato di fantasia e di romanzo come un personaggio di Goya . Il genio creativo ha un ' incalcolabile forza trascendente . Il limite voluto e raggiunto viene superato mille volte dall ' impeto che ha generato l ' atto - - un travaglio ulteriore che opera sempre più profondo e attivo , e dà all ' idea il rilievo e la forza soggiogante d ' uno stampo . La natura imita l ' arte . Il personaggio diventa vivo , sorge dall ' impronta , scoppia perfetto nel sole , e spicca tra la folla che la sfiora , creatura che reca nella sua carne i segni di uno straordinario privilegio . Come il Dio volante di Michelangelo crea con un gesto lieve che sfiora , il primo uomo sulla terra , così papà Rossini , questo mostro di pigrizia e di genio , nell ' eccelso e onnipotente attimo della verve , con un soffio amoroso spinto entro il tessuto impalpabile di una visione , dà lo sguardo , la voce e il sangue miracoloso a Rosina - - oggi , allo stato civile , Elvira de Hidalgo . Elvira de Hidalgo è pur la figlia del grande pesarese . Lo dice quel ventaglio che ella muove con destrezza gentile a nascondere il proprio volto , quel ventaglio tremulo e vivo come l ' ala d ' una farfalla , lo dice quella sua rara moue d ' un comico antico da théàtre des bouffes , e la melanconia , lo dice , della sua voce all ' ultima scena notturna , allorquando deposta lí in terra , accesa , la lanterna delle avventure galanti , splende l ' amaranto della sua crinolina di broccato ed ella esprime in tono di languore l ' incantevole sospiro d ' esser presa e protetta nell ' ombra calorosa di un epilogo matrimoniale . Al suono innocente della sua voce che ha un timbro pallido e tenero come l ' argento , ricadono stroncate le mani minaccianti della critica e si spianano i volti più sconvolti ; note umili e ridenti spiccano il volo dalla sua gola e si librano in giri per la sala come colombe bianche che rechino nel becco il ramo d ' ulivo . Un imbarazzo dolce conquista anche i più burberi controllori . Ella gorgheggia e smorza i suoni nel silenzio con una gemebonda malinconia che pare un ' eco della meraviglia , o la fine di un colloquio sublime tenuto con la luna . Il gesto delle sue dita di zucchero è pieno di candore , di moina , e nel suo canto c ' è la mansuetudine , il pudore , il capriccio , e l ' inquietudine della più casta e volubile bambina . Allora le falangi della claque , che serpeggiano per le gradinate circolari , si riposano con fiducia e tacciono con galanteria mentre già scoppiano come folgori le acclamazioni di mille spasimanti ; e dietro le coulisses , simulacri spezzati di stagioni dipinte , sotto i riverberi crudi e frantumati del gaz , nel fumoso incantesimo giallo della pece greca che arde , il pompiere di servizio , guardia assonnata dei lumi , preso di mano in mano nel sortilegio canoro , finisce per piombare boccheggiando ai piedi della corista , idolo nuziale , bianca di gesso e tinta di carminio come un confetto da tre soldi l ' etto , vomitando a pacchetti infiammati di Bengala le litanie accese della sua grande passione estemporanea . Maria Labia . Mi piacciono quelli che capiscono a volo , e rispondono a tono . Gli uomini d ' ingegno e le donne di cuore . Mio padre era pittore , ed io non sono che un martire del dolce far niente . Dopo gli sforzi accaniti e senza frutto il risultato viene come in sogno . La sorgente prorompe al buio . La formula limpida del giunco appare nel cuore della notte . In uno stato di riposo e di rilassamento , mentre i contorni delle cose si svuotano adagio nell ' elemento lontano e vago , abbandonato al semplice ritmo animale , eccola uscir sola dalla dissociazione mentale . Mi piace l ' ombra cupa che viene fuori dai tasti neri d ' un pianoforte , e quel fremito alato che un vento leggero rapisce a un ' arpa eolia . Mi piace il suono opaco e debole che ode chi s ' immerge nel sonno come nell ' acqua corrente . Mi piace la voce di corallo di Maria Labia . Immagino una piazzetta dove la vecchiaia ha fatto il vuoto . La piazzetta d ' una città sull ' orlo del deserto interrotto : solitudine d ' acqua . Coricata da secoli sul mare la città si addormenta stracca nel suo splendido e fastoso deperimento . Profili greci tirati per i capelli . Commedia sacra e ridente . Nella piazzetta , rifugio degli Illusi , c ' è un ' aria leggera da cervelli ristucchi e da pleurite secca . Ciclisti con l ' ombrello . Altissimi muri quasi senza finestre . Da un abbaino sbuca una testa che guarda sulla strada . Grigia e scarmigliata figura di donna . Nelle occhiaie e sul viso ha il nero della fame e della morte cui questa razza oppone una tenacia medioevale . Equilibrata all ' indietro sulla scena come la statua della Fortuna , Maria Labia sembra trattenere l ' ultimo passo sul limitare della danza : l ' onda della fontana lambisce quasi il suo piede . Veduta che l ' hai , non la perdi più d ' occhio , e se tu non la vuoi guardare la riconoscerai subito alla voce , per quei puntigliosi nonnulla azzeccati come colpi di spillo . Dalla sua gola escono volta a volta frecce e confetti matrimoniali , canzoni di carnevale , parabole filanti , e commenti tenuissimi che svaporano al segno della perfezione . Colla mollezza imperiosa e tutta l ' elastica imponenza della sua persona Maria Labia accompagna il proprio cantare e muove a cerchio intorno a sé l ' incantevole e spumosa mareggiata della sua crinolina , lieve , barcamenandosi , sontuosamente . La gran parrucca bianca , costellata di gemme , la porta sul capo come una torre senza peso . Due poppe planetarie erompenti dal busto inturgidiscono allora da sembrare ingessate . Quelle sue mani madreperlacee , che riposano vuote nell ' aria e si aprono adagio rovesciandosi come conchiglie travolte lentamente nell ' onda , chi mai in Francia , in Spagna , in Inghilterra potrebbe vantarne due similmente nude , delicate e toccanti ? Quanta discrezione è la loro nel volersi confondere quasi celare fra la musica mentre , come infervorata , Maria Labia le posa , con dei gesti lievissimi che sfiorano , sul seno , o sulla bocca . Per la grazia piena e cattolica dei suoi alti fianchi , per quell ' accento d ' oro , che esce estenuato e sonoro dalle sue labbra , e traballa in un raggio medianico , per quelle sue braccia sublimi levate a candelabro , Maria Labia ci ricorda di lontano , e in una luce opposta , Elvira de Hidalgo . Che diremo ancora di questo fiore di prima donna ? Tutto è prezioso in lei , nulla soverchio . Dalla sua bocca che canta il fondo dell ' anima risplende : una anima aperta e tuttavia misteriosa come uno specchio nell ' ombra . In quel timbro d ' argento entra e passa lento come in una fase di eclissi lo spettro d ' un secolo passato , e intorno a quel fantasma a poco a poco il taglio della sua voce s ' accende rinnovato , e brilla come una falce . Intensità sottile , suono fulmineo e fioco , manierismo canoro dove un certo giunco di armonie e di riposi inumidisce e fa trascolorire il cielo veneziano , sollevando nel silenzio un sussurrio di adesione sempre più larga , e placida , come un fiato di vento che raggiunge e invade tutto quel gruppo estatico di isole che dormono sulla laguna . La luna sgorga su Venezia , e ingrandisce a poco a poco , spiccata e libera da quel bianco seno portentoso . La Toti dal Monte . ... ci sono degli uomini di legno , degli uomini di minerale , di ferro : per esempio Toscanini - - meraviglioso congegno - - e ci son degli uomini fatti di terra - - la terra dei camposanti - - mescolanza di carne consunta e di fiori sotto la pioggia . Talvolta mille cimiteri non giungono a darci uno di questi esseri umani che ci vengono dall ' al di là . Gli artisti per noi sono questi . Salici immensi , muraglie millenarie coperte di licheni , ruderi ; vegetazione , « a soli » delle arpe parassitarie , esaltati tramonti ; e dal putridume romantico vien su il più sublime lirismo . Qui la Toti dal Monte che per l ' eccellenza , il bel volto , la statura concentrata e piccante , si può chiamare il soprano in barattolo , la vediamo irretita nell ' atmosfera dell ' opera , quando nel viola della luce serale che si fa sempre più debole e morta , le sue note di gola , piene di una tristezza colossale , volteggiano ad una ad una , come dei petali erranti . Viene la notte buia e un cavaliere più buio della notte sopraggiunge . Pavida mormorante la piccola fidanzata con un gesto timoroso d ' addio pone una mano sulla nera spalla di velluto del suo fatale amante , e qui s ' accende sulle sue dita bianche di milionaria un brillante focoso , fulgidissimo , un brillante grosso come una noce che , mentre la Toti spiega il canto , irraggia capricciosamente le tenebre della scena . Tutto è sogno in quel punto che odi il motivo « verranno a te sull ' aure i miei sospiri ardenti » . Sì , questo è il teatro italiano , ingenuo convenzionale , estremamente poetico e pieno di una vivacità spettrale . IX Vecchio repertorio È nei numeri del vecchio repertorio che troviamo qualche sollievo - - lí dentro rallenta un poco il lavorio , s ' alleggerisce il fardello . Lí dentro di tanto in tanto qualche battuta discioglie il suo rabbuffo e si apre per dar luogo a delle fioriture di cadenza , piene di volatine e di gorgheggi dietro i quali , in un comico mistero , i pianissimi corali s ' incamminano come una folla - - attratta dai fuochi artificiali . In queste opere ingenue il coro è altrettanto scandalista quanto lo è la nostra gente di provincia . Allorché si svolge un duetto d ' amore , o una scena di gelosia , eccoli non richiesti , i cori che han trovato la porta aperta , sopraggiungere in corteo e allinearsi in casa d ' altri , lungo le pareti , per assistere imperterriti allo scioglimento di un qualunque incidente privato ; e per meritare la palma dell ' indiscrezione eccoli mettersi magari a inseguire il tenore perfino nel gabinetto dove egli è costretto a cantare la celebre romanza con i calzoni in mano . Nella Sonnambula per esempio vediamo le spose del villaggio alpino diventare sonnambule dinanzi alle brache troppo attillate di un occasionale dongiovanni , e affrettarsi , prima ancora che il sole declini , a uscir dormendo di casa , in camicia da notte , seguite con trepidazione dai rispettivi mariti i quali , ciascuno per quel che glielo permette la sua rigorosa dignità di cornuto , con parole sommesse azzardano pronostici . In un paesotto del Tirolo , dove fummo per cura , c ' era nella piazza al posto del solito giardinetto un piccolo cimitero senza mura . Dopo il lavoro , la sera , sotto le finestre della mia locanda , una vacca brucava fra le tombe e le croci . Un crocchio di notabili seduti sulle pietre sepolcrali , accendevano con i fuochi fatui le pipe tirolesi - - fumavano e conversavano alla buona costoro , mentre dietro la loro schiena , sdraiate sulle erbacce , le più casalinghe comari , in preda a un misticismo di alta montagna , stringendo fra le braccia qualche meschino villeggiante arrivato di fresco , guardavano la luna sbalorditivamente . X Tempo che fugge Con l ' unità e il suffragio universale l ' arte da noi fece un capitombolo per le scale , e reclamò dallo Stato un paio di stampelle . L ' arlecchino italiano buttò via la sua pelle a scacchi per indossare un « tout de méme » burocratico , da funzionario nazionale . Sorgevano in quel disordine nuovo Arrigo Boito , il ballo Excelsior , la pittura sociale e il monumento a Vittorio Emanuele . Il teatro che era tutto spensieratezza e passione e mirava al cuore della gente , invece di restar fedele al gusto popolare della vecchia Italia , divenne officioso , autorizzato , e girò sui tacchi rivolgendosi con sussiego alla sedicente pubblica opinione . Nacque la coreografia del nuovo regno , prese piede l ' allegoria massonica , si inscenarono le apoteosi per il canale di Suez , e debuttarono anche le antenne del telegrafo Marconi ( costumi di Caramba ) . Anche la danza che da più di un secolo s ' abbandonava ai deliziosi capricci di ragionar coi piedi , fu costretta , per seguire il movimento generale , a pensar con la testa , come la foca sapiente . Difatti c ' era poco da scherzare da quando il Paese , seduto nella prima fila di poltrone , strappandosi la maschera , mostrò alla prima ballerina assoluta , due baffi da doganiere . D ' allora in poi la danza non offrí più che masse negligenti , acrobati viziati , istruttori caparbi e ignoranti . Chi non conosce quel popolo infame che sverna sgambettando sulle scene durante la scialba stagione di carnevale ? Fra questi avanzi isteriliti e rei di una spodestata nazione , dinanzi a torme di sacripanti e a sciami di silfidi cucite nel cotone , la sfera magniloquente e taciturna degli artisti dal nobile passo sgombrò i luoghi e disparve in un arcano scompiglio . Udite come tremano le vetrate del vecchio teatro ducale al vento di tramontana . Non un grido , non un latrato scoppia , fra quelle mura . Solo uno sciagurato portiere s ' aggira in ciabatte là dentro ; i suoi passi perduti e la sua tosse risvegliano degli echi interminabili lungo le gallerie deserte ; e il buio androne - - i sorci han fatto il nido nelle poltrone : colmo d ' inerzia , disordine , deperimento , lembi di scenari che si staccano . Poi , subitamente , silenzio e armonia sorgente al soffio innumerevole di voci che si levano da un sonno d ' oltre tomba - - gemiti , sospiri disperati di tanti eroi che s ' immolarono . La guerra e il dopo guerra ci hanno accorciato la vita , e i marmocchi di ieri son diventati di punto in bianco i nostri concorrenti di oggi senza lasciarci il tempo di accorgerci della nostra vecchiezza . Rimaniamo lí a guardare con sorpresa questa nuova generazione che vuole assolutamente passare sul nostro corpo . Adesso c ' è dunque un ' ironia , combinata alle nostre spalle durante il periodo della guerra , che consiste nell ' esser giovani . A volte qualche ragazzino più audace ci vien sotto camminando maliziosamente sulle uova , si fa portavoce delle mani e ci urla all ' improvviso all ' orecchio : « Ohi vecchio bacucco , lo sai che siamo in pieno novecento ? » Sbirciando quello stecco verde e lattiginoso , caviamo dai bronchi la nostra voce più rauca : « eh , eh , va bene » ci tocca brontolare « il nostro secolo è proprio questo » . Un giovanetto bennato e studioso fa un buon scolaro . Ma fra l ' arte e la scuola c ' è divergenza . Un buon scolaro fa un eccellente professionista il quale darà , a sua volta , un proprietario , piccino , è vero , ma padre esemplare d ' una famiglia numerosa che coltiverà diligentemente i cavoli . Si potrebbe desiderare il meglio da un punto di vista provvisorio e sociale ? Il beneficio di una simile carriera è evidente , benché modesto . In quanto all ' arte , darai alla tua vita tutt ' altra direzione e incontrerai presto i carabinieri . Su per questa strada non ti aspettar suffragi , né umana solidarietà . Ma non fa niente , cammina , trascinati a tutti i costi senza perdere di vista quella stellina che si vela , si copre , riappare e ti conduce . L ' esercito non sopporta l ' eroe , il Parlamento non sopporta il dittatore , la Corte non sopporta l ' aristocratico , il teatro non sopporta l ' artista . L ' artista che ha rotto le catene , strappato tutti i lacci , respinto le cinture di salvataggio e rifiutato il rond de cuir , l ' artista abbandonato dal successo , lavora , lavora , lavora a fondo perduto e perde la sua stessa esistenza a fondo , in accanite ricerche di denaro , laceramenti dell ' umore , inimicizie , furori costanti , fatica , demoralizzazione , e capelli bianchi . Fin che , al termine d ' ogni illusione , egli sembra già appartenere al mondo degli immortali . Questo eremita della grande città , questo principe indolente che conserva l ' incognito , comincia con qualche bottone di meno e finisce col perderli tutti . La stentorea vita quotidiana lo respinge ai margini . Davanti a lui si spalanca una vertiginosa attrazione , dall ' alto e dal basso . Avida e sospesa tra gli umori più transitorii , la sua esistenza accidiosa fa l ' altalena fra candide nonchalances e lucidi intervalli ; poi precipita nei burroni dove giacciono intorpiditi i vermi e i mostri . Ma quella che fu la sua gaiezza venerea brilla ora nel cielo d ' un fuoco puro e rallentato come quello delle stelle spente ; vogliamo dire , lungamente , dopo la morte , a distanze immense nello spazio e nel tempo . L ' artista non terrà conto delle esigenze del pubblico , poiché egli stesso rappresenta la più spinta esigenza dello spirito . Non sarà riconosciuto da tutti quei teorici che pretendono di avere le uova senza ricorrere alla gallina . Egli non subisce la Moda , perché la Moda , piccola o grande , dovrà sorgere da lui , e non darà mai quel che si cerca da lui . Lo si aspetterà a destra e verrà fuori a sinistra ; supponiamo che avanzi ed ecco invece che rincula . Il gambero , per esempio , che cerca il suo alimento sa molto meglio di voi e di noi dove trovarlo - - e poi in fin dei conti ciascuno ha il suo modo di crepare di fame . La gloria s ' avvicina all ' artista al passo di danza macabra . Quando sarà disteso sotto la sua croce , egli avrà tutte le fortune . L ' ultima notte troverà le strade bloccate , tutte le porte chiuse , le case asserragliate e i fucili spianati su di lui . Nella luce che filtra e trapela dai neri edifici mille occhi splenderanno d ' invidia , fissandolo ostinatamente . Sarà quella la sua ora di morire come un ubriacone , e di lasciarsi andare a rovescio sulla scalinata di qualche basilica , con il gesto di chi abbraccia il cielo . I topi delle chiaviche gli andranno addosso a fiutarlo ; poi si metteranno , con i loro musi rabbiosi , ad ispezionare le sue tasche . Salutiamo profondamente quest ' uomo ancora caldo , che respira , questo missionario caduto , questo santo che fece miracoli inutili . Poniamo la faccia contro terra sul passare di questo arcangelo appiedato , ricoperto d ' oltraggi e d ' immondizie come un ambasciatore tornato da Cartagine . La vita moderna ha un ritmo falso . I nostri tassametri continuano a salire e tutti abbiamo paura di non poter pagare . Allora si improvvisano i valori , le celebrità , si distribuiscono lotti di parti da rappresentare e si pretende di fare la storia con dei fantocci di paglia . I grandi artisti boccheggiano là dentro confusi fra le comparse . Le idee più stolte s ' attaccano alle teste e nella corsa s ' accendono istantaneamente . Non hai finito di spartire i grulli dai sani di mente che , ecco , ti scoppia fra questi ultimi salvati un ' altra grulleria epidemica . Allora ogni starnuto diventa un grido di guerra , il trotto si muta in galoppo , le opinioni subitanee fan volgere la marcia ora da un lato ora dall ' altro . Tutto questo miracolismo folle , creato dal giornalismo , entra ruzzoloni in campi riservati e difficili , e distrugge la stabilità , l ' opera del tempo , manda in fumo l ' arrosto . Intanto queste folle puerili di snob senza direzione le vediamo , dai piedi in su , svanire d ' un tratto in fumo di sigaretta . Appoggiato con timorosa leggerezza allo spigolo di una vecchia chiesa romana , come un danzatore pieno di fatica e d ' amarezza , ascolto senza volere , l ' organo sepolto che russa e assisto a questo défilé di corridori contratti sui quali una ruota rovescia continuamente , come secchi di ciottoli , le crisi , i temi , le riforme esoteriche e gli ordini della moda . - - No ! Meglio esser pigri come una pera che matura . L ' Arte ha bisogno di assorbire tutta la sua stagione favorevole . Lasciamola sul ramo , giorno e notte , inverno , primavera , estate , fin che il suo frutto rotola a pie ' dell ' albero e si apre . XI Omaggio a Puccini A Quando il Metodo entrò dalla porta , dalla finestra uscí ratta l ' ispirazione , la quale non aveva mai avuto , del resto , abitudini troppo sedentarie . - - Nei tempi passati accadeva spesso d ' imbattersi in lei , larva fuggitiva a traverso il clamore dei carnevali italiani , ma poi , su questa terra , le sue visite si fecero rare e caute . Essa fissava ostinata , febbrile , le sue vittime , e il suo seno pietroso s ' alzava e s ' abbassava affannosamente come per il tormento di una risurrezione fittizia . - - Faceva le sue apparizioni mute e inavvertite in ogni luogo , a tutte le ore , e a qualcuno avvenne , incontrando i suoi occhi nello specchio opposto di un caffè , di fare un balzo e , alzandosi come ipnotizzato , rovesciarsi fuori sulla strada , tra la folla , senza pagare , all ' inseguimento di lei che dileguava rapidissima sotto il sole . - - Nell ' alba fredda , dietro i vetri appannati e rosei essa apparve talvolta allo studioso ; o nella notte d ' inverno , su una scalinata monumentale , in mezzo a un gruppo di mendicanti accoccolati , presso un falò che illuminava la facciata della chiesa romana , l ' ispirazione coperta di stracci guardò con un invito pieno di suprema follia il viandante solitario ; più tardi , quel giorno , di primo mattino , sotto il lampione ancora acceso , il corpo gelido e inerte di un uomo rannicchiato entro un mantello venne trovato nelle vicinanze deserte . - - O chi non ha nella memoria , mentre tramontava il sole , d ' averla veduta , questa sirena , scivolare , volare via veloce feerica su le spallette del vecchio ponte , scomparire nell ' aria e riapparire immersa e trascinata dalle acque del fiume , con la capigliatura disciolta tutta accesa da un ultimo bagliore ? - - Non fu per lei che Schumann si precipitò nelle onde spumeggianti del Reno ? - - B Salutiamo Puccini , illustre autore della Bohème , uno degli ultimi che han mirato da vicino la Sfinge . Egli la conobbe nel cuore della notte . Mentre , fra i candelabri accesi che mangiano l ' aria avidamente la vita sembra accorciarsi , odi sui tappeti camminare a passi di lupo qualcuno , che , se ti volti , sparisce . Notti lunghe a trascorrere . Al guizzar delle fiammelle morenti volteggiano le ombre sul soffitto come in un giunco cieco e tumultuoso della estenuata fantasia , e un sapore di fiele sale alla tua bocca . Poi , quando le dita rosate dell ' aurora toccano le alte imposte e il sangue sembra grondare dai tagli delle persiane , ecco che un ' ultima porta si apre con un trasalimento medianico : è il « caira » teatrale che sorge : è l ' ispirazione che entra . L ' imperiosa figura , mossa dal vento , traluce spettralmente . Oh , quello sguardo nero che filtra a traverso i fori di una maschera insolente , chi lo può sostenere ? Puccini lavorava