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Saggio sulle classi sociali ( Sylos Labini Paolo , 1974 )
Saggistica ,
Prefazione L ' origine di questo saggio è una conferenza tenuta nel marzo del 1972 per invito dell ' Associazione culturale italiana di Torino . Il testo fu pubblicato , in parte , nel fascicolo del 31 marzo 1972 dell ' " Astrolabio " e , integralmente , nel fascicolo XXXI dell ' Associazione culturale italiana ( giugno 1972 ) ; una versione rielaborata apparve nei " Quaderni di sociologia " ( dicembre 1972 ) ; ampi estratti sono stati poi inclusi nell ' antologia curata da Paolo Farneti , Il sistema politico italiano ( Il Mulino , Bologna , 1973 ) . Il tema prescelto per la conferenza si ricollegava a riflessioni che andavo facendo da qualche tempo sulla situazione economico - sociale del nostro paese e sul nuovamente insorgente pericolo fascista . In modo particolare intendevo richiamare l ' attenzione dei sociologi , degli studiosi di scienze politiche e degli stessi uomini politici sulla necessità di dare il giusto peso , nel predisporre i loro studi e le loro azioni , ai dati quantitativi della struttura sociale italiana . A quanto pare , esisteva il bisogno di un ' indagine di questo tipo , poiché prima l ' articolo apparso sull ' " Astrolabio " e , in seguito , il saggio apparso sui " Quaderni di sociologia " sono stati oggetto di numerosi dibattiti . Vi sono state critiche ; e di queste , nella misura in cui mi hanno convinto , ho cercato di tener conto nella nuova versione del mio lavoro , che costituisce appunto questo libro . Non entrerò nel merito delle critiche che non mi convincono , eccetto che in un caso : mi riferisco alla critica proveniente da alcuni intellettuali di sinistra secondo la quale io avrei indebitamente incluso fra le classi medie alcuni strati , come lo strato dei contadini poveri , che a tutti gli effetti vanno assimilati al proletariato ; più in generale , io avrei sottovalutato il processo di proletarizzazione , che investe oramai la maggior parte dei lavoratori dipendenti , inclusi gli impiegati pubblici e privati . Ora , non c ' è dubbio che qualsiasi classificazione , e quindi anche quella qui proposta , è fondata su criteri , in misura non piccola , arbitrari : ho presentato le stime delle sottoclassi e delle singole categorie proprio per aiutare quei lettori a ricomporre il quadro in rapporto ai loro fini . Tuttavia , debbo avvertire che io sono radicalmente contrario ad una concezione di tipo pirandelliano ( così è se vi pare ) . L ' arbitrio delle definizioni e delle classificazioni è inevitabile , ma solo entro limiti ; e le definizioni , come le classificazioni , non avvengono nel vuoto , ma acquistano significato in un contesto ben definito . Così , avevo incluso fra le " classi medie " tutti i coltivatori diretti compresi i contadini poveri tenendo conto , più che delle loro condizioni economiche , del loro tipo di cultura e dell ' attaccamento a certi valori tradizionali e patriarcali ; ma avevo già avvertito che queste persone si trovano in condizioni simili ( spesso anche peggiori ) di quelle dei salariati dell ' industria , cosicché i loro interessi possono convergere con quelli della classe operaia ; e si può operare politicamente in questa direzione . Tuttavia , se si fa riferimento ad un paese come l ' Italia e si vuole studiare la situazione sociale così com ' è e non come si vorrebbe che fosse o come forse sarà , conviene includere anche i contadini poveri fra le così dette classi medie . Viceversa , in paesi economicamente arretrati , dove masse di contadini e di salariati agricoli vivono al limite della sussistenza biologica e dove , man mano che si fa strada la coscienza della loro condizione , la domanda di una riforma agraria radicale o addirittura rivoluzionaria sommerge qualsiasi tradizionalismo , una tale procedura non sarebbe corretta ; ed in effetti , nel testo , per i paesi relativamente arretrati , ho proposto una diversa suddivisione delle classi , in cui si mette nel dovuto rilievo la posizione dei diversi strati sociali e delle diverse classi nell ' ambito dell ' agricoltura ( parte I , cap . 8 ) . In ogni modo , è certo importante approfondire l ' analisi critica della struttura sociale nell ' agricoltura del nostro paese . Ed è importante definire accuratamente e tentare di valutare , da un lato , il fenomeno della proletarizzazione di certi strati di ceti medi e , dall ' altro , il fenomeno dell ' imborghesimento di certi strati di operai . Ma la tesi secondo cui il processo di proletarizzazíone coinciderebbe col processo di espansione dei lavoratori dipendenti , di modo che esso investirebbe oramai la massima parte dei lavoratori , è una tesi falsa sul piano dell ' analisi e pericolosa anche da un punto di vista politico di sinistra . Sostenere che gl ' impiegati di aziende municipalizzate , o delle aziende di credito , o di enti locali , che hanno oggi ( 1974 ) uno stipendio medio che si aggira su quattrocento mila lire mensili ( con punte di 2-3 milioni ) stanno nella stessa barca in cui navigano gli operai metalmeccanici , che oggi hanno una retribuzione media nettamente inferiore alla metà e svolgono un lavoro duro , alienante e soggetto a gravi rischi d ' infortuni , non significa affatto compiere una coraggiosa opera di critica e di denuncia , ma significa oscurare l ' essenza del principale problema politico contemporaneo di paesi come il nostro , che è il problema dei rapporti fra classe operaia e ceti medi . Anzi , tesi di questo genere sono esse stesse una delle espressioni dell ' ideologia piccolo - borghese , che tende a minimizzare le differenze ( spesso enormi ) fra operai e ceti medi . Nel suo importante libro La giungla retributiva ( Il Mulino , Bologna , 1972 ) Ermanno Corrieri denuncia questa mistificazione in termini così efficaci , che non mi resta che riportarli : " Oggi (...) questa ideologia [ di ceti medi ] assume caratteri ancor più sottili e insidiosi , in quanto spesso si ammanta di tutto un complesso di argomentazioni " di sinistra " . Si afferma che è in atto un processo di proletarizzazione dei ceti medi , che la loro condizione va assimilandosi sempre più a quella degli operai e dei contadini . Si aggiunge che l ' area dello sfruttamento capitalistico si va estendendo a nuovi gruppi sociali : ai tecnici , agli intellettuali , agli artigiani , ai commercianti , ai piccoli industriali . Quindi il nemico da combattere è uno solo : il grande capitale monopolistico ; e sull ' altare di questa battaglia , non hanno importanza le altre diseguaglianze ; anzi il soffermarsi su di esse indebolisce la necessaria alleanza della classe operaia e contadina con i ceti medi , contro i " padroni " . Si teorizza la figura dell ' intellettuale spogliato di ogni funzione libera e autonoma e trasformato in strumento di trasmissione della cultura borghese e di conservazione del sistema capitalistico : come tale , anch ' egli , al pari dell ' operaio e del contadino , è espropriato di qualcosa e quindi è uno sfruttato . Ora , è evidente che queste tesi , di per sé , non sono prive di fondamento . Ma la mistificazione consiste nel passare da un discorso di sfruttamento e di subordinazione " politica " ad un discorso di disagio e di inferiorità economico - sociale che sarebbe comune ai ceti intellettuali e alla classe operaia e contadina . In forza di questo passaggio , gli intellettuali " di sinistra " e i loro sindacati , se a parole sono pronti a riconoscere la legittimità delle rivendicazioni operaie e contadine , di fatto , più che schierarsi e lottare al loro fianco , si sentono in diritto di chiedere la loro solidarietà a favore delle proprie lotte , anche se queste , spesso hanno per obiettivo la conservazione e il consolidamento di condizioni economiche avvantaggiate e , di conseguenza , il mantenimento delle distanze rispetto agli operai e ai contadini . Il fatto è che la matrice culturale e la collocazione sociale influenzano inconsapevolmente e pesantemente anche chi è impegnato , da posizioni di sinistra , in un sincero sforzo di trasformazione della società . E gli interessi costituiscono una molla potente che spinge tutti ad elaborare ideologie di giustificazione e di sostegno delle proprie esigenze . E così uomini di sinistra si associano alle rivendicazioni retributive delle categorie impiegatizio - intellettuali ( o magari alle lotte per il salario a tutti gli studenti ) , nella convinzione di operare di conserva con gli operai e i contadini contro il " sistema " , ma senza considerare che queste rivendicazioni finiscono per essere finanziate con un ulteriore prelievo sul risultato dell ' attività produttiva e quindi per esser pagate dai lavoratori impegnati in tale attività " . Mi è stata attribuita l ' idea secondo cui la " classe media " consisterebbe in un coacervo di ceti e di gruppi sociali essenzialmente corrotti e retrivi , così che nel nostro paese le prospettive non solo della vita sociale ma della stessa vita politica sarebbero catastrofiche . Una tale interpretazione è ingiustificata . Sebbene io faccia più volte riferimento agli individui famelici , servili e culturalmente rozzi , che sono molto numerosi fra i ceti medi , avverto altrettanto spesso che esistono strati civilmente robusti e capaci di operare come forze di progresso ; si tratta di strati esili , è vero , ma non trascurabili e suscettibili di espansione . Anzi , ritengo che il problema politico centrale nel nostro paese ( e non solo nel nostro paese ) consista oggi i nel fatto che la classe operaia , pur essendo sempre una classe subalterna , lo è in misura decrescente e , nel suo complesso , si trova economicamente e politicamente in ascesa . Ora , di fronte a questo processo i ceti medi reagiscono in modi profondamente contrastanti : alcuni l ' accettano , altri lo considerano con orrore . Tuttavia , l ' area del consenso cresce come conseguenza non di un processo di proletarizzazione economica , inesistente in quanto processo generale , ma di un processo di crescita civile e di maturazione culturale , processo che non si svolge nelle nuvole ma che certo , nella terminologia marxista , appartiene più alla sovrastruttura che alla struttura . Oltre ad alcune varianti di non grande rilievo , introdotte per tener conto di certe critiche o per chiarire e integrare le analisi già svolte , ho introdotte diverse innovazioni nel testo apparso nei " Quaderni di sociologia " . Ecco le principali innovazioni . 1 . Ho modificate le stime delle classi e sottoclassi sociali , specialmente quelle connesse con l ' agricoltura , dopo esser venuto a conoscenza dell ' importante monografia di Ornello Vitali , La popolazione attiva in agricoltura attraverso i censimenti italiani ( Istituto di demografia della Facoltà di scienze statistiche , Roma , 1968 ) . Le valutazioni della popolazione attiva in agricoltura sono comunque incerte e arbitrarie , per molte ragioni , in primo luogo per la posizione delle donne che vivono in campagna e che , specialmente nelle piccole aziende contadine , possono essere classificate come " attive " o come " casalinghe " secondo i criteri adottati . Le difficoltà si manifestano quando si vogliono compiere confronti intertemporali fra i diversi censimenti . Vitali ha compiuto una faticosa opera per rendere omogenei i criteri rispetto a quelli adottati in questo dopoguerra e ricostruire dati comparabili . Sebbene le mie stime precedenti , fondate sulle cifre dei censimenti e su valutazioni della Svimez , siano per certi anni ( fino al 1951 ) inferiori in misura tutt ' altro che trascurabile ai dati forniti da Vitali , nessuna delle considerazioni e illazioni proposte nel saggio originario viene modificata in modo sostanziale , se si eccettua la tendenza alla proletarizzazione di una parte dei contadini ( v . oltre , parte I , cap . 3 ) . Occorre però avvertire che dai nuovi dati possono ricavarsi illazioni diverse da quelle ricavabili dalle precedenti stime per problemi che qui non vengono trattati . 2 . Oltre i dati aggregati per l ' Italia , si presentano cifre per le tre grandi circoscrizioni : Nord , Centro e Sud ; vengono brevemente discusse alcune tendenze che emergono da questi dati , concentrando l ' attenzione sull ' Italia meridionale ( parte I , cap . 4 ) . 3 . Sono stati estesi i confronti internazionali . Nel saggio originario , oltre l ' Italia , si consideravano solo la Francia e il Giappone e si compivano confronti intertemporali solo per l ' Italia . Ora , attraverso i dati , si considera la struttura sociale contemporanea di cinque paesi relativamente evoluti ( Gran Bretagna , Spagna , Giappone , Argentina , Cile ) e si compiono confronti intertemporali per altri tre paesi evoluti : Francia ( 1886 e 1968 ) , Stati Uniti ( 1890 e 1969 ) e Unione Sovietica ( vari anni compresi nel periodo 1913-1972 ) ; infine , si presentano i dati relativi a cinque paesi relativi a cinque paesi relativamente arretrati ( parte I , cap . 8 ) . 4 . Si presentano le stime degli iscritti ai sindacati , distinguendo gli operai dagli impiegati nei diversi settori di attività : non giova a nessuno , certamente non giova all ' obiettivo di una sempre più ampia e vigorosa solidarietà fra operai e impiegati , ignorare o minimizzare le differenze ( parte Il , cap . 5 ) . Le tabelle statistiche sono in appendice e , di regola , sono precedute da un commento esplicativo . Anche le note al testo sono riportate in appendice ; per chiarezza , sono precedute da sottotitoli , affinché possano esser lette anche in modo autonomo . Per non appesantire il testo , indico fra parentesi le opere citate e non riporto , alla fine , nessuna nota bibliografica ; qui mi limito a segnalare il dibattito a 23 voci , curato da Fabio Luca Cavazza e Stephen R . Graubard e pubblicato da Garzanti nel marzo 1974 in un volume col titolo Il caso italiano e l ' ampia bibliografia pubblicata in appendice all ' articolo di Antonio Zavoli , Classi , proletariato e ceti medi in Marx e oggi per la rivoluzione ( " Per la lotta " , n . 34-36 , 1973 , pp. 55-8 ) . Ringrazio Marina Addis , Arturo Barone , Federico Caffè , Giorgio Careri , Flaminio De Cindio , Vittorio Frosini , Antonio Giolitti e Claudio Pavone per le loro critiche e i loro suggerimenti ; ringrazio , in modo particolare , Luciano Gallino , Michele Salvati e Leo Valiani , le cui osservazioni critiche mi hanno indotto a correggere alcuni errori e a chiarire punti oscuri o incompleti o male espressi . Avverto tuttavia che non si può attribuire agli studiosi ora ricordati nessuna responsabilità per le tesi qui espresse . Paolo Sylos Labini Roma , 15 aprile 1974 Introduzione Il fisico studia gli atomi , ma egli non è un atomo . Il microbiologo studia i microbi , ma egli non è un microbo . L ' economista , non diversamente dal sociologo , studia la società della quale fa parte : egli non è estraneo all ' oggetto del suo studio nel senso particolare in cui si può affermare che lo sia il cultore di scienze naturali . Di conseguenza , lo studioso di discipline sociali nella sua attività intellettuale ( e politica ) è necessariamente condizionato dall ' educazione che ha ricevuto , dall ' ambiente dal quale proviene , dalle sue preferenze circa i movimenti della società in cui vive , in una parola , dalla sua ideologia . Di ciò egli deve essere ben consapevole , proprio per ridurre le distorsioni che nelle sue analisi - addirittura nella scelta stessa dei temi da studiare - può provocare la sua ideologia . Lo studioso di discipline sociali che si crede orgogliosamente " obiettivo " , neutrale , fuori della mischia , è , tutto sommato , un personaggio patetico , perché è vittima di una ideologia senza saperlo e senza possibilità di contrastarne le pressioni . Se lo studioso non può sperare di essere rigorosamente " obiettivo " ( ciò che è impossibile ) , può e deve tuttavia sforzarsi di essere intellettualmente onesto , ossia può e deve cercare di vedere tutti gli aspetti di un determinato problema , anche gli aspetti per lui sgradevoli , e non solo quelli che sono conformi alla sua ideologia o utili per la sua parte politica . Detto tutto questo , credo di dover spiegare ai lettori alcuni frammenti della mia ideologia , nella misura in cui ne sono consapevole : tali indicazioni potranno anche chiarire , spero , il motivo o i motivi che mi hanno indotto ad affrontare questi problemi , ciò che a rigore rappresenta un ' invasione in campo altrui . Indicherò , in particolare , tre punti . Punto primo . La posizione del singolo nella società - in una determinata classe o gruppo sociale - condiziona il suo modo di pensare e di agire , ma non lo determina in modo puntuale . Il singolo può ampliare ( ma non indefinitamente ) i limiti entro cui pensa e agisce proprio attraverso la coscienza e la conoscenza critica della sua posizione nella vita sociale . Per il bene o per il male , la zona discrezionale è specialmente ampia nel caso di coloro che appartengono alle classi intermedie e , ancora più specialmente , nel caso degli intellettuali ; ma tende a crescere anche per coloro che appartengono alle così dette masse , man mano che il livello medio di vita supera il livello di sussistenza ( comunque venga inteso ) . Punto secondo . Con riferimento alla classificazione indicata nella prima tabella ( v . l ' Appendice ) , dal punto di vista economico - sociale chi scrive , che è un professore universitario , si considera membro di una frangia che sta fra la media e la piccola borghesia . Egli è dunque , per diversi motivi , un privilegiato - lo è dal punto di vista economico , lo è dal punto di vista del grado d ' istruzione che ha potuto conseguire grazie alla posizione sociale della sua famiglia e non per virtù " innate " . Ma il privilegio non è , in sé e per sé , un motivo di censura o di vergogna : lo è se è fine a se stesso ; non lo è se viene usato per fini socialmente e civilmente validi - in ultima analisi e in prospettiva , per negare i privilegi stessi . Punto terzo . Chi scrive si considera , politicamente , un onesto riformista - onesto nel senso che non solo crede ma , con le sue modestissime forze , opera per le riforme , specialmente per quelle riforme che possano contribuire a " sgombrare il terreno da tutti quegli impedimenti legalmente controllabili che impacciano lo sviluppo della classe operaia " ( Marx , Prefazione al Capitale , Ed . Rinascita , Roma , 1951 , p . 17 ) . Egli pensa di avere una tale concezione non per una straordinaria nobiltà di animo e per una generosità senza pari , ma semplicemente per ragioni di meditato egoismo : il processo di trasformazione sociale del nostro paese " si muoverà in forme più brutali o più umane secondo il grado di sviluppo della classe operaia " ( Marx ) e , più in generale , secondo il grado di sviluppo delle classi inferiori o subalterne : lo stesso livello civile della nostra società e , in definitiva , della nostra vita quotidiana , dipendono dal grado di sviluppo di queste classi , che nessuna legge soprannaturale ha condannato a rimanere per sempre subalterne . Pur considerandosi un riformista , chi scrive non ha ostilità , ha anzi rispetto , per coloro che vogliono operare da rivoluzionari , a condizione che si tratti di rivoluzionari seri e non di miserevoli parolai o di luridi imbroglioni . E sebbene egli auspichi le riforme non per consolidare il sistema ma per cambiarlo , chi scrive deve ammettere che gli fa difetto la fede rivoluzionaria - la fede nella necessità o nell ' utilità di un grande trauma nel processo di trasformazione sociale . Dopo questa premessa , lunga ma , spero , non inutile , entro nel tema che mi sono proposto . Intendo , in particolare , presentare un breve abbozzo di analisi , anche quantitativa , delle classi sociali considerate , in prima istanza , dal punto di vista economico . L ' obiettivo è di contribuire alla comprensione critica di noi stessi e dei nostri problemi sociali ; oggi , in particolare , è importante cercare di comprendere la natura degli ostacoli che finora hanno in gran parte impedito l ' attuazione delle riforme e il significato delle lotte sociali e politiche e delle alleanze che in queste lotte si stabiliscono fra le diverse classi e sottoclassi . Si tratta solo di un esame preliminare : se il punto di partenza è valido altri potranno elaborare una vera e propria analisi critica della società italiana di cui tutti , ma specialmente gli uomini della sinistra , avvertono oramai un acuto bisogno . I . Tendenze di lungo periodo 1 . Distribuzione del reddito e classi sociali La distribuzione del reddito nazionale costituisce il problema centrale degli economisti classici , particolarmente di Adam Smith e David Ricardo , i quali considerano essenzialmente tre grandi categorie di redditi , ossia tre grandi classi sociali : i proprietari fondiari ( rendita fondiaria ) , i capitalisti agrari , industriali e commerciali ( profitto ) e i lavoratori dipendenti ( salario ) . Per gli economisti classici la rendita urbana costituisce una sottocategoria della rendita fondiaria e l ' interesse è - usando l ' espressione di Smith - un " reddito derivato " : dal profitto nel caso di prestiti alla produzione , da uno degli altri due redditi nel caso di prestiti al consumo ; generalmente , sono i mercanti che fanno prestiti allo Stato o a privati - Marx parlerà poi di " capitalisti monetari " . I classici sono ben consapevoli che esistono i lavoratori indipendenti , al loro tempo molto numerosi : coltivatori diretti ( farmers ) e artigiani ( independent manufacturers ) : costoro ottengono redditi che sono una combinazione di due o tre dei redditi originari sopra indicati ; oggi parliamo di redditi " misti " . Infine , ci sono tutti coloro che percepiscono stipendi o altri compensi dallo Stato o da istituzioni o da " ricchi " : sono tutti lavoratori " improduttivi " , che ottengono redditi derivati ( Smith , Ricchezza delle nazioni , ed. Cannan , Methuen , Londra , 1961 , vol. I , p . 352 , trad. dell ' autore ) : Il lavoro di alcuni dei più rispettabili ordini della società è , come quello dei servitori , improduttivo di ogni valore , e non si fissa o si realizza in alcun oggetto durevole o in alcuna merce vendibile ... Il sovrano , per esempio , e tutti gli impiegati civili e militari che servono sotto di lui , l ' intero esercito e l ' intera marina sono lavoratori improduttivi . Essi sono servitori del pubblico e sono mantenuti con una parte del prodotto annuo dell ' operosità degli altri ... Alla stessa classe appartengono gli ecclesiastici , i giuristi , i letterati di ogni genere , i medici , come pure i commedianti , i buffoni , i musicisti , i cantanti , le ballerine , ecc. Mentre il concetto smithiano di lavoratori improduttivi è stato vivacemente attaccato dai successori degli economisti classici , la tripartizione smithiana dei redditi ( e delle classi ) è stata sostanzialmente accettata e tuttora si ritrova nei libri di testo di economia , anche se in questi libri si parla solo di redditi e non di classi ; l ' unico emendamento , per così dire , riguarda l ' interesse , che è stato elevato al grado di reddito originario , imputabile al capitale e quindi al proprietario del capitale stesso , distinguendolo dal profitto , imputabile all ' imprenditore . ( L ' emendamento è importante e si ricollega ad una certa evoluzione della teoria economica , che oggi è soggetta a critiche sempre più stringenti ; ma su tale questione non mi soffermo ) . Un altro emendamento , che pochi economisti fanno ma che comunque deve essere fatto , riguarda la rendita urbana e i connessi guadagni speculativi : mentre al tempo dei classici era giusto considerare la rendita fondiaria come la categoria principale e la rendita urbana dome una sottocategoria di secondaria importanza , oggi , col tumultuoso sviluppo delle città e , in certi casi , delle megalopoli , occorre rovesciare il giudizio sull ' importanza relativa delle due rendite : oggi gli stessi spostamenti di ricchezza e la rapida formazione di cospicui patrimoni provengono spesso da speculazioni connesse con la rendita urbana , speculazioni nelle quali , oltre il mercato , entra il potere politico , al livello centrale o al livello locale ; di più , quel che avviene in questo campo deturpa molte nostre città , ne rende penosa la vita e concorre grandemente a creare quella carenza di case a basso prezzo e quelle congestioni che , fra l ' altro , facendo salire il costo della vita e sterilizzando una parte del potere di acquisto dei salari , contribuiscono a distorcere e a frenare il processo di sviluppo economico . ( Tuttavia , non va soltanto rivisto il giudizio sull ' importanza relativa sui due tipi di rendite : va rivista la stessa concezione degli economisti classici , anche sulla traccia delle analisi di Marx e di Engels , poiché la natura della rendita urbana è profondamente diversa da quella della rendita fondiaria ) . Come eredità dei classici , è rimasto anche il concetto di reddito misto che , per definizione , costituirebbe una combinazione dei redditi originari . Gli stipendi degli impiegati pubblici continuano ad essere considerati quali redditi derivati , ciò che del resto è ovvio , essendo tali redditi pagati col gettito di tributi o contributi . Già Marx aveva avvertito ( Capitale , libro III , Editori Riuniti , Roma , 1965 , p . 993 ) che quelli che oggi chiamiamo redditi " misti " ( principalmente quelli dei coltivatori diretti , degli artigiani e dei piccoli commercianti ) avevano carattere pre - capitalistico e " solo fino ad un certo punto " potevano essere considerati come una combinazione dei tre redditi originari di Adam Smith . In verità , la teoria tradizionale , che accoglie acriticamente e senza qualificazioni una tale concezione , va riconsiderata a fondo : se fra i redditi " misti " e i tre redditi originari vi sono importanti elementi comuni , vi sono anche differenze profonde : perfino dal punto di vista quantitativo in pratica accade spesso ( e non solo in Italia ) che l ' intero reddito di un piccolo coltivatore diretto , per esempio , che in astratto dovrebbe conglobare rendita , profitto e salario , è inferiore al solo salario medio pagato nel settore industriale moderno . Per una tale revisione critica della teoria dei redditi misti che sono ottenuti dai così detti lavoratori indipendenti ( coltivatori diretti , artigiani , piccoli commercianti , professionisti indipendenti ) , è necessario partire dalla distinzione fra beni che entrano e beni che non entrano in concorrenza con quelli prodotti da unità produttive moderne . Nel primo caso , vi sarà una tendenza alla graduale emarginazione e , a lungo andare , eliminazione dei produttori indipendenti , che appunto soccombono nella concorrenza con le unità moderne : su questa base Marx formulava la sua previsione della tendenziale scomparsa di quei gruppi sociali . Una tale tendenza , che è debole quando è lento lo sviluppo dell ' industria moderna , forte quando questo sviluppo è rapido , può essere deliberatamente frenata dalla classe dominante , per mezzo di leggi e di altri interventi , proprio con l ' obiettivo di una stabilizzazione sociale e politica . Così , in Italia è stato frenato il declino numerico ed economico dei coltivatori diretti , con successo fino alla seconda guerra mondiale , anche per il relativamente lento sviluppo industriale ; in seguito , sia per il processo d ' integrazione economica internazionale , sia per l ' accelerazione dello sviluppo dell ' industria moderna , i freni non hanno più funzionato o , meglio , sono solo serviti a rendere forse meno precipitoso il processo ; in ogni modo , la flessione della massa dei coltivatori è stata non meno rilevante di quella dei salariati in agricoltura - essendo queste le due componenti dell ' enorme esodo agrario che si è verificato nel dopoguerra ( v . la tabella 1.1 ) . Molto più efficaci sono stati e continuano ad essere gl ' interventi a favore dei piccoli commercianti , il cui numero è andato crescendo e continua a crescere praticamente senza interruzione . Riguardo ai coltivatori diretti , il processo di espulsione va studiato , da un lato , con riferimento ai prezzi e ai costi dei prodotti agricoli e , dall ' altro , con riferimento alle possibilità di occupazione ed ai redditi ( particolarmente ai salari ) ottenibili nel settore moderno . Riguardo ai piccoli commercianti , occorre osservare che la concorrenza potenziale non proviene da merci ma da servizi , che potrebbero essere - e in misura nel nostro paese molto modesta sono - forniti da unità commerciali grandi ed efficienti : la legge e , sulla base della legge , gl ' interventi amministrativi spesso semplicemente impediscono a queste unità di sorgere . Inoltre , in queste condizioni - a differenza di quanto accade per le merci - la concorrenza internazionale manca del tutto . Questa è una delle principali ragioni che spiegano il successo degli interventi pubblici a favore dei piccoli commercianti . Nel caso di merci o servizi prodotte da lavoratori s indipendenti che non concorrono ma anzi sono complementari rispetto alle merci o ai servizi offerti dalle ' ' unità moderne , non c ' è quella tendenza al declino , ma anzi la tendenza opposta : ciò appunto si verifica per egli artigiani e i piccoli produttori che forniscono merci o servizi alle grandi unità , le quali cercano di utilizzare questi produttori per il proprio vantaggio . Un fenomeno analogo si verifica anche per le officine per la riparazione di automobili o di elettrodomestici o di altri oggetti o attrezzature domestiche . In ultima analisi , le unità artigianali di tipo moderno sono sempre direttamente o indirettamente satelliti delle grandi o grandissime imprese . In una situazione particolare si trovano i professionisti indipendenti ( specialmente medici , avvocati , ingegneri , architetti ) : molti di questi professionisti sono oramai indipendenti solo di nome , poiché sempre più frequenti sono i casi di rapporti organici con grandi società e con istituzioni pubbliche ; altri , tuttavia , sono effettivamente indipendenti , almeno entro certi limiti . Per questi professionisti , specialmente per quelli che riescono a raggiungere posizioni di rilievo , conviene usare come punto di partenza l ' analisi del monopolio o del quasi monopolio , tenendo conto che i prezzi dei loro servizi - come anche , sostanzialmente , i prezzi dei servizi commerciali - non sono propriamente regolati dal mercato ma sono prezzi " amministrati " sulla base di intese tacite o espresse o di regolamenti di ordini professionali . Vi sono infine gli stipendi degli impiegati , che l ' analisi economica tradizionale assimila ai salari , cosicché la teoria del salario viene ad includere la teoria dello stipendio . Questo punto di vista va radicalmente riconsiderato . Gli stipendi degli impiegati che operano in imprese o aziende pubbliche o private che producono merci o servizi nel mercato aperto rientrano nelle spese generali e sono in qualche modo collegati con l ' attività produttiva , con i costi ed i prezzi , anche se il collegamento è diverso da quello dei salari , che di regola , almeno finora , rientrano nelle spese dirette e variano immediatamente al variare della produzione . Per gli stipendi di questi impiegati valgono , ma solo fino ad un certo punto , le analisi che si possono elaborare per i salari degli operai . In una posizione particolare si trovano gli alti dirigenti delle società per azioni private e pubbliche , i quali ottengono emolumenti che solo per una parte hanno la natura di stipendi : per un ' altra parte - la parte variabile - rappresentano una sorta di partecipazione ai profitti . Inoltre , fra gl ' impiegati conviene distinguere gl ' impiegati amministrativi dai tecnici , che sovraintendono agli impianti , alle macchine e ai laboratori . Per gli stipendi degli impiegati che lavorano in imprese o aziende che non producono merci o servizi per il mercato o che lavorano in pubbliche amministrazioni , i punti di contatto con la logica che regola i salari sono molto indiretti e limitati . Perché il livello degli stipendi degli impiegati pubblici è quello che è ? Perché varia ? Per rispondere a queste domande , occorre certamente considerare , come punto di partenza , il livello e le variazioni degli stipendi degli impiegati privati , così come , per comprendere il livello e le variazioni di questi stipendi , occorre partire dalla considerazione dei salari . Ma è solo il primo passo : analogamente ai lavoratori salariati , che nel periodo moderno non sono affatto costretti al livello di sussistenza , sia pure inteso in senso sociale o storico , anche i lavoratori stipendiati si battono per partecipare nella massima misura possibile al sovrappiù , o reddito nazionale netto , e al suo incremento . Sia i salariati che gli impiegati non si battono solo con l ' arma dello sciopero , ma anche con mezzi più ampiamente politici , principalmente influendo sull ' azione dei partiti che ne rappresentano gl ' interessi per ottenere leggi e interventi amministrativi ad essi favorevoli . L ' azione degli impiegati , tuttavia , è caratterizzata da almeno due importanti elementi differenziali rispetto all ' azione dei salariati , uno a loro vantaggio , l ' altro a loro danno . L ' elemento a loro vantaggio sta nel fatto che la gestione della cosa pubblica , come anche la gestione dei partiti , è in grandissima parte nelle mani di membri della stessa classe alla quale appartengono , la piccola borghesia , particolarmente della piccola borghesia impiegatizia , così che essi trovano i loro punti di forza , più che negli scioperi , nel campo degli interventi legislativi e amministrativi . Sia pure con un significato alquanto diverso , si può ripetere quanto Smith scriveva quasi due secoli fa ( Ricchezza delle nazioni , cit . , II , p . 395 , trad. dell ' autore ) : Gli emolumenti dei funzionari sono forse , nella maggior parte dei paesi , più elevati di quanto occorrerebbe , poiché coloro che amministrano la cosa pubblica sono in generale inclini a remunerare se stessi e i loro immediati dipendenti piuttosto troppo che troppo poco . Questa osservazione tuttavia , se vogliamo prendere Smith alla lettera , vale per gl ' impiegati che dipendono immediatamente dai capi politici e amministrativi , i quali , oltre lo stipendio , hanno anche altri canali per attingere al " sovrappiù " - compensi speciali di vario genere , liquidazioni principesche e pensioni speciali . Vale anche per tutti quei funzionari e impiegati che riescono a conquistare posizioni di quasi monopolio e a difenderle con appropriate barriere istituzionali e legislative ; ciò avviene , nel nostro paese , in certi settori della burocrazia , negli istituti di credito , negli istituti di assistenza e previdenza - prima charitas mea charitas - , in numerosi enti pubblici e in aziende municipalizzate . ( Una particolareggiata analisi quantitativa degli stipendi e dei compensi dei gradi più elevati della burocrazia pubblica e degli enti di tipo pubblico sarebbe molto istruttiva ; ma , per ovvie ragioni , è difficilissima da fare ) . Il risultato delle spinte molteplici e d ' intensità molto differenziata messe in atto dalle diverse categorie di dipendenti pubblici ( in senso lato ) è una impressionante varietà di retribuzioni , che di recente è stata illustrata con tanta efficacia da Ermanno Gorrieri . Questa varietà , a sua volta , costituisce una fonte inesauribile di agitazioni , poiché i gruppi che restano indietro compiono ogni sforzo per avvicinarsi , economicamente , a quelli che sono riusciti ad andare avanti ; in queste agitazioni tutti i gruppi imitano la strategia e le parole d ' ordine dei sindacati operai e qualche volta adottano perfino una fraseologia rivoluzionaria . In queste agitazioni - che si aggravano nei periodi d ' inflazione - prevalgono i gruppi che sono più compatti e più forti , per motivi economici ( posizione di tipo monopolistico nel mercato ) o istituzionali , o politici , o , spesso , per una combinazione di questi motivi . Restano indietro i gruppi più deboli , che generalmente si trovano negli strati intermedi o inferiori degli impiegati pubblici o parastatali . E qui compare l ' altro elemento , quello sfavorevole , che differenzia gl ' impiegati dai salariati : data la minore penosità del lavoro e data la garanzia della stabilità , la pressione dei candidati ai posti del pubblico impiego è forse perfino proporzionalmente maggiore dell ' analoga pressione esercitata da coloro che vogliono diventare salariati - s ' intende , nel settore moderno ; comunque , le resistenze sono minori , perché nell ' amministrazione pubblica sono ben più incerte e indefinite che nelle imprese di produzione le esigenze organizzative e amministrative . Il limite , a rigore , è dato dalla capacità dei bilanci degli organismi su cui quegli impiegati gravano ; ma poiché si tratta di bilanci non collegati direttamente con attività produttive , quel limite è molto elastico . Nello stesso tempo , per ragioni di potere e di stabilizzazione politica , è forte l ' inclinazione dei gruppi dominanti , centrali o locali , a far entrare nella burocrazia quelli che sono o possono diventare loro clienti . Il risultato è , sotto un certo aspetto , sfavorevole per gli strati inferiori e intermedi di impiegati , nel senso che le remunerazioni di questi impiegati , a causa del numero , sono e restano relativamente basse o molto basse . Tuttavia , non va dimenticato che per numerosi impiegati dei gradi inferiori il vantaggio non sta in uno stipendio elevato , ma nel fatto stesso di essere entrati , grazie a favori di tipo politico , nella burocrazia , salvandosi , per così dire , da un lavoro manuale duro e mal remunerato o da condizioni di vera e propria disoccupazione . Esempi di attività in cui le frequenti retribuzioni privilegiate sono imputabili essenzialmente a posizioni di tipo monopolistico ovvero oligopolistico sono l ' industria elettrica il servizio telefonico , le aziende di credito ; gli ospedali , le aziende municipalizzate , le amministrazioni degli enti locali offrono esempi di aree in cui operano , contemporaneamente , fattori economici e fattori politici , specialmente di carattere clientelare . Vi sono dunque nella nostra società numerosi e ampi casi di parassitismo e una fetta non indifferente del reddito nazionale viene sprecata , dal punto di vista economico , in diversi modi , a volte in modi che non comportano semplicemente una redistribuzione , ma anche una riduzione del reddito e una distorsione nella sua composizione : rendite urbane ( con le connesse operazioni speculative che in questo dopoguerra sono all ' origine di numerosi patrimoni di medie e grandi dimensioni ) , guadagni di intermediazione spesso ingiustificabili sul piano strettamente economico , stipendi e compensi ingiustificatamente elevati per i gradi più alti della burocrazia statale e parastatale , stipendi e compensi per persone economicamente inutili . Si tratta , in tutti i casi , di parassitismo economico ; se in molti casi - specialmente nel settore del piccolo commercio e degli impiegati dei gradi inferiori - i guadagni sono magri , ciò non toglie affatto che si tratta , dal punto di vista economico , di guadagni parassitari . Ci sono , oramai , più parassiti e sfruttatori fra i così detti ceti medi che nell ' intera classe capitalistica . ( A rigore , sono da considerare parassitari anche i redditi che vanno a operai di industrie passive , che sono tenute in piedi con sovvenzioni statali ; ma indubbiamente il fenomeno del parassitismo è molto più grave nei settori sopra ricordati di ceti medi ) . Una considerazione a parte meritano i redditi di coloro che hanno occupazioni precarie e saltuarie e , più specificamente , di coloro che appartengono al sottoproletariato ( i quali , tutti , hanno occupazioni precarie ) ; in certi casi si tratta di redditi simili ai salari , ma di regola sensibilmente più bassi ; in altri , di redditi simili a quelli che sono stati definiti redditi " misti " ( commercianti ambulanti ) . In ogni caso si tratta di redditi che , oltre ad essere , considerati nel tempo , fra i più bassi , sono anche incerti ed altamente variabili , ciò che ha conseguenze di rilievo non solo dal punto di vista economico ma anche da quello sociologico . Appare chiaro , ora , quanto siano insoddisfacenti quegli schemi teorici che considerano , sia pure come prima approssimazione , solo due grandi quote , in corrispondenza delle due grandi classi sociali ( proletari e capitalisti ) : si può stimare che la somma dei salari e dei profitti propriamente detti non arrivi neppure al 50% del reddito nazionale ( v . la tabella 3.2 ) . 