sino all ' alba , chiuso nel suo studio a Torre del Lago . Come un pescatore notturno che muove appena il remo e lascia dondolare la lanterna a fior d ' acqua , Puccini , seduto al suo lavoro , riconduceva il motivo sempre sullo stesso punto profondo , sommessamente ribadiva l ' accordo e si chinava a spiare la medusa sotto il velo oscillante del ritmo . I suoi vicini di casa , testimoni assonnati di tanta solitaria creazione , ne sapevano qualcosa . Sfiorando la notte fonda , il suono del suo pianoforte giungeva debolmente al loro orecchio - - voce di cristallo , trasognante eco che si spegneva e rinasceva mille volte , - - rado , assopito , continuo nel silenzio . Quel cauto centellinare di musica accompagnava i loro sogni leggeri e le ore di veglia perplessa - - fin che sul far del giorno il concerto remoto svaniva a poco a poco disperso confusamente nel mare dei ruggiti uscenti dalle stalle che si riaprivano . La pagina bianca ha l ' attrazione d ' una grande finestra . L ' idea , come una mosca contro la vetrata , batte la testa sul foglio senza comprendere che bisogna girare a ritroso e ritrovare lo spazio donde la prima parola è venuta . Il difficile non sta nello scrivere ma nel rendersi conto ex abrupto di quel che vale ciò che si è scritto . Anche Puccini nell ' assidua ricerca , spinto dall ' ansia , passava qualche volta il segno e usciva dal suo elemento naturale come un pesce che per il troppo slancio finisce in mezzo all ' erba di un prato . Povero Puccini , quando la vena lo abbandonava , piuttosto che impuntarsi come uno che perde al giuoco , egli affogava nell ' ipocondria , con l ' aria supplichevole d ' un bevitore malato che afferra la bottiglia . È inutile - - diceva - - che uno si decida per la melodia , se la melodia non si decide per lui . Il suo tenero cuore era scontento , insaziato di vita , di musica , d ' amore , e per cercarle meglio , queste cose , e trovarle più presto , Puccini teneva a disposizione della sua malinconia tre automobili . Lasciava aperto lo spartito sull ' ultima battuta umida ancora d ' inchiostro - - raggiungeva il confine e scompariva verso il nord , fuggitivo , irreperibile . Fra i canali , le dune , le città brumose del Belgio e dell ' Olanda ne perdevi ogni traccia . Per settimane e mesi non ne sapevi più nulla . Finalmente , un bel giorno la celebrità , come una sposa inquieta , si metteva in moto , riusciva a raggiungerlo in qualche nascondiglio disperato e lo riconduceva a casa . Puccini possedeva lo spirito di casta che ogni artista deve possedere , ma non poteva soffrire la volgarità , le molestie e i commenti malevoli che il suo successo gli procurava . Tutti a suo tempo gli sono passati sotto il naso , e tutti gli han fatto le corna : ancora oggi del suo talento pratico , dei suoi guadagni , del suo sentimentale egoismo si parla . - - Ohimè , le chiacchiere assurde ! - - In fondo in fondo , dei suoi quattrini , egli non faceva gran caso : artista , galantuomo , milionario , bohemien fortunato ed infelice , Puccini era ben d ' altro inquieto e ansioso . Mite e fiero ad un tempo , riservato e pur nobile nel tratto , Puccini aveva un carattere caldo , netto , un carattere delicato e bellissimo d ' italiano sul serio e senza macchia . Egli ammirava con chiuso entusiasmo chi doveva ammirare . Degli altri taceva garbatamente . Era generoso , ma non faceva credito al primo venuto . Solo agli amici apriva l ' animo suo . Scendere in fondo alla più grande miseria umana , toccare i limiti della disperazione e sperare nelle tenebre , immergersi nella follia e raggiungere la morte e il genio : ecco le nostalgie incredibili di quest ' uomo così diritto , saldo e sobrio . Me ne parlava una sera in una di quelle taverne russe che si schiusero pochi anni fa nel suolo di Roma , come gioiellerie sotterranee . Puccini respirava in quel luogo la musica e si gonfiava di gioia come una spugna nascosta nella grotta marina . Egli sembrava in preda a un orgasmo elegante , a una felicità inusitata . Sotto le penne di struzzo , sontuosamente giaceva in quel nido d ' esilio una aristocrazia vinta , santificata dai debiti e dalle disgrazie : sterilità dagli sguardi di smalto ; violenza superba , splendore fatale di quella folla che andava a seppellirsi sempre più in basso , lontano dalla strada . Quell ' ermetico reame della moda e dell ' arte era vertiginosamente carico di destini in pericolo . Sedevamo là insieme da tre ore . Il volto di Puccini , quel suo volto dolce , acceso , virile vacillava nell ' azzurro barlume della lampada posata al nostro tavolo . Stranamente commosso e sincero si fece più vicino a me per dirmi : « I miei giorni , tutte le mie ore avrei volute passarle in un ' atmosfera come questa , senza uscirne mai più » , poi aggiunse a fior di labbro con affettuosa mestizia : « Caro Barilli , la mia vita è fallita » . C Un giorno , parecchi anni fa , ci trassero per mano in un teatro . Si trattava di assistere alla recita di una Bohème insuperabile : il tenore aveva in gola , a mazzi , le saette di Giove , la prima donna stemperava nella sua voce , più vivida e lucida del mercurio , l ' amore febbrile e le lacrime di tutte le couturières dell ' altro secolo ; il baritono ? una tromba marina coi fiocchi ; Musetta il trionfo dell ' insolenza elegante , della civetteria e del buon cuore ; Colline , un quattrocentoventi filosofico che spazzava ad ogni nota i fogli dai leggii dell ' orchestra e coi suoi lunghi fiati possenti rovesciava i paraventi e faceva dondolare le frangie delle poltrone ; l ' orchestra poi , le masse corali e la mise en scène , la perfezione assurda . Mai non s ' era udito né veduto al mondo nulla di simile . Il pubblico filava il perfetto amore con l ' impresa , ma l ' impresa , da femmina , cominciò a cambiare le carte in tavola e a mutar le pedine ; nella compagnia spuntarono subito i pezzi di ricambio , gli scenari bellissimi filarono presto in America con i vestiari ; il tenore seguì la stessa via degli scenari , il direttore d ' orchestra fuggì con la moglie d ' un ricco negoziante d ' ombrelli ; la prima donna , chiamata telegraficamente al letto di morte di uno dei suoi cento padri , scomparve senza ritorno ; il baritono per uno scivolone avvenuto appunto nel voler cogliere un la bemolle che non c ' è scritto passò armi e bagagli all ' ospedale ; Musetta , che era provvisoriamente sua moglie , ne approfittò per scivolare più giú ; il basso crepò d ' indigestione ; orchestra e cori furono ingoiati in un batter d ' occhio dalle leve di guerra . L ' impresa imperturbabile ricorse a tutti i canili del regno , riempí i vuoti e sostituí malamente tutto e tutti . - - Non rimase più altro della prima recita , su questa zona di scambii in tumulto che il gran cappello di feltro grigio galleggiante or su una testa ora sull ' altra dei diversi Rodolfi che guaivano per turno di sera in sera - - fin che l ' ultimo , il più mingherlino della serie , fu acciuffato a metà della romanza dalle guardie , e schiaffato in carcere per diserzione - - il teatro fu chiuso , e il cappello rimase in questura appeso a un chiodo . D Un altro giorno al Costanzi andò in scena la Butterfly con l ' artista Tamaki Miura , una vera figlia del sole di levante . Dell ' arte giapponese non conoscevamo sino a quel giorno che alcuni disegni e i giunchi delicati dei ginnasti che senza prendere la rincorsa spiccano un salto leggero e sembrano chiamati dal cielo . L ' arte impalpabile dei giapponesi spazia sospesa come un profumo ed è fatta di passaggi segreti e impraticati . Arte silenziosa che va sempre al segno , anzi lo supera occultamente . Le frecce volano l ' una sulla parabola dell ' altra e fan dondolare la cima di un fiore : ma l ' arciere taciturno porta una maschera di ferro . Impenetrabilità di quei volti ! L ' anima di costoro è scesa a vivere nelle loro membra di danzatori e di lottatore . Mentre noi occidentali pretendiamo di mirare al sodo , di stare al positivo e come San Tommaso vogliamo toccare tutto con mano , nella puerile illusione di acquistare la certezza , essi non toccano mai nulla , né si direbbe che abbiano curiosità o sospetto di alcuna cosa : tuttavia sono proprio i giapponesi quelli che troveranno il pelo nell ' uovo , senza rompere ' il guscio . E se un giorno vedremo uno dei loro camminare sulle acque , non sarà quello un miracolo , ma l ' ultimo trionfo di una tecnica misteriosa e sublime . Stoicismo e impassibilità sembrano essere la loro regola . Forse la morte soltanto può strappare a costoro un singulto . Quando cadranno vinti , in tuo potere e vorrai sollevare i veli del loro segreto eroico , chinandoti a scrutare il loro volto morente , tu li vedrai , questi simulatori già volti dal letargo ostentare in un sorriso accanito la loro dentatura animalesca . Ma il grido gutturale sfuggito al loro petto e simile a quello del sordomuto non lo potrai dimenticare mai più . Calati in gran numero sul teatro come avanguardie del pericolo giallo , questi figli del sole suscitano fra il nostro pubblico molta curiosità per quella loro aria appartata di jongleurs in vacanza vestiti provvisoriamente all ' europea , e con certi tubini neri , sotto i quali sembrano dormire i loro occhi di pietra tirati col filo sulle tempie . Come loro , anche noi siamo là dentro per assistere alla recita di questa straordinaria Tamaki Miura . Non è costei una delle solite prime donne ridondanti , esplicite , sbottonate a mezzo il petto , che nel trasporto lirico si premono il cuore a due mani , traboccano e dànno lo squillo della loro voce , squassando la testa come campanelli . Questa Butterfly di bruna e lucida marca giapponese , ha gli occhi piantati sulla fronte come due semi di mela , e la sua bocca sembra fatta per stritolare noci e strappare la corteccia agli alberi . Tamaki Miura , risalendo dalle più remote origini darwiniane , si è arrampicata velocissima fino qui alla luce delle nostre ribalte . Equivoca , perplessa apparizione su una scena ormai decaduta e deserta . Essa ha portato con sé dall ' oriente estremo e mattiniero , certi vestimenti sfarzosi e delicati entro i quali si muove , ondeggia , ravvolta quietamente , come un pesce nell ' acqua . Si muove e si fa trascinare dal flutto sonoro . Le sue molli e biforcute estremità che sembrano lambire il fondo di un golfo marino , gonfiano veli di sabbia , mentre ella s ' ingolfa e canta . Gli è che nel cantare Tamaki Miura danza in quel suo ritmo obeso e inafferrabile . Non è a dire con quanto interesse e stupore noi studiamo le mosse lente e mutevoli di questa esotica e pingue creatura . Con un tufo a nostra volta ci immergiamo per gradi nella massa liquida della musica . Palombari impacciati , nello scafandro rimbalzando adagio e rigirando l ' occhio senz ' anima come dei grossi mammiferi tumefatti , cerchiamo di seguire il filo pauroso della sua voce , che sgrana volanti colonne di bollicine d ' aria e giunge a noi singolarmente distinta da una lontananza antropologica . Fra il dondolio monotono , l ' altalena e gli elastici zig ­ zag di tutte quelle cose lente , annegate per sempre , fugge pasciuta e pigra , Tamaki Nliura , né mostra darsi pena del nostro cauto , ostinato inseguimento ; anzi , quasi per gioco , sparisce e ricompare , preda scintillante e alata , s ' inoltra fra i meandri corallini , e vuol forse condurci a rimorchio , presi all ' uncino , legati alla sua voce , vuol condurci , chissà dove , a Jokohama ? Naiade oleosa e pesante , piegasi ' rovesciata , si capovolge piano come un monumento . Con un grido disperso esala la rinchiusa nostalgia , emerge a poco a poco ; e mentre intorno a lei stillano , tremuli nell ' aria , i lacrimosi rubini del suo fuoco subacqueo , fa inchini gravi , parlamentando melodiosamente fra la spuma dei violini , in quel suo gergo rinfrescato e fluttuante che sa di sale e di vento . Ma ecco un ' ombra gigantesca strisciare sul fondo panoramico del mare e in alto , controluce , farsi innanzi la chiglia buia , enorme di una corazzata americana . Come a una gran bordata della nave , corre l ' ondata istrumentale di Giacomo Puccini , sopra Tamaki , la ghermisce , la copre tutta , e se la porta via . Povera Butterfly , ferita , sanguinante , inabissata . Affievoliscono man mano i suoi lamenti problematici e il silenzio di quella solitudine ci sembra allora più che mai profondamente vigilato dalla platea supina e dal proteso loggione . Il velario si chiude - - la recita finisce quasi improvvisamente . Intorno a noi il pubblico caduto in un originale dormiveglia sembra rimasticare ancora i grumi della musica . Avvinti al fascino postumo di questa rappresentazione , ci leviamo a fatica e avviamo i nostri passi verso il palcoscenico decisi ad affrontare l ' artista degli antipodi . Traversiamo la scena fra gente d ' ogni risma che grida e lavora di sgombero , e raggiungiamo il camerino della prima donna . Tamaki Miura è là , seduta dinanzi alla toilette , avvolta in un kimono verde mare , intenta a strofinarsi con un asciugamano la faccia tonda che assume una espressione chiusa e fonda di sonno al cloroformio . Mentre le annunciamo il nostro nome e la nostra qualità di critici inquirenti i suoi occhi si aprono ed incontrano nello specchio il nostro sguardo chiaro che arde di curiosità . E Nei tempi successivi alla guerra lo spirito ' e il genio di razza sostennero le battaglie più dure e disperate . Si sarebbe detto che la vecchia civiltà d ' Europa non si trovasse più a possedere che un patrimonio ingombrante di pregiudizii e uno stock di formule improvvisate e sterili . L ' intelligenza , il buon gusto e il buon senso eran costretti a incassare colpi su colpi . La guerra organizzò il disordine in tutti i paesi ; da noi fu come una bastonata all ' ultima lucerna che illuminava debolmente la nostra vita intellettuale . Rimanemmo al buio . Si sa che dell ' oscurità approfittano i ladri , i topi e tutti quei che sentono odor di formaggio . Fu allora che buttati sulla terra nuda , col fucile spianato , spiando come dei comitagi le tenebre , noi cominciammo a sparare qua e là , su coloro che alla chetichella cercavano di scavalcare i ranghi . Giacomo Puccini che era in uno dei periodi della sua laboriosa inquietudine si mise a seguire la nostra azione con benevolo interesse . Anch ' egli , sempre insidiato , teneva a fatica il suo posto , il grande posto che gli compe ­ te nella storia del teatro lirico italiano - - lo si accusava di non esser né Wagner né Verdi . O , guarda la ipocrisia degli anonimi . Come se i colossi fossero roba di tutti i giorni , e una montagna dinanzi alla finestra ci volesse ogni mattina , per far piacere a chi si mette al davanzale . L ' essere italiani costituisce già di per sé una fatica non indifferente - - figurarsi il logorio di Puccini che italiano lo era dieci volte . Quando si tratta di spacciare delle sciocchezze , da noi , tutti si fanno avanti generosamente e tutti sono splendidi . Parlando di Puccini i mangiatori di ipofosfiti si compromisero sino al ridicolo ; intorno a lui le più stupide leggende circolarono senza firma . Ce n ' era da farlo cader malato di malinconia . Bisognò che morisse e che i birboni si tirassero un po ' da un lato , per rimettere sensibilmente in equilibrio la bilancia . Egli aveva sacrosantamente ragione di vivere in campagna e di prendere a fucilate le anatre di Torre del Lago . Puccini possedeva quella che si vuol chiamare la tecnica , ma non ne era posseduto . Seguiva con attento interesse ogni atteggiamento nuovo , assorbiva ogni specie di novità dell ' arte , ma nel suo sangue agiva il contro ­ veleno e nella sua testa funzionava egregiamente il mangiafumo . Senza agitarsi , egli contemplava , dalla sua poltrona , la grottesca vicenda delle tenzoni teoretiche , ben sapendo che a battersi a colpi di tecnica non si conclude un ' acca . C ' è un argomento sfatato , un ambiente sciupato , un luogo comune , una cifra particolarmente cara ai compositori italiani , quella del fiorentinismo medioevale - - roba da inglesi , altrettanto falsa in rapporto a Giotto che a Paoli il trattore . - - Quasi tutti i musicisti hanno tentato il colpo , e partendo dal luogo comune sono arrivati puntualmente allo zero . - - Puccini riprende quella cifra abusata e ne fa un capolavoro . Abbiamo potuto assistere , dieci anni fa , al banchetto che si diede in Roma al Grand Hotel in onore di Puccini dopo il trionfo del Gianni Schicchi . Il celebre operista sedeva tra due uomini di stato : due ministri . - - Si mangiò ' e si bevve in centocinquanta con il naso sopra dei bellissimi cespi di rose che sembravano essere sbocciate d ' incanto sulla tovaglia dinanzi ad ogni commensale . Piatti , cucchiai , forchette , bicchieri e violini facevano insieme una musica ordinata e dolce nel salone riscaldato del Grand Hotel . Ma venne l ' ora dei discorsi e tutti si voltarono attenti come al passaggio della Cometa . Il Ministro della Pubblica Istruzione posò il tovagliolo , si levò solennemente , cominciò ad allargare le frasi con un gesto avvocatesco delle braccia ; ma aveva un bel tuonare , corrugato : ci parve che in vita sua l ' omaccione di Governo non avesse mai ascoltato una nota di musica ; il suo , era un vero parlare arabo . La squillante voce del Ministro della Pubblica Istruzione arrestò il servizio e sconvolse profondamente il capocameriere . Poi si fece innanzi un cronista borioso e ricciuto come il re dei mori che finì , con un ottimismo tutto meridionale , per concedere a Puccini il permesso di sedere alla stessa tavola insieme a ministri e a giornalisti come lui . Non si era ancora chetato il cronista quando in mezzo alla sala si precipitò l ' impresario . - - Apriti cielo ; che strilli , che sproloquio , che storpiatura ! - - La lingua cominciò a girargli in bocca come un succhiello che stia bucando una cassa forte ; si accompagnava nella foga del dire con le mani , agitandole intorno alla propria faccia come se volesse schiaffeggiarsi , così furiosamente , ma senza decidersi a farlo . L ' autore di Gianni Schicchi , ascoltando , sembrava in preda a una commozione amara - - pensava forse alla propria casa , al proprio lavoro . - - I suoi occhi posati con malinconica considerazione sui personaggi incredibili che gli stavano intorno , parevano dire : troppo tardi , signori . - - Voi volate sempre in soccorso del vincitore . Oggi gli onori che l ' Italia rende al suo genio cominciano ad assumere un tono alto , sincero e magnifico . - - Disgraziatamente Puccini che fu il musicista più fortunato dei nostri tempi , non c ' è più . Sopra le ultime pagine della sua ultima opera il cuore di Puccini , quel cuore tenero e virile cominciò a rallentare , mentre il capo del caro ed alto amico ripiegava su di un lato . La sua commemorazione fu cosa indimenticabile . Un gran colpo di timpano fu il segnale solenne del raccoglimento . Apparve allora sulla scena la sua effigie . Silenzio . Quel volto immobile e dolce che si dissolveva adagio in un raggio di paradiso sembrava dire ancora una volta alla platea allibita : troppo tardi , signori . XII Commiato L ' Arte è sempre in regola con il passato e tuttavia in perfetto orario con l ' avvenire . All ' alba del dí , spinta oltre dal suo alacre travaglio di esplorazione essa è già fuori all ' avanguardia . Dietro di lei il mondo di ieri annaspa nella notte , decade , si capovolge e scompare maledicendo agli antipodi . Essendo l ' Arte , nel suo compito fortunato di rinascere e di rinnovarsi , cosa febbrile e distruttiva , l ' odio , il sospetto , l ' antipatia , il biasimo , la colgono sulla strada , e tutto vale come arma d ' offesa per la razza refrattaria e formicolante che s ' informa a tentoni e blatera nel suo buio dormitorio di morale e di salute . È difficile assai di fare comprendere a questi così detti benpensanti che , per esempio , si può essere buoni padri di famiglia , ma l ' arte è un ' altra cosa . Se poi ti affanni a parlare di idee nuove , di forze giovani , di tendenze moderne , vedrai una parte , la più rispettabile del pubblico , infischiarsene , in un modo che non potrebbe essere più fatale , e l ' altra volgersi appena per fiutarli , così obliquamente come fa la vacca quando annusa il vitello morto . VII Niccolò Paganini Amò le donne , la gloria , il denaro , ma il suo vero amore fu soltanto quello per il suo istrumento . « Il violino che ha un ' anima che pensa » . Nei primordi della sua carriera una voce a Milano lo saluta grande pagliaccio del violino « quando farà meno caricature sul suo strumento ... » aggiungeva il critico meneghino . In quel torno di tempo Paganini profittava di ogni cadenza per imitar sul violino le voci dell ' asino , del cane e del gallo , la voce degli uccelli , il suono delle trombe , dei corni e dei tamburi . Fu chiamato « giacobino genovese Paganini » e accusato di non avere « né criterio né giudizio musicale » . Preda , ancor giovane , di terribili mali fisici , tormentato dalla necessità , e da continuo desiderio d ' amore , inseguito dalla calunnia , romanticamente insaziato e insaziabile , vero figlio del tempo in cui visse , Paganini , trascinò , si può dire , dietro di sé tutto un secolo , e il romanticismo nacque proprio da lui . Vero personaggio di Hoffmann . Schubert dopo averlo ascoltato scrisse a un amico : « ho sentito cantare un angelo » . « Bisogna fortemente sentire per far sentire » , diceva questo italiano . Istrione , alfiere dell ' imponderabile . Egli voleva soltanto il « sicuro » effetto sul pubblico . Come Tartini scrisse Il trillo del diavolo , egli scrisse , Le streghe . Come è risaputo Paganini fu anche un prodigioso suonatore di chitarra . Per due lustri dura il brillare splendente di quest ' uomo cometa sul cielo europeo . Poi in coda a tante lotte , avventure e trionfi , la sua fine segnò nelle onde vermiglie di rivoluzioni e di guerre , una traccia di spietata solitudine . E caduto che fu , l ' ostilità umana si scatenò sul suo corpo di gigante immobile . Le spoglie di Paganini peregrinarono accolte in deposito e cacciate da pietosi asili . Una odissea funeraria trascinava qua e là la sua cassa . È noto che il vescovo di Nizza , dove Paganini si spense , negò il riposo in terra benedetta e il rito ecclesiastico alla salma , essendo egli morto , non ostante le esortazioni del parroco , senza conforti religiosi . Paganini aveva promesso di scrivere su di un ' ardesia , perché afono , non poteva più parlare , la propria « confessione » . Masi ridusse a morte repentina , senza adempire la promessa . Dopo lunga e crudele peregrinazione , la sfortunata salma del grande violinista , imbalsamata conservata col metodo tranchiniano , trovò riparo nella Villa di Gaione in quel di Parma . Avendo i giudici ecclesiastici annullato la sentenza del vescovo di Nizza . Il figlio Achille pensò di trasferire le spoglie paterne dalla villa stessa , al cimitero di Parma . Un testimone oculare , tuttora vivente , Abramo Germoni , chierichetto , allora , di Gaione , ha narrato che il funebre corteo , sul far della sera ( era l ' autunno , pioveva ; la notte era caduta innanzi tempo ) , si mosse dalla parrocchiale preceduto dal Germoni come crocifero , e dall ' arciprete Don Pettenati . Alla bara si avvicendavano sedici portatori ai quali era rischiarata la via da alcuni lampioni portatili . Percorrendo l ' argine destro del torrente Baganza , fra lo stupore dei rari passanti , per l ' insolito spettacolo , il corteo giunse a notte fonda dinanzi ai cancelli aperti della « Villetta » che è il camposanto parmense . Sovente , quand ' ero ancora un ragazzo , vedevo sovente , a Parma , il Barone Achille Paganini , e l ' ho anche conosciuto di persona ; un signore molto vecchio , ma robusto e dritto nella persona - - gentiluomo campagnolo - - figura appartata e singolare , e andava sempre solo . Ma nei giorni di mercato s ' aggirava vestito all ' inglese , fra la calca degli opulenti villani , e trafficanti della provincia . Egli rassomigliava fatidicamente a Niccolò Paganini , d ' una rassomiglianza intermittente fugace , come un colpo di febbre una fiamma gli fissava i tratti , era l ' identità - - poi tutto scompariva in un baleno - - e mi ricordo d ' averlo osservato in quel suo atteggiamento furtivo , muover gesti e passi perduti , mentre le sue pupille sfolgoravano selvaggiamente , come quelle d ' un perseguitato . Era suo figlio . IX .. Cremona c ' ero stato da ragazzo , vale a dire nel secolo scorso . Non ho ricordi di quel viaggio e di quella visita ; ma so d ' un desiderio assurdo che mi venne fin dall ' arrivo ' a Cremona : avrei voluto esserci nato . ­ Troppo tardi , non è vero ? Sissignori . Pestavo i piedi , m ' impuntavo , e ne chiedevo ragione con gran petulanza al mio papà che mi ci aveva portato , e non sapeva rispondermi - - insomma la gita finí in una arrabbiatura . Lui mi teneva per mano e non gli parlavo più , e non guardavo più niente . E qui ecco che ritroviamo le traccie del mio carattere , delizioso e insopportabile . Per me Cremona vista tra il corruccio , le lagrime e il rimpianto di non esserci nato era la capitale del lattemiele e dei cialdoni . Adesso dopo quarantacinque anni la rivedo e la riconosco ­ molte opere nuove e importanti sono cresciute dentro e intorno a Cremona , molti luoghi sono cambiati , tuttavia il suo naturale equilibrio e il suo tono posato è sempre quello di prima . Una città estremamente ordinata , comoda , senza difetti . Non ci manca nulla , e tutto è in armonia . Belle botteghe , palazzi tranquilli , case ricche , strade pulite , buoni alberghi ­ gente buona , facce contente - - e il centro , dove l ' antico , illustre , e il moderno ben costruito e spazioso , si toccano tranquillamente , è il più solido e caro luogo del mondo - - con un bel giardino pubblico che una pioggia dolce bagna , fa brillare e inzuppa di silenzio . Salvo una breve parentesi ( 1499­1509 ) in cui la città appartenne a Venezia , Cremona ' seguí in genere le sorti di Milano - - sia all ' epoca del Risorgimento come in quella fascista , e fu un ardente focolaio di vita politica e patriottica . In ogni tempo fu centro di studi e vi furono tenute in grande onore le armi e tuttavia è città noci molto nota . È celebre la scuola di pittura cremonese dal quindicesimo e sedicesimo secolo - - più tardi fu la patria dei celebri liutai Stradivari , Guarnieri , Amati e Bergonzi e dei musicisti Claudio Monteverdi , e Ponchielli . Direi che è già molto per una città di provincia . Ma non basta : Giuseppe Cesari , il compianto musicologo e critico del « Corriere della Sera » , mio amico e collega di studi musicali al Conservatorio di Monaco di Baviera , dal quale siamo usciti laureati e maestri di musica ambedue nello stesso giorno , era anche lui di Cremona . Nel centro di Cremona sorge il Torrazzo , o torre campanaria , meraviglia e simbolo della città lombarda . È un superbo campanile gotico . Il più alto d ' Italia . Il Torrazzo ha figliato il Torrone , squisito mastice commestibile ( per chi ha buoni denti ) conosciuto in tutto il mondo civile . Ma a Cremona c ' è anche l ' insuperabile mostarda , denso intruglio di frutta cotta e di senape eccellente durante le cene d ' inverno con il cappone o il tacchino lesso , oppure col manzo o il cotechino . Ne van pazzi i nonni e i ragazzi . A tavola , in cucina , magari , la mostarda domestica riscalda la bocca , le budella e il cervello , come fa l ' alcool . Dà dell ' allegria e dello slancio familiare a questi simposi di stretto parentado e diffonde per tutto l ' essere un ' euforia feerica da cenone di Natale . Com ' è uso vecchio e tenace di tutte le piacevoli città della bassa : Cremona , Piacenza , Parma e soprattutto Mantova , che son piene di buone cose da mangiare , e hanno il culto della tavola . Dopo , viene il teatro , l ' opera e il Trovatore di Verdi , col quale la mostarda di Cremona ha in certa maniera molti punti di contatto lirico . Ed eccoci finalmente arrivati alla musica , ragione non ostante tutte della nostra venuta qui . « Inaugurazione solenne del nuovo organo , e concerto nella cattedrale alla presenza di S . M . la Regina Imperatrice » . Imbandierata fino ai tetti , lieta e calma sotto la pioggia , con tutta la popolazione schierata onestamente lungo la strada ( cittadini e campagnoli che volevano vedere la Sovrana ) , Cremona aveva un aspetto festoso , composto : veramente di farsi onore . Quando la macchina della Regina spuntò , passò un fremito su tutta la folla , e un grido corse e si propagò , grido della folla alla folla , da un capo all ' altro del percorso : « chiudete gli ombrelli » . Era come dire , scopritevi dinanzi a Elena di Savoia , e aver le mani libere per applaudire . L ' automobile reale che procedeva a passo d ' uomo veniva continuamente circondata , le donne e le bambine le prime , in un impeto d ' amore popolare davvero commovente . Guardie di città e militi avevan non poco da fare per aprire colle buone la strada alla Regina , la quale dietro il cristallo sorrideva e inchinava gentilmente il capo a tutti , incontrando gli occhi negli occhi , la fedeltà incantata e gloriosa delle popolane venute a ringraziarla . Accoglienze e risposta così felice e sincera , non l ' ho vista mai invita mia . Un incontro , e una giornata fu questa che resterà a lungo nella memoria di questa ritrosa e degnissima città . Dopo il concerto in Chiesa , ebbe luogo la chiusura della Mostra , che credevo Stradivariana , e invece era quella dell ' Ottocento , promossa dagli antiquari . La Mostra Stradivariana purtroppo era chiusa da un pezzo : ero venuto apposta a Cremona dove non c ' era più neanche un violino da vedere . Tutti gli istrumenti preziosi avevano preso il volo . Andai al Museo dove c ' è una vetrina con gli arnesi della bottega di Stradivari . Allora cercai qualche altro . La casa di Stradivari era stata demolita dal tempo dei tempi , la chiesa dove c ' era la sua tomba anch ' essa era scomparsa , e demolita era pure la tomba , dalla quale nel momento di scoperchiarla venne alla luce in tutto soltanto un teschio , che un ladro sconosciuto afferrò e scappò via , né venne più rintracciato . Strano destino di quest ' uomo leggendario del quale ormai si sa soltanto che aveva un gran naso : pare di sì , un gran naso . X .. Il Melodramma italiano è un ' opera d ' arte tutta speciale , costruita sul ciglio d ' un abisso di ridicolo , ci si sostiene a forza di genio . Da un secolo , questo equilibrio prodigioso si verifica . È qualcosa come del combustibile : s ' accende per confricazione fra ribalta e platea , fra un tenore e il loggione . D ' effetto vivo ed immediato il Melodramma è fatto di quella musica che si chiama da Stendhal fino ai nostri giorni la musica fisica : categoria nella quale primeggiano Rossini , Donizetti e Verdi . In un certo senso e durante un certo periodo , per un popolo come il nostro il Melodramma è stato per così dire la « Macchina infernale » . I piccoli teatri di una volta eran se si può dire delle rosticcerie del sentimento pubblico . Un podio da saltimbanchi , quattro lumi a petrolio , e qualche testa da morto bastavano all ' uopo . Fra il pubblico e gli artisti in un lampo s ' avverava il contatto : ed eran gridi , abbracci , fischi , baci e coltellate . Oggi il Melodramma vive i suoi tardi giorni , pieno d ' acciacchi - - ma vive ancora : crudo , concreto , atavico - - così com ' è , e come è sempre stato . Sarà certo meno antico del Colosseo per esempio o della Torre di Pisa , ma è più vecchio , infinitamente più vecchio . Dicono , il Melodramma sta per morire tira le cuoia tal quale Don Chisciotte . La macchina infernale non funziona più : non dà fuori più altro che orina e fetore . Nel calore dei termosifoni e dei ceri che bruciano intorno al catafalco del Melodramma , crebbe continuamente e aumenterà l ' ansia funebre e l ' attenzione del pubblico . Oggi che il nostro teatro è diventato un arsenale da rimpinzare per dar corpulenza allo spettacolo , una palestra , un ' arena , un « cantiere del fare e disfare » . Oggi che bisogna gonfiare le gote , puntare i piedi , forzare la voce , in mezzo a un orribile , agitato e costoso meccanismo scenico , che entra in campo con tutto il suo legname , i suoi chiodi , le sue martellate , i suoi impianti idraulici , i suoi ascensori i giganti , e i suoi trabocchetti che fumano a nubi di acre vapore , invadendo di starnuti l ' ambiente . Quest ' opere eran scritte con una verve inimitabile , con una abilità grandiosa e meticolosa ad un tempo - - i punti di ricamo , le pitture , i colori , i lustrini preziosi , le cadenze fuori uso formavano un insieme d ' apparenze straordinarie e irresistibili - - i vezzi originali del Melodramma fan presto a diventare vizi abbominevoli , le qualità giovanili a diventar difetti . « Effetti della metempsicosi » che fa girare il mondo , vediamo coi nostri occhi il rovescio della medaglia . L ' opera diventò tutta una rete d ' inganni e di disinganni , una congerie di trucchi - - l ' ispirazione innegabile , la stessa sincerità si misero a guardar storto , e ti sembrò sospetta . Erano opere che ormai facevan paura queste dell ' Ottocento : c ' eran delle toppe logore e delle nudità commoventi . Carne ce n ' era ancora sotto : e sangue lento che tremava di morire . Si tratta di coglier l ' opera sull ' ultimo guizzo vitale e di scaldarla col fiato . Così l ' un dopo l ' altro caddero i melodrammi del glorioso Ottocento . - - Non tutti però - - anzi alcuni di Verdi rinacquero come l ' araba fenice dalle proprie ceneri . XI Trovatore Così in questo Trovatore , Eleonora , Manrico , Azucena , Il conte di Luna , e persino Ferrando ( il basso ) , sono i sacripanti immortali di un palcoscenico eterno , del quale Verdi ha gettato le basi , eretto l ' arco , e acceso le luci miracolose , d ' un gesto solo , d ' un gesto onnipotente . Nel Trovatore non si riesce a scoprire la molla e gli ingranaggi primi del movimento sorprendentissimo che lo anima tutto e lo fa vibrare come un battello in partenza . Ecco dunque che cantare , qualunque sia la parte , in quest ' opera che sta in bilico sopra un abisso , è cosa pericolosa , anzi quasi altrettanto mortale come il gioco della « corrida » . Ci vogliono l ' occhio , o l ' orecchio , la sveltezza , il fiato , e il coraggio di un toreador . Chi sbaglia la mira d ' un pelo , crolla sotto le cornate del pubblico , e non si rialza mai più . Quando Verdi ha per le mani dei soldati o degli armigeri soltanto li tratta con gran conoscenza del loro fiero mestiere , e ne fa degli animosi coristi : e viceversa , che è quel che conta . Si può dire che attraverso i cori soldateschi delle sue opere egli abbia contribuito a formare , ottant ' anni fa , il giovane esercito italiano , in quel suo caratteristico aspetto , movimento e ardore che ancora oggi vale . Caserme , bivacchi , corpo di guardia , schieramento , sfilate , scaramucce , baldorie e battaglie hanno un calore popolaresco , un piglio , un tono crudo ma cordiale , un ' allegria robusta e franca , e una naturalezza generosa e poetica particolarmente nazionale . Densa e straordinaria è , per esempio , la prima scena soldatesca nell ' opera il Trovatore . Dal punto di vista musicale è un vero primo tempo di sinfonia , perfetto : d ' un risalto e colore teatrale , strepitosi e bui insieme . Il Trovatore si fa tutto al disopra del libretto , per evaporazione lirica . Il canto scavalca il testo , lo espelle , lo distrugge : la musica fa il dramma da sé sola . La vicenda , trae tutta la sua virulenza dal ritmo , e non si può raccontarla , o spiegarla per mezzo di parole , mentre si capisce in un lampo attraverso l ' esecuzione sonora . Il barocco libretto non è che l ' elemento occasionale che provoca l ' esplosione , e dietro quella ricade annientato ( dispersione confusa di rime , sillabe e balbettamenti ) e scompare senza traccia per sempre . Poi , quel che è stato è stato : il libretto non esiste più . Ma c ' è l ' opera viva , immortale . Quest ' opera è divisa con magistrale rigore , in quadri , in scene , in atti isolati e contrastanti - - staccati e definiti in modo irreparabile - - ognuna di queste parti , organismo bloccato , fa corpo totale , ermeticamente chiuso in suoni , voci , movimenti e portentosi silenzi . Ogni parte del Trovatore è un quadro senza cornice , nella sua luce di rogo , o di luna , o di fucina , o di crepuscolo , o di prigione . Visione fonda improvvisa , e d ' una evidenza surreale . Opera dove tutto è diretto alfine immediato dell ' effetto : senza preparazioni , preludi , introduzioni , interludi senza ricorsi tematici , o commenti orchestrali , e senza rallentare di danze , o indugi , e diffusioni di coreografie . È il teatro dei suoni in atto : la musica piroetta e si proietta in fatti . Fatti sonori : d ' una intensità e interesse che colpisce , centra e sconvolge ogni ingenua immaginazione . E come si attacca la materia amorosa , e fa presa , e morde tesa , e feconda . Intermediari , cultori , dottori dello stile , contrappuntisti , storici , controllori analisti , sprecan tempo e fatica su quest ' opera che non si lascia legare , né sta ferma sul tavolo anatomico . Col Trovatore la scienza non fa un passo avanti , anzi ne fa uno indietro . Qui non c ' è progresso tecnico , né novità , né riforme di procedure , né ricerche , né conquiste istruttive . La fattura è più che normale , anzi è ovvia addirittura . Qui non c ' è edificazione studiata , ma crepitio di genio : tanto genio che grandina . Quest ' opera , tutto corallo , vien su dal suo tempo improvvisa come una emersione vulcanica . È un fenomeno caotico ogni volta , sotto una pioggia di fuoco e di lapilli . Purtroppo negli ultimi anni le esecuzioni di quest ' opera partecipano dell ' incertezza generale . Forse per la buona musica son brutti momenti questi , non basta la buona volontà . Alla domanda : - - Come si fa il Trovatore ? Rispondiamo : - - Se ne è perduto la ricetta . Tuttavia , l ' altra sera , al Teatro Reale dell ' Opera , il Trovatore prese fuoco e saltò , come un barile di polvere . Tra schianti , chiarori abbaglianti , turgido e un nugolo di scintille . Insomma fu una recita ben riuscita . Il pubblico romano non ce la fece a resistere - - fu commosso fino all ' entusiasmo - - e il successo avvenne , e si formò metereologicamente , nel cielo del teatro , come un temporale , e scoppiò molto clamoroso alla fine . XII Una cronaca che fa proprio al nostro caso Se dovessimo dar la stura alla nostra meraviglia , e alle nostre descrizioni intorno a quest ' opera incomparabile di Verdi , dieci pagine non basterebbero . Ma saremo brevi : Ecco qua : la Traviata è appena cominciata , il maestro concertatore dirige , per così dire , a barchetta , scrutando il palcoscenico , da vecchio lupo di mare che voga fuori del porto : lo sguardo sempre addosso ai cantanti più celebri , cercando di scoprire le loro orgogliose intenzioni . Perché son proprio i più celebri quelli che potrebbero fargli qualche scherzo : sarebbe a dire , per esempio , che potrebbero saltare a piè pari mezza battuta , o uscir di tono così sensazionalmente come può uscire dai gangheri un illustre portone . Sulle immacolate tovaglie , fra le camelie in fiore della casa di Violetta , scintilla il Frascati d ' oro . A tavola tutti . Un brindisi . Il coro si mette il tovagliolo , impugna il bicchiere vuoto , e canta : « Libiamo libiamo nei lieti calici ... » , mentre la prima donna , meravigliosamente giovane , lavora di gorgheggi , spensierata e febbrile peccatrice sull ' orlo d ' un precipizio . « Verdi è sempre Verdi » , sospira una dama dietro la nostra poltrona . « Amen » , rispondiamo con la voce bianca d ' un chierico che serve la messa , guardando contriti il teatro riboccante e silenzioso al pari d ' una chiesa durante la sacra funzione . La gran sala , fin su agli ultimi capitelli , appare tutta carica di volti protesi , e da un momento all ' altro diresti che si muove e si mette a ruotare come un ' immensa girandola , travolta in una voragine d ' ebbrezza e d ' entusiasmo , striando la penombra con le sue sete splendenti , le sue gemme , i suoi occhi lucidi , i suoi sparati intangibili , le sue lunghe braccia guantate , e i suoi tenui lampadari lunari a ogni balcone . L ' attenzione del pubblico è incatenata e supina , e son rari gli istanti in cui la folla ha la forza di liberarsi dall ' ammirazione religiosa per tradurre in un grido la propria riconoscenza . Sì , Verdi è sempre Verdi . Però qui , niente retorica , né enfasi , né trivialità focosa , né fervore coreografico : qui invece frivolezza profonda , vezzi , pungenti melodie , banchieri , baccarat , risate di cristallo , biancheria di bucato , bel mondo , buone maniere , mal sottile , amore e morte . Nella Traviata c ' è mischiato il magro e il grasso a grandezza naturale . E l ' ispirazione che regge questo miracoloso equilibrio è la più sincera , la più nuda , la più elegante e ritrosa che ci sia . Per quel che riguarda la sua consistenza e struttura , quest ' opera potrebbe galleggiare sull ' acqua , come Ofelia . Come Ofelia quest ' opera muore d ' amore . Ebbene , durante la recita , quando il successo iperbolico va su fin alle stelle : al critico non resta più altro da fare che muover le sue obiezioni al progresso teatrale , alla musica d ' avanguardia , all ' arte nuova , scientifica e senza cuore , che , pur essendo recente , è ormai rimasta l ' ultima , in coda al vecchio repertorio . Sul finire del dramma , un clamore altissimo di carnevale batte alla porta chiusa della dimora dove Violetta si spegne oscuramente ; in uno scorcio fulmineo intravedi le notturne mense imbandite , che la malinconia minaccia , dai tempi di Chopin . Quest ' opera è un capolavoro , modello compiuto e perfetto d ' arte e di sentimento , l ' opera più italiana che ci sia . Fatta di musica viva , sempre presente e connessa alla realtà teatrale di ottant ' anni fa . I suoi canti emergono oggi dal pelago concitato e inconcludente della produzione moderna , più teneri e commoventi che mai . Cadeva il sipario sull ' ultimo accordo dell ' opera , e ho visto coi miei propri occhi lacrimar donne , vecchi e ragazze , e i professori d ' orchestra levarsi adagio adagio , pallidi , trasognati , tenendo il loro violino come si tiene un ombrello : non si rendevano conto che la recita era finita . 