2 . Cause della diseguaglianza nella distribuzione del reddito In via generale , la diseguaglianza nella distribuzione del reddito può essere oggetto di due critiche distinte , secondo che essa si ricolleghi alla proprietà privata dei mezzi di produzione ovvero alla differenziazione delle attività lavorative . Con riferimento al primo ordine di critiche occorre ammettere , sempre in via generale , che in una società capitalistica la diseguaglianza dipende , alla radice , da un fatto istituzionale , che non può essere modificato se non modificando l ' intero assetto istituzionale ; subordinatamente , ma non marginalmente , dipende dalla forza comparativa , variabile nel tempo , dei gruppi sociali che concorrono alla spartizione del reddito . Nel settore privato di una società capitalistica il fatto istituzionale ( proprietà privata ) ha una rilevanza diretta , mentre nel settore pubblico ha assunto una rilevanza indiretta : nel settore pubblico il reddito viene ottenuto attraverso prelievi di tipo tributario e poi distribuito ai pubblici funzionari secondo leggi e regole che dipendono appunto dall ' assetto politico e istituzionale . Una posizione particolare assume il settore che fa capo alle società per azioni , in cui la proprietà privata dei mezzi di produzione diviene un concetto ambiguo e problematico ; una posizione ancor più particolare assume poi il sottosettore che fa capo a società per azioni a prevalente partecipazione statale . Nell ' intera società , la posizione preminente è quella di coloro che riescono in qualche modo a controllare o quanto meno ad influire sul processo di accumulazione nel settore privato o nel settore pubblico inteso in senso ampio . ( Anche nel collettivismo si può avere una diseguaglianza nella distribuzione del reddito non imputabile ad attività lavorative differenziate nella qualità e nella specializzazione : l ' appropriazione privilegiata di una quota del reddito da parte di alcuni gruppi dipende in questo caso dall ' assetto politico e istituzionale , ma non dalla proprietà privata dei mezzi di produzione , la cui abolizione , da sola , non assicura affatto l ' attuazione del socialismo ) . Le critiche del secondo ordine ( diseguaglianza imputabile alle diverse qualificazioni e specializzazioni ) pongono la questione dell ' accesso ai livelli medi e superiori dell ' istruzione e , più in generale , quella dei rapporti fra distribuzione del reddito e divisione sociale del lavoro : una questione che un tempo fu molto dibattuta fra gli economisti ( per esempio , da Smith e dai suoi epigoni ) , ma che oggi lo è solo eccezionalmente ; è invece studiata da sociologi e da pedagogisti , i quali ultimi per le società più avanzate hanno posto , come prospettiva di lungo periodo , la questione della possibile graduale sostituzione della divisione orizzontale con una certa rotazione verticale del lavoro che quanto meno elimini i lavori più ripetitivi e più umilianti ; naturalmente un tale processo implicherebbe l ' accelerazione e , per certi aspetti , la modifica dell ' evoluzione tecnologica . In una società come quella italiana , questo non sembra un problema urgente , come lo è invece quello delle diseguaglianze nella distribuzione del reddito e del potere economico e politico discendenti da altri motivi ( quelle che ho chiamate diseguaglianze del primo ordine ) . Il pedagogista Visalberghi , tuttavia , sostiene che gli studiosi e gli uomini politici che vogliono vedere lontano e che vogliono operare in vista di una società senza classi debbono porsi il problema fin da adesso anche in Italia . Oggi intanto domina l ' ideologia piccolo - borghese , molto efficacemente descritta da Ermanno Gorrieri : si fa una netta distinzione fra lavoro manuale e intellettuale e si proclama giusto il fatto che il secondo sia remunerato assai meglio del primo e riscuota maggior prestigio , dato che esso si fonda su sacrifici , dispendio di tempo per lo studio e rinuncia a guadagni più immediati . Questo punto di vista - sostiene Gorrieri , a mio parere assai fondatamente - costituisce in ultima analisi una mistificazione : 1 ) perché non è vero che lo studiare comporti sacrifici maggiori che il lavorare ; 2 ) perché " la possibilità di rinviare il momento di guadagnare e di sostenere le spese per gli studi dipende quasi sempre dalle condizioni economiche , della famiglia a cui il giovane appartiene . Nella maggior parte dei casi non si tratta di libera scelta degli interessati ma costituisce un privilegio di cui alcuni possono usufruire e altri no . In pratica , la possibilità di avvio e di riuscita negli studi superiori non rappresenta un ' opportunità offerta a tutti con uguale facilità ; la parità delle condizioni di partenza è ben lontana dal verificarsi nella realtà " . Insomma , non è lecito " il porre un privilegio ( l ' accesso alla cultura ) come legittimazione di un secondo privilegio ( una condizione economica più elevata ) " ( La giungla retributiva , cit . , pp. 251-2 ) . Dunque , in una società come quella italiana , la distribuzione del reddito oggi dipende , congiuntamente , dalla proprietà privata dei mezzi di produzione , dal controllo politico e amministrativo del processo di accumulazione e dai diversi gradi di istruzione e di qualificazione di coloro che lavorano : i tre aspetti in parte si sovrappongono . Si può affermare che la lotta per il potere - economico e politico - in ultima analisi riguarda le modalità e le conseguenze della proprietà privata dei mezzi di produzione e le possibilità di controllare e quindi d ' indirizzare , direttamente o indirettamente , il processo di accumulazione . Si può affermare tutto ciò purché si tenga sempre presente che le tre espressioni al singolare ( " la lotta " , " la proprietà " e " il controllo " ) sono modi abbreviati per indicare realtà estremamente complesse , contraddittorie , differenziate e mutevoli nel tempo . Nei capitoli che seguono mi propongo appunto di presentare elementi utili per un futuro approfondimento critico e particolareggiato di quelle affermazioni : non è da escludere che , una volta compiuto un tale approfondimento , quelle affermazioni , che qui sono assunte come pure ipotesi di lavoro , debbano essere modificate o addirittura sostituite con ipotesi diverse . Sulla base della precedente analisi della distribuzione del reddito possiamo formulare la seguente suddivisione delle classi sociali . I . Borghesia vera e propria : grandi proprietari di fondi rustici e urbani ( rendite ) ; imprenditori e alti dirigenti di società per azioni ( profitti e redditi misti che contengono elevate quote di profitto ) ; professionisti autonomi ( redditi misti , con caratteri di redditi di monopolio ) . IIa . Piccola borghesia impiegatizia ( stipendi ) . IIb . Piccola borghesia relativamente autonoma ( redditi misti ) : coltivatori diretti , artigiani ( inclusi i piccoli professionisti ) , commercianti . IIc . Piccola borghesia : categorie particolari ( militari , religiosi ed altri ) ( stipendi ) . IIIa . Classe operaia ( salari ) . IIIb . Sottoproletariato . Le tre categorie della piccola borghesia corrispondono a quelle che comunemente sono chiamate classi medie La definizione delle classi sociali e del concetto stesso di classe richiederebbe un ' ampia discussione , che qui neppure tento di affrontare . Mi limito a ricordare che le diverse classi e sottoclassi non sono divise da steccati : alcune zone sono terra di nessuno ed esiste una certa mobilità sociale , che presumibilmente è tanto maggiore quanto più rapido è il processo di sviluppo economico . Vi sono , inoltre , numerose persone che ottengono redditi plurimi . Si tratta , per esempio , di professionisti , o di impiegati , o di commercianti , che sono anche proprietari di fondi rustici o urbani ; in questo caso i redditi si sommano e gl ' interessi dei titolari sono molteplici : dal punto di vista economico converrà includere i titolari nella classe o nella sottoclasse in relazione alla fonte del reddito prevalente . Ancora : mentre i " ricchi " sono inclusi tutti nella prima classe , nelle altre troviamo individui " agiati " o " poveri " o addirittura " poverissimi " , secondo il livello del reddito . Se si considera la distribuzione del reddito per classe o sottoclasse , il valore di massima frequenza ( moda ) decresce passando dalla classe economicamente più elevata alle altre ; ma occorre tener presente che , per certi aspetti , può esservi comunanza d ' interessi e quindi solidarietà fra gli strati più elevati o , al contrario , fra quelli più bassi delle diverse classi e sottoclassi - dove il concetto di alto o basso , naturalmente , è riferito al livello del reddito . Tuttavia , da un punto di vista più ampio di quello strettamente economico si debbono considerare i legami dovuti al tipo di cultura , al modo di vita e all ' ambiente ( per esempio : grandi città e piccoli centri , città e campagna ) . Infine , occorre considerare la dinamica e quindi anche la storia precedente di ciascuna classe o sottoclasse ; da questo punto di vista , le stesse classi e sottoclassi appaiono profondamente diverse nelle regioni settentrionali rispetto alle regioni meridionali del nostro paese ; e le differenze diventano ancora più grandi quando si considerano paesi diversi . Per distinguere le diverse classi sociali il reddito è dunque un elemento importante , ma non tanto per il suo livello , quanto per il modo attraverso cui si ottiene ; tale modo si riflette nell ' ambiente e nel tipo di cultura ed è condizionato dalla storia precedente della società di cui le classi costituiscono parti integranti . " Con riferimento alla divisione delle società in classi , il " modo " è rilevante in quanto attiene ai rapporti di potere , e cioè in quanto indica attraverso quali forme di lotta per il potere si determina , o si concorre a determinare , una certa distribuzione del reddito e un certo tipo di accumulazione , ossia di sviluppo del reddito stesso " [ Queste osservazioni , riportate fra virgolette , mi sono state espresse , in una lettera , da Antonio Giolitti : ho ritenuto utile riportarle testualmente ] . Tenendo ben presenti queste avvertenze , può essere utile riflettere sulla distribuzione quantitativa del reddito fra le diverse classi e sottoclassi sociali in Italia . Le stime ( tabelle 3.1 e 3.2 ) riguardano il 1971 e rappresentano semplici ordini di grandezza : mi sono deciso a presentarle solo perché spero che esse possano provocare indagini più approfondite . 3 . Tendenze delle classi sociali L ' analisi quantitativa delle classi e sottoclassi sociali nel nostro paese mostra che il fenomeno più rilevante è il fortissimo aumento della piccola borghesia impiegatizia e commerciale : da meno di un milione su 16 milioni di occupati al principio del secolo ad oltre 5 milioni su 19 milioni di occupati . Prima di considerare i motivi di questa enorme espansione , dobbiamo considerare insieme le tendenze quantitative che emergono dalla prima tabella . L ' aspetto più impressionante è che , nel corso del tempo , le quote delle tre grandi classi sociali , pur fra qualche oscillazione , mostrano una fondamentale stabilità . Questa stabilità , tuttavia , è il risultato di variazioni contrastanti delle quote delle sottoclassi . In particolare , la relativa stabilità della quota imputabile alla piccola borghesia nel suo complesso è il risultato di un forte aumento della quota relativa alla piccola borghesia impiegatizia ( dal 2% nel 1881 al 17% nel 1971 ) , accompagnato da un ' altrettanto forte diminuzione della quota relativa alla piccola borghesia relativamente autonoma ( dal 41 al 29% ) ; ed anzi la diminuzione di quest ' ultima quota sarebbe stata anche maggiore se non ci fosse stato l ' aumento ( interno a questa sottoclasse ) nel numero dei commercianti . Analogamente , la relativa stabilità della quota relativa alla " classe operaia " è il risultato di una somma algebrica fra la forte flessione della quota dei salariati agricoli ( dal 36 al 6% ) e un aumento non meno rilevante nella quota dei salariati che lavorano in attività extra - agricole ( dal 17 al 42% ) . La borghesia vera e propria costituisce in tutto l ' arco del periodo considerato una quota esigua : dal 2 al 2,5% . Anche in questo caso particolare la quota è relativamente stabile , come relativamente stabile , anche se di meno , è il livello assoluto . Tuttavia , se le cifre cambiano poco , cambiano profondamente i contenuti : questa osservazione vale per tutte le classi , anche per quelle in forte espansione , ma vale con particolare forza per la borghesia . I grandi proprietari agrari , che nel secolo scorso avevano grande peso sociale e politico , oltre che economico , oggi hanno una modesta rilevanza . Gl ' imprenditori proprietari o comproprietari di grandi e medie imprese ( quelli che posseggono piccole o piccolissime imprese sono inclusi fra gli artigiani ) hanno pur sempre importanza , anche se la loro posizione relativa è mutata , mentre grandemente accresciuto è il peso dei dirigenti delle grandi imprese private e pubbliche organizzate nella forma di società per azioni , dei gruppi finanziari che in certi settori controllano queste imprese e dei grandi organismi pubblici di produzione e di erogazione . Oramai , coloro che dirigono i grandi complessi produttivi e finanziari non ne sono proprietari che in piccola parte , quelli che dirigono i grandi organismi pubblici sono ovviamente esclusi dalla proprietà di quegli organismi : la separazione fra proprietà e direzione è andata molto avanti nel settore moderno dell ' economia italiana . Se l ' espressione " neocapitalismo " ha un significato preciso , è appunto questo : un ' economia che nell ' industria e nella finanza è dominata da gruppi di società per azioni private e pubbliche e da enti pubblici , i cui massimi dirigenti ( i generali ) " s ' identificano " col gruppo o con la società o con l ' ente , mentre gl ' impiegati esecutivi ( gli ufficiali subalterni che hanno i rapporti diretti con i sergenti e i soldati ) sono tagliati fuori dai processi decisionali e i dirigenti intermedi in parte diventano " fiduciari " dei massimi dirigenti e in parte seguono la sorte degli impiegati esecutivi . La piccola borghesia relativamente autonoma , ossia la piccola borghesia tradizionale , costituita nella massima parte da contadini proprietari , da artigiani e da piccoli commercianti , è andata via via diminuendo nel numero , come aveva previsto Marx . Ma questa flessione è imputabile esclusivamente ai contadini proprietari ( coltivatori diretti ) , che , insieme con numerosi salariati , hanno abbandonato l ' agricoltura . Secondo Marx , anche gli artigiani e i piccoli commercianti sarebbero dovuti diminuire , progressivamente eliminati dalla concorrenza delle grandi unità moderne . Ora , questo fenomeno ha avuto luogo per l ' artigianato domestico ( se ne ha un chiara traccia nel periodo che va dal 1881 al 1901 ) e , comunque , per l ' artigianato di tipo antico , un artigianato produttore di merci che entravano in concorrenza con quelle sempre più efficientemente prodotte dalle imprese moderne ( tessuti , scarpe , mobili , oggetti di vestiario , prodotti dell ' industria alimentare ) : un tale processo si è svolto e tuttora si sta svolgendo , soprattutto nel Mezzogiorno . Ma , accanto a questo processo di crisi dell ' artigianato di tipo antico , si è andato sviluppando un artigianato di tipo nuovo , che non solo non è danneggiato dallo sviluppo dell ' industria moderna ma se ne avvantaggia , poiché produce merci e , più ancora , servizi , che sono complementari rispetto ai prodotti dell ' industria moderna . Il risultato delle contrastanti tendenze , l ' una col segno meno l ' altra col segno più , è una relativa stazionarietà negli ultimi decenni nelle dimensioni di questo gruppo sociale . La massa dei piccoli commercianti , invece , non solo non è diminuita ma è andata crescendo , grazie soprattutto alla protezione concessa dall ' autorità politica , protezione che in questo caso ha avuto pieno successo . La classe operaia nelle attività extra - agricole è andata sensibilmente crescendo dal 1881 al 1921 , corrispondentemente allo sviluppo del primo nucleo di capitalismo industriale moderno , soprattutto nelle regioni settentrionali , e poi dal 1936 al 1961 . In ogni modo , le variazioni quantitative , che finora sono state trascurate da quasi tutti gli studiosi , vanno considerate con spirito critico e sempre in congiunzione con le variazioni qualitative . Così , dalla tabella 1.1 appare che la borghesia vera e propria numericamente è cresciuta assai poco negli ultimi novant ' anni . Ma non solo si deve tener conto che il peso delle singole categorie è profondamente variato nel corso del tempo ; si deve anche tener presente che questa classe aveva , nel suo complesso , ben altri poteri e ben altra influenza verso la fine del secolo scorso , quando una bassissima percentuale di adulti aveva il diritto di voto e quando i sindacati dei lavoratori erano nella difficilissima fase della loro formazione . In quel tempo la gestione politica e amministrativa era molto più semplice di quanto sia diventata poi , specialmente dopo la seconda guerra : la classe dominante era divisa , nel suo interno , da precisi contrasti d ' interessi ; e la vita politica risultava essenzialmente dallo scontro e poi dai compromessi dei diversi gruppi d ' interessi operanti nell ' ambito della classe dominante . Oggi , soprattutto per l ' enorme espansione numerica e per l ' aumento del peso politico della piccola borghesia e per il fortemente accresciuto peso politico della classe operaia , i contrasti sono molto più differenziati e l ' intera gestione della società è divenuta di gran lunga più complessa di quanto fosse nel passato . Su un piano diverso , occorre poi osservare che le variazioni numeriche che si riscontrano nelle diverse classi sono di difficile interpretazione , a causa dei processi di travaso fra una classe e l ' altra e a causa dei movimenti della popolazione . Questo processo e questi movimenti rendono incerte le illazioni , anche nei casi di rilevanti variazioni numeriche , come quelle che si sono verificate , dopo la seconda guerra mondiale , nelle categorie di coloro che esplicano attività di tipo agricolo ( coltivatori diretti e salariati , fissi e giornalieri ) . Può essere utile , tuttavia , riflettere sulle seguenti cifre , che in sintesi indicano , da un lato , la riduzione della popolazione attiva in agricoltura e quindi l ' entità dell ' esodo agrario negli ultimi due decenni e , dall ' altro , l ' espansione di certe categorie sociali che svolgono attività extra - agricole . Le cifre sono espresse in milioni : Coltivatori Borghesia Impiegati Commercianti diretti ed altri -3,7 +0,1 +1,4 +0,6 = -1,6 Salariati agricoli Salariati nelle attività extra - agricole -1,1 +2,2 = +1,1 - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - Occupazione totale -0,5 Queste cifre ( ricavate dalla tabella 1.1 ) non consentono illazioni precise e inequivocabili , a causa del carattere molto approssimativo dei dati e a causa di processi di travaso fra le classi . Tuttavia è possibile ricavare alcune indicazioni di larga massima : - numerosi contadini proprietari , o i loro figli , " salgono " nelle categorie impiegatizie o , in misura molto piccola , al livello della borghesia vera e propria , ovvero si spostano nella categoria dei commercianti e di altri lavoratori autonomi ; - altri contadini , o i loro figli , come anche la massima parte dei salariati agricoli , diventano salariati in attività extra - agricole . Conviene ricordare che per i salariati che lasciano le campagne l ' edilizia costituisce una specie di sala d ' attesa : l ' intento è trovare impiego nell ' industria manifatturiera . Se l ' edilizia entra in crisi , molti di coloro che lavorano in tale attività ritornano nelle campagne o vanno a popolare , come sottoproletari , le bidonvilles e i quartieri poverissimi delle città ( molti sottoproletari , comunque , vivono fra occupazioni saltuarie nell ' edilizia e piccoli traffici di vario genere ; v . l ' interessante monografia di Giulio Salierno , Il sottoproletariato in Italia , Samonà e Savelli , Roma , 1972 ) . Poiché un ' elevata quota dei salariati che lasciano l ' agricoltura proviene dalle regioni meridionali , appare qui una importante sovrapposizione fra esodo agrario ed emigrazione dal Sud al Nord . Presumibilmente , i contadini proprietari , che " scendono " e diventano salariati , appartengono agli strati più poveri , mentre i contadini che " salgono " appartengono agli strati relativamente più benestanti , che sono in grado di istruirsi o di fare istruire adeguatamente i loro figli . Di " proletarizzazione " in senso stretto si può parlare solo per quei contadini proprietari che diventano salariati . Come risulta dalle cifre indicate sopra , ha luogo , sempre negli ultimi venti anni , una flessione dell ' occupazione circa 500 mila persone . Questa flessione , che dal punto di vista puramente statistico dipende dal fatto che l ' esodo agrario è maggiore dell ' aumento dell ' occupazione nelle attività extra - agricole , è imputabile principalmente alla flessione netta dell ' occupazione femminile in agricoltura : le donne che lasciano le campagne , ove svolgono attività ausiliarie , quando vanno in città insieme con i mariti o con i padri non trovano lavoro a causa del basso grado d ' istruzione e di qualificazione ed a causa delle particolari caratteristiche della domanda di lavoro femminile , che , nella domanda complessiva , costituisce la frazione marginale : due fatti , questi , che sono fra loro interdipendenti e che , per l ' estensione che raggiungono nel nostro paese , sono di natura essenzialmente patologica . In complesso , e facendo riferimento alla classificazione qui adottata , sembra che negli ultimi venti anni l ' esodo agrario si traduca in larga misura a spostamenti interni alle classi : da un lato molti contadini , o i loro figli , abbandonano le campagne ma restano nell ' ambito di quella che qui è stata chiamata piccola borghesia ( impiegatizia o relativamente autonoma ) ; dall ' altro lato , i salariati che lasciano l ' agricoltura , o i loro figli , restano nell ' ambito della " classe operaia " ( e del sottoproletariato : v . la tabella 4.4 ) . Tuttavia , anche gli spostamenti interni alle classi hanno grande rilievo dal punto di vista dell ' equilibrio sociale , poiché molto diversi sono gl ' interessi e gli atteggiamenti politici prevalenti nelle sottoclassi coinvolte . Gli spostamenti fra l ' una e l ' altra classe riguardano l ' ascesa di un certo numero , molto esiguo , di contadini proprietari verso la borghesia propriamente detta e , in misura più consistente , la discesa di un buon numero di contadini proprietari ( presumibilmente : contadini poveri ) verso il proletariato extra - agricolo . Infine , una parte dell ' esodo si traduce in flessione netta dell ' occupazione complessiva . La tendenza dell ' occupazione a diminuire merita un commento particolare . Estendiamo l ' orizzonte temporale . Dal 1881 al 1921 il livello assoluto dell ' occupazione cresce in misura rilevante : da 16,3 a 20,4 milioni . Dal 1921 al 1961 quel livello subisce fluttuazioni molto modeste e , tutto sommato , varia relativamente poco . La flessione del livello assoluto si profila nell ' ultimo decennio , non per un ' accelerazione dell ' esodo agrario , ma a causa dell ' indebolimento dello sviluppo industriale . Come conseguenza di questi andamenti , la quota della popolazione attiva sulla popolazione totale che nel 1881 superava il 55% , oggi non raggiunge il 36% . Questa flessione va attribuita , in parte , a cause di natura fisiologica , come l ' aumento della scolarità e il ritiro volontario dal mercato del lavoro di un certo numero di persone anziane per il miglioramento delle pensioni . Ma per una quota non piccola , anche se non facilmente misurabile , si tratta di un fenomeno patologico : lo sviluppo della domanda di lavoro è troppo debole e la struttura di questa domanda non è quella socialmente desiderabile . 4 . Nord , Centro e Sud L ' evoluzione economica e sociale non è un processo uniforme ed equilibrato in nessun paese e da nessun punto di vista , neppure dal punto di vista territoriale ; meno che mai è uniforme nel nostro paese , dove il contrasto fra Nord e Sud costituisce il più grave problema nazionale ; inoltre , come si è già osservato , le stesse classi hanno connotati diversi nelle diverse regioni del nostro paese . Ma prima di soffermarci , schematicamente , su alcuni aspetti qualitativi consideriamo , nelle grandi linee , gli aspetti quantitativi ( v . le tabelle 1.3 , 1.4 , 1.5 e 1.6 ) . La fondamentale stabilità delle tre grandi classi sociali , che avevamo notato esaminando i dati nazionali , si nota anche al livello delle tre circoscrizioni ( Nord , Centro e Sud ) , sebbene a questo livello le oscillazioni risultino più accentuate . Anche per queste circoscrizioni vale l ' osservazione che le variazioni più importanti hanno luogo all ' interno delle classi medie e della classe operaia : flessione dei lavoratori autonomi ed aumento degli impiegati ; flessione dei salariati in agricoltura ed aumento dei salariati nelle altre attività , specialmente nell ' industria . Queste flessioni e questi aumenti , che sono l ' espressione di un processo di " modernizzazione " , hanno luogo in tutte e tre le circoscrizioni ; ma , com ' era da attendersi , nel Nord sono molto più accentuati . Soffermandoci sulla situazione attuale , è importante osservare che oggi , nel Sud , la quota degli impiegati privati - che sono direttamente collegati con la produzione - è sensibilmente inferiore a quella nazionale e , ancor più , a quella del Nord . Il quadro si rovescia se si considerano gl ' impiegati pubblici : nel Sud la quota è maggiore della media nazionale ed è molto maggiore di quella del Nord . Le quote risultano tutte spostate in alto di un punto e mezzo o due punti se invece degli impiegati pubblici si considerano i dipendenti della pubblica amministrazione , i quali includono anche i militari e i salariati . Ecco le percentuali sulla popolazione attiva : Nord 7,2 , Centro 12,8 , Sud 10,5 , media nazionale 9,2 . Poiché nel Sud , che è un ' area arretrata , c ' è relativamente meno da amministrare che nel Nord e poiché la quota del Centro è spinta in alto dalla burocrazia ministeriale ubicata a Roma , appare chiaro che la quota del Sud è patologicamente elevata . Quanto ai professionisti , è interessante rilevale che la quota degli avvocati sulla popolazione nel Sud è pari a circa il doppio di quella del Nord ( 0,30 contro lo 0,15% ) . Questo è il risultato di due spinte : da un lato , la scarsezza di sbocchi professionali e quindi l ' affollamento di questa come di certe altre professioni ; dall ' altro lato , la litigiosità nel campo economico , che è tanto più alta quanto più povera è l ' economia e quanto più stentato e diseguale e il suo sviluppo . Consideriamo ora la classe operaia . Nell ' agricoltura i salariati rappresentano il doppio della media nazionale ( 6,2% ) ed oltre tre volte la quota del Nord . Viceversa i salariati dell ' industria , esclusa l ' edilizia , nel Sud rappresentano una quota pari alla metà della media nazionale ( 25% ) ed a poco più di un terzo della quota del Nord . A causa dell ' esodo agrario , negli ultimi vent ' anni i contadini proprietari ( più i mezzadri e i fittavoli ) e i salariati si riducono sensibilmente . È da notare che la velocità assoluta e relativa dell ' esodo agrario nel Sud è paragonabile a quella dell ' esodo che ha avuto luogo nel Nord e nel Centro , sebbene le occasioni di lavoro extra - agricolo , in queste due aree , fossero molto maggiori e sebbene l ' emigrazione in regioni lontane ( o all ' estero ) sia molto più dolorosa , umanamente , di spostamenti nell ' ambito della stessa regione . Questo fatto è chiaramente la conseguenza delle condizioni di miseria e di deficienza e di precarietà delle occupazioni , soprattutto nelle zone agrarie dell ' interno . L ' esodo agrario e l ' emigrazione , insieme con lo sviluppo molto fiacco della domanda di lavoro fuori dall ' agricoltura , spiegano l ' agghiacciante caduta nel Sud , ben più grave che nel Centro e nel Nord , del tasso di attività . Esodo agrario in parte patologico , ipotrofia dell ' industria moderna , ipertrofia del pubblico impiego : sono queste le caratteristiche economico - sociali del Mezzogiorno . In generale , la flessione dei gruppi sociali legati all ' agricoltura e l ' accrescimento di quelli urbani tende ; ad aggravare l ' instabilità politica , almeno in una prima lunga fase . D ' altra parte , l ' ipertrofia dell ' impiego pubblico accompagnata all ' ipotrofia dell ' impiego privato tende , come sempre , in linea generale , a rafforzare le posizioni della conservazione , poiché gli impiegati privati , quando sono collegati alla produzione e , in particolare , alle fabbriche , tendono ad essere politicamente più " progressisti " dei loro colleghi del settore pubblico , ove prospera il clientelismo . Tutto questo è grave e preoccupante , ma è comprensibile : in una situazione economica come quella meridionale , la domanda di lavoro extra - agricolo cresce lentamente ; soprattutto i giovani appartenenti ai ceti medi impiegatizi e professionali , o i giovani appartenenti ai ceti medi costituiti dai lavoratori relativamente autonomi ( specialmente artigiani e contadini proprietari ) , che non vogliono o non possono trovare impiego nelle attività dei loro padri , premono in tutti i modi per ottenere un posto , un impiego , dopo essersi muniti di un diploma o di una laurea . In queste condizioni , le fortune stesse degli uomini politici sono legate alle loro capacità di procurare " posti " ; ed i " posti " spesso vengono assegnati in gran parte in modo indipendente dalla capacità delle persone . Si tratta di posti a livelli umili - per il così detto personale d ' ordine e esecutivo - e si tratta , in minor misura , di posti a livelli relativamente elevati che specialmente negli enti locali comportano stipendi buoni , relativamente agli altri lavoratori e relativamente alla situazione economica . Domina dunque , nel Mezzogiorno , il clientelismo politico e amministrativo . Gli stessi partiti di sinistra , quelli che hanno la falce e il martello e magari un libro come simbolo , rimangono inquinati da una tale situazione . Il clientelismo piccolo - borghese rischia di travolgere anche questi partiti , che in teoria dovrebbero costituire , in primo luogo , l ' espressione dei contadini più poveri e dei salariati agricoli ( falce ) e dei lavoratori salariati nell ' industria ( martello ) . In realtà , questi partiti , almeno negli organismi centrali , sono gestiti e diretti da piccoli borghesi , più o meno illuminati : l ' elogio del " proletario " , la proclamazione della sua egemonia , spesso diventano una maschera della situazione reale , in cui l ' egemonia è dei piccoli borghesi : molto libro , poco martello , pochissima falce . La verità è che i piccoli borghesi hanno conquistato l ' elettorato attivo e quello passivo , mentre gli uomini della falce e del martello di regola hanno solo l ' elettorato attivo . Le critiche ed anzi le invettive che Gaetano Salvemini scaglia contro la piccola borghesia meridionale sono dunque largamente valide anche oggi . Ecco qualche citazione : " La vita pubblica nel Mezzogiorno è assolutamente impraticabile per chi non sia una canaglia (...) . Va da sé che le lotte fra le fazioni non hanno nessun contenuto né sociale né politico . Si tratta di clientele concorrenti in cui si scinde l ' unica classe dominante (...) . Se qualcosa c ' è da dire sugli ideali dei vari eserciti in lotta , è che tutti hanno lo stesso ideale : togliersi un po ' di fame sul bilancio del comune " ( La piccola borghesia intellettuale nel Mezzogiorno d ' Italia , saggio del 1911 incluso nel volume Movimento socialista e questione meridionale , Feltrinelli , Milano , 1963 , pp. 487-93 ) . Nel nostro tempo , in alcuni centri meridionali ove si sono insediate grandi imprese si è creato un peculiare modus vivendi , di tacita divisione di attività fra la piccola borghesia locale e i dirigenti delle nuove unità industriali : i piccoli borghesi locali si occupano dell ' amministrazione pubblica , assai spesso con metodi clientelari non molto diversi dagli antichi , e i dirigenti si occupano dell ' attività produttiva : sfortunatamente , non c ' è stata , o non c ' è ancora stata , una vera integrazione su un livello moderno e civilmente accettabile ( A . Graziani , Il Mezzogiorno nell ' economia italiana degli ultimi anni , nel volume Nord e Sud nella società e nell ' economia italiana di oggi , Atti del convegno promosso dalla Fondazione Luigi Einaudi , Torino , 1968 , spec . pp. 34-7 ) . Dal principio del secolo ad oggi , dunque , le condizioni della vita pubblica sembra siano mutate più nella forma che nella sostanza . In gran parte le cose stanno proprio così . Tuttavia , se l ' osservatore riesce a dominare le sue emozioni e l ' angoscia e la rabbia di fronte ad uno spettacolo spesso barbaro ed incivile , egli deve riconoscere che molte cose sono cambiate anche nella sostanza ; ed i cambiamenti hanno avuto luogo non solo nelle campagne ( le condizioni economiche dei contadini sono molto migliorate ed il loro numero è fortemente diminuito per via dell ' emigrazione ) , ma anche nelle città dove , in certi casi , sono sorti nuclei piccoli ma dinamici di classe operaia moderna . I ceti medi impiegatizi e professionali , che sono in forte espansione , destano le maggiori preoccupazioni poiché costituiscono il terreno ideale per la coltura e lo sviluppo dei virus del clientelismo , che diventa mafia quando assume connotati criminali . Tuttavia , perfino in quest ' ambito vi sono cambiamenti rilevanti o almeno potenzialmente rilevanti , grazie all ' accresciuta mobilità delle persone ed al miglioramento del livello culturale e grazie alle conseguenze dell ' irrobustimento dei sindacati , a cominciare da quelli degli operai , irrobustimento che rende più difficili di quanto fossero ai tempi di Salvemini le prevaricazioni e gli abusi sistematici . È legittimo sperare che , lottando molto duramente , cambiamenti più vasti e profondi possano essere , attuati ; ma occorre tener sempre ben presente che assai grave è il peso della storia recente e , ancor più , il peso della storia passata : non bisogna farsi nessuna illusione sui tempi e sugli sforzi necessari . 5 . Marx e la piccola borghesia Mentre Marx aveva esattamente previsto la flessione della piccola borghesia agraria e dell ' artigianato di tipo antico , bisogna dire che egli non aveva previsto né lo sviluppo dell ' artigianato di tipo nuovo né l ' enorme espansione della piccola borghesia impiegatizia e commerciale . È vero : in un passo sovente citato della Storia delle teorie economiche ( Einaudi , Torino , 1935 , vol. II , p . 634 ) Marx , dopo aver notato che il progresso tecnico fa aumentare il reddito netto , afferma che questo aumento a sua volta dà luogo ad una " costante espansione delle classi che si trovano in mezzo fra gli operai da un lato ed i capitalisti e i proprietari fondiari dall ' altro , le quali in gran parte sono mantenute direttamente dal reddito e , mentre gravano sulla sottostante base lavoratrice , accrescono la sicurezza e la potenza sociale dei diecimila soprastanti " . Tuttavia , questa osservazione rimane isolata ; sembra che Marx attribuisca maggiore importanza ad un ' altra conseguenza del progresso della tecnica in regime capitalistico , una conseguenza che egli considera nel primo libro del Capitale ( l ' unico che abbia rivisto e completato per la pubblicazione ) : " lo straordinario aumento raggiunto dalla forza produttiva nelle sfere della grande industria - egli scrive - permette di adoperare improduttivamente una parte sempre maggiore della classe operaia e quindi di riprodurre specialmente gli antichi schiavi domestici sotto il nome di " classe di servitori " , come camerieri , serve , lacchè , ecc . , sempre più in massa " ; e per suffragare le sue tesi si ferma ad esaminare alcune statistiche inglesi ( libro I , Editori Riuniti , Roma , 1952 , vol. II , pp. 154-5 ) . La prima osservazione , quella riguardante le classi medie , era sulla strada giusta ; lo stesso non si può dire della seconda : a quanto pare la tendenza all ' aumento dei servitori durò pochi decenni e fu poi sostituita da una tendenza opposta ( v . le tabelle 1.1 e 2.1 ) . In ogni modo , la " questione dei domestici " , pur essendo apparentemente umile , presenta interesse , poiché ha fatto parte integrante di un certo modo di vita e riveste comunque rilevanza nelle famiglie della media e piccola borghesia ( per quelle della grande borghesia la questione si pone in termini assai diversi ) . La questione delle classi medie , pressoché ignorata da Marx sul piano dell ' elaborazione concettuale , è stata acutamente e ripetutamente discussa da un grande pensatore che si dichiara seguace di Marx e cioè da Mao Tse - tung ( v . specialmente il saggio Analisi delle classi sociali cinesi incluso nel I volume delle Opere scelte , Casa editrice in lingue estere , Pechino , 1969 ) . Quell ' accenno all ' espansione delle classi medie , dunque , resta isolato , come restano isolate altre osservazioni - geniali , considerando il tempo in cui Marx scriveva - sui dirigenti industriali ( managers ) e sui tecnici . Riguardo alle classi medie sembra che tanto le conseguenze analitiche quanto le conseguenze politiche rimangano , per Marx , quelle che egli insieme con Engels considerava nel Manifesto , nel quale prospettava il declino , fin quasi alla sparizione in quanto forza sociale e politica , della piccola borghesia , che nello stesso Manifesto è vista come una classe composta da contadini proprietari , artigiani e piccoli commercianti . Nelle opere storiche concrete ( per esempio : Le lotte di classe in Francia dal 1848 al 1850 , Il 18 brumaio di Luigi Bonaparte ) , Marx considera diverse classi e sottoclassi e mostra di essere ben consapevole del ruolo della piccola borghesia . Egli mette in rilievo i conflitti fra la borghesia industriale moderna , da un lato , e la borghesia agraria e quella finanziaria dall ' altro : è la lotta fra il nuovo ed il vecchio nel seno stesso della classe dominante , la lotta attraverso la quale la borghesia industriale cerca di imporre il suo predominio ; le altre frazioni della borghesia , a loro volta , cercano di allearsi alla piccola borghesia . Ma la piccola borghesia di Marx è essenzialmente quella di tipo tradizionale , che nel tempo avrebbe subito una " inevitabile decadenza " , così come le altre frazioni della grande borghesia avrebbero progressivamente perduto d ' importanza , lasciando libero il campo ai due grandi protagonisti - antagonisti : la borghesia industriale e il proletariato industriale . La successiva evoluzione delle classi sociali non ha corrisposto alla previsione di Marx . Il fatto nuovo più rilevante nell ' evoluzione delle classi nel nostro paese , come anche negli altri paesi che si sono andati sviluppando secondo lo schema capitalistico , è stato appunto l ' enorme espansione della piccola borghesia impiegatizia e , in via subordinata , di quella commerciale . Se la borghesia vera e propria ( la grande e media borghesia ) può essere quasi certamente considerata come una classe sia dal punto di vista sociale sia da quello politico ; e se la classe operaia , anche in seguito allo sviluppo di molte imprese moderne e alla forte flessione dei salariati agricoli , comincia probabilmente ora ad assumere i caratteri di una classe , almeno nel suo nucleo più omogeneo ( salariati dell ' industria moderna ) , la piccola borghesia - i ceti medi - non sono propriamente una classe : si può parlare , al massimo , di una quasi classe , che possiede alcune solidarietà di fondo ( per ragioni economiche e culturali ) , ma che è suddivisa in tanti e tanti gruppi , con interessi economici diversi e spesso contrastanti , con diversi tipi di cultura e con diversi livelli di quella che si potrebbe chiamare moralità civile . È stato sostenuto , soprattutto da studiosi marxisti , che è in atto un processo di proletarizzazione ( culturale e politica , più che economica ) dei ceti medi . Per contro , è stato sostenuto , da critici del marxismo , che è in atto un processo di " integrazione " e di imborghesimento ( economico , culturale e politico ) della classe operaia . Non posso entrare in tali questioni , che sono state dibattute a lungo dai sociologi e continuano ad essere discusse . Tuttavia , considero false entrambe le tesi se ad esse si vuole attribuire validità generale : è vero , invece , che certi strati dei ceti medi tendono a proletarizzarsi , così come è vero che tendono a imborghesirsi alcuni strati superiori della classe operaia . È possibile che il processo di proletarizzazione di certi strati dei ceti medi compia rapidi progressi ( v . oltre , parte I , cap . 