3 XIII .. Benché le altre arti esistano nel presente e nel futuro , direi che la musica è piuttosto impegnata nel passato . La sua potenza evocativa va ben lontano da noi , torna indietro , ci rapisce , e noi ne siamo trasportati volta per volta al di là di ogni espressione . In questo senso retroattivo , Verdi è il musicista per eccellenza . Nessuno è più popolare , più sconvolgente di lui . L ' intera razza umana pende dalle corde della sua chitarra . Il suo genio si rivela senza preamboli . Di colpo , come gli sorge dentro . E nelle sue opere c ' è musica d ' ogni prezzo , d ' ogni misura , per tutte le borse e per tutti i livelli sociali . Poi , verso la fine dei suoi melodrammi , è uno schianto : la commozione spezza i cuori di pietra , e le lacrime calde piovono dirottamente . Verdi tira avanti senza circonlocuzioni . Non sa di etichetta , non ha il mazzo delle chiavi d ' oro , non ha il carnet delle formule magiche : con un colpo di spalla butta giú le porte , calpesta la legge , i divieti e , in cambio , appaga l ' istinto . I suoi difetti e le sue qualità hanno radici profonde nella nostra terra . Estirpare i primi vuol dire distruggere anche le seconde . Ma quanta consapevolezza in lui . Uditelo . « Non bisogna esagerare , - - scriveva Verdi , - - nella smania di voler ogni cosa perfetta , perché si corre il pericolo di compiere ben poco o di non compiere nulla . La natura , la sincerità di un maestro si rivela mantenendo pressoché intatto ciò che gli è uscito spontaneamente dal cervello , molto meglio che tormentando instancabilmente ciò che egli ha fatto . Anzi , nell ' alternativa di cose un po ' basse con altre elevate ; queste s ' avvantaggiano di più nel contrasto . Io non istento a credere che alcuni poeti abbiano calcolato su simili effetti » . Così , serenamente , Verdi riconosceva che la sua opera resterà per sempre incompiuta . Siamo sulla via di Sant ' Agata dove « Omnibus » ci ha mandato in pellegrinaggio . La campagna , in questa stagione , è disseminata di alberi spogli e stecchiti . C ' è l ' aria dolce delle buone e brumose giornate d ' inverno . Ecco Sant ' Agata fra la nebbia . E pioppi molto alti che van su nella nebbia , e salici ossuti che annunziano la vicinanza del Po . Qua e là , nel torpore , casolari dai vecchi muri porosi . Curiosa sensazione di periferia . La campagna giace , per così dire , con l ' acqua alla gola . Dorme quasi affogata . Come non immaginare Utrillo , alle inferriate del manicomio , contemplare questo paesaggio sparuto e malinconico ? E pensiamo , da questi luoghi , al sacro respiro dei corali di Verdi , alla veemenza dei suoi concertati tradotti in disegni larghi , esatti , al realismo e alla concretezza di questo grande uomo . Gli insegnanti del Conservatorio di Milano dissero che egli non aveva attitudini per la musica , e che non possedeva alcuna abilità . Non aveva che del genio . Troppo poco per dei professori e dei critici . Una gran buona fede patriottica gonfia , gonfia quei suoi corali smisurati e provinciali . Busseto . Questi grossi paesi , o piccole città , han dei viali , dalla stazione all ' abitato , che non finiscono più , e bisogna farli a piedi : coi piedi nel fango dove serpeggiano e guazzano , senza cascare , dozzine di ciclisti intabarrati , contadini per lo più , col naso rosso e il cappellaccio sugli occhi . È un giorno festivo , e nei campi non si lavora . Un silenzio diluito vigila a mezz ' aria . Sciami di uccellini scivolano giú con volo incerto , ondeggiano , non sapendo dove posarsi , e si cacciano impauriti fra i rami di qualche alberello senza foglie , scomparendo in fila come un ventaglio che si chiude . Tutto questo scenario in dissoluzione par pieno di lividi fantasmi che svaniscono fra densi vapori . Lembi cenciosi di nebbia scendono sino a lambire le siepi . Il suolo non è più che uno specchio rotto , nero picchiettío di pozzanghere e di rivoli che , seguendo il pianeggiare del terreno , si versano gli uni negli altri . Qui c ' è posto per i panoramici corali verdiani , dove dondola uguale la cadenza del buon senso del nostro biblico Ottocento . Camminiamo da più di mezz ' ora verso Sant ' Agata che è a tre chilometri da Busseto . Un torrente d ' acqua piovana cola fra due profondi argini erbosi . È pieno di canne selvatiche e forse di anatre . Qualche cane da caccia corre , col muso in aria e la coda dritta , lungo le rive , verso il Po che deve essere colmo a straripare con questa stagione . Il piccolo campanile di Sant ' Agata suona allegramente , alla rinfusa : è un concerto argentino nella nebbia del cielo tutto ugualmente madido di caligine fino all ' orizzonte . Le galline strepitano dai pollai , squassando le ali bagnate . Belle galline grasse da brodo , che fan conversazione fra di loro , razzolando imperiosamente sulle concimaie . Giungono talvolta , al nostro orecchio , rotti e ovattati discorsi di ciclisti lontani . Poi , ad un certo punto , ecco suonare una grossa campana , quella di Busseto . Quei rintocchi lenti e funebri fan venire in mente il « miserere » del Trovatore . Invece , è proprio mezzogiorno in punto . Molte opere di Verdi vennero rappresentate cinquant ' anni fa per l ' ultima volta . Non caddero , ma furono abbandonate . E non se ne parlò più . Non vennero sepolte , ché non erano morte definitivamente , né vive sembravano più essere . Rimasero fuori rotta , in quarantena . Chiuse , aspettando . E il tempo non le ingoiò . Luisa Miller , I due Foscari , Macbeth , Nabucco ... Erano ricche , nobili e salde , nutrite di quella vena inesauribile e popolaresca che distingue il miglior Verdi e durarono più della loro condanna . Armate di ferro e d ' argento , con tutte le vele spiegate , sonanti come tante navi in partenza , queste opere bussetane e genovesi rientrano , una dopo l ' altra , sontuosamente in servizio , dopo cinquant ' anni d ' inedia , che non le distrussero né le accasciarono . Non fu necessario ritirarle a secco per le riparazioni d ' uso . Non presentavano avarie o deterioramenti , né di fuori né di dentro : erano intatte . E più che nuove , apparvero . Rafforzate dalla stagionatura , e in istato di riprendere il mare ; passando in bilico perfetto , e galleggiando valide , maestose e dolci dinanzi agli occhi stupiti del mondo , del mondo moderno . Questa fenomenale attualità e questo adattamento ad ogni tempo e luogo della musica di Verdi , mi ricorda un episodio lontano della mia vita a Londra . Ero arrivato lassú con una giornata come questa , brumosa , silenziosa , invernale . Il tassi mi aveva deposto in uno square deserto e buio . Eran le otto di sera . Cercavo un albergo nei pressi , e non si vedeva niente . Tutto chiuso . Sabato festivo . Queste son le ore terribili per chi rimane sul lastrico , a Londra . Sono le ore dei pasti . Si subisce la regola . La legge dei focolari non s ' infrange in questa città ordinata : chi è dentro è dentro , e chi è fuori ci resta . La strada londinese in cui mi trovo , vapora e fumiga come una concimaia . La nebbia sale , turbina lentamente , si addensa e vela i lampioni . La nebbia infradicia tutto . Le fiammelle han guizzi di agonia , e i vetri si bagnano man mano : si bagnano di pianto . La strada diventa un teatro , un teatro sprangato , sommerso , fra apparizioni natanti e dissolvenze feeriche . Ogni formasi stacca , naviga senza peso , sparisce . Non ci sono più case , non ci son più muraglie , né cancelli , né cielo . Dall ' alto , qualche raggio di luce polverosa cola giú serpeggiando come il gesso , in questa cupa marea caliginosa . A un tratto , tutta la zona echeggia . C ' è una voce : umana o divina ? C ' è un ' arpa , nella nebbia ; lo spleen , la nostalgia dell ' ultima canzone della Traviata di Verdi . La voce è d ' una donna , d ' un ragazzo o d ' una sirena ; ma così forte , giovane , disperata , in questa colossale solitudine , che mi domando : è un concerto o un naufragio ? Sono lí a due passi i musici ambulanti , italiani . Potrei quasi toccarli , ma non scorgo , aguzzando lo sguardo , che una rorida parvenza che ondeggia e sfuma , argentea , piramidale , forse l ' arpa . È ancora il lembo di un povero scialle di lana . Spettri , fantasmi , sull ' orlo del marciapiede . La strada , tutta impregnata di miasmi , da un capo all ' altro trasecola , riecheggia , e tace a lungo . Intanto qualche spiraglio si schiude , lassú , dove son gli abbaini : ombre bianche s ' affacciano : fatue movenze . Dal cielo invisibile piove a poco a poco ; e comincia una caduta lenta di palanconi . Solennemente , come in un incubo che s ' allenta , tintinnano sull ' asfalto le monete : son gli angeli delle soffitte , le cameriere e i facchini di questi hótels di lusso che buttano , senza interruzione , i loro risparmi ai misteriosi musici della strada deserta e sommersa . Finalmente siamo a Sant ' Agata , davanti alla villa di Verdi . Traversiamo un ponticello . Ci viene aperto un cancello . Entriamo in un cortile , e un cane ci fa festa . La custode ci introduce nella vecchia casa di Verdi , dove non c ' è nessuno , dove tutto è conservato puntualmente , in bell ' ordine , e spolverato ogni giorno col piumaccio . Ci accorgiamo subito di essere in una casa ancor viva e abitabile , non in un museo . Ecco la camera da letto col baldacchino , il pianoforte di Verdi , la sua camicia da notte , i bei mobili neri . La rastrelliera con i fucili da caccia . In un angolo , i bastoni d ' un gentiluomo di campagna , e , in tutto l ' arredamento , non c ' è nulla che ricordi il cattivo gusto dell ' Ottocento . La porta aperta sul parco ci dà un senso confuso di attesa e di presenza . Tutto questo parco ozioso , appisolato nella nebbia , è quasi più alto che largo , sì , d ' una statura altrettanto incredibile quanto la sua vecchiaia : alberi venerabili e giganteschi dalla scorza rugosa e durissima , che la mano stessa di Verdi piantò , forse cento anni fa ; tortuosi viali coperti di foglie bagnate ; solitudine signorile , una forza di terra antica e riservata , e l ' odor grave e intatto dell ' autunno immobile intorno alla villa del Maestro , dove tutto respira come se fosse ieri , e l ' atmosfera eterna di lavoro e di pace dell ' artista che l ' abitò durante cinquant ' anni . Una lunga pipa di schiuma , in un astuccio aperto e foderato di velluto rosso , sta sul pianoforte . « To , Verdi fumava , era un fumatore ? » « Oh , no , - - mi dice la custode . - - Nella sua prima giovinezza Verdi era di costituzione molto debole . Soffriva di mali di gola , e non fumava che qualche trabuco dolce , di tanto in tanto , e con tutta la precauzione » . « più tardi , la sua salute migliorò , diventò buonissima ; e nell ' età più avanzata , Verdi era robustissimo e molto resistente al lavoro » . Il suo mestiere di compositore , insieme a quello di contadino proprietario , le lunghe passeggiate sulle sue terre , ch ' egli percorreva sovente a piedi e qualche volta in vettura per sorvegliare i lavori , gli avevano restituito completamente le forze del corpo e dello spirito . Verdi non ha mai avuto una decadenza . Fino a ottantasette anni godette di una salute straordinaria . « L ' ho visto vecchio soltanto sei mesi , - - mi dice il dottor Carrara Verdi , suo nipote , - - cadde giú dopo la morte di Re Umberto . Non si riconosceva più . E , poco dopo , morì anche lui » . È una gran fortuna che non ci sian cimeli , né alcuna messa in scena postuma , in questa bella casa . Tutto è allo stesso posto originale , di dimora semplice e tranquilla che funziona . Si aspetta quasi che il padrone rientri dal giardino . Ci sembra davvero che , da un momento all ' altro , Egli possa rientrare col suo gran cappello di feltro , e la sua figura accigliata e benevola . Sulle mensole ci son due statuette di bronzo : Manzoni e Vittorio Emanuele II . Alle pareti , c ' è un ritratto di Crispi . Sotto campane di vetro , ci sono gustose terrecotte napoletane . « Sono tutte cose regalate » , mi dice la custode sottovoce . Tutto è rimasto tal quale dal giorno che se ne andò . E tutto qui lo aspetta , anche gli alberi nel parco . E cresce un po ' l ' inquietudine come se , dopo trentasette anni della sua assenza , dovesse ritornare da un momento all ' altro . E sulla scrivania , c ' è un cartoncino sul quale Verdi ha scritto con una calligrafia senza disinvoltura . « Un tedesco che sa , sa troppo . Un russo che sa , è un pericolo » . I Parigi Parigi , superficie lucente ammantata di schiuma e di bave sanguigne , che ruotano leggere intorno a tetri monumenti come il velo febbrile degli stagni intorno ai piloni dei ponti . Parigi , umida nebbia , atmosfera di tisi , sotto la tua carezza le negre vagabonde impallidiscono e van pigliando il colore del cedro affumicato . Eccitamento , estenuazione , delirio . I gridi disperati delle tue vittime sembrano affievolire sotto il tuo cielo sordo . Al levarsi del tuo giorno malato , un problema s ' affaccia , sempre lo stesso problema : non perdere terreno - - il pane da guadagnare , la gloria da difendere - - e tutto da ricominciare . Già all ' aurora , dietro le verande dei caffè , in quelle innumerevoli gabbie di vetro lavate dalla pioggia , mille donne sedute davant all ' apéritif bivaccano aspettando la sera . Donne calate dalla Normandia , dal paese di Galles , dal Perú , provenzali , spagnuole , donne di tutto il mondo , creature che sembrano venir giú dal cielo all ' ora dell ' Ave Maria , sboccano dalla chiesa della Madeleine e scendono come un fiume inesauribile i grandi boulevards . Tutte riconoscibili alla divisa dell ' ordine , l ' eleganza , esse portano , a guisa d ' armature , diademi e cinture d ' argento . Con un ritmo sacro , incessanti cortei di cortigiane , popolo di demoni , mandre belluine s ' inoltrano , come le belve spinte dal bisogno , a invadere la strada . E fluttuando lentamente , sommergono i marciapiedi . Son le milizie che ogni sera conquistano Parigi , sacerdotesse dell ' amore che cercano inquietamente negli occhi della folla che arranca contro corrente la promessa d ' una cena eventuale . Sotto torrenti di luce un pensiero , le assilla : come vivere oggi . Parigi è l ' oceano umano dove ogni certezza va a picco . Nessuno è sicuro di sé . Ciascuno dubita , ma non si scopre né si scoraggia mai . Sempre in armi ; al lavoro con instancabile lena . Ogni esitazione è fatale . Leggerezza e noncuranza fan maschera ai volti - - ostentata malvagità delle parole , e onore sulla punta delle spade - - così ciascuno , avido e guardingo , giuoca il suo giuoco , da un ' alba all ' altra sotto pena di perdersi nelle ventiquattr ' ore , di veder precipitare il proprio nome . Il ridicolo e la fame , ecco il pericolo . Basta un gesto infelice , un malessere , una confessione ; e però con quanta arte , con quanta felina destrezza costoro schivano i fulmini dell ' avversa fortuna . In questo clima che demolisce un ercole , e fa ammuffire l ' aria intorno alle lampade ad arco , in questo clima che conferisce un aspetto livido a tante facce affrante , la buona educazione e la vivacità galante son di prammatica . Fra questo popolo sì ragionevole e umano ci sono degli occhi che dardeggiano come quelli dei topi appestati . In questo vivere da far paura ad un forzato , un verminaio innumerevole si affatica da mane a sera . E la fatica diventa veleno e il veleno odio . Miseria , angoscia , sangue e coraggio sublime , van su alla superficie e brillano di uno splendore sinistro . Allora si vedono degli individui strani ritirarsi in certi grigi casamenti , chiudersi in una stanza e vivere degli anni lontano dalla strada e dal mondo . Fortificati fra uno scrittoio e un muro , tracciare delle linee , fare dei calcoli , ingiallire come l ' avorio , e perdere i peli , alimentarsi di chimica e di caffè , e scatenare dai loro quaderni aperti , rivoluzioni , cataclismi oscuri e leggi nuove , e idee che durano e sfavillano remote come le stelle su questa babilonia immortale , dove , per riparare a tanti stomachí sfondati , a tante teste che girano la cucina s ' è fatta delicata , squisita , omeopatica . Qui si succhiano gli ossicini degli uccelletti marci , si cavano ingordamente le lumache dal guscio e si finisce la cena con del formaggio fetido . Come qui si lavora , e con quale dispendio di forza e di spiriti ! Ognuno sfrutta se stesso al massimo grado . Si trae dalla propria salute tutta la rendita e se questa non basta s ' intacca il capitale . Si rischia all ' occasione anche il patibolo . Non si teme che il vuoto , il marasma , l ' inedia . Superando il disgusto e la nausea si avanza a marce forzate verso la morte : ebbene , eccola una grande città ! E tutto questo immenso lavoro vien fatto per creare , ogni dí , la modernità , per ringiovanire la vita , per reintegrare le illusioni cadute , le speranze avvizzite , per utilizzare e rendere innocua l ' eternità . Apparenza , menzogna e fatuità fan da scenario , sono i vessilli eroici di tutti questi martiri ; ma nel fondo , nel fango , strenua resistenza , sacrificio stoico , dolore e grandezza . Mai rinuncia , sconforto , diserzione . Sempre avanti , a denti stretti , trattenendo un singulto ; fischia il vento attraverso gli anni e lacera l ' esistenza ; sempre di corsa verso il denaro e la celebrità . Allora si capisce come questa popolazione non sia prolifica , si capisce l ' isteria , le crisi politiche , la ferocia e le anomalie di questa razza raffinata e cagionevole . Parigi sorge invidiata , si trasforma da un ' ora all ' altra , crolla di volta in volta e tuttavia cresce sempre , e ingrandisce in fretta il suo raggio . Profondo e fragile specchio che accoglie la luce del mondo , Parigi sfida il tempo : e poi si dice che il tempo si vendica di quel che fu compiuto senza di lui . II Moulin Rouge Sulle insegne luminose di Montmartre turbina un impetuoso nebbione violetto . È il cielo basso di Parigi , il cielo che non può dormire e ha le palpebre bruciate di fatica . Dal boulevard che arde come una fornace vengono su buffate d ' incendio , e clamori assordanti di folla . Il cielo s ' agita fra le sue coltri di nubi . Scintille di tizzoni l ' avvolgono e mettono fuoco al suo lenzuolo . Attaccato ai parafulmini , il cielo di Parigi si sporge di tratto in tratto sul vuoto e fa alla strada delle grandi smorfie meteorologiche . I lampi di magnesio scuotono e fan guizzare i vetri : le leggende ­ réclame volteggiano infiammate , sembrano vacillare e rianimarsi al vento , brulicano come vermi lucenti intorno ai cornicioni delle case . Qualche vecchia facciata balza innanzi , livida , e vibra per un attimo come metallo fuso . Fra i bizzarri edifici chiamati in causa così bruscamente da un proiettore che spalanca il suo occhio e si spegne , ce n ' è uno , più stravagante degli altri , color sangue di bue , un padiglione che fuma e frigge , come una rosticceria , avvolto nel fuoco dei bengala . Due mulini a vento presidiano come due corpi di guardia il raggiante portale dove la gente entra come da noi la domenica in Chiesa . È il Moulin Rouge . Il Moulin Rouge apre i suoi battenti alle tre dopopranzo . I nottambuli accecati dal sole , con un salto riparano là dentro . Nel dancing si respira ancora l ' aria della notte . Il luogo indefinito annega in un lucore sulfureo e ferale ; sembra di essere alla foce d ' un fiume nell ' ora del tramonto e benché manchino i pipistrelli a guazzare fra quei vapori palustri , due mulini olandesi , che si drizzan là in fondo , bastan a darci l ' idea d ' un paesaggio disteso . Le pale , incrostate di lampadine rosse , continuano a girare lentamente e , moltiplicate negli specchi , che sonnecchiano nella profonda penombra della sala , han l ' aria d ' un fuoco artificiale che si sgrana e piove adagio adagio . Quando la musica attacca , il dancing si riempie come una piscina . I danzatori scendono a precipizio le scalette di quattro o cinque gradini e si buttano tra il pubblico che balla . È l ' atto di chi vuole annegare . Stando seduti a un tavolo si può contemplare dall ' alto lo spettacolo . Languide coppie , flutti amorosi , marosi densi di schiuma , amplessi , cuori spezzati , abbracciamenti di naufraghi , e sorrisi morenti ; smarrite figure di efebi , ricciuti come gli agnelli , che nuotano appaiati ; linfatiche fanciulle che balbettano in quel bagno cocente ; l ' una all ' altra allacciate , esse si chiudono come i fiori la sera in una stretta che non si allenta più . Marinai di Toione , branchi di cortigiane , negri della Martinica , carbone nella farina , arrancano in schiere fitte . Americani del sud madidi di sudore e gente d ' ogni razza , stranieri che han perduto il nome e le radici , galleggiano inerti e colmano di procelloso letargo quest ' ultimo peno boreale . I riflettori sembrano frugare in quel vivaio mostruoso che fa corpo e cammina a rilento come un immenso camaleonte . Le ali dei mulini rimuovono e sospingono la calca . Si macina davvero là dentro , si macina , con un accanimento pesante , sonnolento . I suonatori del jazz ­ band imitano alla lontana gli urli di un ' orda indiana , e il saxofono a solo , ripete le obiezioni , i lagni e le risate d ' un ottentotto che soffre il solletico . Le più strane vociferazioni istrumentali ripercosse dalle gole dei monti s ' estinguono nelle aperte campagne . Fu dopo l ' armistizio che capitai la prima volta in questo luogo . La virtú come un uccello preso al vischio , batteva le ali e perdeva le penne : ma , come erano belle le giovani donne quel giorno ; e nei ballerini , quanta eleganza caduca . C ' era passata la guerra , la febbre spagnuola , poi s ' era abbattuto sul Moulin Rouge il fuoco bianco , la nevicata leggera e diaccia degli stupefacenti . L ' amore al suo apogeo s ' era gelato là dentro . Ti pareva vedere le grandi ondate impennarsi , frangersi nell ' angelico tango , l ' una sull ' altra , come cristallo . Un assideramento , un ' angoscia solenne regnava nella sala . Colavano tutti con una acquiescenza collettiva verso l ' orlo d ' un mondo che finisce , quei danzatori , e sembravano poeti , condannati a morte , spoglie di preti annegati che vanno alla deriva . Oh , quel silenzio di tante bocche aperte , o premute contro altre bocche ! Il pallore di quelle facce che volteggiano abbagliate e cadono nel segno di zone oscure e calde ! Non un grido che rompesse l ' alta veglia . Il silenzio di quella folla bagnata nella luce dolce dei fari era il silenzio eroico di una ciurma che danza su un battello che affonda . Oggi la mise en scène è la stessa , e a dir la verità tutti gli apparati vieux jeu sono a posto e badano a funzionare , ma la clientela è cambiata ; le pale girano invano cercando di riprendere la rotta d ' una volta , i tempi sono scarsi e il Moulin Rouge non è più il mare , l ' inferno , l ' eternità del piacere ; le chimere alate che accompagnavano quel viaggio interminabile sono dileguate . Il « dopoguerra » è finito con tutte le sue prodigalità e i suoi vizi ; eccola quasi sgombra nel riverbero bieco , la gran sala da ballo rossa di vergogna e di luce ! La grandezza , lo stoicismo pauroso di quella folla che un impeto di distruzione trasfigurava , tutto è scomparso . Adesso si vivacchia là dentro . Il piccolo ceto trionfa . Gli approcci sono cauti , i contatti prudenti ; si balla per fare un esercizio igienico . Un ordine borghese e una rigorosa economia presiedono quei festini . L ' egoismo inquadrato nella morale fa le sue evoluzioni , qui dove molti anni or sono era in voga il prodigioso contorsionista chiamato le desossé , qui dove faceva furore la celebre Golue , danzatrice indecente , che più tardi mise su una baracca e fece la domatrice di leoni . Ormai il Moulin Rouge è diventato il fondo d ' una caverna nuda . Il genius loci è scappato con tutto il suo arsenale di cose celesti e malefiche ; perseguitato dalla polizia , ha cambiato quartiere e chissà dove nasconde adesso i suoi veleni . La storia di questo stabilimento è scritta da un pittore umorista sui muri della sala , pornografica memoria ' d ' un ' età scandalosa che un illustre destino illumina grandiosamente . Un furore erotico , scatenamento dei sensi , si sferrò da Montmartre e più precisamente dal Moulin Rouge sul mondo . I più bizzarri spiriti di Parigi son ricordati nell ' album di questo venerabile bordello . La sala che venne rinnovata pochi anni fa era più ristretta , a quei tempi , era l ' epoca del chiaro ­ scuro , del brio all ' italiana , e i veri diamanti , le gemme , e gli occhi neri di quella gioventú guarivano di cupi lampi il buio delle logge . La spavalderia francese s ' impegnava , come in una mischia , nei « lancieri » che allora eran di moda . Ai comandi stentorei d ' un direttore di « quadriglia » gli ampi mantelli scarlatti degli spahis fluttuavano , e gli zuavi dai lunghi baffi a punta e dal pizzo alla Napoleone III avanzavano a scaglioni tenendo per la mano le loro belle dai cappelli di paglia . Sciami di brillanti ufficiali dal petto coperto di medaglie portavano là dentro un soffio di gloria coloniale . Irresistibili megere , tra uno