7 ) ; ed è possibile al contrario che il processo d ' imborghesimento col tempo si estenda addirittura a tutta la classe operaia ; come è possibile che tutto ciò non avvenga . Quel che è certo è che oggi la classe operaia italiana è ancora molto arretrata : sono ancora numerosi i salariati agricoli , fissi e giornalieri ( braccianti ) ; numerosi sono anche gli occupati nell ' edilizia , un ' attività dispersa e in gran parte arretrata . Nell ' industria , inclusa l ' edilizia , gli operai occupati in unità con oltre 100 addetti - le unità industriali moderne - sono circa 2 milioni ( poco più di un quinto dell ' intera classe operaia : v . le tabelle 4.2 e 4.3 ) . Al polo opposto vi sono oltre 3 milioni e mezzo di occupati precari , tre quarti dei quali si trovano nel Mezzogiorno , dove tuttavia vive soltanto un terzo della popolazione totale ( nella tabella 1.1 gli occupati precari e , in particolare , i sottoproletari non sono considerati separatamente ; alcune stime di larga massima sono indicate nella tabella 4.4 ) . Ricordiamoci poi che oltre il 70% di coloro che appartengono alle forze di lavoro al massimo ha la licenza elementare ; e si deve presumere che in gran parte queste persone siano lavoratori salariati ( vedi la tabella 6.2 ) . Il quadro è spaventoso ; ma la politica dello struzzo non ha mai giovato a nessuno . 6 , La rapida espansione della burocrazia privata e pubblica Perché è cresciuta tanto la piccola borghesia impiegatizia ? Principalmente per tre ragioni . In primo luogo , per il progresso tecnico e organizzativo , che ha portato ad un continuo aumento nelle dimensioni e quindi ad una " burocratizzazione " di molte imprese ed ha dato luogo alla formazione e allo sviluppo di nuovi uffici pubblici per amministrare tutti quegli interventi necessari per sostenere lo sviluppo delle grandi imprese o per puntellare o " salvare " quelle grandi imprese che si venivano a trovare in difficoltà . Al tempo stesso , diverse grandi imprese , salvate appunto nei periodi di crisi ovvero create dall ' autorità pubblica per sostenere lo sviluppo del reddito e dell ' occupazione , sono diventate imprese pubbliche e gl ' impiegati sono entrati a far parte di una burocrazia di tipo nuovo , formalmente privata ma sostanzialmente pubblica ( nella tabella 1.1 questi sono inclusi fra gli impiegati privati ) . In secondo luogo , è stato creato e poi progressivamente allargato un gran numero di organismi e di uffici pubblici per amministrare le così dette spese di trasferimento ( che oggi rappresentano circa il 40% del bilancio pubblico ) : è questo il risultato di una vasta opera di " mediazione " ( l ' espressione è di Augusto Illuminati ) , attuata dalla classe dominante per stabilizzare il sistema sociale dando , sia pure in parte , soddisfazione alle richieste delle classi subalterne : si tratta essenzialmente di pensioni 1e di contributi agli enti di previdenza e di assistenza . In terzo luogo , un numero crescente di persone , che erano riuscite a conseguire un diploma o una laurea , sono poi riuscite a entrare nella burocrazia centrale o locale grazie a pressioni clientelari o politiche : non i funzionari a servizio del pubblico , ma il pubblico a servizio dei funzionari . In questi casi gli stipendi non sono altro che larvati sussidi di disoccupazione ; in ultima analisi , anche questi casi sono la conseguenza di una particolare opera di stabilizzazione sociale e politica . Mentre i casi relativi ai primi due ordini di motivi possono essere considerati fisiologici , quelli del terzo ordine di motivi sono certamente patologici dal punto di vista economico . Che l ' inflazione patologica della burocrazia abbia assunto , in Italia , proporzioni cospicue è provato , oltre che dall ' esperienza diretta , da almeno due fatti . 1 ) L ' incidenza degli impiegati pubblici sull ' occupazione totale è sensibilmente più alta nel Sud di quanto sia nel Nord ; e nessuno potrà credere che nelle regioni meridionali le esigenze del primo e del secondo ordine siano maggiori che nelle più evolute regioni settentrionali . ( Naturalmente ho escluso dal confronto le regioni del Centro , dove si trova , a Roma , la burocrazia ministeriale ) . 2 ) Di tanto in tanto il governo promette premi e liquidazioni speciali per indurre un certo numero d ' impiegati a dimettersi e a lasciare la burocrazia ; provvedimenti che non rimediano a nulla , sia per i loro limitatissimi effetti , sia perché l ' inflazione patologica non si distribuisce in modo uniforme in tutti i rami della pubblica amministrazione , ma è particolarmente grave nel caso del personale puramente amministrativo e poco qualificato ; negli uffici tecnici vi è anzi carenza di personale specializzato . ( Anche a questo motivo va attribuita l ' inefficienza della pubblica amministrazione ) . La conformazione della burocrazia italiana è simile , insomma , a quella che assume il corpo di molti bambini sottonutriti del terzo mondo : un ventre patologicamente gonfio , uno scheletro debolissimo e insufficientemente sviluppato . Non si deve pensare , tuttavia , che i larvati sussidi di disoccupazione , ossia gli stipendi non giustificati dalle " necessità sociali della produzione " e dell ' amministrazione , riguardino solo certi strati inferiori della burocrazia . In alcune sfere dell ' alta burocrazia , nell ' area degli enti pubblici e delle aziende municipalizzate si trovano numerose persone la cui attività sarebbe arduo giustificare con quelle necessità sociali . Sono persone che riescono a " farsi assegnare taglie ingenti sul reddito nazionale " approfittando di una sorta di omertà di classe e facendo leva sulle " necessità politiche del gruppo fondamentale dominante " ( Gramsci , Gli intellettuali e l ' organizzazione della cultura , Einaudi , Torino , 1953 , p . 10 ) . Come in parte si può desumere da quanto si è detto dianzi e in parte potrà apparire più oltre nel capitolo riguardante il fascismo ( parte I , cap . 9 ) , la espansione patologica della burocrazia è anche il risultato di situazioni politiche di stallo che più volte si sono create nel nostro paese nei periodi in cui più aspri sono stati i conflitti fra borghesia vera e propria e strati più o meno ampi di lavoratori salariati ( fra i due litiganti il terzo gode ) . In quei periodi gli strati più elevati della borghesia hanno favorito le concessioni , in termini di impieghi e di aumenti di stipendi , ai funzionari e specialmente ai funzionari di grado più elevato , per tirarli dalla propria parte . In siffatti periodi la burocrazia non solo si espande , ma acquista un potere relativamente autonomo , per la " crisi di autorità " e il " vuoto di potere " che risultano dalla situazione di stallo fra i maggiori contendenti . Probabilmente quello che stiamo vivendo oggi in Italia costituisce uno di tali periodi [ Sono stato indotto ad esprimere le osservazioni contenute in questo capoverso dopo la lettura dei commenti critici che Marcello Colitti mi ha comunicato in una lettera . Cfr . M . Colitti , Le grandi imprese e lo Stato , Einaudi , Torino 1972 e A . Gramsci , Note sul Machiavelli , Einaudi , Torino 1953 , pp. 50-62 . ] . Privilegiata , però , non è l ' intera burocrazia , ma solo la fetta già elevata ; e un ' analoga considerazione vale per tutti gli altri ceti medi . Più precisamente , vi sono aree di privilegio sia in singoli settori di attività , protetti economicamente e politicamente , o , nell ' ambito di tutti o quasi tutti i settori , al vertice delle diverse gerarchie . In via generale , le condizioni economiche delle classi medie ( esclusi i contadini proprietari , che costituiscono un caso a parte ) sono tanto migliori rispetto a quelle della classe operaia quanto più tardivo è il processo di sviluppo dell ' industria moderna e quanto più debole è la forza contrattuale della classe dei lavoratori salariati , per la presenza di un ' ampia disoccupazione manifesta e nascosta , soprattutto in agricoltura . In queste condizioni , infatti , i salari reali aumentano ad un saggio relativamente lento , cosicché i lavoratori partecipano in misura modesta all ' aumento del sovrappiù sociale , o reddito netto ; di conseguenza , una parte crescente del sovrappiù diviene disponibile per i non salariati : capitalisti veri e propri , proprietari di case e di terreni e ceti medi , che mettono a frutto la loro posizione di quasi monopolio dell ' istruzione media e superiore . Di qui , l ' aumento del benessere relativo di certi strati di impiegati e di commercianti . ( Questa ipotesi , che è emersa da una conversazione con Fernando Vianello , andrebbe verificata sulla base di confronti con l ' evoluzione delle classi e dei gruppi sociali in altri paesi , specialmente di quelli molto sviluppati e , all ' opposto , relativamente arretrati . Un punto di partenza per tali confronti può essere offerto dall ' ottimo volume di Gino Germani , Sociologia della modernizzazione . L ' esperienza dell ' America Latina , Laterza , Bari , 1971 , particolarmente i capp . VI e X ) . 7 . L ' ubiquità della piccola borghesia Sebbene la piccola borghesia non costituisca propriamente una classe , essa tuttavia , come certi santi , possiede il dono dell ' ubiquità . Gli stessi interessi della classe operaia sono in gran parte gestiti - almeno sul piano politico e su quello delle organizzazioni sindacali centrali - da membri della piccola borghesia , i quali a differenza dei lavoratori salariati hanno , fra gli altri privilegi , più tempo libero e un più elevato grado d ' istruzione . Pur amministrando la cosa pubblica e , nella massima parte , gli apparati dei partiti politici , e pur condizionando ampiamente i gusti e le aspirazioni sociali , non si può affermare che il " potere " sia nelle mani di questa quasi classe . Nei paesi economicamente più evoluti i piccoli borghesi sono gli amministratori universali ; condizionano le scelte di fondo - fin quasi ad esercitare in molti casi una specie di potere di veto - , ma non sono loro a prenderle . Se si considera che la piccola borghesia è spezzettata in tanti e tanti gruppi ( localmente , in tante e tante clientele ) e che non pochi di questi gruppi sono costituiti in misura notevole da individui famelici , servili e culturalmente rozzi - da quelli che chiamerei i topi nel formaggio - si comprende perché nella nostra vita pubblica siano così diffuse certe pratiche non di rado sgradevoli e perfino ripugnanti della nostra vita pubblica , fra cui sono da annoverare molte pratiche di sottogoverno . Forse gli strati civilmente più robusti della piccola borghesia s sono da ricercare ai due estremi : fra quelli di formazione più antica ( che hanno certe " tradizioni " ) e quelli di formazione più recente e appartenenti a famiglie non proprio miserabili ( i cui membri anziani , di origine contadina e operaia , hanno impartito un ' educazione " austera " ai membri più giovani ) ; mentre fra gli strati di formazione intermedia , specialmente se provengono da famiglie miserabili , si ritrovano più di frequente gli individui peggiori , disposti a intraprendere l ' ascesa sociale e la scalata al benessere con ogni mezzo . Questi individui , se restano ai margini , in posizioni umili quanto a reddito e quanto a prestigio sociale , sono spesso indotti , dall ' ansia di differenziarsi dalle classi di provenienza , a prendere anche politicamente le posizioni più reazionarie . L ' instabilità politica e la superficialità culturale che caratterizzano numerosi strati della piccola borghesia , insieme con l ' acuto desiderio di sfuggire ad una vita mediocre e squallida e di " emergere " ad ogni costo , possono contribuire a spiegare i salti acrobatici compiuti da certi individui dall ' estrema sinistra all ' estrema destra ( molto raramente nella direzione opposta ) : uno dei più noti campioni di questo genere di salti è , nella nostra storia , Benito Mussolini , rappresentante caratteristico di certi strati della piccola borghesia provinciale . Debbo insistere : non vedo , nella piccola borghesia soltanto individui di questo tipo ; non vedo questa quasi classe soltanto a colori foschi . Certo , a causa della nostra storia , la fascia che può esser vista a colori non foschi è piuttosto esile ; ma esiste ; ed in questa fascia risiede una delle speranze per il futuro . In ogni modo , l ' espressione " piccola borghesia " , spesso usata in senso quasi dispregiativo , non deve trarre in inganno : in questa quasi classe , non meno che nelle altre , si trovano individui di grande onestà civile , di grande coraggio e di grande forza d ' animo : furono molti i piccoli borghesi che morirono nella Resistenza o nei campi di concentramento nazisti . Ma anche fra i torturatori erano assai numerosi i piccoli borghesi . La mediocrità della vita quotidiana di moltissime famiglie piccolo - borghesi non esclude dunque - anzi , forse , in certe circostanze contribuisce a determinare - una polarizzazione verso gli estremi , verso il meglio ed il peggio che si può trovare nell ' umanità . Proprio a causa della sua frammentazione in tanti ` e tanti gruppi e per la sua eterogeneità economica e sociale , la piccola borghesia è politicamente instabile . L ' instabilità è accresciuta dal fatto che , per non essere costretti , come gli operai , ad una dura disciplina di lavoro e ad uno sforzo incessante di sopravvivenza , molti piccoli borghesi - fra cui sono numerosi intellettuali - hanno una non indifferente zona discrezionale , ossia possono scegliere , per il bene o per il male , entro limiti relativamente più ampi non solo degli operai , ma perfino della grande e media borghesia , i cui membri subiscono fortemente le pressioni della loro classe , assai più omogenea della piccola borghesia . L ' instabilità e la polivalenza o indeterminatezza politica della piccola borghesia assumono la massima intensità nei suoi strati giovanili . Nei movimenti giovanili piccolo - borghesi , specialmente , in quello che è stato il movimento studentesco e poi negli attuali gruppi extra - parlamentari di estrema sinistra , confluiscono le motivazioni e gl ' impulsi più diversi : alcuni certamente nobili e degni del massimo rispetto , altri assai poco rispettabili . Numerosi giovani o giovanissimi hanno scoperto l ' esistenza delle classi e le discriminazioni e le tremende ingiustizie che discendono da questa realtà e sovente si sono gettati all ' estrema sinistra per una sorta di complesso di colpa derivante dai privilegi di cui si sono accorti di godere , o per un " inconscio desiderio di realizzare essi l ' egemonia della loro propria classe sul popolo " ( Gramsci , Gli intellettuali e l ' organizzazione della cultura , cit . , p . 43 ) . Numerosi giovani e giovanissimi hanno messo sotto accusa i padri , molti dei quali avevano la coda di paglia ( il contrasto fra giovani e anziani è antico quanto l ' umanità ; oggi , cadute molte bardature ipocrite , ha assunto in molti paesi forme nuove ed esasperate ) . La tensione , fra gli studenti , i diplomati e i laureati , è stata aggravata dalla crescente disoccupazione intellettuale - un fenomeno anche questo antico , che di recente ha assunto proporzioni molto gravi , sia per l ' impulso proveniente dallo sviluppo del sistema economico verso una più larga base per la selezione di tecnici e di specialisti , sia per l ' accresciuto reddito di famiglie appartenenti a gruppi sociali relativamente meno agiati , che hanno potuto inviare i loro figli alle scuole di ordine superiore e far loro prendere un diploma o una laurea , senza però che , nell ' economia , la domanda di lavoro intellettuale aumentasse in misura corrispondente all ' offerta . L ' instabilità e la polivalenza politica della piccola borghesia trovano un contrappeso , o un correttivo , in una serie di elementi ai quali è necessario dedicare un brevissimo cenno . Per ottenere e mantenere il " consenso " e la lealtà dei ceti piccolo - borghesi verso il così detto " sistema " e , possibilmente , per mantenerli in uno stato di subordinazione , in una parola per rafforzare ed allargare le propensioni conservatrici di quei ceti , la classe dominante tende , da un lato , a facilitare moderatamente la mobilità ascendente di quei ceti e , dall ' altro , a utilizzare le diverse istituzioni . La mobilità ascendente non è affatto costante nei diversi periodi e nelle diverse società ed è difficile da definire e misurare in modo rigoroso ; ma è certo che non è molto ampia ( specialmente quando si tratta della cooptazione nella stessa classe dominante ) ed è anche certo che la classe dominante tende a presentarla come molto più ampia di quanto essa in realtà sia . Non si tratta di un programma razionalmente elaborato e consapevolmente perseguito dalla classe dominante ; si tratta piuttosto di un processo che viene alimentato in modo quasi automatico attraverso un sistema , prodotto da una lunga tradizione storica , di approvazioni e di riprovazioni morali e sociali e , corrispondentemente , di promozioni o di punizioni , secondo i comportamenti individuali di conservazione e di accettazione ovvero di dissenso e di rifiuto . Un analogo processo , autoperpetuantesi in forme nuove anche dopo cambiamenti e perfino dopo fratture nella vita sociale , è all ' origine delle " istituzioni " ( magistratura , scuola , esercito , polizia ed altre ) , che costituiscono l ' area sociale dove tipicamente opera la piccola borghesia impiegatizia del settore pubblico e la cui logica ( incluse le specifiche " scale di valori " ) mira ad attuare l ' identificazione fra gli uomini e l ' istituzione alla quale appartengono e il totale condizionamento della loro personalità . L ' appartenenza alle diverse istituzioni dei diversi gruppi della piccola borghesia impiegatizia costituisce il principale elemento connettivo di questi ceti ed entro certi limiti li stabilizza e li subordina alla classe dominante . Tuttavia , soprattutto in questo periodo , la stabilizzazione e , ancora di più , la subordinazione non sono più generalmente accolte come fatti ovvi , ossia spontanei , ossia fondati sul consenso , ma sono messi in discussione . In linguaggio marxista , tutti questi fenomeni fanno parte della " sovrastruttura " - un ' espressione ambigua e , io ritengo , ingannevole se intesa in senso letterale . Se usata con un grano di sale , si può dire che nel capitalismo moderno , con i crescenti margini discrezionali consentiti dalla liberazione dalle necessità elementari della vita di masse crescenti di persone , specialmente nel settore della piccola borghesia , la " sovrastruttura " diventa almeno altrettanto importante della " struttura " [ Ho scritto queste ultime osservazioni in seguito alle critiche ed ai suggerimenti espressi da Giorgio Ruffolo e da Giulio Salierno in un dibattito promosso il 24 novembre 1972 dall ' Istituto romano per la storia dal fascismo alla Resistenza , dibattito che riguardava appunto questo lavoro ] . Nonostante l ' instabilità e la polivalenza politica che caratterizzano la piccola borghesia nei suoi molteplici strati , e nonostante i correttivi istituzionali e politici cui ora si è accennato , probabilmente è giusto sostenere , come hanno fatto alcuni sociologi ( Luciano Gallino ed altri ) , che nell ' ambito di quella che io chiamo piccola borghesia impiegatizia comincia a delinearsi una certa differenziazione fra i quadri intermedi che vengono a integrarsi nel gruppo dominante e i quadri intermedi che invece assumono le caratteristiche di impiegati esecutivi ( cfr. parte I , cap . 3 ) . E si può dire che questi , specialmente nelle grandi fabbriche , tendono a proletarizzarsi , non tanto nel senso strettamente economico ( reddito individuale ) , quanto dal punto di vista della qualità del lavoro e dello status sociale e quindi nel senso che i loro interessi e i loro ideali si avvicinano progressivamente a quelli della classe operaia ; corrispondentemente , le azioni sindacali e politiche di questi impiegati e quelle degli operai dell ' industria moderna diventano sempre più simili fra loro . Per altri strati della piccola borghesia specialmente nel settore pubblico , si è avuta invece una proletarizzazione non nel senso sociale e politico ma nel senso economico , ossia nel senso di un avvicinamento alle condizioni materiali di vita degli operai . Tuttavia , la tendenza alla proletarizzazione nel senso economico di certi strati di piccoli borghesi può spingerli , per un desiderio di rivalsa e di differenziazione sociale , non verso posizioni sindacali e politiche di sinistra , ma , proprio al contrario , verso posizioni di destra o di estrema destra : dal punto di vista sociale e politico il problema è indeterminato . Per alcuni strati della piccola borghesia impiegatizia probabilmente ha avuto luogo un processo di proletarizzazione nel senso economico . In effetti , confrontando le variazioni di lungo periodo dei salari reali dell ' industria moderna con quelle delle retribuzioni reali degli impiegati pubblici , si notano le seguenti tendenze ( v . la tabella 5.3 ) : 1 ) un aumento molto notevole dei salari reali ( dal 1880 al 1970 circa 5 volte ) ; 2 ) un aumento molto meno accentuato degli stipendi reali ( meno di 2 volte nello stesso periodo ) ; 3 ) un conseguente progressivo avvicinamento fra le condizioni economiche degli impiegati pubblici e quelle degli operai nell ' industria moderna ( fa eccezione il periodo fascista , durante il quale i salari reali diminuiscono di circa il 15-20% e gli stipendi reali aumentano del 3-4% ) . È necessario tener ben presente che la riduzione della distanza media fra impiegati e operai non contraddice l ' ipotesi che in certe fasce le distanze siano perfino aumentate . Inoltre , è necessario tener presente che quell ' avvicinamento è avvenuto in salita , ossia con un aumento sensibile per tutti , ma specialmente per gli operai , del tenore di vita . Questo non significa che le spinte verso una trasformazione radicale o addirittura rivoluzionaria necessariamente vengano meno . Significa però che le spinte innovatrici perdono man mano il carattere elementare di protesta economica : notevoli gruppi di operai e di impiegati tendono a porsi sul piano , ben più complesso , dell ' affermazione e dell ' ascesa sociale in una struttura sempre più differenziata . Rispetto alla situazione studiata dai classici del marxismo i termini del problema appaiono profondamente mutati . Perché , dunque , molti piccoli borghesi decidono di schierarsi con gli operai e comunque di " andare a sinistra " ? I motivi sono disparati . Innanzi tutto ci sono i motivi ignobili : arricchirsi in nomine falcis et mallei coi mezzi e nei modi più svariati - essenzialmente con posti conquistati " politicamente " e retribuiti munificamente . Motivi di questo genere , che , è doloroso dirlo , sono tutt ' altro che rari , appaiono particolarmente ripugnanti , considerata l ' ideologia professata e considerati gl ' interessi che per la platea si pretende di voler difendere . Ma consideriamo i motivi non ignobili . Gli strati piccolo - borghesi le cui condizioni economiche si sono avvicinate a quelle della grande maggioranza degli operai ( redditi relativamente bassi , nessuna proprietà di immobili o titoli ) possono trovare conveniente associarsi agli operai , oltre che sul piano politico , anche sul piano sindacale , raccordando le loro rivendicazioni con quelle operaie . Una tale situazione ha luogo specialmente nel caso degli impiegati collegati con le fabbriche . Negli strati più colti della piccola borghesia possono essere frequenti coloro che si sentono solidali con gli operai non tanto per ragioni economiche , quanto per ragioni ideali o di progresso civile ; e si comprende allora perché vi sono persone che appoggiano anche provvedimenti dannosi per i propri interessi economici immediati . La scelta dei piccoli borghesi che si dedicano alla vita politica o sindacale può essere determinata da motivazioni ideali , ma può essere anche ( e contemporaneamente ) determinata dalla più o meno consapevole considerazione che andando dalla parte degli operai essi possono divenire leaders , mentre volgendosi verso la grande borghesia essi diverrebbero ufficiali subalterni o amministratori o , peggio , maggiordomi o , peggio ancora , servitori . Tuttavia , nell ' ipotesi che la scelta sia " a sinistra " , esiste in ogni caso la possibilità che i piccoli borghesi , qualunque sia la motivazione della scelta , gretta ed egoistica o generosa e nobile , nel fatto operino preoccupandosi in primo luogo dell ' immediato vantaggio proprio o del gruppo sociale dal quale provengono e solo in via subordinata del vantaggio della classe operaia . In conclusione , nel seno di tutti i ceti della piccola borghesia troviamo numerose frange di sinistra e numerose frange di destra ( in atto o in potenza ) ; ma , considerata la grande differenziazione di questa quasi classe , i confini non sono né stabili né ben definiti . Inoltre , non bisogna fidarsi delle etichette , che certe volte ( specialmente quando si va " in alto " ) possono essere ingannevoli : è indispensabile esaminare criticamente e a fondo i contenuti e le azioni effettive . 8 . Confronti internazionali Nelle considerazioni espresse nei due precedenti capitoli è implicita l ' idea che nell ' analizzare la distribuzione del reddito non sia da considerare solo l ' antagonismo fra salari e profitti ; esiste un antagonismo anche fra salari e redditi caratteristici di ampi strati di ceti medi , specialmente stipendi e certi tipi di redditi misti . Un tale antagonismo come quello fra salari e profitti , risulta attenuato quando il reddito , crescendo , lascia maggiore spazio per tutti i redditi , così che quel duplice antagonismo riguarda solo le quote . Tuttavia , l ' aumento del reddito , nel breve periodo - un anno - raramente supera il 5-6%; e l ' aumento è ben lungi da ripartirsi proporzionalmente fra tutti i redditieri . Il contrasto diventa veramente aspro quando il reddito cessa di crescere o addirittura diminuisce . Quell ' antagonismo , dunque , sussiste , e non può essere trascurato , considerando le dimensioni che le classi medie hanno raggiunto nel nostro paese . Si pone allora il quesito : negli altri paesi le classi medie sono altrettanto ampie ? La risposta è affermativa : indubbiamente i confronti internazionali sulla stratificazione sociale sono molto problematici ; ma sono importanti : l ' estero è lo specchio del diavolo , in esso possiamo vedere meglio noi stessi , possiamo comprenderci e criticarci con maggiore cognizione di causa . Dunque , nonostante le difficoltà , è indispensabile procedere a confronti internazionali , usando la necessaria cautela . Ritengo che , se vengono considerati come ordini di grandezza i dati con gran fatica selezionati per certi paesi e riportati nelle tabelle , in appendice , non siamo ingannevoli e , se pure entro limiti molto ristretti , consentono certi confronti ( i paesi esaminati , oltre l ' Italia , sono la Spagna , il Giappone , la Francia , la Gran Bretagna gli Stati Uniti , l ' Argentina e il Cile ( v . le tabelle 2.1 e 2.2 ) . Da questi confronti emergono due caratteristiche degne di nota : la quota delle classi medie sulla popolazione attiva è molto simile a quella osservata per l ' Italia ( 50% ) e , come per l ' Italia , è relativamente stabile nel tempo . Si tratta di caratteristiche sorprendenti ( mezzo secolo fa sarebbe stata proclamata l ' esistenza di una " legge " ) , poiché si osservano in paesi molto diversi e , per alcuni dei paesi considerati , in tempi molto diversi . Più precisamente : le quote delle classi medie e delle classi operaie in complesso sono stabili ( se mai , la quota della classe operaia ha forse una certa tendenza a flettere ) . Ma cambiano in modo molto significativo i contenuti : nell ' ambito delle classi medie , diminuiscono i coltivatori diretti e , almeno relativamente , gli altri lavoratori autonomi ( eccetto i commercianti ) , mentre aumentano gli impiegati sia privati che pubblici ; nell ' ambito della classe operaia , diminuiscono i salariati agricoli ed aumentano i salariati nelle altre attività , specialmente nell ' industria . t lecito presumere che col procedere dello sviluppo economico aumentano , in termini assoluti e relativi , gli operai occupati in aziende industriali moderne ( diciamo , in aziende che impiegano più di cento addetti ) ; questa presunzione si fonda , oltre che sulla logica , su un confronto internazionale ( tabella 4.3 ) . Poiché i paesi esaminati si trovano in stadi molto diversi dello sviluppo economico , conviene riflettere sui rapporti fra grado di sviluppo e quote dei diversi gruppi sociali ( tabella 2.2 ) . Risulta confermato che col procedere dello sviluppo diminuisce la piccola borghesia relativamente autonoma e cresce la piccola borghesia impiegatizia . Anzi , il confronto internazionale mostra che l ' Italia non è affatto più avanti degli altri paesi sulla strada dell ' espansione burocratica ; e mostra anche che ha ancora . una strada relativamente lunga da percorrere riguardo alla flessione della piccola borghesia autonoma . Restano confermati anche i mutamenti che hanno luogo nell ' ambito della classe operaia : man mano che procede lo sviluppo diminuiscono i salariati agricoli e aumentano gli operai industriali ; ma non sembra che vi sia uno stretto legame fra altezza della percentuale degli operai nell ' industria e grado di sviluppo ( probabilmente , il nesso è stretto se si considerano solo gli operai della grande industria ) . Le uniformità sopra indicate costituiscono , in sostanza , delle specificazioni di quella che Colin Clark chiama " legge di Petty " e che riguarda le relazioni fra sviluppo economico e sviluppo relativo dei tre grandi settori : col procedere dello sviluppo economico , si sviluppano in via preliminare le attività primarie ( agricoltura e miniere ) e poi , via via , le attività secondarie ( industriali ) e quelle terziarie ( commercio , credito , servizi , pubblica amministrazione ) . Le specificazioni sopra indicate permettono di dar ragione di alcune anomalie e di alcune apparenti eccezioni alla " legge " , come quella secondo cui in certi paesi molto arretrati l ' espansione del commercio precede quella delle così dette attività primarie : il punto è che occorre disaggregare e distinguere , in relazione al procedere dello sviluppo , le diverse attività terziarie ( C . Clark , The Conditions to Economic Progress , Macmillan , London , 19573; P . T . Bauer and B . S . Yamey , The Economics of Underdeveloped Countries , Cambridge University Press , 1957 ) . Quanto alla piccola borghesia impiegatizia , se è vero che l ' Italia si trova in linea , sia per la quota di impiegati privati sia per quella di impiegati pubblici , come si può affermare che la burocrazia pubblica del nostro paese è ipertrofica ? Innanzi tutto , occorre richiamare le ragioni dell ' espansione burocratica ( parte I , cap . 6 ) : 1 ) crescenti esigenze amministrative per sempre più ampi interventi nell ' economia ; 2 ) crescenti spese di trasferimento ; 3 ) " sistemazione " di un certo numero di persone grazie a pressioni clientelari o politiche . L ' ipertrofia , ossia l ' espansione patologica , ha luogo quando la burocrazia cresce per il terzo ordine di motivi . Ora , come si è già fatto rilevare , questa ipertrofia non riguarda l ' intera burocrazia , ma soltanto i gradi più bassi e le fasce meno qualificate della burocrazia ( negli uffici tecnici v ' è carenza di personale ) . Che le cose stiano così è indicato dal fatto ( anche questo già messo in rilievo ) che la quota della burocrazia pubblica è più alta nel più arretrato Sud che nel Nord . Inoltre , se si distinguono , fra gli impiegati pubblici , gl ' insegnanti dagli altri impiegati , si ha il quadro che segue e che riguarda , oltre l ' Italia , quattro paesi per i quali si sono trovati i dati necessari per il confronto ( i dati sono espressi in percentuale della popolazione attiva ) . Spagna Italia Francia Gran Bretagna Stati Uniti ( 1970 ) ( 1971 ) ( 1968 ) ( 1968 ) ( 1969 ) Insegnanti 2,4 3,1 3,6 5,6 5,7 Altri impiegati 3,9 5,0 3,7 5,6 8,2 pubblici In Italia , la percentuale degli impiegati pubblici , esclusi gl ' insegnanti , è nettamente maggiore che in Francia ed è simile a quella dell ' Inghilterra , il cui sviluppo economico e civile è ben più avanzato . Da ciò si può dedurre che la detta percentuale in Italia è patologicamente elevata . L ' aspetto patologico appare anche più grave se si considera che negli altri paesi non è stato possibile separare la quota ( piccola ma non trascurabile ) dei salariati pubblici , quota che dovrebbe essere inclusa nella classe operaia . Aggiungendo questa quota , che in Italia era stata esclusa , si giunge ad una percentuale di dipendenti pubblici ( esclusi gli insegnanti ) del 5,5% , una cifra pressoché identica a quella inglese . Negli Stati Uniti sono sensibilmente più elevate che in Italia tanto la quota degli insegnanti quanto quella degli altri dipendenti pubblici . È senz ' altro fisiologico questo fatto ? Considerato l ' elevato grado di sviluppo economico della società americana , la risposta potrebbe essere affermativa . Tuttavia , non può essere scartata a priori l ' ipotesi che anche negli Stati Uniti , se pure per motivi alquanto diversi da quelli considerati per l ' Italia , la burocrazia pubblica sia ipertrofica : una volta che la struttura produttiva ha raggiunto un elevato grado di concentrazione , lo sviluppo economico capitalistico può proseguire solo se la domanda effettiva viene sostenuta dall ' autorità pubblica ; e questo vale sia per la domanda di prodotti che per la domanda di lavoro . D ' altro canto , in regime capitalistico lo sviluppo deve proseguire se si vuole evitare un aumento crescente della disoccupazione , dato che l ' aumento di produttività - risultato necessario della competizione nazionale e internazionale caratteristica del capitalismo - proseguirebbe in ogni modo . ( Una tale tesi è stata proposta , in forme e tempi diversi da diversi autori ; è stata proposta dallo scrivente nell ' opera Oligopolio e progresso tecnico , ed . , Giuffrè , Milano , 1956; è stata proposta da Michal Kalecki in un articolo pubblicato in polacco pure nel 1956 e pubblicato , tradotto in inglese , solo recentemente ; l ' articolo ha per titolo The Economic Situation in the United States as Compared with the Pre - War Period , ed è incluso nel volume The Last Phase in the Transformation of Capitalism , Monthly Review Press , New York , 1972 ) . Che lo sviluppo della burocrazia negli Stati Uniti sia abnorme , può forse risultare da un confronto con la situazione dell ' Unione Sovietica . fi una opinione diffusa che gli Stati Uniti sono il paese della iniziativa individuale , mentre l ' economia dell ' Unione Sovietica è retta da una burocrazia mastodontica e onnipresente . Confrontare i dati sovietici con i dati americani è ancora più rischioso che negli altri casi ; ma io penso che questo confronto abbia un senso . Esso mostra che la realtà è ben lontana da quella opinione : se per burocrazia " privata " s ' intende , con riferimento all ' Unione Sovietica , quella corrispondente alla massa degli impiegati di azienda e per burocrazia " pubblica " s ' intende quella costituita da insegnanti , da ricercatori e da impiegati addetti all ' istruzione e da tutti gl ' impiegati addetti all ' apparato statale , risulta che la percentuale sulla popolazione attiva della burocrazia " pubblica " così intesa non supera il 12% , mentre la corrispondente percentuale negli Stati Uniti è del 13,9% ( v . le tabelle 2.2 e 2.5 ) . $ da notare che la valutazione della burocrazia " pubblica " dell ' Unione Sovietica è probabilmente errata per eccesso , dato che non pochi ricercatori e non pochi addetti all ' istruzione negli Stati Uniti appartengono al settore privato . In ogni modo , i possibili dubbi sul grado di burocratizzazione degli Stati Uniti rispetto all ' Unione Sovietica vengono a cadere se si considerano le quote degli impiegati , sia " pubblici " che " privati " : il 38% negli Stati Uniti e solo il 21% nell ' Unione Sovietica . Lungi dall ' essere il paese dell ' iniziativa individuale gli Stati Uniti sono dunque divenuti un paese di colletti bianchi e di mezze maniche ; ed anzi l ' incremento degli impiegati rispetto alla forza di lavoro addizionale rappresenta una quota anche più alta della media : 60-70% ogni anno contro il 38-40% . Insomma : è molto più burocratizzata l ' economia americana di quella russa ! Molte altre illazioni potrebbero essere tratte dall ' esame dei dati riguardanti i due colossi , quello capitalistico e quello collettivistico . Per esempio , la struttura sociale dell ' Unione Sovietica mostra , almeno apparentemente ( com ' è ovvio , i contenuti sono profondamente diversi ) , parecchie rassomiglianze con quello degli Stati Uniti e di altri paesi non collettivistici . La struttura sociale della Russia del 1913 , invece , presentava caratteristiche molto particolari e , a quanto pare , costituiva un ' eccezione rispetto alla composizione sociale prevalente in tempi molto diversi negli altri paesi qui esaminati : borghesia 16,3% , piccola borghesia impiegatizia 2,4% , contadini e artigiani 66,7% , operai 14,6% ( v . la tabella 2.3 ) . Ma , a parte l ' inclusione - dichiarata - dei contadini ricchi ( kulaki ) fra la borghesia vera e propria , è possibile che fra i contadini poveri siano state incluse molte persone che lavoravano prevalentemente da salariati agricoli , così che la classe dei " contadini e artigiani " risulta gonfiata ( considerati i criteri seguiti in questo saggio ) rispetto alla classe operaia . In ogni modo , è certo che subito prima della rivoluzione quella russa era , in misura preponderante , una società a carattere rurale , con una classe operaia molto piccola e con una classe dominante numericamente molto esigua , in parte aristocratica e in parte borghese ( v . la tabella 2.4 ) . I paesi considerati nei precedenti confronti appaiono tutti , sia pure in diversi gradi , socialmente evoluti ( o " moderni " ) se si usano congiuntamente due indici , ossia la quota degli impiegati e quella dei contadini : più alta è la prima e più bassa la seconda e più socialmente evoluto è il paese in esame . ( Faccio osservare che sulla base di questo criterio certi paesi dell ' America latina , come l ' Argentina e il Cile , debbono essere annoverati fra i paesi evoluti , mentre altri paesi , come il Brasile , vanno inclusi fra quelli arretrati ) . Per i paesi arretrati nel senso ora specificato , conviene usare una diversa suddivisione fra le classi , che consenta di mettere in adeguato rilievo la struttura sociale dell ' agricoltura . Una suddivisione adatta allo scopo potrebbe essere la seguente ( fra parentesi sono indicate le percentuali di composizione ) ( v . la tabella 2.6 ) : I . Grandi proprietari , grossi commercianti , industriali medi e grandi ( 1-2% ) . II . Impiegati privati e pubblici ( 5-10% ) . III . Lavoratori autonomi , esclusi i contadini poveri ( 15-20% ) . IV . Contadini poveri e salariati agricoli ( incluso il sottoproletariato delle campagne ) ( 40-70% ) . V . Salariati nelle attività extra - agricole ( incluso il sottoproletariato urbano ) ( 7-37% ) . In questi paesi solo le classi II e III possono essere considerate piccola borghesia . Ho già osservato più volte , ed argomenterò fra breve con riferimento al fascismo , che nei paesi detti evoluti i piccoli borghesi sono diventati oggi gli amministratori universali , ma non sono i dirigenti effettivi ; hanno contribuito a fornire una base di massa a regimi di destra o anche di sinistra , ma non sono mai stati la classe dominante . Tuttavia , secondo una interessante tesi di Michal Kalecki , in diversi paesi arretrati , dove la piccola borghesia ( specialmente quella di tipo tradizionale , che ha interessi opposti a quelli delle imprese capitalistiche moderne ) ha un peso relativo considerevole - essendo normalmente nullo il peso politico della gran massa di contadini - e dove la borghesia moderna è assai poco sviluppata , anche a causa del predominio delle grandi società straniere , sono sorte condizioni favorevoli alla costituzione di governi che rappresentano in modo preminente e diretto gl ' interessi delle classi medie inferiori , nonostante l ' alleanza fra gl ' interessi stranieri e i gruppi locali di grandi proprietari di tipo feudale e di grossi commercianti ; la formula economica è quella del capitalismo di Stato e la formula politica contiene elementi di un feroce anticomunismo ( M . Kalecki , Intermediate Regimes , articolo incluso nel volume già citato ) . 