sfolgorio di guerrieri , tiravan su le gonne e si abbandonavano ai parossismi osceni del cancan . III Montparnasse Si tratta di una montagna alta pochi metri ; poniamo che siano dieci . Dalla Senna si risale un pendio dolce e lunghissimo . Il boulevard Raspail mena su insensibilmente alla città delle arti . Dal piano al monte Parnaso . A Parigi senza immaginazione non c ' è realtà e le più esagerate definizioni hanno in questo paese una naturalezza indiscutibile . Benché la decantata montagna sia poco più alta d ' un primo piano dal livello medio della metropoli , la sua ariosa groppa non è lontana dal cielo . Le nubi e le stelle si mescolano alla gente accampata sul dorso tondo e interminabile di questa planetaria altura . Vivere qui vuol dire aver tutta Parigi sotto i piedi . Qui prima che in ogni altro luogo si risveglia la vita del mondo . Montparnasse è l ' avanguardia che entra nel futuro . Molti anni fa Montparnasse fu il rifugio di alcuni imbrattatele profughi di Montmartre . Discesi furtivamente da un versante , traversando la bassa e i ponti della Senna , costoro risalirono l ' altro versante . Fu un atto di secessione , umile e silenzioso ma pieno di una funebre eloquenza . Allora Montparnasse era un villaggio senza lumi , un sordido nido di apaches , di misantropi , di anacoreti e di beghíne . Fantasmi s ' aggiravano nella bruma serale . Nei giorni di sole i primi pittori esponevano le loro croste sul trottoir e , avvolti nei loro mantelli , si sedevano a lato . Col coprifuoco , la popolazione era già tutta a letto . I più eleganti nottambuli cominciarono allora a spingere lassú le loro pericolose escursioni . Il quartiere aveva il suo clima Victorhughiano , e le sue burrasche di montagna . Quasi invisibile nei cieli carichi di nuvolaglia , come un naviglio rovesciato , quando la tempesta è passata , Montparnasse riprendeva al mattino il suo equibrio in una atmosfera abbuiata . Modigliani venne qui dall ' Italia . Fornito di speranze e di quattrini . Arrivato di fresco , bianco e rosso come una rosa , egli era un giovane in gamba che si tirava dietro un bel cane di lusso . Ma si buscò il mal del paese : la pittura . Cominciò a menare una vita grama . Il zerbinotto si trasformò in un leone affranto . Basta , fu il solito scherzo . Era già celebre , e moriva di fame . Un fremito d ' orrore e un miserabile intenerimento circondarono la sua fine prematura . Oggi i suoi quadri valgon cento sterline . Un congresso perenne dei cinque continenti imperversa quassú . Montparnasse , mercato della pittura , è chiassoso come una Borsa Americana . Mercanti , espositori , negozianti di colori , modelli , critici , letterati , poeti e artisti , fabbricanti di cornici , consiglieri ed amici fanno una popolazione di centomila persone . Secondo l ' ultimo censimento i pittori son trentamila , di cui tremila giapponesi . La pittura è la legge che regge il circondario . Picasso , Giorgio de Chirico , Derain , Braque , Fujita son gli dei sull ' altare . Ma tutto cambia : nella stagione propizia il cielo s ' apre e ondeggia come un ventaglio , e l ' angelo dell ' avvenire sbuca dall ' alto con indicibile fragore . Eccolo volare su queste straordinarie terrazze dei caffè di Montparnasse . Le mogli dei pittori , le amiche , le compagne , le concubine , le ammiratrici anch ' esse e le maîtresses si mettono a dipingere e a digiunare entusiasticamente ; e all ' impensata i successi precipitano su qualche testa fortunata . E molte teste le senti friggere , le vedi schizzar sale come casseruole sui fornelli , ci sono delle teste bollenti che fischiano , traboccano come marmitte e dan fuori all ' improvviso le più portentose invenzioni . Quello che gli uni sprecano vien raccolto dagli altri ; anche la poesia , il genio . Il plagio flagrante arricchisce i poveri di spirito . Quei che cadde risorge per bocca degli apostoli . La scuola libera dei caffè e degli ateliers , fa le rivoluzioni , la luce e le scoperte . Qui non si perde nulla , né un gesto , né un ' idea . Anche i morti ritornano . Donne fatali , coi gomiti sul tavolo , stan mute come furie a guardare . Femmine con le tempie rosa , le labbra accese di minio e gli occhi neri che rîon finiscono più , fumano e sghignazzano . Altre , a gambe larghe , ingoiano ostriche , apostrofano senza riserve il prossimo , e poi si fan chiamar principesse . Montparnasse , periferica regione , cosmopoli di artisti . A sentir loro non c ' è che Montparnasse , strapaese del mondo . Qui ci sono dei tipi , venuti dagli antipodi , che frequentano , dieci anni di fila , sempre lo stesso bar , e non han mai visto Parigi : ci son profeti e fachiri in quarantena ; s ' allungano i loro visi a forza di caffè e latte , ma i loro discorsi non mutano : tavolozze e colori . Un vecchio e tenace abitué del caffè della Rotonde , col mento appoggiato al bastone , ascolta costernato le ragioni dell ' uno e dell ' altro , poi guardandosi intorno prorompe , comincia a strillare : « Ah , prima di morire vorrei pur conoscere anch ' io qualcuno che non sia pittore ! » L ' arte , qui si rinnova a catena . Di deduzione in deduzione , di nome in nome passa la corrente . Gli uni aiutano gli altri : è una collaborazione accanita e tenace che fa l ' arte francese . Ogni tanto un anello si spezza e cade . Il circolo s ' accorcia e si stringe . Chi è perduto se ne va per le strade , si affaccia alla porta dei caffè come un ' ombra . Genio morso dalla paralisi ; straziante agonia ! Il povero raté cammina da un posto all ' altro e quasi ti sembra di vedere il sangue spicciare sul suo fianco . Quando la giornata è quasi finita , quando il lavoro è cessato , e i bagliori del giorno corrono a incrociarsi un ' ultima volta nell ' aria come fasci di frecce , quando il cielo si copre gradatamente di veli e di silenzio , l ' illustre Babele sembra vacillare sulle sue radici , dilatarsi e bere tutto il lume che gronda . Dall ' Avenue de l ' Observatoire fino alla gare di Montparnasse l ' immenso quartiere s ' accende pavesato di colori e di fuochi , vuol rompere gli ormeggi e sollevarsi su un ' onda di clamori gonfio e glorioso , come una gran nave che salpa . IV Jean Lurçat È un pittore di mia scelta . Il caso me lo fece conoscere quand ' egli era già celebre a Parigi . Dinanzi a qualche sua tela m ' accorsi che una improvvisa e vivace parentela mi legava a lui : cominciavo a sentire il suono dei suoi colori . Partiva per l ' Egitto per due mesi . Gli chiesi se avrebbe dipinto molto laggiú . ­ Non dipingerò , prenderò soltanto qualche nota , rispose Lurçat , mostrandomi un piccolo quaderno da cinque soldi . La luce del sole ti mostra un lato e ti nasconde l ' altro che la luna rischiara . Lo stesso paesaggio , a seconda del lume non lo riconosci più . La luce piglia mille forme : la spada , il raggio , la nebbia , il punto invetrato , il bagliore , la scarica , il vapore , il miraggio , il riverbero , la freccia , la fascia , ecc . , sempre inganna . Sempre ingiusta e parziale , complice nella frode della tenebra , la luce morta e sanguigna cammina nell ' oscurità e provoca l ' incendio . È una miscela che cola dalle fessure . Batte contro il muro e ripiega . Squadra i massi che le ostruiscono il cammino , fa l ' angolo e ricade più in là come un mantello fumante . La luce è il bene e il male , la luce tradisce i fatti che stan quatti nell ' ombra . Tutto il mondo fu creato al buio e dall ' interno . La luna , il sole , vennero appesi clandestinamente all ' universo come quando si prepara uno spettacolo . E perfino le stelle , l ' acqua , i fiori , tutto venne finito alla cieca , a tastoni nell ' inerzia spenta d ' un ' eclisse totale . Il primo razzo sprizzò dai vulcani . La luce entrò in iscena come una ballerina sulle cime più alte dei monti : e tutti gli occhi la seguirono impazziti . Poi invase il cielo e scivolò sul mare . In quel punto Qualcuno si copri e scomparve , come il macchinista quando s ' alza il sipario . La luce è la strada che un foro nelle persiane ti mostra sul soffitto : la strada che si muove sulla tua testa e va alla rovescia - - la luce è la negativa fotografica . Quel che è bianco diventa nero - - e viceversa . E quella elettrica è una maschera diabolica : sta là come un enigma e poi d ' un tratto si spegne . È sempre lo stesso inganno . Il cervello ne soffre ! La nostra intelligenza educata a quel giuoco diventò come quella , fece le stesse manovre , e ne assunse le veci . Oramai si può dipingere con l ' intelligenza , che non è soltanto la memoria della luce , ma ne è la rivale . Ecco perché Lurçat non pianta il cavalletto nel deserto , ma torna in Francia e dipinge la notte . Crea e distrugge , non tiene mai fede la luce . Si sposta , fugge codarda come un profeta che abbandona il suo popolo . Così l ' intelligenza . Anch ' essa prende tutti gli aspetti . Penetra e si ritrae . Il pittore si guardi dall ' una e dall ' altra . La loro velocità turba continuamente le sue lunghe esperienze . Sul posto illuminato , prontezza , abilità non servono ; non c ' è che il ricordo che un sentimento trattiene , quella memoria che pesa sui nostri destini , la memoria che vale . Da un bisogno di esprimersi per dimenticare tralucenti figure sorgono e si svuotano mollemente nel nulla . È in questo modo tacito che si risolve l ' arte ultima di Lurçat . Stan là i suoi disegni con la fissità di una proiezione medianica . Sospesi nel vuoto lasciato da un mistero svelato , allo sbocco di uno di quegli amori inenarrabili nei quali si penetra senza paura , disperatamente fin che ci si trova dinanzi a un muro , le bocche di otto fucili dietro la schiena , e la grazia arriva appena in tempo . Allora solamente si ha il diritto di dipingere , di fare della musica , e di scrivere in versi . Se no è meglio tenersi in riserva . L ' astinenza è al sommo dell ' arte . I suoi disegni sono un filo caduto sull ' acqua corrente ; l ' oblio se lo porta via . Rimembranza , sul punto di snodarsi ancora riconoscibile . Sono un lungo capello di donna che si torce nel catino . Un arabesco , un geroglifico , una scrittura ampia che segna l ' itinerario dell ' umore di un artista . Prospettive che hanno un livello e un equilibrio olimpico . Ci si vede la mano abituata a disegnare dopo il diluvio le nuove carte geografiche : spartizione della terra e delle acque . Il semplice contorno d ' un nudo ti sembra un continente . Figure che s ' ingrandiscono a guardarle , pigliano un ' aria di antico mistero , assorte in quella lucidità divina che precede la morte . Fluido che emana dai durissimi pensieri che non si sciolgono . Apparizione estremamente labile che non può essere veduta , scoperta e capita che una sola volta ; una volta sola prima che si spezzi . Lurçat è capace di creare col semplice ausilio d ' un foglio bianco delle grandi distanze tranquille . Passato il periodo delle contrazioni , dei tormenti del fuoco creativo , l ' artista lontano , quasi assente , un ritmo largo e tranquillo , un ritmo d ' ispirazione postuma fa galleggiare guida e conduce oziosamente queste composizioni piene di limpide risonanze . Immagini che eran rimaste per anni impacchettate nella memoria , sfilano dalla matita dell ' artista e s ' avviano al largo ; veicolo , veicolo progressivo da un cartone all ' altro . Quel che vi spinge a chiedere se non c ' è là sotto una storia . ­ Non saprei quale storia - - mormora Lurçat - - e pur tuttavia una storia ignorata si muove occultamente in quei lavori : la storia degli anelli di fumo che fan catena senza che il fumatore pensieroso ci pensi . È l ' ispirazione clandestina che distrattamente sfugge in spirali dal comignolo quando il fuoco non è ancora spento . La sua pittura è sobria , preziosa , circoscritta da un esaltato lirismo , aristocratica , chiara e nutrita di solitarie arditezze . Nei suoi cieli c ' è del metallo , il metallo più leggero , l ' alluminio . Poi i suoi volumi sono dei pani di gesso insozzati di rossetto e di sangue . Alcuni segnacci neri ci sono , ma son rari , sguardi di corvo , spessi e crassi come le tracce d ' un sughero bruciato . E l ' oscurità c ' è , ma rosa , piuttosto che violetta . Mentre le ombre portate son nere come l ' Estate . V Italia e Francia L ' italiana è una lingua sincera e poetica , ma ritrosa e senza praticità . Non si lascia sfruttare , né ridurre in briciole . Con essa non si fa mercato . Senza la ritrosia che la protegge e l ' inceppa la nostra lingua avrebbe raggiunto il Polo e l ' Equatore ; invece l ' italiana , la lingua più bella di tutte , è rimasta quasi sempre tappata in casa , pudica di modi e di costumi . E nel viver ritirato conservò una freschezza coperta e intatta , come una monaca in clausura . Ci vuole un cuore filiale , mille precauzioni e un sentimento fortissimo per smuovere dal buio i suoi vocaboli prodigiosi , per trasportare questa lingua timorosa e devota di qualche passo più innanzi , in modo che la luce del mondo cada , per un giorno almeno , su essa . Lieve e lungo ha il respiro , e nei ricordi , la lingua nostra , trova degli accenti da sonnambula che durano a girare nell ' ombra , come il vento in un pozzo . Schiva , e incerta nelle sue leggi grammaticali , tarda nella compilazione del suo dizionario , piena di amene sentenze proverbiali , la lingua italiana si esaurisce subito , non si lascia acchiappare e mettere in cattedra . Fugge i ragionamenti , cerca la melodia . Non vuol servire , non vuole obbedire . Umile , ma tenace , essa tende a dominare il pensiero a traverso l ' orecchio . Invece la lingua francese è tutta a frasi fatte , e scorre via come un tapis roulant . Ti porta dove vuoi . In città , in campagna . Duttile , disinvolta , maneggevole , logica , e animatissima lingua ; non c ' è che da immergere le mani nel suo sacco per cavarle fosforescenti di spirito . Là dentro sembrano fervere tutti i tesori illusorii . Le sue frasi entrano l ' una nell ' altra agevolmente come gli anelli di una catena . Ciascuno può variare il giunco . Parlando , o scrivendo , il francese è un mercato aperto . Mentre , in italiano , per comporla , una pagina , ci vuole un talismano , ci vuole la cupa passione d ' un poeta . Se no la nostra lingua si sbarazza crudelmente dei suoi esploratori . Il francese è tutto sfumature e sfondi . La nostra lingua invece non sembra avere che una dimensione : la sua superficie nuda . Non sembra promettere che una ricompensa : la sua consistenza sonora . E bisogna riscaldarla col proprio fiato , questo candore di lingua . Il suo volto uniforme , immoto , sembra senza rilievo , tanto il rilievo è cancellato dagli anni ; e le cavità sono piene di polvere . Palpandola come un cieco , soltanto al tatto , si ritrovano le tracce della sua bellezza immortale . Ma se la crosta classica si rompe , un sangue caldo scaturisce e ti spruzza - - il linguaggio popolare ­ altrettanto rosso quanto è bianca quella fronte di gesso . In francese ogni parola è un arnese . Il francese si gonfia , si moltiplica , ci riempie le tasche ed í cassetti , s ' adatta a tutte le dimensioni dell ' intelligenza . È come il colore sulla tavolozza . Col francese si dipinge , si fan velature , si avvolge la verità , il nudo e i suoi difetti . La lingua italiana quando l ' hai fra le braccia , e non ti scappa , ti pare , fuor di senno , che palpiti offrendoti il fianco , invece si raffredda da capo , si distende e non si muove più . Ci vuole il potere magnetico , l ' energia d ' un Cagliostro , perché la lingua italiana si levi , cammini , e ti segua . È la lingua della Sibilla che rifiuta di spiegarsi . - - Poche parole traversano la notte dei tempi , molte parole non direbbero nulla . Il suo antico pudore è diventato solennità . Nella conversazione perde il senso e si spegne . Per cavarne un suono giusto bisogna che la nostra fantasia e la sua originalità si tocchino , e ci vuole il più amoroso accorgimento per non turbare la sua trasparenza di sorgente alla quale non si può bere che a fior d ' acqua , essendo il fondo torbido facile a salire leggero . La Francia e l ' Italia sono due modi differenti di rappresentare l ' eternità ; e la loro vicinanza è un capolavoro del tempo . Che cosa sarebbe la Francia senza l ' Italia al suo fianco ? E viceversa . I due colori attigui sulla carta d ' Europa dànno un accordo portentoso ; ma non potresti dire quale è quello dei due , che fa cantare l ' altro . Quale preferire fra queste due sorelle ? L ' una mobile , capricciosa , diversa di giorno in giorno , l ' altra , dal collo taurino , ferma come una statua abituata a portare sul capo il peso dei secoli . Dinanzi a quello scenario della Storia che è il Mediterraneo , l ' Italia e la Francia seggono vicine , come due sorelle a teatro . L ' una è golosa , spiritata , inquietante , quasi fastidiosa , per civetteria perde in pubblico ogni contegno . L ' altra modesta e nobile , s ' offende e si colora di fuoco fino al bianco degli occhi . La Francia smania , soffre il solletico , per farci dispetto tira la lingua e si busca qualche gomitata fra le costole . La colpa di questi litigi è tutta delle due lingue , che pur somigliando sono sempre discordi . Ci vorrebbe un traduttore intelligente sino alla punta dei capelli , un musicista addirittura , per creare quell ' armonia che manca . L ' equivalente non si trova e , il commercio ne soffre . Tu gli dai un cinghiale , egli ti restituisce un maiale , poi ti dà lui un coniglio e tu gli rendi una lepre . E sempre lo stesso equivoco , fra italiani e francesi , e il conto non torna mai . Tuttavia , per rappresaglia , dobbiamo noi cadere in ginocchio dinanzi agli inventori del W.C. ? Non è forse la nostra burrascosa convivenza illustrata da fatti chiari e gloriosi ? Si dice che della moderna civiltà americana non rimarranno che mari di scatole di latta . L ' impero ottomano non ci lasciò che piramidi di teschi ; i turchi non produssero che deserti di sabbia . La Russia non è più che uno spaccio di disperazione . I tedeschi , da Wagner , a traverso Bruckner , Strauss e Reger s ' andarono a ficcare nel cemento armato , e lí sono rimasti . Dopo la guerra mondiale , il Tempo se vuol ritrovare la compiacenza e l ' orgoglio d ' esser vecchio e immortale deve posare il piede sulla terra latina , e rientrare nel suo mondo cattolico . Spagna , Italia e Francia lo consoleranno d ' essere eterno . L ' Italia che da Roma in poi concede a questo ospite il suo silenzio sacro , conservi il suo atteggiamento olimpico . Con due arance al posto degli occhi , simulacro arcaico squassato dai terremoti , l ' Italia riprende la sua accecata immobilità d ' avamposto . Il deserto è vicino . Mentre l ' altra sorella , velata dalle sue piogge , esaltata dai venti dell ' Atlantico , sempre nuova di umore e di toilettes , in un cocchio a due ruote leggere scarrozza mollemente . La sua è una passeggiata letteraria ; poeti , scrittori , artisti e giornalisti si slanciano alle stanghe e le fan fare il giro del bosco di Boulogne . La poesia italiana è una statua posata su un carrello basso e grossolano ; dalle tozze ruote di legno , simile a quelli che trasportano i blocchi di marmo di Carrara . Un uomo erculeo tira quel carro , che esce al sole come un idolo una volta ogni cent ' anni . Tutta l ' antica ciociaria prosternata fa ala al suo passaggio . VI L ' Opéra Eravamo smemorati del tutto e ravvolti in una perplessità senza causa . Pioveva ancora un poco , a tratti . Per l ' aria c ' era una sospensione vaga e inquieta come per la presenza nebulosa e immota di cose disfatte , passate . Lo spazio , pieno di caligine , sembrava assordito e remoto , e tra gli aspetti tumultuosi e crudi della realtà avresti creduto di sentir frusciar via quieto , assorto , il panorama di una vita anteriore . E pure quella era l ' ora febbrile e clamorosa delle ultime notizie di Parigi . Da vicino e da lontano gli strilloni urlavano come demonii scatenati « L ' intransigeant ... la Ruhr ... l ' Armée française à Coblenz ... » La folla si muoveva a precipizio con quel furore francese che mescolato alla passione politica fa di certi uomini dei fantocci ridicoli e pericolosi . Fiumi di veicoli enormi e d ' ogni specie impazienti circolavano e s ' incrociavano intorno a noi , scampanellando senza tregua e scaricando a bruciapelo dalle trombe i più rauchi e mostruosi avvertimenti . Nella buca ardente della ferrovia sotterranea si gettavano a denti stretti torme innumerevoli di pedoni frettolosi . La luce elettrica s ' era accesa d ' improvviso sui grandi boulevards e sulla lucida Avenue che porta al Palais Royal . Stavo lí su due piedi fra la baraonda dinanzi all ' edificio dell ' Opéra . La gran pignatta costruita dal Garnier e circondata di statue e di lampioni malinconici dominava la piazza come un ' isola fortificata e tenebrosa . In alto sul frontone del famoso e diffamato teatro s ' apriva il loggiato pensile che illuminato con fuochi di bengala svaporava in una calda tristezza di solitudine . Figure incerte e femminee s ' affacciavano all ' aperto , si sporgevano nella notte , si muovevano e si mescolavano delicatamente lassú come visioni trepide in una sede sacra ed eccelsa . Trasecolando guardavo quel presepio aereo . La baraonda circostante , i gridi e le gomitate mi logoravano i nervi mentre quell ' al di là mi invitava col suo ineffabile richiamo . Detto fatto slanciatomi in uno spazio libero fra le automobili con un salto mi trovai fra lo scialbore dei fanali ottocenteschi , l ' ombra delle colonne . Nel vestibolo maestoso e vacuo ogni accesso è presidiato da una specie di tribunale eretto sul quale troneggiano , solenni , dei signori in frack e sparato bianco , rasati sino al blu , che inalberano sulla testa dei magnifici cilindri di alta forma . Sono questi , pallidi tipi di croupiers che sorvegliano , sbadigliando con un sussiego accigliato e taciturno , gli ingressi e verificano i biglietti di quelli che entrano . Ci par d ' essere nella più solenne e deserta Corte d ' Assisi . E fin qui , nessuna eco musicale che giunga a noi , nessun presentimento lirico . Una estenuazione scoraggiante , un che di blasé fluttua e s ' allunga pei vasti corridoi silenziosi , rischiarati pigramente . Qualche persona di qualità entra ancora , con domestica lentezza . Sono dei ritardatarii : un cenno , e traversano stanchi questo primo monumentale controllo . Lo spettacolo deve essere già incominciato da un pezzo . Ci buttiamo verso il celebre scalone , facciamo i gradini a due per volta correndo sul