9 . Piccola borghesia e fascismo L ' instabilità politica della piccola borghesia ha rilevanti conseguenze : quando , in periodi di crisi , ampi strati di questa quasi classe si alleano con i gruppi dominanti della grande borghesia , il paese corre il pericolo del fascismo . Nel nostro paese conosciamo una tale esperienza . Per evitare il rischio di affermazioni generiche , rischio elevato in questo tipo di analisi , conviene richiamare alcuni aspetti essenziali dell ' ascesa al potere del fascismo in Italia , dopo la prima guerra mondiale . Nel 1921 l ' economia italiana subì una crisi , che in parte aveva origini internazionali e che nel nostro paese risultò particolarmente grave sia per la debolezza della struttura industriale italiana , fondata ancora in misura modesta su imprese moderne , sia per le difficoltà connesse con la conversione delle industrie che avevano rifornito l ' amministrazione militare durante la guerra . La crisi rese acutissime le tensioni sociali e quindi le tensioni politiche . Ai contadini sotto le armi ed agli operai nelle fabbriche durante la guerra erano state fatte promesse di ampie concessioni , che poi , passato il pericolo , erano state mantenute solo in minima parte ; la crisi anzi aggravava le loro condizioni economiche . Queste promesse erano state ripetute in trincea , sulla base delle dichiarazioni degli uomini politici , dagli ufficiali subalterni - uomini provenienti nella massima parte dalla media e piccola borghesia ; tornata la pace , l ' ostilità e perfino l ' odio delle masse popolari , esasperate per il peggioramento delle loro condizioni , si riversarono verso le persone fisiche che avevano ripetuto loro quelle promesse . Né stavano molto meglio , tornati a casa , gli ex ufficiali subalterni , che stentavano a trovare una occupazione ; ma la loro volontà di un radicale cambiamento si mosse in direzione opposta a quella delle masse popolari , che li attaccavano personalmente . Si ebbero scioperi e agitazioni gravissime , numerose fabbriche e proprietà terriere furono occupate . La spinta delle masse popolari veniva rafforzata e resa fortissima , anche se rimaneva in gran parte caotica e disorganizzata , dall ' esempio della rivoluzione bolscevica russa . La grande borghesia fu presa dal panico ; estese i finanziamenti ai giornali e a molti uomini politici di destra ; finanziò bande armate , che misero a ferro e a fuoco le sedi di molte organizzazioni popolari : sindacati , cooperative , sedi di partiti di sinistra . Vi furono numerosi assassinii . La grande borghesia terriera e industriale ( con diverse eccezioni , tuttavia ) trovò in ampi strati della media e , soprattutto , nella piccola borghesia gli alleati più decisi ; gli scherani , come altre volte è successo in condizioni analoghe , furono reclutati nel sottoproletariato ; i principali centri del potere pubblico - ampie sezioni della magistratura , della polizia e dell ' apparato militare - in modo aperto o nascosto fornirono il loro appoggio . La guida politica della reazione fu assunta dal partito fascista , che - ironicamente , ma non immotivatamente , poiché sfruttava a fini concreti la retorica piccolo - borghese - si autodefiniva partito rivoluzionario . In particolare , per mobilitare diversi strati della piccola borghesia il partito fascista sfruttò il mito della " vittoria mutilata " - il sentimento di frustrazione per le concessioni coloniali e territoriali ritenute insufficienti , che il trattato di Versailles attribuiva all ' Italia . Anche se il fascismo cominciò ad organizzarsi nel 1919-21 , esso divenne virulento e pervenne a conquistare il potere non durante la crisi economica del 1921 , ma proprio quando questa crisi era chiaramente in via di superamento , non solo in Italia , ma anche negli altri paesi industriali ( primavera - estate 1922 ) . Subito dopo essere salito al potere , il partito fascista pagò il conto per gli aiuti finanziari e politici ottenuti negli anni precedenti dalla grande borghesia . Il governo decise : 1 ) di sopprimere , in pratica , la Commissione per l ' indagine sui sovraprofitti di guerra ; 2 ) di abolire la nominatività dei titoli azionari ; 3 ) di trasferire la rete telefonica a società private ; 4 ) di rinnovare le concessioni alle società elettriche ; 5 ) di abolire il monopolio statale delle assicurazioni sulla vita e di trasferire una cospicua quota di tali assicurazioni a società private ; 6 ) di attuare il salvataggio , con danaro pubblico , di alcune grandi banche , che restarono private ; 7 ) di riformare il regime fiscale , in senso favorevole ai privati , dei trasferimenti a titolo ereditario ; 8 ) di " sospendere " la legge di riforma agraria ; 9 ) di abolire , attraverso una numerosa serie di eccezioni , il limite massimo di otto ore per la giornata lavorativa , limite che gli operai avevano conquistato dopo dure lotte nel 1919 e nel 1920 . A favore di una parte della piccola borghesia furono presi diversi provvedimenti , fra cui occorre ricordare : 1 ) l ' assunzione di notevoli schiere di persone nella burocrazia , nell ' esercito , in quella speciale milizia di partito denominata " milizia volontaria per la sicurezza nazionale " e negli uffici organizzati nell ' ambito del partito fascista ; 2 ) la revoca delle sovvenzioni governative alle cooperative ( che danneggiavano gl ' interessi dei piccoli commercianti ) ; 3 ) la revisione , in senso restrittivo , delle norme per la concessione delle licenze per il commercio al minuto ; 4 ) provvedimenti a favore di varie categorie di artigiani . Da questa cospicua serie di concessioni restavano esclusi i lavoratori salariati , i quali , anzi , dopo essere stati privati delle loro organizzazioni sindacali e cooperative e dei partiti che ne esprimevano gl ' interessi , ben presto subirono duri colpi anche sotto forma di riduzioni salariali . In breve , dal punto di vista sociale e politico si può affermare che il fascismo fu il risultato della saldatura fra grande borghesia terriera , finanziaria e industriale e larghe sezioni della piccola borghesia ( impiegati pubblici e privati , liberi professionisti , piccoli commercianti ) . Tale saldatura fu rafforzata dalla rivalutazione della lira del 1926 , una decisione che bloccava il processo inflazionistico e in questo modo , almeno per un certo periodo , consentiva l ' aumento del potere d ' acquisto degli stipendi e favoriva il risparmio individuale . ( La rivalutazione danneggiò gl ' industriali che producevano per l ' esportazione , anche se avvantaggiò gl ' industriali che producevano principalmente per il mercato interno con materie prime importate , come era il caso delle principali industrie tessili . Inoltre , essendo stata completata l ' opera di distruzione dei sindacati operai , i salari vennero decurtati , ciò che compensò almeno parzialmente gli industriali danneggiati dalla rivalutazione . Il principale obiettivo della rivalutazione della lira , tuttavia , era un obiettivo politico , di " stabilizzazione sociale " , condiviso da un ' ampia parte della grande borghesia industriale : si voleva favorire la piccola borghesia risparmiatrice , che era stata danneggiata dalla precedente tendenza inflazionistica ) . Pare certo che il reddito individuale medio assoluto e relativo della piccola borghesia impiegatizia e commerciale sia sensibilmente aumentato durante il periodo fascista , mentre è diminuito il reddito medio assoluto e , ancora di più , relativo dei lavoratori salariati . Il fascismo è dunque il risultato di un ' alleanza fra grande e piccola borghesia ; ma non si tratta di un ' alleanza inter pares : la responsabilità prevalente va attribuita alla grande borghesia . È esatto affermare che ampi strati della piccola borghesia , insieme con limitati strati di lavoratori relativamente privilegiati o , all ' opposto , poverissimi ( sottoproletari ) , hanno fornito al fascismo una certa base di massa , i quadri intermedi e buona parte dei quadri superiori . È anche esatto sostenere che l ' iniziativa di organizzare il partito fascista partì , anche cronologicamente ( 1919-21 ) , da piccoli e medi borghesi e che solo in un secondo tempo ( 1922 ) la grande borghesia intervenne con il suo aiuto finanziario e politico . Occorre però subito aggiungere che senza questo aiuto - e senza l ' aiuto di ampie sezioni dei poteri costituiti - il fascismo non avrebbe preso il potere ; ed occorre anche aggiungere che , se i gruppi dominanti della grande borghesia intervennero in forza solo in un secondo tempo , ci furono i pionieri della prima ora , che cercarono subito di sfruttare il malcontento popolare , causato per esempio dal caro - viveri , fomentando i tumulti proprio allo scopo di preparare il terreno per una feroce azione di repressione ( Salvemini , Scritti sul fascismo , Feltrinelli , Milano , 1961 , vol. I , p . 474 ) . È vero : i gruppi dominanti della grande borghesia che appoggiarono il fascismo lo volevano in via transitoria , per ripristinare l ' " ordine " : il disegno era quello di restaurare una rispettabile democrazia parlamentare . Ma quell ' appoggio fu determinante ; ed anche quando i vassalli si abbarbicarono al potere gestendolo poi in modo non sempre conforme agli interessi della borghesia , quei gruppi non ritirarono il loro appoggio ma fecero buon viso a cattivo gioco . La tesi opposta - essere cioè il fascismo da attribuire all ' azione autonoma e comunque determinante di ampi strati della piccola borghesia - risulta grossolanamente falsa , anche se corrisponde al modo con cui i piccoli borghesi protagonisti dell ' esperienza fascista vedevano , o volevano vedere , se stessi . Per fare giustizia sommaria di tale tesi basterebbe , da sola , la documentazione raccolta ed analizzata da uno studioso non marxista , Ernesto Rossi , documentazione che include i due " bollettini della vittoria " della Confindustria del 1922 ( subito dopo l ' ascesa del fascismo ) e del 1926 ( subito dopo le leggi eccezionali ) e si avvale dell ' analisi e delle candide ammissioni di uno dei responsabili della politica economica fascista ( Padroni del vapore e fascismo , Laterza , Bari , 1966 , specialmente le pp. 11-5 e 50-1 ) . Tenuto conto dell ' evoluzione subita dalla piccola borghesia nell ' ultimo mezzo secolo e , in particolare , considerata la comparsa di strati nuovi di intellettuali e di tecnici , oggi le spinte di tipo fascista sono ben diverse da quelle del primo dopoguerra . Ma le varietà del fascismo - è triste riconoscerlo - sono molteplici . In ogni modo , pare abbastanza evidente che o , T „ la grande borghesia , e specialmente la grande borghesia industriale , salvo poche se pur rilevanti eccezioni , non vuole il fascismo , e per diverse ragioni , fra cui sono i conflitti sociali , gravi e di esito incerto , che un tentativo in quella direzione comporterebbe e la conclusione , fallimentare per tutti , della precedente esperienza . Oggi il fascismo esprime quasi esclusivamente gli strati più retrivi della piccola borghesia ed è appoggiato da alcune sezioni dei poteri costituiti ( magistratura , polizia , esercito ) , sezioni di ampiezza non trascurabile ma di gran lunga minore di quelle che aiutarono il fascismo nel 1920-1922 . Il tentativo dell ' attuale movimento fascista di ripetere , nelle mutate condizioni , la strategia di mezzo secolo fa - crescere numericamente , irrobustirsi organizzativamente , creare il caos con mezzi criminali per poi offrirsi come forza di restaurazione - sembra destinato a fallire . Tuttavia esiste pur sempre il pericolo di un peggioramento della situazione economica e di un aumento delle tensioni sociali , tensioni che potrebbero venire aggravate da errori di tattica e di strategia dei sindacati e dei partiti di sinistra . II . Lo stato attuale e le prospettive 1 . La questione delle riforme Dunque , in periodi di crisi , un ' alleanza fra la grande borghesia e ampi strati della piccola borghesia può condurre al fascismo . Viceversa , un ' alleanza di strati ( pure ampi , ma in larga misura diversi ) della piccola borghesia con coloro che gestiscono gl ' interessi della classe operaia può dar luogo a politiche di tipo laburista e , comunque , può consentire riforme anche radicali . Tuttavia gli ostacoli alle riforme , più che nella grande borghesia , vanno ricercati nel seno stesso della piccola borghesia e particolarmente nei gruppi che hanno i maggiori privilegi e la più forte capacità di condizionare le scelte politiche . Gli ostacoli si manifestano in tre fasi : nella fase della preparazione dei progetti di riforma , preparazione faticosissima per le spinte eterogenee e contraddittorie , poi nella fase dell ' approvazione e , infine , nella fase dell ' attuazione ( finora raggiunta in Italia da ben pochi progetti ) . Consideriamo alcuni esempi particolari . L ' esempio più ovvio di un progetto rimasto fermo addirittura alla prima fase è quello della riforma della pubblica amministrazione : il sabotaggio è stato compiuto dalle cerchie più influenti della burocrazia . In altri casi occorre , sì , considerare gli ostacoli frapposti da gruppi d ' interessi operanti nell ' ambito della grande borghesia , ma bisogna guardarsi dal trascurare quelli provenienti da gruppi appartenenti alla media e alla piccola borghesia . Così , gli ostacoli alla riforma sanitaria non sono stati posti solo dai grandi " baroni " della medicina , dai proprietari delle cliniche private , dalle opere pie e dai gruppi d ' interessi legati alle case farmaceutiche , ma anche dalla burocrazia alta e bassa delle mutue e dal personale medico in generale , che , appena si è cominciato a parlare di riforme , ha immediatamente scatenato una serie di rivendicazioni di tipo monetario e di tipo normativo favorendo in tal modo , nel fatto se non nelle intenzioni , i nemici della riforma . La riforma urbanistica ha trovato ostacoli non solo nelle grandi società immobiliari , ma anche nella miriade di proprietari di piccole aree potenzialmente fabbricabili , oltre che nella burocrazia dei diversi organi ed enti per l ' edilizia pubblica . La riforma universitaria è stata ostacolata non solo dall ' opposizione dei grandi baroni ( soprattutto medici e baroni politici ) ma anche dalla rivendicazione penosamente corporativa dell ' immissione automatica ( ope legis ) nei ruoli dei docenti " subalterni " , rivendicazione per la quale si sono ostinatamente battuti , facendo perdere molto tempo prezioso , gruppi che rappresentavano una parte tutto considerato esigua dei suddetti docenti . Grandi energie sono state dedicate alla questione dei pre - salari , che per la massima parte vanno a beneficio di famiglie piccolo - borghesi , mentre lo sforzo anche finanziario per spalancare le porte della scuola secondaria ai figli della classe operaia è stato estremamente modesto o addirittura trascurabile . Gli investimenti per la costruzione di edifici scolastici e universitari - oltre che per la costruzione di ospedali - sono rimasti in buona parte sulla carta non solo e non tanto per la famosa inefficienza della pubblica amministrazione , quanto perché sono stati mantenuti e perfino resi più complicati i paralizzanti controlli , le competenze ministeriali plurime ed i molteplici concorsi per volontà della burocrazia e degli ordini professionali degli ingegneri e degli architetti , volontà pienamente assecondata dai politici . L ' idea , semplice e ovvia , di unificare competenze , controlli e concorsi ha incontrato la più fiera opposizione : più numerosi sono i controlli , maggiore è il potere della burocrazia e minori le sue responsabilità . È importante osservare che nei due casi in cui erano colpiti quasi soltanto gl ' interessi di certe sezioni della grande borghesia - la nazionalizzazione dell ' energia elettrica e lo statuto dei lavoratori - i riformatori hanno avuto la meglio . Tutto sommato , la grande borghesia , particolarmente quella industriale , ha interesse che si facciano le riforme rivolte alla " razionalizzazione " del sistema ed alla stabilizzazione sociale : si tratterebbe , è vero , di riforme limitate , ma tali da non impedire di compiere passi avanti . Tuttavia , la grande borghesia , che da sola rappresenta un ' entità numericamente modesta e quindi politicamente vulnerabile , ha bisogno di cercare alleanze fra i ceti medi , soprattutto fra gli strati più conservatori . In questo senso la grande borghesia ha un ' assai rilevante responsabilità per la mancata attuazione delle principali riforme ; in effetti , per mantenere e allargare l ' appoggio degli strati più conservatori deí ceti medi ha attivamente contribuito a contrastare le riforme , in modo particolare quella urbanistica . Lo strato più " progressista " della grande borghesia è dato da quello che controlla l ' industria moderna ; ma la stessa grande borghesia industriale non ha interessi limitati alla sola industria : i suoi interessi si intrecciano con quelli immobiliari e finanziari " . Inoltre , lo strato più retrivo , quello che controlla la finanza , non è affatto fuori gioco : come ricorderemo fra breve , negli ultimi tempi ha acquistato un notevole peso politico oltre che economico . Se le cose stanno così , quali sono le forze sociali che in un paese come l ' Italia possono spingere verso l ' attuazione di riforme radicali ? La destra ben difficilmente può farlo , almeno in regime di democrazia parlamentare , per le ragioni richiamate poco fa . La sinistra in via di principio può farlo , sulla base di una alleanza fra quegli strati della classe operaia e dei ceti medi che alle riforme sono interessati , per ragioni economiche o civili . Considerata l ' eterogeneità dei ceti medi , che è anche più accentuata di quella della classe operaia , le possibilità di successo di una strategia rivolta all ' attuazione delle riforme dipendono in larga misura dalla capacità e dall ' abilità degli uomini politici al potere e dalla loro conoscenza critica dei problemi e delle forze in gioco . È chiaro che una riforma sanitaria , per esempio , difficilmente si potrà fare se la maggioranza dei medici la osteggiano ; e d ' altra parte , non tutte le proposte ( o le controproposte ) dei medici sono necessariamente viziate da " interessi corporativi " : possono esserci medici che , più che allo stipendio o a posizioni di potere o di micro - potere , sono interessati a lavorare in ambienti civili e moderni , capaci di consentire un ' attività soddisfacente : in primo luogo , essi vogliono sentirsi effettivamente utili . D ' altra parte , anche le proposte o le critiche di tipo corporativo possono contenere - se opportunamente depurate ed emendate - elementi validi per una riforma radicale e socialmente soddisfacente . Considerazioni analoghe valgono per la riforma della scuola e per gl ' insegnanti . L ' abilità dei politici sta nel compiere una sintesi nell ' interesse generale , mediando , sì , i diversi interessi , ma evitando sia il compromesso con í gruppi più retrivi sia le posizioni demagogiche , che sono avallate o da intellettuali che non sanno valutare le forze in gioco , o da gruppi di