tappeto che ci guida sempre più in alto . I giri e rigiri sono interminabili : durante l ' ascensione ci vien fatto d ' intravvedere tra gli splendori spalancati dei promenoirs l ' uniforme di parata di una guardia repubblicana che vigila sui beni dello Stato ; costui ci rimette paternamente su la buona strada . Finalmente eccoci , col cuore in gola , all ' ultimo piano ; là ci colpiscono l ' orecchio gli scoppi vaghi degli ottoni soffocati dalla porta chiusa e i mormorii indistinti di un coro che sembra sepolto . C ' è ancora tempo , tra il muro e la porta , di sbagliare indirizzo ; per fortuna la guardarobiera del loggione ci soccorre e ci mette dentro con un sorriso e un inchino impercettibile . Nell ' oscurità d ' una grotta sonora popolata da silhouettes protese , intente e lampeggianti come terrecotte nel riverbero di un forno , una piccola poltrona di velluto rosso , vuota , al davanzale , ci aspetta ; e siamo a posto . Una spanna più su del nostro capo il soffitto cupo , enorme , s ' allarga e s ' allontana oscuramente . La recita è in pieno corso . La sala immensa del teatro s ' apre tutta sotto i nostri piedi come un abisso semibuio , silenzioso e formicolante ; annegata in un rosso amaro che i lumi radi e protetti non riescono a guastare . Contempliamo , da questo nido di piccioni , la turbinosa inerzia di quel mondo sontuosamente prostrato in una beatitudine crepuscolare . Nella veglia accaldata e sonnolenta l ' orchestra quasi roca rimescola e sciupa dolcemente i suoi timbri . Le armonie si addensano e si diffondono trasfigurate come a vespero . I violoncelli circolano sommessi e chini fra i fiati declinanti mentre le trombe echeggiano tristi , trionfali e lente nella lontananza . Nessuno potrà dire l ' insistente turbamento che dà la musica in questo luogo memorabile , popolato e fastoso . Una ricchezza pesante e ravvolta di colori indistinti quieti si coagula all ' intorno . Forme gelide dai riflessi misteriosi nella torrida semi ­ oscurità guizzano irretite nel vasto sogno musicale , come mosche iridescenti e innumerevoli , prese in una immensa tela di ragno . Un lampadario a palloni opachi grosso come un carroaisel , illumina da vicino le grevi incrostazioni dorate e la fumosa e violenta pittura della cupola . A mezz ' aria lembi di luce han fremiti velati e perlacei di neve che ondeggi nel tramonto e si sciolga . Dal respiro profondo di quelle tenebre trasparenti , vive con un rilievo leggero misterioso e aggraziato una folla sospesa e senza età . Nelle loggie riboccanti di alto ceto giacciono in atteggiamento di contrizione gli sparati immacolati , le décolletées pallide e ambigue , i Granii lucidi e privilegiati e le lunghe braccia guantate ; fra la seta e le gemme affacciata ai davanzali dei balconi la folla siede quasi prosternata . I tenui raggi dei lumi scivolano sulla lunghe spalle azzurrine , sui dorsi polposi e lisci , echeggiando sul raso e sul velluto verde cobalto con uno splendore stanco , dissonante e morbido di toni . Sul ' fondo indistinto vigila , eretta e ossequíente , la nera galanteria dei cavalieri francesi . Mentre non è troppo vecchio questo teatro ha un aspetto di decrepitudine esanime incantevole come , a vederlo ritornare , così sterminato , un tempo che fu . In questa cornice il pubblico sembra proprio quello di cento anni fa . Certo , quassú al nostro posto devono esser venuti a covare il loro odio gli anarchici dell ' epoca di Ravachol e di Blanqui , i romantici alcoolizzati , i bombardieri feroci e tutto quel proletariato verdiano cupo e fedele , capace nella sua passione sacrosanta di minacciare con lettere fregiate di teschi e di pugnali chi osasse toccare l ' idolo del loro fanatismo . Il sipario venerabile e smorto , dipinto a larghe pieghe di velluto sanguigno discende silenziosamente . Nell ' intervallo molti spettatori leggono il libretto . Curiosa usanza quella di richiamare il pubblico quando la recita riprende , con una serie di colpi lugubri e reiterati come se dietro il sipario inchiodassero un feretro . L ' orchestra è già di nuovo tutta a posto disseminata fra i lumi verdi dei leggii e sembra un accampamento di scarabei in cravatta bianca ; la lettura ricomincia svogliata e accademica . Le poltrone di velluto paonazzo della platea montano irruenti come squadroni della vecchia guardia lanciati verso un ' altura , in file serrate e ondeggianti . Il pubblico è così folto che copre le architetture e sembra piovere giú dalla cupola nel fuoco crollante delle cavità più oscure e disperate . La parete di contro sembra un ' apoteosi al suo epilogo che s ' inabissa dissolvendosi maestosamente , e una ascensione infatuata piena d ' un lucore agonizzante . Quella sera si rappresentava la Kovancina di Moussorski . Quest ' opera fra le più grandi di tutta la Russia ci rivelò le profondità animate , intatte , delicate e brutali dell ' anima musicale slava , apparsa improvvisamente , durante questo ultimo mezzo secolo nell ' agone un poco routinier del nostro teatro lirico . La verginità monumentale di questa musica piena di emozione primitiva , il leggero delirio delle melodie , e i ritmi festosi annunziano , con un risuonare violento e disperso , l ' avvento della Russia nevosa e leggendaria . Il paziente e solenne dolore , l ' ignavia sbadigliante e l ' indistruttibile sperare di quel popolo grande e neghittoso lampeggia occultamente in orchestra come . fuoco sotto una distesa dura e interminabile di ghiaccio . Dissipato quel brivido vasto , puerile , quando s ' acqueta l ' ebbrezza divina e precipitosa l ' ascoltatore rimane vuoto di parole , smemorato e sospeso ai limiti di quelle melodiose distese , pungenti e lontane che sfumano poeticamente . Nella storia del teatro musicale Moussorski non è l ' anello di una catena . È solo . Nessuno lo precede , nessuno lo segue . Appartenne a quella scuola che si formò barometricamente nel grande spazio della santa Russia , come una nuvola : « Glinka , Balakireff , Borodin , Liadoff , Rimski Korsakoff » , e finalmente « Moussorski » , che scoppia come un uragano . Lo si riconosce al suo terribile accento , alla sua larghezza popolosa e senza costruzione , alla sua implacabile solennità che riposa sul numero . Si può dire che sulla opera di Moussorski come sulle terre del sacro impero non tramonta mai il sole . È un mondo immerso in un sublime sgomento . Il tempo non ha presa su di lui . In Moussorski c ' è grandezza , la grossezza omerica . Viene avanti . A ogni battuta ha del coraggio , della forza . Non una parola di più nel suo discorso . Una mimica enorme , una profondità , una magia da far fremere . Egli tira a sé un tappeto infinito . Travolge i destini di un popolo . Senza tregua - - patetico , formidabile . Vicino a lui i suoi compagni , i suoi revisori son ben meschini . Borodin , Glazunoff e Rimski Korsakoff il quale gli corregge le partiture d ' orchestra , non sono che dei professori , degli epigoni , che scrivono delle sinfonie , dei quartetti e nell ' opera fanno del folclore . Moussorski , tutto istinto , non scrisse mai una fuga . La sua idea era la Russia . E per la Russia scrisse le sue opere : il Boris e la Kovancina . Infatti Moussorski possedeva una preparazione tecnica appena rudimentale , egli non volle mai possedere quella che si chiama l ' abilità del mestiere , e forse non poteva . Egli sentiva che le abitudini dello stile acquisito e del lavoro metodico pesano sull ' indipendenza del pensiero musicale e intralciano l ' originalità . Orientato decisamente secondo la sua vocazione Moussorski non si preoccupa di bellezza pura né di estetica . Borodin racconta che un giorno Moussorski cominciò a suonare una sinfonia di Schumann , arrivato a metà smise indispettito e chiuse il quaderno : « Qui cominciano le matematiche musicali » , esclamò con umore . Scriveva poi a un amico : « Ditemi perché , quando ascolto parlare dei giovani artisti , pittori e scultori , io posso seguire i loro pensieri , capire le loro opinioni , il loro scopo , e di rado mi accade di sentirli parlare di tecnica , mentre , al contrario , quando mi trovo con dei musicisti , quasi non odo enunciare una idea viva , essi sembrano sempre seduti sui banchi della scuola , e non conoscono che tecnica e vocaboli del mestiere . L ' arte musicale è dunque così giovane che si debba studiarla in modo puerile ? » Rimski Korsakoff che ha istrumentato e completato la Kovancina dice nelle sue Memorie che i manoscritti di Moussorski tradivano « un dilettantisme effronté et une impuissance technique absolue » . « Amateci fin che siamo sporchi , perché quando saremo puliti ci ameranno tutti » è il detto comune dei vagabondi russi . Gli è che fra genio e intelligenza c ' è un abisso incolmabile . Che cosa sono il pensiero , la ragione e il sapere di fronte alla fantasia creativa se non degli accomodamenti ambiziosi e provvisori ? - - e non parliamo della verosimiglianza e della piccola logica giudiziosa , insalatina nell ' orto del travet . Purtroppo è proprio sotto forma d ' insalata che l ' arte diventa un commestibile popolare . Abbiamo sempre bisogno di intenderci l ' un l ' altro e di riconciliarci sulla base d ' una formula vuota e convenzionale . Abituati a veder Cristo di faccia , non lo riconosciamo più se si presenta di profilo , ed è solo quando ascoltiamo Moussorski istrumentato da Rimski Korsakoff che ci accorgiamo che Moussorski vale cento volte più di Rimski . In conclusione ogni grand ' uomo ha sempre il torto di non rassomigliare al suo ritratto ufficiale . O disgraziato e grande Moussorski ! Quando la foga creativa l ' abbandonava , piuttosto che impuntarsi dinanzi al lavoro come un giocatore di scacchi egli afferrava la bottiglia e affogava la propria pena nella vodka . E povera e immensa Kovancina , manomessa salassata ! Dove l ' uno mette , l ' altro leva . Da Rimski e Borodine , sino all ' ultimo , arrangeur , régisseur , o direttore d ' orchestra , ciascuno aggiunge del proprio , taglia nel vivo , scompone , inquadra , rabbercia e storpia . E dopo tanto rimescolare e correggere , quest ' opera viene scaguata sulle tavole della scena , così come si gettano i dadi alla fortuna , finisce per dare un tono quasi differente a seconda che s ' allunga o si schiaccia nel cadere . Tuttavia per quante riparazioni o abusi si possano commettere a suo danno , continua lì dentro a vivere e a marciare il genio dell ' autore . Tutto il resto non può trovare che una giustificazione appena sopportabile . VII Teatro dei Campi Elisi L ' Italia , dunque , avrebbe il torto di non conoscere abbastanza Alfredo Casella , pianista europeo , il più stonato e il più placido dei nostri compositori , l ' apostolo , per così dire , della nota falsa , il più pedagogico dei fumisti e fra tanti futuristi , avveniristi , dadaisti , dinamisti , il più intossicato e ' più angelico di tutti . Quando Giuseppe Verdi sul declinare della vita scrisse « torniamo all ' antico » , aveva egli forse veduto con terrore emergere sulla lontana curva evanescente dell ' orizzonte il profilo embrionale e fantomatico di Alfredo Casella ? Nato con un anticipo di alcune centinaia di anni , giunto inaspettato in queste nostre province trasandate e piene di pigre e succulente banalità , capitato fra orecchianti crapuloni e ammiratori smargiassi di Gioacchino Rossini e di Gaetano Donizetti , soffocato da un ' atmosfera grassa di cotechino , confuso tra gente scamiciata che mandava giú certi bocconi pesanti come ferri da stirare , Alfredo Casella , il nostro valoroso amico , si strinse nei panni con un brivido , si abbottonò in fretta sino al mento come uno spicchio di limone e cercò di passare al largo filando via dissimulato e lieve come un missionario chiamato altrove . Avido di un ' avvenire che gli si mostrasse alla vista con le sue prospettive geometriche , con le sue solitudini appartate e metafisiche egli distrusse dietro di sé le insegne della vecchia saggezza , i ponti della ritirata , e si lanciò alla ricerca di un mondo irreprensibile e retto dal più austero proibizionismo . Nel quale gli uomini avessero uno stomaco automatico e un cuore secco come un terno al lotto , e dove il progresso politecnico salisse sempre scivolando verso zone più frigorifere con la continua e silenziosa regolarità di un ascensore bene ingrassato . Ecco dunque il nostro precursore in viaggio ; avanguardia perduta fra le ombre antelucane di un ' epoca che non vorrebbe ancora essere rivelata , egli procede impassibile e rigoroso oltre i limiti segnati sulle carte dalle ultime spedizioni . Le fiere e gli Iddii di quelle plaghe vergini e sacre fuggono ululando fra le nebbie dinanzi alla redingote fatale dell ' ex segretario della Società italiana di musica moderna , che sembra sgranare sotto i suoi passi una interminabile legione di pianoforti invisibili . Di stagione in stagione , questo franco cacciatore dell ' idea futura riappare persistente e immutato fra noi accolto e ossequiato dai discepoli categorici della santa lega modernistica che recano in mano il catechismo della cacofonia pura . Egli studia , saggia , incita il loro fervore sacrosanto , poi si immerge con grazia pacata nelle diverse correnti della più matta pubblicità e s ' allontana trasportato verso remotissimi lidi . Così , all ' inglese , se ne va ogni volta questo messaggero dell ' anno duemila . L ' America elettrica lo attrae irresistibilmente con i suoi fonografi , i suoi brevetti d ' invenzione e i suoi grattacieli che tanto somigliano ai poemi sinfonici d ' oggidì . Come compositore egli è del tutto imparziale , vale a dire , non ci mette niente di suo , la sua posizione nel mondo della musica è quella di colui che non persuade nessuno e non si lascia persuadere da nessuno . Questo non gli impedisce di avere per il globo , e in via d ' eccezione , non pochi ammiratori e sopratutto moltissimi amici a prova di bomba . Egli è , senza dubbio , il primo fra i charmants garçons della giovane scuola italiana , i suoi nemici lo adorano e fra questi ultimi , Casella può mettere anche noi che scriviamo di lui con tanta affettuosa ingratitudine . « La freccia volante riposa » disse un filosofo greco . Saggezza sprecata . Casella è per la logica scientifica , e non scrive quattro battute di melodia qualunque , senza rivestirle con la camicia di spine del suo sistema . Egli fa stridere nel bagno gelato del suo temperamento il ferrame rovente della sua volontà . Il moto dissonante e babelico , l ' attrito armonico esasperato e insanabile , l ' escoriazione perpetua sono il suo rovello . Egli lancia all ' aria rottami d ' ogni sorta , pone mano ad altri , e a chi tocca tocca . Studia giorno e notte con quella tenacia irreparabile , escogita e combina ad arte i suoni in modo da sconquassare i nervi e smontare , pezzo per pezzo , i timpani del prossimo : strappa alla gente malcapitata gridi di spasimo e siccome egli è fatto per metter male e creare screzii fra gli strumenti d ' orchestra , tutto gli riesce così bene da suscitargli intorno orrore e spavento , per il raggio di dieci miglia . Egli lavora di sorpresa , piomba su una sala di concerti e quasi sempre riesce a catturare e trarsi dietro il pubblico che non osa più né fiatare né fuggire . Là dove passa la sua musica l ' erba non rinasce più ! C ' è qualcuno che prende la cosa al tragico e si domanda con costernazione : Quand ' è che costui avrà il coraggio civile di farsi capire ? Errore ! niente da fare con lui . Amici e nemici insieme egli travolge pur di raggiungere i posteri , egli scrive per le generazioni future ; sono i nostri nipoti quelli che capiranno e godranno tutto . Il bello si è che Casella oltre ad essere un compositore a gran velocità è anche , lo diciamo con orgoglio , un uomo intelligentissimo , cosa che costituisce , per un musicista d ' oggidì , un lusso strepitoso . Tuttavia a vederlo non lo diresti da tanto . Chi non lo conosce immagina ch ' egli sia un tipo da non star nella pelle , egli invece ci sta , compunto e cauto ; non ci sta proprio del tutto comodo , perché di pelle ne ha ricevuta in dotazione appena quel tantino strettamente necessario ; ma per starci , ci sta , lo si può dire , docilmente , senza batter ciglio , né fare una grinza . Se ha da mostrarsi lieto , prende le sue precauzioni e , con uno sforzo calcolato , sorride , sorride , sorride come i cavalli di legno di un carrousel . Naturalmente non può , nelle sue condizioni , nemmeno rimpinzarsi di pasticcini o gonfiarsi di vino . A tavola lo vedi sobrio e misurato arrestarsi al dessert , posare la forchetta e il coltello e scostare tranquillamente da sé il bicchiere , alzando gli occhi rassegnati al soffitto . Allora tu potrai leggere , sulla fronte senza rughe , la legge dura : Non mangerai né cocomeri né poponi . Contro i casi gravi d ' allegria irrefrenabile Casella ha escogitato una risata , diremo così , idraulica , di sua fabbricazione , che non mette in pericolo il suo squisito involucro , né lo squassa o arriccia : una risata che scoppia , erompe e scroscia tutta al di dentro con il glu , glu , glu lamentoso di secchio che vien su pieno e grondante , da una cisterna d ' acqua gelata . L ' incontrammo in gennaio a Parigi , la sua roccaforte . Egli con la solita impassibilità ci colmò d ' attenzioni e di gentilezze , e ci invitò , per il giorno dopo , ad un concerto , nel quale egli avrebbe preso parte come pianista e come compositore . Il concerto ebbe luogo , infatti , nel gran teatro dei Campi Elisi e fu la prima volta che noi mettemmo piede là dentro . La sala era gremita e magnifica . Dirigeva l ' orchestra René Baton . Casella sedeva al pianoforte . Tutti conoscono il suo raro talento pianistico e la sua tecnica chiara , brillante e delicata ; è inutile , quindi , descrivere l ' entusiasmo che il nostro connazionale suscitò quel giorno ; basti dire che tra il continuo andare e ritornare , per presentarsi al pubblico che lo acclamava con insistenza delirante , Casella fu costretto a farsi qualche chilometro col capogiro . La seconda parte del programma comprendeva l ' esecuzione della sua Elegia eroica per grande orchestra . Casella che non aveva più parte in scena venne su in palco con noi e si mise in un angolo buio per ascoltarsi . E l ' angoscia cominciò . La musica impelagata e stridula dell ' amico , trovando , questa volta , un sostegno nella nostra disperata solidarietà tirava innanzi tutta di contropelo fra un silenzio di malaugurio . Guardando ben dritto dinanzi a noi nelle tenebre pensavamo con accoramento : Dio buono , si può zittirlo e fischiarlo in Italia ma all ' estero l ' applaudiremo a tutti i costi . Intanto l ' Elegia eroica che a tutta prima sembrava interminabile andava man mano rattrappendosi fin che arrivò all ' ultimo rantolo e si distese stecchita . Drizzammo le orecchie in quel punto ma invano ; non un segno di reazione o di collaudo sorse a rompere il silenzio mortale che regnava nella sala ; s ' udí invece appena il rifiatare pauroso di una folla scampata allora e sollevata fuor di pericolo . La cupola aerea del teatro risuonò fievolmente e lungamente come se l ' echeggiare di mille sorrisi enigmatici l ' avesse percossa . In quel frangente , noi , possiamo dirlo senza falsa modestia , ci portammo da buoni italiani e cominciammo a far strepito per dieci , battendo le mani , a dita aperte , senza badare al bruciore , con una forza e uno zelo , moltiplicati ; ma quel che ci indignò e ci fece uscir dai gangheri , fu il vedere Casella seduto , freddo e immobile nella semioscurità , inerte come un idolo metafisico . Toh ! , gli gridammo con furia , ci lasci soli in questo guaio , proprio tu che hai la colpa di tutto ? - - Fu allora che udimmo tutto d ' un tratto , la sua risata stridere come una carrucola nella sua gola , mentre le sue mani di pianista si mettevano ad applaudire con un ' allegria straordinaria . E questa volta il successo si delineò assumendo le proporzioni gigantesche di un successo a quattro mani . VIII Museo Grevin È un gran museo di figure di cera . Labirinto , teatro , galleria , catacomba ; tutto insieme , un palazzo . Dentro Dentro c ' è Robespierre , Briand , Napoleone , Gambetta , Poincaré , Re Alfonso , la più famosa ballerina dell ' Opéra , poi c ' è Charlot , Costes e Lebrix . In tutto tre dozzine di personalità molto in vista , alle quali devi aggiungere « les grandes vedettes du Sport et de la Mode » . Carico di ornamenti , lavorato come un mobile di pessimo gusto rococò - - appariscente , rosso , decrepito e tetro , l ' ambiente sembra l ' antica sala dei festini di una dimora abbandonata . Quel tanto di teatrale che un simile luogo comporta , e la sua funzione postuma applicata al Presente , darebbero ragione a un titolo , ad un nome più lungo e romanzesco , per esempio : Museo Grevin , ovvero , la Forza del Destino . Di punto in bianco , senza detonazione , senza il tumulto di una soluzione chimica , l ' Attualità qui dentro diventa Storia con l ' emmediatezza di un precipitato . Cos ' è ? Chiromanzia , o forma , clima , effetto del locale ? Chi lo sa . Qui dentro spira un ' aria da fine di carnevale ; un ' aria di esumazione ; c ' è una atmosfera soffocante e surreale , che ti mozza il respiro , uno scirocco che ti fa invecchiare , un ' afa dinanzi alla quale rinculi , e sprofondi nel Tempio della Fama Universale . Insomma la mise en scène sembra sia stata attuata nell ' orgasmo di una crisi ministeriale , ed è in tutto e per tutto degna d ' esser firmata dal più grande pittore dell ' epoca : il doganiere Rousseau . I grandi personaggi del giorno riprodotti in cera sono gli ospiti estatici di questa formidabile galera . Tutti i più illustri indiziati di genio , quelli che son passibili di immortalità , eccoli là , immersi in una luce , per così dire , declamatoria . Sembrano spegnersi intorno a quei tigt verdognoli gli echi di un ' orazione funebre . Quanto silenzio . L ' imponente brigata luccica e non si muove più sotto il nevischio della naftalina . Giunta a questa stazione la pubblicità fa alt , si tace e sbadiglia . Qui c ' è il « fermo » , la quarantena della gloria . Il salone d ' ingresso è diviso in scomparti , in box ( salvo i trofei , gli addobbi , e la tappezzeria ) come una scuderia . Con la coda dell ' occhio vedi brillare qua e là delle facce che sai . Stresemann , Hoover , Kellogg , malamente equilibrati , sembra che nascondano sotto le falde dei loro diplomatici krauss delle code di paglia . ­ Statue di cera ? - - dirai . - - Abbiamo già veduto cento volte questa roba nei baracconi da fiera . Non è la stessa cosa . Anch ' io ricordo la « donna nuda rapita dall ' orangutan , il maggiore Toselli ferito ad Amba Alagi e il Re Galantuomo che muore nel suo letto » ; ma quelle , benché ferite e morenti , sono statue felici , fortunate ; viaggiano , cambiano aria e paesi . Le vedi respirare in fin dei conti , girar la testa e gli occhi , sia pure lentamente ; insomma credi , quel regime aperto e mutevole fa loro proprio un gran bene . Ma nel Museo Grevin non c ' è movimento . Le statue in questa pensione conservano il loro atteggiamento per dei mesi e dei mesi , magari per degli anni , finché viene il momento di sparire in cantina o nel solaio . I posti sono contati , quindi la celebrità vuol essere amministrata qui dentro col massimo rigore . Scaduta la voga , appena la popolarità accenna a scemare , gli inquilini in ribasso devono ceder la scranna ai nuovi che sopravvengono . Quanti ce n ' è , che son passati di qui . Nomi mondiali , tipi famosi , monumenti che pesavano quintali , quintali di cera preziosa . Dove sono finiti ? Li hanno liquidati . Li hanno fatti bollire in una grande caldaia ? Dunque anche qui tutto cambia , tutto si rinnova , e qualche volta più presto di quel che non avvenga nelle interminabili e sempre fresche vetrine delle Galeries Lafayette . Basta una guerra , una rivoluzione , e anche meno , una seduta parlamentare , perché qualche figura vada su nel granaio , e un ' altra faccia di cera venga messa a quel posto . Chi si ricorda più , per esempio , di Combes , il famoso ministro anticlericale , il mangiapreti famoso , il cui statuone spadroneggiava qua dentro ? Passato il suo quarto d ' ora politico , è scomparso il grand ' uomo . Forse per farlo durare un po ' di più ne han fatto dei ceri sacri . E adesso Combes illumina l ' altare di Notre Dame de Paris ? Un triste guardiano , con la candela accesa , fa qui dentro ogni notte il suo giro di ronda , ispeziona il locale e si ritira borbottando . Come l ' avaro , sordo e feroce custode del Castello di Corneville , che per mezzo delle campane spaventava l ' ignara popolazione e usurpava i beni del padrone . Soltanto che sugli zoccoli disposti nel salone invece delle sinistre e arrugginite armature degli antenati qui ci son dei doppioni fuori corso , ancora più sinistri , dei terribili sosia , dei « facenti vece » di cera . Chissà quali tragedie avvengono qui la notte . Quante rivalità e odii si scatenano quando il Museo si chiude . È lecito supporlo : vociferazioni , lamenti , strida , da far gelare il sangue . Benché il mattino dopo tutto ritorni in ordine , il pubblico che entra non si lascia ingannare da tutta quella cera che ora sorride e si compiace in silenzio . Troppa diplomazia . Abbiamo già capito , solo al vedere il povero Charlot più pesto e più smorto del solito , quel che succede qui . Tremante , mezzo nascosto dietro una colonna , Charlot dopo ogni nottata reca ancora sul volto le tracce di una minacciosa paura , e copre con le braccia la vita del suo piccolo bene : Jackie Coogan . Fu nel muovermi per uscire dal Museo Grevin che dal fondo del salone d ' ingresso vidi voltarsi verso di me un mucchio di figure di cera . Una folla del tutto nuova . Dianzi , passando dallo stesso salone , li avevo lasciati scorrere intorno a me senza accorgermene . Correttissimi e pieni di un ' animazione enigmatica costoro da tutte le parti mi venivano incontro amabilmente , quasi per trattenermi . Benché sembrassero un po ' sazii e scoraggiati di esser senza voce e senz ' anima , i loro lineamenti , resi audaci da qualche pennellata recente e troppo carica , luccicavano come la galantina . Alcuni si affacciavano ai loro scomparti con l ' aria ansiosa , curiosa e impettita di chi aspetta che suoni l ' ora della libera uscita . E ce n ' eran di quelli impazienti , che avevan già messo il piede sul tappeto che copre lo spazio adibito alla circolazione del pubblico . Fra coloro che se ne stavan quieti al loro posto rivedo con piacere Hoover . Seduto degnamente egli ascolta , con un sorriso quadrato come il suo viso , un rapporto che gli fa il suo segretario . C ' è fra i due molto spazio e molto rispetto . La gerarchia funziona anche al museo . Hoover non batte ciglio . Il suo segretario nemmeno . La conferenza può continuare . Passiamo oltre . Ed ecco Doumergue , il più scapolo e insieme il più paterno dei presidenti . È un Doumergue esageratamente in salute , che fa pensare al cognac . La sciarpa repubblicana lo taglia trasversalmente in due , al pari dell ' alfiere di un mazzo di carte francesi - - uguale di sopra e di sotto . Ha lo sparato imbottito , gravido forse di stoppa . Sul petto del suo frack scintilla , come un granchio d ' oro , una decorazione . Anch ' egli , agghindato e scentrato , sorride e tiene una mano posata sulla spalliera della poltrona . Scarpe di pelle lucida . Mani di morto . Sorriso da ubbriaco . Consiglio al ritrattista : « rifare tutto da capo » . Lí vicino alla Francia , il Vaticano : due svizzeri , con l ' alabarda , fan la guardia alla nicchia dove il Papa seduto in trono , con una bolla nella mano abbandonata sui ginocchi , guarda un monsignore tutto in viola , che tien le mani incrociate sul ventre . In piedi è un giovane cavaliere barbato , in cappa e spada , nel nero costume spagnolo , catenella d ' oro , collare , spadino e scarpe col fiocco . Sul fondo un crocifisso . È il pezzo più vivo del quadro . Accanto a me , un signore con un giornale in mano ( l ' « Action française » ) e gli occhiali sul naso . Ha l ' aria di tenere il fiato , guarda S . Santità con un ' attenzione da psichiatra . Guardiamo tutti e due a lungo , ma io mi stanco per primo e mi rivolgo verso di lui : ­ Di cera , di cera anche lui . - - « Leon Daudet » mi sussurra in un orecchio un custode avvicinatomisi di soppiatto . Mi rivolto di soprassalto squadrandolo con diffidenza , non fosse anche costui di cera . Della cera incaricata d ' ingannarmi ? O di qual ' altra materia ? Era un surrogato o un uomo ? E s ' allontana lasciandomi nel dubbio . Si vede del resto che queste figure sono di cera finissima ; se fossero di sego , con questi pomeriggi che un ' afa stanca divora , le mani di Doumergue colerebbero irreparabilmente giú per i bracciuoli della poltrona . Dunque per ora i fantocci di questa serra della grandezza politica , reagiscono al caldo con dei sorrisi melliflui , con delle smorfie melense . Si sa il miele e la cera sono parenti . Ma se ti fai sotto e li guardi a poca distanza non ti pare che questi ritratti abbozzino un sorriso , un sorriso un po ' contrariato di non rassomigliare a nessuno e tanto meno a se stessi ? Madida di stearico sudore a forza di voler essere fedele , questa ricostruzione individuale di gente che circola tuttora nel mondo e sta benone , ti sembrerà viceversa più squallida e più ardente di quel che è naturale . S [ t ] udiamo anche noi vivi , che pur siamo d ' argilla ; poi quando la terra ci copre , ne usciamo , a piccole rate notturne , in fuochi fatui . Vuoi o non vuoi la cera ha sempre voglia di ardere , se non d ' altro di febbre , e qui i personaggi più importanti son tutti febbricitanti . Han già il presentimento che presto o tardi dovran finire tutti in sacra o profana illuminazione . Infatti in questo salone combustibile è proibito fumare . Qui dentro c ' è una mise à point storica che non aspetta il tempo . Siamo nel regno della copia conforme . Qui si sopprime l ' anima , si sopprime il respiro , a scopo commemorativo . Si mette il morto al posto del vivo . Qui , fra una nube di cloroformio e di etere , si tratta di estrarre la « maschera » dell ' epoca presente ; di mettere sotto una campana di vetro , lontano , lontano dall ' aria ' , delle statue che han sotto il braccio immense buste di cuoio , e non sono esattori . Monumenti autorevolissimi ma senza piedistallo che stringono nel pugno rotoli di carta bollata , segno antichissimo di onnipotenza . Questo luogo è uno spegnitoio per tutti : di cera e di carne . I tappeti smorzano lo slancio , moderano l ' andatura del visitatore incerto e diffidente . Si cammina sulle uova . Si parla sottovoce come in casa dell ' ammazzato . Avviene che qualche manichino impaziente venuto ad ingombrare addirittura il passaggio , riesca a conservare , quasi per miracolo , la propria incolumità fra il parapiglia muto e rispettoso della gente . Lo vedi con raccapriccio tenersi dritto nell ' ombra , in mezzo a quel via vai . La mossa malaccorta di un frettoloso che si volta , uno spintone , una pestata di piedi , potrebbe farlo traballare e cascar giú tutto d ' un pezzo fra le braccia di un custode accorrente . Che diavolo , sembra vivo - - e sono tanti i vivi che sembrano morti . Lí per lí non viene in mente a nessuno che sia falso - - eppoi con questa luce così equivoca e fioca - - ci vuole tanto poco , una disattenzione basta ; ecco che rotola in terra . No , m ' illudo , resiste . È un ' arte da imbalsamatori . Ogni opera di questa arte è opera conservativa anzi reazionaria : sostituisce al vero la mummia trionfale , il cliché burocratico comun denominatore d ' ogni convenzionale identificazione . Il vivo preso di mira ha sempre il torto di non rassomigliare al suo ritratto ufficiale - - gli assenti han sempre torto - - dunque in certo qual modo , nell ' ordine definitivo , son rivoluzionari , anzi dobbiamo aggiungere che a colui , fra costoro , che si compiace d ' esser raffigurato così , sub specie aeternitatis , l ' esser vivo dispiace , l ' esser vivo è d ' impaccio . Motivo per cui molti poveri diavoli , che credono alla gloria , o sentono d ' esser predestinati a passare alla storia , cercan fin dalla nascita il gesto , il silenzio solenne dei musei , tengon la lingua tra i denti , imitano nel loro viso il legno , il bronzo , la cera , il gesso , lo stucco dei busti da consolle , e serbano fino alla morte l ' atteggiamento degli idoli , dei tabú . Quando usciamo di qui il sole fa l ' ultimo capitombolo . Fra quel fiume di gente che scende i grands boulevards si resta sbalorditi e interdetti . Del vero , del reale non c ' è più traccia nel mondo . Sotto le miracolose spavalderie del crepuscolo c ' è un ' esuberanza distratta di colori e di forme vuote che si muovono senza direzione , un ' intensità di cose vaghe e vacillanti che un soffio caldo rende più luminose e ferme . Non si ha più il senso dell ' autenticità : esseri strani che ti guardano con occhi ingranditi , cocottes erranti in preda a una estasi egiziana , strilloni di giornali che un congegno fu urlare sempre la stessa parola , signore dalle parrucche d ' argento , cavalieri manierati e stecchiti che si chinan su quelle ; lentissime automobili che si seguono silenziosamente a catena , e tutti quei lucenti cristalli di vetture troppo nuove , dietro i quali brillano come sante reliquie i volti più consunti e antichi di Parigi . Sotto il terrore delle tenebre che calano rapidamente , tutti vacillano , incerti sulla via da pigliare ; poi sembra che ognuno si butti a dritta o a manca quasi per raggiungere prima di notte la porta del proprio Museo Grevin . IX Stella Stella Giuseppe . Pittore napoletano emigrato a New York 34 anni fa . Figura straordinaria . Questa « nota personale » la trovo scritta sul mio taccuino . Mi pare che valga la pena di svilupparla . Un tipo simile non s ' incontra ogni giorno . Come la terra del suo paese , costui è fatto d ' una sostanza vulcanica , ferace e saporita , che può viaggiare e non si guasta mai sotto nessun clima . Segnalo dunque ai lettori il pittore Giuseppe Stella , calato su Parigi dall ' America . Egli ha già piantato la sua brava tenda nel quartiere di Montparnasse . Ecco un uomo che non ti farà mai un ' accoglienza banale . L ' ho conosciuto avant ' ieri , dopo la mezzanotte , al caffè « du Dôme » . Faceva un caldo equatoriale . La gente seduta fuori sulla veranda , studiando il modo di respirare quel fuoco , non faceva che sbottonarsi , bere dell ' acqua ghiacciata , e farsi vento col fazzoletto . Stella arrivato allora da Napoli , attraverso Roma e Pisa , pretendeva che la temperatura di qui non fosse niente in confronto alla nostra italiana . Stava seduto sulla sua scranna come un re . La sua corporatura sommergeva tutto quel mondo esausto e trito che sudava intorno a lui . Era , come si suol dire , in forma , e il suo umore , d ' una dimensione grandiosa e piena , splendeva addirittura . Deve avere una salute formidabile costui . Ha la mascella forte di Caruso . Probabilmente le sue tele cantano . Stella è di Muro Lucano . Si mette a parlare dei monti della Basilicata . Sulla casa dove è nato e cresciuto , ha fatto costruire ultimamente una terrazza che domina tutta la vallata . Di lassú nell ' ora del tramonto egli si gode la vista di un panorama così bello da togliere il fiato . Le montagne nude , senza boscaglia , si addormentano le une appoggiate alle altre e vanno digradando verso la linea dell ' orizzonte . L ' aria è tersa . La vallata che è lunga chilometri e chilometri affonda tra i monti con curve delicate come la schiena di un violino . « È un istrumento quella vallata - - dice Stell - - un strumento che vibra » . « ogni voce , ogni suono , anche il più piccolo , anche l ' eco più lontana diventa una cantilena a motivo locale » . Nel caffè intanto la folla dirada . Alla nostra volta si paga , e ci si alza dal tavolo . Facciamo insieme un po ' di strada nella notte . Stella ha forse cinquant ' anni , è un po ' sbracato , ma solido , allegro e raggiante . Parla forte come tutti i meridionali . Camminando con lui in quel torrido boulevard ho l ' impressione che egli sia il residuo vivente di una giornata d ' agosto . Un essere , che il sole , prima di sparire , ha deposto sulle terra che dorme . La faccia di Stella è una palla di fuoco . Un cappello a cono dalle ali nere e spioventi fa da paralume a quella faccia che arde come una lucerna , e sembra gettare ( mi si perdoni la figura ) un tenue riverbero circolare sui marciapiedi . Per lui bruciano ancora qua e là i lumi degli ultimi caffè rimasti aperti . Stella parla con una competenza originale della sua vita e dell ' arte . Parla meglio d ' un filosofo e di non so quale poeta . Parla del « naif » , del « naif » italiano , e dice questa parola in francese perché probabilmente gli pare che a dirla in italiano nessuno ci crede . Parla di quegli artisti popolari che continuano una tradizione antichissima : la pittura istoriata dei baracconi e dei carretti . Poi il discorso gira . Adesso viene fuori l ' America , Edgardo Poe , e Walt Whitman . Due poeti , due Americhe digerenti . Quella di Poe più vera dell ' altra . « Laggiú - - dice Stella - - vedo Poe dappertutto : nella tristissima campagna , dove , trent ' anni fa , non c ' era che qualche casamento abbandonato e pauroso ; nei quartieri sordidi e deserti di qualche vecchia città - - per esempio di Broocklin » . « Poe non si può tradurre . Quale forma italiana o francese dare per esempio al Corvo ? Lo conoscete in inglese ? Che lingua , che effetti lucidi e prodigiosi ! » « In quanto alle traduzioni di Baudelaire c ' è lí dentro un ' indolenza preziosa , una cadenza latina che non va ; un non so che , un colore , una sensualità di cui l ' originale non reca ombra » . « Poe è serafico , lucido , profondo e matematico . Materia calamitata . Calmo e fatale » . « Chi non ha visto tutto il cielo metallico che copre New York non può capire quel che intendo dire » . « Il Maelstrohm , leggetelo in inglese . Mai una lingua raggiunse la vertigine cristallina , il calcolo immutabile e arduo di questo poema in prosa » . « In America la nera malinconia , la solitudine spaventevole le senti appena arrivi . Poe non poteva essere che americano » . « Una sera ero in quella orrenda città che è Broocklin : l ' inferno industriale » . « Badate - - racconta Stella . - - Un luogo da fuggire a gambe levate » . « La neve dura copriva tutto . Una neve chè il carbone anneriva : tutta ghiacciuoli taglienti , e croste pericolose . C ' era ad ogni passo da rompersi le ossa » . « Insomma vetro in terra e vetro nell ' aria » . « Nessuno fuori in quell ' ora . Neanche un cane in giro » . « Le case e le botteghe di quel quartiere anonimo erano chiuse e sprangate . E sopratutto un buio morto , un silenzio spietato » . « Aspettavo il tram che non veniva . Avevo freddo . Ero solo . Per riscaldarmi cercai di muovere qualche passo su quel difficilissimo cammino » . « Vedevo proiettarsi laggiú sulla neve una luce folgorante . Meno male , pensai , c ' è un Bar aperto , un Caffè , o forse un Ristorante » . « Andai avanti incantato verso quella zona di neve che sotto la luce vivissima sembrava sollevarsi leggera nelle tenebre » . « A poco a poco raggiunsi l ' angolo e nel voltare rimasi quasi acciecato da una specie di forno elettrico » . « Era una terribile vetrina delle Pompe funebri che vomitava il fuoco bianco di cento dinamo su tutta la neve della strada » . « In mezzo alla vetrina c ' era una bara di smalto bianco , foderata di seta bianca . Su quella bara un cartello ` As you like it ' che vuol dire , ` come vi piace ' » . « Questa è l ' America dai pugni di ferro e dai nervi d ' acciaio ! » X I Black Birds Il formidabile spettacolo di New York La Rivista di Leslies « GLI UCCELLI NERI » con ADELAIDE HALL AIDA WARD TIAN MOORE e la famosa musica di Mr Hugb parole di Doroty Fields CON UNA COMPAGNIA DI STELLE E 100 ARTISTI DI COLORE Questo fu l ' ultimo cartellone di Music ­ hall che apparve affisso sulla facciata del Moulin Rouge di Parigi . Gli Uccelli neri migratori diedero quella sera la loro recita d ' addio . Addio vario , strabiliante , definitivo . Il Music ­ hall morí quella sera d ' una bella morte , e il cinematografo parlato s ' insediò ormai nel Moulin Rouge che era stato la rocca forte del Variété . L ' ultima canzone triste di Adelaide Hall diceva la nostalgia trionfale di quell ' addio al Moulin Rouge che proprio all ' apogeo essa lasciava , per non rivederlo mai più . Fra gli orgiastici bengala di questo supremo commiato , ci parve udire allora lo strido delle procellarie annunciante , nella tempesta , il naufragio del Music ­ hall . Non si vedrà mai più nulla di più vistoso , di più vivo e vibrante di questa troupe composta di negri indiavolati , e di mulatte le cui mani s ' attorcigliano come le miccie accese , i cui tratti trasaltano e bruciano nelle esplosioni infuocate del jazz . Non vedremo mai più tutti quei veli schiumosi e bianchi di sposa , di fidanzata , su quei volti color di ciocco ­ lata , e di rosa - - quelle strane figure di fanciulle , di matrone , di guappi , in foggie caricaturali e carnevalesche - - tutte quelle vignette da « Magazin pitoresque » con certe mantelline , cuscinetti , ombrellini , che una volta usavano , anche nell ' isole di Cuba , San Domingo e Giamaica , all ' epoca e nel clima dei piantatori di zucchero . E non saprei dire perché nella follia musicale di quell ' orchestra negra ci fosse dello Chopin . Forse perché a traverso l ' amorosa Georges Sand un po ' di sangue nero è colato nelle Mazurche del malinconico pianista polacco ? Di qui la pallida e cocente ebbrezza di quei ritmi . Tre cuoche della Martiníca col fazzolettone annodato sulla fronte saltano come impazzite giuocando con le loro sottane di percalle a fiorami , e scoprendo sulle caviglie le mutande antiquate del 1860 - - mentre da quel vespaio sonoro che è la grande « Plantation Orchestra » senti venir su un caldo equatoriale . I quadri dello spettacolo si seguono l ' un l ' altro , senz ' altra interruzione che quella di un attimo di oscurità : - - Caffè bui , clandestini , del quartiere di Harlem , buffoneschi episodi della malavita , vociferazioni scimmiesche , tutto quel bianco idioma inglese che traversa la loro anima nera - - la scena che sprofonda nel buio , fra un minaccioso luccicar di rasoi . Poi le coppie dei negri in abito da società che sfilano nel lume zafferano della ribalta - - i riti matrimoniali - - le smanie sentimentali - - e finalmente l ' immenso , panteistico richiamo del Sud , la scena della Jungla , con la famosa canzone del Di ­ ga ­ di ­ ga ­ do : tutto ha uno svolgimento vertiginoso , profondo e rievocatore , come la traversata di un secolo in un giorno . Questo teatro disceso fra noi dall ' America è proprio di una innocenza integrale . Naturalmente i Black birds , o uccelli neri che dir si voglia , prima di venir qui abitavano una selva , una selva di grattacieli , i grattacieli di New York . Ragione per cui in questa curiosa Parigi che il nuovo mai non sazia , essi son già gli esponenti dell ' ultima moda , della suprema eleganza . Non a torto del resto , perché son tutti negri smilzi , costoro , dal ventre concavo come un cucchiaio ossidato . Negri che in una patetica conflagrazione di pacatissime cadenze inglesi e di strilli gutturali , dan valore e conferma alle teorie di Darwin . più numerose e più inquietanti dei maschi anche qui sono le femmine ; genia combusta , adulterata e volubile che per via d ' esorcismi , di semicupi , e di cipria , riesce a far la spola tra il grado umano più basso e quello più sublime , lasciando la civiltà dietro sé , a mezza strada , come una vecchia governante . Sulle gote queste ragazze hanno delle grosse frittelle di rossetto . Lorde in tal guisa le loro oscure fisionomie han preso d ' incanto uno slancio frenetico e fatuo come la fiamma . Così avviene che una paradossale e lampante avvenenza trasfiguri le loro magre teste di morto . Lì per lì non sai come da quell ' acre e fin troppo aromatico branco salti fuori di colpo la più radiosa stella di Broadway . Son tutte men che ventenni , d ' una polpa serpentina e durissima , pettinate alla maniera eccentrica di Josephine Baker , cioè con i capelli incollati a virgola sulla fronte . Sotto questa punteggiatura audace i loro occhi dardeggiano . Non c ' è donna di teatro , o cometa nel cielo , che fuggendo sfolgori più viva di questa . Con dei notturni riflessi di bronzo i loro corpi ignudi , che un agitato e gonfio gonnellino di penne di struzzo copre , guizzano contro luce in un vegetariano paesaggio da cinematografo . Beatissima isola del Pacifico . In fondo , la luna fa una scia d ' argento sul mare di smeraldo che appare incorniciato da ' palmizi giganti . Su quel terrestre paradiso di banane , esse son le hawajane . Una bellissima scena , che non basta a descriverla la penna stilografica : ci vogliono i tamburi . Si direbbe il festino di una tribú di pescatrici di perle , che torno torno all ' isola , nelle acque profonde , i coscienziosi pescicani assediano . Ma quel che più addentro deve turbare con vaghe nostalgie l ' anima delle platee è la voce strana di queste fanciulle di colore . Voce debole , ferma sugli albori della creazione . Liquide voci boschive , verdi come l ' aria tra il fogliame , monotone come l ' acqua . Queste negre che cantano ballando , buttan le note a piena gola , come l ' ultima campana che s ' addormenta . Suoni lunghi che dondolano ai rami , polvere di melodia : il sonno scivola , s ' adagia . Dormiveglia della jungla sotto la pioggia calda . Lamenti di leopardi , la sera . Ruggito che illanguidisce e finisce in sfumature color di vaniglia . Onde gravi di sospiri ; misteriosi assopimenti ; echi dolenti ; voci nascoste in fondo alla natura . Cantilene che incantano ; voci comiche , rauche , lucenti , musicali . Musicali accenti di una fisarmonica immensa da cui nasce il nuovo mito negro ­ americano . Nel genere serio , poi , questa troupe ci offre un numero di una terribilità addirittura teologale . Qui la passione di Cristo e la paura del diavolo non han limiti . Il motivo ne è il seguente : « Negli stati del Sud il paese è allo stesso livello del mare , e quando un negro muore , se non è abbastanza ricco per essere sepolto nelle montagne , vien sotterrato nelle adiacenze lagunari , sì che l ' acqua fa tornare il suo corpo a galla . Allorché muore uno di questi negri poveri tutti i negri del villaggio si riuniscono intorno alla sua bara , e creano coi loro canti una specie di isteria che spinge gli uomini a rubare , e le donne a vendersi ai bianchi , allo scopo di raccogliere il denaro sufficiente per l ' inumazione del defunto » . Il velario si apre su un quadro spento che la lanterna cieca esplora . È la navata d ' una chiesa anglicana . Il cupo laboratorio dei missionari di Boston . Luce da inquisizione . Là dentro un ' oscura e devota adunanza intona i cantici . La musica è quella di un dogmatico fox ­ trott . Voluminose entità si distinguono appena in quel buio . Corpi moventi , forme dai pallidi balenii d ' alluminio oscillano fra gli opachi vapori d ' un altare . Un fumido velo di magnesio ardente imbianca tutte quelle figure di negri problematici , che non sono più altro che cifre di una religione , simulacri di un rito funebre e corale . L ' enorme bocca rosea di un pastore africano affiora e affonda lentamente nel tenebrore : apparizione spettrale che riassorbita dall ' ombra , sparisce nel lucido disco girante d ' un grammofono . Dietro e intorno a quel segno che dilegua c ' è solamente il nero di una negativa fotografica . Lastra che si sviluppa e stride in un bagno di acidi : il Jazz . Mugghiano in quell ' oscurità le voci dell ' apocalissi . L ' orchestra metallica scroscia e spruzza acciaio fuso . È il film sonoro che vive . Le luci dei riflettori , che il luminista sorveglia , invadono a poco a poco con una nebbia azzurrina , la folla dei fanatici il cui gesticolare sempre più lungo e vasto si ripercuote in ombre cinesi sul fondale . Così da un processo chimico vien fuori una specie di giudizio universale : una foresta umana che si piega e si raddrizza . Foresta senza fine . Canto , minaccia , solenne spavento circonda , vaticinio , sermone che il più solenne spavento circonda . Qui c ' è tutta la Bibbia di un convertito stregone . Evangelo furente entro il quale cova l ' elettricità di un temporale , entro il quale brilla fra cento dissolvenze cinematografiche il fuoco di un ' antichissima magia . Qui c ' è l ' idolatria , e insieme , ritmata coi pugni del mea culpa , una scolastica , violenta e celeste , che fa pensare a Bach : un Bach della Polinesia . In mezzo ai clamorosi scongiuri e alle orazioni , un ' ombra umana caduta sui ginocchi si trascina ; prorompe un urlo selvaggio che porta tutta la musica sul modo maggiore . Il contrappunto aumenta sino all ' uragano e la popolosa visione va ' su a braccia levate nei cieli del palcoscenico . XI Lauri Volpi « La carriera del tenore non ci interessa ; essa è quella che gli permette di raggiungere la celebrità prima che la intonazione - - nei concertati vuol aver ragione lui , anche quando nessuno gli dà torto ; poi bisogna applaudirlo se non si vuol passare per nemici della grande arte » . Ecco un ' opinione , uno sfogo , un giudizio generico , forse a ragion veduta , ma che non calza sempre nel caso specifico : per esempio nel caso di Lauri Volpi , al quale non fa nessun torto l ' avere la più bella voce dei nostri giorni . La voce dell ' uomo felice è la sua . L ' Italia gli ha dato la gloria , l ' America la ricchezza , la Francia la rosetta della legion d ' onore . E la Spagna gli diede l ' amore d ' una sposa , gli diede la ridente compagnia d ' una figlia di Valenza . La prima volta che andai a trovarlo all ' Opéra di Parigi , c ' erano nel suo camerino ogni sorta di personaggi eccelsi - - fra gli altri l ' ambasciatore della Repubblica Argentina , e il duca d ' Alba , allora ministro di Re Alfonso . - - Neanche a farlo apposta , nomi sì illustri , figure sì spiccate e magnanime non potevano capitare più a proposito in quel fatidico speco riservato al melodramma . È appunto nel camerino , prima di entrare in scena , che la missione , il compito nazionale d ' un tenore famoso comincia ad esplicarsi . È lí , fra i mazzi di fiori che ingombrano le consolle , e i costumi sgargianti che pesano , gremiti d ' oro , ai ganci delle pareti : in mezzo a un guazzabuglio di asciugamani buttati sulle poltrone e di scarpini che volano al sotto , che il nostro globe trotter del melodramma italiano incontra a tu per tu i potenti della terra . Son proprio quelli e quelle , i momenti importanti e le arguzie efficaci . Quando dinanzi allo specchio , stropicciandosi i diversi cerotti sulla faccia , l ' artista senza voltarsi replica con la modestia più amabile ai signorili omaggi di quei Grandi . Allora avviene che il luogo così inquadrato e immerso in una luce cocente e malinconica , possa sembrare quello di un ' antica pittura . Giovane e seminudo , il vello sulle spalle , come san Giovanni Battista - - il nostro Lauri Volpi sostiene in quel frangente , con una fierezza cattolica , il centro del quadro . L ' umana mitezza e il classico vigore del suo aspetto , ecco quel che lo rende oltre ogni dire simpatico . Perché fortuna vuole che fuori del palcoscenico Lauri Volpi non faccia mai il tenore . Nella conversazione la sua voce non è più quella che canta : è un ' altra voce . - - Ha un timbro spento , ma caldo - - muove bassa dalle sue labbra ; traluce vagamente dall ' intimo , rivelando l ' oscura sensibilità dell ' uomo . - - È la sua voce privata ; quella della fede . ­ Viene da una corda profonda - - cangiante ombra d ' un suono . Celata come una rosa che brucia paonazza nel suo rabbuffo di carta velina . Negli hôtels dov ' egli scende piovono subito gli agenti teatrali e lo assediano con offerte fantastiche : i contratti sono pronti , non c ' è più che la firma da metterci . Bersagliato di seguito da tal numero di affari si capisce che il nostro Lauri Volpi sia qualche volta stufo di scritture e di soldi , al punto di rifiutare delle proposte che qualsiasi compositore o poeta con tutta la sua immaginazione stenta a credere . Se insisto un po ' su quest ' argomento poco elegante non è per difetto di gusto , ma bensì per concludere che di tutte le varie felicità che lo circondano è proprio a questa , economica , che Lauri Volpi seccato volta il più spesso la schiena . Gli è che Volpi , innamorato del pubblico , come della sua donna , vuole ottenere soltanto che il pubblico lo ami . Ecco perché canta . Basta guardarlo col binocolo , quando entra in scena . La sala , buia e gremita , lo manda in visibilio . Veh , com ' è smorto e nobile il suo volto . Il suo petto si alza e s ' abbassa come quello d ' uno spasimante che sta lí lí per spirare sotto un balcone chiuso . I suoi « do diesis » sono dei lunghi e umani messaggi che arrivano alla luna . - - E sul punto di attaccare l ' acuto degli acuti vedi Lauri Volpi chiudere vertiginosamente gli occhi avvolti nel vuoto come uno che si getta dalla torre Eiffel . - - Ed è sempre un volo canoro stupendo . Tutto quel che in un anno può spendere , di note sopra i righi , un tenore normale , egli lo spende in una sera . È un vero salasso vocale . n La sua recente tournée fu un arco solo di trionfi , da Budapest a Berlino , da Parigi fino all ' isola di Maiorca . In Spagna cantò anche nella Plaza dos Toros di Barcellona dinanzi a ventimila persone . In ogni luogo del mondo cantò in italiano . ­ Questo continuo cambiar paesi , teatri , compagnie , e cantare , oggi , con degli ungheresi , con dei tedeschi domani , è una cosa che ti scombussola - - mi dice Lauri Volpi . - - La memoria della parte , la pronunzia sicura , il movimento , se ne vanno a Patrasso - - bisogna provare e riprovare per assuefarsi a certe repliche ostrogote che a tutta prima ti fan rimanere di sasso . Povero lui , per una settimana Parigi fu piena del suo nome ­ e ' non gli diede riposo - - quattro recite e tre concerti in sette giorni . L ' ultima sera all ' Opéra fece l ' Aida . - - Recita completamente italiana . - - Gli artisti di quel teatro , dal primo all ' ultimo , si sforzarono di cantare nella nostra lingua , e ci riuscirono egregiamente fu intorno a Lauri Volpi una gara inaspettata , ed un omaggio magnifico reso all ' arte nostra . Fra il terzo e il quarto atto volli andar su a salutarlo . Per arrivare al palcoscenico c ' è un viaggio inenarrabile da fare : vestiboli , passaggi , boccaporti , androni che rimbombano , scalette di servizio , spazi morti , scricchiolio di legname sotto i passi - - insomma un ' arca , questo teatro , un barcone , una scuderia , un labirinto grandioso , vuoto , antidiluviano e provvisorio . In fondo a certe corsie , mezzo annegate nella luce fioca e traballante del gas , una tribuna da corte d ' assisi , e sulla scranna un custode che non da piu segno di vita . Mi ci volle una guida per arrivare . Sul palcoscenico , turbe di comparse ferme nella penombra ; fra le quinte le masse dei coristi aspettavano il segnale , come dei soldati in trincea - - nell ' aria , fino al soffitto altissimo , noia , sonno , stanchezza . E in disparte , nel buio , Lauri Volpi colle braccia conserte . Riconosco i suoi occhi lucenti , i suoi capelli ricciuti e bagnati di naufrago : la tunica leggera di Radames è quasi incollata sulle sue spalle - - su tutto il suo corpo fuma il vapore . È sudato , formidabile , come un boxeur prima dell ' ultimo round . Ma allegro . Ride - - sa che fra cinque minuti un ' altra celeste Aida , un ' Aida parigina , morirà fra le sue braccia . XII Concerto di negri La sala Gaveau a Parigi sembra quella di Santa Cecilia a Roma - - un po ' più vasta , se vuoi , e sontuosa - - con delle penombre e delle profondità appartate , quasi delle nicchie , entro le quali gli astanti , aspettando che il concerto cominci , siedono in una solitudine conventuale . Un piccolo organo con la gerarchia delle sue canne mute dorme avvolto in un barlume grigio e argento , e fa fronte al pubblico che di minuto in minuto si va accumulando in platea , fitto , profumato e soffice come una valanga . Ad un certo punto una raggiera di lumi dai colori arancioni s ' accende e indora la folla distesa e sussurrante . Cinque negri in smoking son già allineati sul podio . Cinque ceffi di pece lampeggiano sul candore degli sparati - - sembrano tenebrose maschere intente a spiare dai fori . L ' improvvisa luce non ha lasciato a loro il tempo di dileguarsi . La scena ha l ' aria di un complotto sventato . Tengon la testa china e le mani dietro la schiena . Che avranno in sorte costoro : il linciaggio , la sedia o la fucilazione ? Su un lato del palco un pianoforte a coda interminabile , una specie di sarcofago scoperchiato , sta lí sulle ruotine , fermo . Lo diresti il pauroso veicolo adibito alla traslazione delle loro salme . Poveracci ; tirano appena il fiato , posseduti da uno stesso pensiero funesto ; e quel respiro diventa a poco a poco un lamento , una preghiera che fluttua su quelle labbra tumide : mescolanza fioca di versetti e di nenie che una quiete assonnata mantiene su un tono monotono e lieve . Son dei quacqueri neri che cantano in lingua inglese , su un ritmo che suona lento , scompigliato , arcano - - cantano senza sostegno istrumentale . Cantano . E non si guardano mai . Non si toccano , guai ! - - curvi , immobili , assorti come bestie catturate . Il loro insieme è ammirevole , l ' intonazione è perfetta , e sembra desolata di esserlo . Le voci di questi negri non sono fatte per primeggiare ma per coprirsi a vicenda , e intrecciarsi in un gergo rotto , confuso , puerile , indefinibile . C ' è un mistero , un ' ossessione , una occulta presenza che fa loro venir la tremarella , qualcosa che si muove come l ' ombra dei preti missionari sulla sabbia del deserto . Ascoltiamo perplessi questa musica senza gesti , che gira a rilento . - - Formule caute , echeggiamenti vaghi , irreperibili suoni , evasivi accenti . È un ' arte che non si eleva mai , non si spiega , gorgoglia , e si svuota prima di avverarsi : ventriloquia sobria , evanescente armonia che fa l ' altalena e arriva sino a noi a onde successive , come per trasmissione radiofonica . I cinque cantori del nuovo mondo sembrano ancora lontani sui flutti dell ' oceano . Sul loro sangue infuocato la chiesa protestante ha versato la Fede - - ormai le loro anime cristiane bruciano onestamente come le candele sull ' altare . Non han più forza , né foga , né originalità ; non c ' è più niente di verticale nel loro modo ; mai un colpo azzeccato - - effetti d ' ombra nell ' ombra - - dissolvenze sonore . Per attaccare insieme s ' intendono fra loro a cenni impercettibili , serbando tuttavia un atteggiamento impersonale pieno di dissimulazione belluina . Ohimè ; chi s ' aspettava di udire da costoro qualche esilarante mistificazione , qualche grossa e accorata eccentricità sul genere di Alleluia , casca dalle nuvole e comincia a ingoiare sbadigli su sbadigli come il camaleonte che mangia l ' aria . Ma la natura presto o tardi si vendica . Ed ecco che a poco a poco dietro tanta devozione nasce la luce violetta dell ' alba , come intorno a un ' orgia funebre . Senti , che nostalgia in quegli ululati contriti . Le u inglesi sospirano nel loro naso , gemono nella loro gola ; e tutto l ' alfabeto dei seminari di Boston , che gonfia le loro gote che fischia fra i loro denti , e fa roteare i loro occhi in un ' estasi placida , si mischia malinconicamente a proposito di sermoni , di Bibbia e di pie cerimonie . Dietro quei salmi ci son le canzoni sotto la tenda nell ' accampamento notturno , la vittima pronta per il sacrificio , l ' acquavite per la danza e i falsi combattimenti dei guerrieri . Questi negri hanno dunque un ' anima a doppio fondo , e non sono dei trabucos denicotinizzati . L ' istinto , il ritmo vitale li invade gradatamente , il sacro delirio vien fuori dalle loro ugole , e il pubblico elettrizzato comincia ad agitarsi . Fra i ranghi femminili c ' è una tribú di dame color di liquirizia , che si gonfiano esilarate , mostrano i denti e non stan più nella pelle . Proprio in quel punto m ' accorgo d ' avere per vicina una negra del tropico , ingombrante , cresputa , e una sua figluoletta dalle trecce pesanti e bruciate . Ambedue seguono anelando il concerto e sembrano al settimo cielo . A bocca aperta la piccola sorride , sorride in silenzio - - i suoi occhioni di bull ­ dog guardano nel vuoto con uno sbalordimento travolgente . Comincio anch ' io a sentirmi leggero , e a salire a traverso regioni metafisiche , al di là di tutte le mitologie , nell ' elemento cosmico e cieco . Tempestoso , immobile , l ' universo siderale affonda da ogni parte infinito . I grossi unisoni cantano su un tono equatoriale - - un inno si leva dagli uomini , dalle foreste , dal mare e va su in cielo - - un cielo immane , che stride , sul proprio asse , e tuona lontano . Ansante e rorido come un gran ventre sazio il firmamento palpita e stilla fuoco . Miriadi di astri sanguigni fumano lentamente . La via lattea luccica come una cintura incrostata . Corrono i messaggi fra l ' uno e l ' altro polo . Tutto è ripetizioni , discrepanze e segnali . La notte fa il suo lungo viaggio con i vapori che ne derivano e le luci che l ' accompagnano . La stella di Venere riman l ' ultima a dondolare lassú . Le altre sono fuggite tutte dinanzi al prossimo sorgere del sole . XIII Parigi 1930 La Patria della democrazia par diventata una cooperativa anonima , e Parigi lavora in sordina ma sodo : quiete e semplicità stanno alla superficie . A tutta prima diresti che il gallo ha messo il becco sotto l ' ala e digerisce . Invece seleziona . Le iniziali allegoriche , i sostantivi tonanti della Repubblica son scritti in lettere piccole . Sui biglietti da visita non vedi che minuscole . Genio , eroismo , gloria , cercano di non dar più nell ' occhio , strisciano lungo i muri e vanno in bassa tenuta . Vittoria , libertà sono parole di terza qualità . Nell ' arte , nella politica , sono aboliti gli altoparlanti . Tutto quel che è imperativo o pretensioso marca il passo e si tace . Bando alle esclamazioni , non son più i chiari di luna della rettorica . Gli esteti e i demagoghi van coperti d ' obbrobrio a crepare sotto i ponti . All ' enfasi ci pensa lo spazzino . Crisi di rinnovamento , giunco di influenze , trasfusione del sangue . I discorsi son corti , le parole precise , si cerca l ' essenziale . D ' una lotta accanita e profonda come questa non odi che i sospiri e qualche rantolo . In mezzo a tanto silenzioso tormento il rumore d ' una porta sbattuta , il tonfo d ' un suicida , il grido d ' un poeta , si spengono senza traccia in questa atmosfera raccolta che è come un coltrone di cenere . In un discorso di ieri Paul Claudel constatava senza rincrescimento che l ' americanismo ha invaso da un capo all ' altro tutta la Francia . C ' è dell ' esagerazione , e i poeti che esagerano son messi in questo momento fuori circolazione come le maiuscole dell ' alfabeto . Ma Claudel è anche ambasciatore e la frase scabrosa sollevò un putiferio ; si disse da ogni parte : basta , basta . Prima che la protestante eco sia dispersa del tutto , leviamoci per affermare a nostra volta che , se la Francia sta americanizzandosi , la città di Parigi è addirittura dei negri . Quassú il negro è il modello , il profeta , l ' artista . Qui si dà fondo a tutte le più occulte negrerie . L ' Africa ha steso il suo braccio sulla città lumière . Settantamila algerini sudano nelle officine . Le più oscure tribú traversano senza tamburo i grandi boulevards . Il ritmo di questa metropoli è imperiale . Nei saloni trionfa il giovane stregone dal colore dei sigari di avana . I negri ti dànno il biglietto nei carrozzoni del tram . Ammarrate ai piedi del Louvre ballano sui flutti della Senna le piroghe oceaniche . I senegalesi in alta uniforme fan la guardia all ' Eliseo . Il fatto non è ancora politico , è piuttosto mondano . Mala moda a Parigi fa presto a diventare politica . L ' Italia invece e il vecchio italianismo perdono dei punti , anzi precipitano - - come si dice in borsa . [ Venezia , Michelangelo , Posillipo ) , il sentimento e la gelosia passano un brutto quarto d ' ora . Il do di petto , il dolce far niente , i bersaglieri e la vendetta sono spacciati quassú dove il risentimento , lo sdegno , l ' aversene per male , sono il segno di un deplorevolissimo costume provincia le . Oggidì si calpesta , si riduce in frantumi ogni romanticheria , si scaraventa nel fiume tutto quel che è vieux jeu . Parigi è diventata un ' isola cosmopolita intorno alla quale galleggiano ruotando dei tappi di champagne , qualche berretto di carta rossa da cotillon e molte donne disperate e fradicie di lacrime . Qui certo l ' amore non fa appannare i vetri delle case private : qui c ' è l ' uomo in incognito , c ' è il quacquero . L ' uomo integrale , anima , spirito , e corpo , l ' uomo in caratteri da scatola , è morto . Quante donne dopo un naufragio approdano in questi paraggi in cerca d ' un appoggio , d ' un protettore . Ohimè ! A Montparnasse si studia , ma si fa poco all ' amore . E tuttavia in nessun altro luogo accorrono come qui , disperate , le tapine che han bisogno d ' essere sostenute per cadere di nuovo . Del resto qui , amore , non si dice più : si dice amicizia e l ' amicizia è sperimentale . Così d ' esperimento in esperimento la vita finisce qualche volta a spegnersi sopra un fornello di carbone . Il cancan è finito . Entrando in Parigi fiuti nell ' aria lo spirito serioso della città , che da qualche anno in qua si moralizza fin che può . Ti permettono appena una scrittura che dice castamente delle cose immorali . L ' absinte non c ' è più , - - si mena una vita sorvegliata e pacifica . L ' uno dopo l ' altro i luoghi clandestini si chiudono . In poesia le note son leggere , intermittenti , ultimi segni balzati alla superficie letteraria , come le bolle d ' aria che fa un annegato sparito sott ' acqua . Quanta severità . I cervelli son diventati più forti , ma i cervelli soltanto . Ora si cerca d ' essere ragionevoli e si aspetta la trasfusione del sangue . La sera il cielo è zebrato di fulmini , ma non senti tuonare . Di tutto un apparecchio pirotecnico , dopo che i fuochi artificiali son bruciati , e il fumo è dileguato , non rimangono al mattino che tizzoni , trucioli , gabbie schematiche di réclame tramortita , e la freddezza arcigna d ' una città che non ha punto goduto . È la corrente invisibile che durante la notte dà tanti occhi , e un milione di sguardi sfolgoranti , a queste strade funebri . Ecco il paesaggio invernale fatto di neve , di cemento , e pieno di ateliers , sterilizzati dalla luce elettrica - - dove il pensiero moderno brucia , brilla , si spoglia di ceneri calde , evapora , a forza di combustione , fin che rimane bianco , esiguo , ossificato come uno scheletro nella calce . Ma queste non sono che impressioni di un ultimo arrivato . Col tempo l ' incanto nascosto di Parigi ci avvolge volubilmente , ci penetra , e una dolce avidità di viverci ci prende : entri in circolazione , sei parte del tutto , trovi un destino nuovo e senza ribellione finirai anche tu per trascinarti dietro la catena del parigino .