persone " escluse " ed esasperate , che intendono rifarsi di colpo delle passate privazioni , spingendo verso un male opposto ma non meno grave di quello che si vuole eliminare . La strategia delle riforme esige dunque , soprattutto in Italia , una cospicua abilità di sintesi da parte degli uomini politici che la guidano ; ma esige anche una grande capacità intellettuale e critica : concepire e poi attuare il nuovo , presenta difficoltà che si aggiungono agli ostacoli frapposti dagli interessi minacciati . In via generale , la democrazia italiana oggi si trova in una situazione di crisi , apparentemente non catastrofica né clamorosa , ma certo molto grave . A determinare una tale situazione ha contribuito il contrasto fra le attese suscitate dai governi di centro - sinistra di vaste riforme e le modestissime realizzazioni . Nel tentativo di chiarire i motivi di questa situazione , di disorientamento e di frustrazione , si è andati anche più indietro nel tempo e , soprattutto da alcune frazioni delle nuove generazioni , è stato imbastito il processo alla Resistenza ed alle ragioni del fallimento delle aspettative , che l ' avevano animata , di un rinnovamento ben più profondo e radicale ( anche se non ben specificato ) di quello promesso dai governi di centro - sinistra . Perché quelle aspettative sono andate deluse ? Per colpa degli uomini dei partiti innovatori , che non hanno avuto sufficiente coraggio , tenacia e determinazione , o per ragioni di forza maggiore ? Indubbiamente le colpe ci sono e sono gravi . Ma a mio parere all ' origine di quella delusione esiste una forte componente di illusione sulle reali condizioni sociali del nostro paese e sul grado di sviluppo civile delle diverse classi , specialmente della piccola borghesia . Alla luce delle numerose indagini storiche e sociologiche riguardanti l ' Italia moderna e contemporanea , appare oramai evidente che il fascismo non fu un accidente , non fu un fenomeno paragonabile all ' invasione degli Hyksos in Egitto , come disse Croce , né fu una camicia di forza imposta ad un paese democraticamente maturo da un pugno di banditi prezzolati dal grande capitale ; appare chiaro , viceversa , che il fascismo ha avuto un ' ampia base sociale fra strati della piccola borghesia e perfino fra strati , sia pure esigui , di operai relativamente privilegiati . Pertanto , cessata la guerra , quella di " un fascismo senza Mussolini " era una possibilità effettiva che per un certo periodo fu molto seriamente considerata anche da influenti circoli alleati , come hanno dimostrato Salvemini e La Piana ( La sorte dell ' Italia , ed. inglese 1943 , trad. it. nel volume L ' Italia vista dall ' America , a cura di E . Tagliacozzo , Feltrinelli , Milano , 1969 ) . Il regio governo di Badoglio ( che aveva avuto l ' intenzione di nominare Dino Grandi come ministro degli Esteri ) era appunto un tentativo di avviare un " fascismo senza Mussolini " . Questo tentativo falli , come fallirono altri tentativi consimili , proprio grazie alla Resistenza ed all ' ampiezza ed alla forza del movimento popolare che la esprimeva . È vero : mentre non esisteva la possibilità di una rivoluzione proletaria , che neppure il partito comunista veramente voleva , esisteva la possibilità di una rivoluzione democratica , caratterizzata da profonde riforme sociali , non diverse , almeno negli elementi essenziali , da quelle introdotte in Inghilterra subito dopo la fine della guerra ; e gli uomini che sono emersi dalla Resistenza come leaders hanno la responsabilità di non aver saputo sfruttare una tale possibilità . Ma bisogna aggiungere che i limiti erano molto angusti , non solo e non tanto per i condizionamenti imposti dalle potenze vincitrici quanto per le condizioni sociali italiane . Se ci si rende veramente conto , di là dalla retorica di cui , più o meno , tutti siamo vittime , della nostra gravissima arretratezza civile , si deve dire che le aspettative di una palingenesi sociale erano generose , nobili ma molto ingenue : non diversamente dalle aspettative degli intellettuali che guidarono , nel 1799 , il tentativo rivoluzionario a Napoli , quelle aspettative erano fondate su un ' immagine del tutto utopistica del nostro paese . Il " fallimento " della Resistenza appare tale solo se misurato sul metro di quelle aspettative ; se invece si assume , come si deve , il metro della realtà , ossia quello di un paese paurosamente arretrato sul piano civile , il " fallimento " appare uno straordinario successo . Oggi noi tutti non potremmo godere di quelle libertà e di quelle autonomie - circoscritte , limitate , condizionate finché si vuole , ma sensibilmente maggiori di zero - senza il sacrificio degli uomini della Resistenza [ Ho modificato alcuni dei giudizi espressi nella seconda parte di questo paragrafo dopo le osservazioni critiche gentilmente comunicatemi da Leo Valiani ] . In ogni caso , per giudicare correttamente i nostri attuali problemi , occorre essere ben consapevoli che il nostro paese " per trecento lunghi anni patì l ' obbrobrio e il danno delle dominazioni straniere " ( Giustino Fortunato ) . È straordinariamente cupa la storia di due terzi del nostro paese , il Sud ed il Centro : quasi inesistente , nel Sud , l ' esperienza dell ' autonomia comunale , una dominazione di tipo al tempo stesso feudale e coloniale , con l ' aggravante delle frequenti incursioni dei pirati lungo le coste ; un regime , quello borbonico , definito da uno straniero , distaccato nel suo giudizio , William Gladstone : " the negation of God transformed into a system of government " ; un ' amministrazione , nel Centro , che dal punto di vista civile , pur considerando la diversità dei tempi , non è esagerato definire raccapricciante , se si deve prestar fede alle descrizioni di un altro straniero , anch ' esso distaccato e disinteressato , William Nassau Senior . La riflessione approfondita e critica del nostro presente e , per comprenderlo , sul nostro passato , può dar luogo a conclusioni catastrofiche e paralizzanti per l ' azione : la realtà è veramente orribile . Ma - si spera - può dar luogo a una benefica rabbia di ricostruzione e , paradossalmente , può indurre a giudizi tutto sommato positivi ( come nel caso della Resistenza ) poiché , nonostante tutto , molte cose stanno cambiando nel nostro paese . 2 . Intellettuali e tecnici Dove si trovano , quali sono gli strati socialmente più robusti della piccola borghesia ? Ho già risposto , in parte , a questa domanda : si trovano in tutti i gruppi che formano questa classe composita . Sociologi e politici hanno concentrato la loro attenzione su due gruppi particolari : quello degli intellettuali e quello degli scienziati , dei tecnici e degli specialisti , di formazione molto recente ( gli " intellettuali di tipo nuovo " di Gramsci ) . Ritengo che sia giusto soffermarsi in modo particolare su questi due gruppi , sia perché il grado di cultura critica è , in media , più elevato che negli altri gruppi , considerati nel loro complesso , sia perché anche la relativa " libertà di scelta " è più ampia . Benedetto Croce aveva torto quando considerava gl ' intellettuali come persone totalmente libere e " indipendenti " , addirittura come artefici collettivi ma autonomi della storia ; aveva tuttavia ragione ad attribuire grande importanza nello svolgimento della storia a quella che egli chiamava " classe intellettuale " . E Antonio Gramsci , che esortava " a fare i conti " in termini dialettici con la filosofia crociana ( " occorre rifare per la concezione filosofica del Croce la stessa riduzione che i primi teorici della filosofia della prassi hanno fatto per la concezione hegeliana " ) , aveva ragione quando scriveva : Il pensiero del Croce ... deve , per lo meno , essere apprezzato come valore strumentale , e così si può dire che esso ha energicamente attirato l ' attenzione sull ' importanza dei fatti di cultura e di pensiero sullo sviluppo della storia , sulla funzione dei grandi intellettuali nella vita organica della società civile e dello Stato , sul momento dell ' egemonia e del consenso come forma necessaria del blocco storico concreto ( Il materialismo storico e la filosofia di Benedetto Croce , Einaudi , Torino , 1953 , pp. 199-201 ) . Coloro che , come chi scrive , si augurano che una profonda trasformazione dell ' ordinamento sociale possa essere promossa , nel nostro paese , da una rinnovata e organica alleanza fra classe operaia ed ampi strati della piccola borghesia , debbono puntare soprattutto su quei due gruppi . Ma è necessario non farsi illusioni : anche in questi due gruppi la fascia socialmente solida , capace di sostenere gli sforzi di lungo periodo che una tale alleanza richiede , è ancora esile nel nostro paese . D ' altra parte , in questi due gruppi particolari - intellettuali e tecnici - , come del resto negli altri gruppi e nelle altre classi sociali , non esiste solo una fascia civilmente robusta ed una fascia di topi nel formaggio ; esiste anche una larga fascia intermedia di individui personalmente onesti ma politicamente indifferenti , individui che sarebbero capaci di sacrificare alcuni loro interessi economici in nome di interessi civili più ampi . È anche su questa fascia che bisogna puntare per quella rinnovata alleanza . Sotto l ' aspetto della classificazione qui adottata , gl ' intellettuali in senso stretto e i tecnici si trovano prevalentemente nella piccola borghesia ( gli strati più elevati sono inclusi nella borghesia vera e propria ) ( v . le tabelle 1.1 e 4.1 ) . Gl ' intellettuali , non diversamente dai quadri intermedi della burocrazia ( parte I , capp . 5 e 7 ) , tendono a suddividersi in due categorie : quelli organicamente integrati nella classe dominante e quelli che tendono ad avvicinarsi agli interessi e agli ideali della classe operaia ; e una tale suddivisione vale non solo per gl ' intellettuali di nuovo tipo ( scienziati , ricercatori , tecnici di livello elevato e , in generale , uomini di cultura prevalentemente " scientifica " ) , ma anche per gl ' intellettuali di tipo tradizionale ( letterati , filosofi , artisti e , in generale , uomini di cultura prevalentemente " umanistica " ) . Parlo di tendenze e non di realtà effettive , poiché i margini d ' indeterminazione , non trascurabili in nessuna classe o sottoclasse , sono particolarmente rilevanti nel caso degli intellettuali , soprattutto nell ' attuale fase dello sviluppo storico della nostra società . La posizione dei tecnici ( che , come i politici , rientrano nella categoria degli intellettuali in senso lato ) è anche più indeterminata e polivalente di quella degli intellettuali in senso stretto : possono essere cooptati dalla classe dominante , come quegli impiegati che ne diventano " fiduciari " ; ma possono anche allearsi con la classe operaia ; infine , possono restare , per così dire , disponibili , in una posizione critica ed autonoma , se pure non neutrale . In ogni modo , la questione dei tecnici va vista congiuntamente a quella dei dirigenti ( managers dei massimi livelli , che in parte sono appunto i tecnici cooptati dalla classe dominante ) ; ed entrambe le questioni vanno considerate nel quadro dell ' evoluzione del capitalismo moderno , che ha assunto le caratteristiche che oggi conosciamo ( non solo nel nostro paese ) con lo sviluppo delle società per azioni , quindi dei gruppi finanziari di queste società ( holdings ) e infine , nel periodo più recente , specialmente nei paesi capitalistici più avanzati , dei gruppi multinazionali . Questo capitalismo è caratterizzato da una progressiva separazione fra proprietà e controllo : il processo di concentrazione - intravisto , già al suo primo manifestarsi , da Marx e da Engels - ha compiuto , nel tempo , passi da gigante ; ma ( ed è questa una tesi fondamentale di Alberto Breglia ) , un tale processo non sembra condurre di per sé al collettivismo pubblico ( socialismo ) ; può invece condurre , e in una certa misura ha condotto , ad una sorta di collettivismo privato , ossia a un sistema che perpetua i privilegi sotto forme nuove , non fondate più , principalmente , sulla proprietà privata dei mezzi di produzione ma sulla forza politica e sulla divisione del lavoro , in un peculiare assetto istituzionale , che risulta da una commistione fra pubblico e privato . 3 . I condizionamenti internazionali e le tensioni di origine interna I movimenti e le tendenze politiche che si manifestano , in Italia , nel seno di ciascuna delle diverse classi condizionano e sono condizionati dai movimenti e dalle tendenze politiche che si manifestano nelle analoghe classi sociali degli altri paesi relativamente evoluti , specialmente dell ' Europa . Data la sua particolare instabilità sociale e politica e dato il suo maggior grado di cultura , ciò è specialmente vero per la piccola borghesia , i cui movimenti , come quelli di un pendolo , entrano in risonanza con i movimenti delle piccole borghesie degli altri paesi che si trovano in condizioni relativamente simili : l ' " effetto dimostrativo " , rilevante per tutti i gruppi sociali , è particolarmente rilevante nel caso della piccola borghesia . Di ciò occorre tener conto nel riflettere sulla grave crisi sociale e politica che ora è in atto nel nostro paese : le spinte e le tensioni che l ' hanno provocata hanno origine non solo all ' interno ma anche all ' esterno della nostra società . Il movimento studentesco e poi i gruppi extra - parlamentari sono stati fortemente influenzati da spinte esterne , così come lo sono state le tensioni nel mercato del lavoro : in tutti i paesi più evoluti negli ultimi anni gli scioperi sono diventati più frequenti e più lunghi , e ciò come conseguenza dell ' accresciuta pressione inflazionistica ( che è un fenomeno internazionale ) e per una sorta di reciproco " effetto dimostrativo " , che in certi casi ( autunno caldo italiano del 1969 ) è stato rafforzato dal timore che i sindacati avevano di essere scavalcati a sinistra dai gruppi extra - parlamentari , com ' era avvenuto nel maggio francese del 1968 . La conseguenza dell ' esplosione salariale che , più o meno , si è verificata in tutti o quasi tutti i paesi industrializzati , è stata una sensibile flessione del saggio del profitto , la quale a sua volta ha frenato gl ' investimenti e fatto aumentare la disoccupazione . Le difficoltà economiche sono state aggravate dal disordine nel sistema monetario internazionale e dalla crisi di importanti rami produttivi , come l ' industria tessile e la chimica di base , crisi provocata , oltre che dal forte aumento del costo del lavoro , dall ' accresciuta concorrenza internazionale e da cospicui errori compiuti negli ultimi anni da certi grandi complessi produttivi nella politica di investimenti . Le gravi difficoltà economiche nelle quali si dibatte il nostro paese da alcuni anni hanno avuto e stanno avendo rilevanti conseguenze : hanno fatto crescere il numero dei fallimenti e , per le imprese con un numero di addetti relativamente elevato , hanno provocato salvataggi da parte dell ' autorità pubblica ; più in generale , hanno dato luogo ad una rapida accelerazione dell ' area d ' influenza delle imprese a partecipazione statale ; infine , insieme con altri fattori , hanno concorso a stimolare fusioni non solo al livello interno ma anche al livello internazionale . La debolezza del capitale privato italiano ha comportato dunque una espansione assoluta e relativa sia del capitale pubblico sia del capitale estero , specialmente nell ' industria ; in certi rami sono comparse oppure hanno grandemente esteso la loro influenza le grandi società multinazionali . Questo è un fatto nuovo di fondamentale importanza di cui d ' ora in poi non solo i sindacati ma anche i partiti di sinistra dovranno tenere il massimo conto . Le difficoltà economiche , aggravando il problema della disoccupazione ( operaia e intellettuale ) , hanno esasperato le tensioni sociali , sia nel mondo del lavoro sia , più in generale , nel mondo dei giovani . Queste tensioni , che sono comuni a molti altri paesi capitalistici , hanno assunto caratteristiche particolarmente gravi nel nostro paese , che ha strutture civili debolissime , sia perché il suffragio universale è un fatto relativamente recente ( in pratica comincia ad essere applicato solo dopo la seconda guerra mondiale ) , sia per il basso grado d ' istruzione delle masse sia per l ' espansione enorme , relativamente recente e in parte patologica , della piccola borghesia . La persistente flessione del saggio medio del profitto , che - ripeto - è comune a molti altri paesi capitalistici , può avere effetti molto gravi sia sul piano economico sia sul piano politico , dato che " il saggio del profitto costituisce la forza motrice della produzione capitalistica " ( Marx ) . Una crisi economica è già in atto ed è elevato il rischio che si aggravi , con un cospicuo aumento della disoccupazione . Politicamente , sono fortissime le spinte per una svolta a destra ; è da prevedere che la reazione della borghesia diventerà ancora più dura , con spinte di tipo fascista che oggi a quanto pare provengono , più che dalla grande borghesia , dagli strati reazionari della piccola borghesia . Si tratta di vedere quale risposta sono in grado di dare i partiti che in qualche modo rappresentano gl ' interessi della classe operaia e i sindacati : sono pronti al decisivo scontro frontale , comunque a una strategia rivolta a impartire colpi d ' intensità progressivamente crescente per mutare il " sistema " ? La risposta di chi scrive è negativa . Sembra che la classe operaia sia diventata abbastanza forte sul piano sindacale da impartire duri colpi al " sistema " , ma non abbastanza forte e compatta e consapevole da mutarlo . Se così è , dovrebbe essere ovvio che alla classe operaia e ai suoi rappresentanti e alleati oggi conviene evitare lo scontro frontale e , comunque , non conviene adottare una strategia di tipo rivoluzionario . Di questo i dirigenti politici e sindacali sembrano convinti , poiché si rendono conto che la grande maggioranza degli operai non vuole veramente una rivoluzione . Ma una frazione della " base " , che tuttavia riesce ad avere una notevole influenza , anche sotto la spinta dei gruppi extra - parlamentari , continua a spingere come se una strategia di tipo rivoluzionario fosse desiderabile . Questa è una contraddizione grave , che nel nostro paese assume una gravità ben maggiore che in altri paesi capitalistici europei . Il massimalismo , non suffragato da una forza proporzionata agli obiettivi , non ha mai dato frutti positivi in nessun paese e in nessun tempo . Sul piano sociale e politico , le spinte esterne s ' intrecciano e si combinano con spinte e tensioni specificamente interne . A titolo illustrativo , si possono considerare due aree , profondamente diverse , in cui qualche anno fa si sono localizzate le tensioni più acute : Milano e Reggio Calabria . A Milano è particolarmente acuta , in molte fabbriche , la tensione fra dirigenti e operai , soprattutto quelli da poco immigrati dal Sud . Questi operai , che hanno reciso i legami con le zone di origine attratti dal miraggio di un relativo benessere , hanno scoperto : 1 ) che il loro salario viene decurtato da fitti esosi ; 2 ) che , dato il loro grado d ' istruzione , sono assegnati ai lavori più umili e più " alienanti " ; 3 ) che l ' ambiente sociale è quasi razzialmente ostile nei loro confronti . Di qui la loro rabbia , che si riversa sui dirigenti di fabbrica , da loro visti come capitalisti e sfruttatori , e che a volte viene incanalata e diretta dai gruppi extra - parlamentari . È rilevante anche la tensione fra certi strati di operai di recente immigrazione e certi strati di operai di provenienza locale . Anche in certi strati di operai locali vi sono tensioni , come conseguenza del fatto che , dopo gli elevati aumenti salariali del 1962-1964 , gl ' industriali hanno cercato di accrescere la produttività non tanto con nuove macchine , quanto attraverso processi di " razionalizzazione " aziendale , attraverso l ' intensificazione dei ritmi di lavoro e il ricorso al lavoro straordinario . Queste tensioni , tuttavia , assumono più la forma di rivendicazioni sindacali ( aumenti dei salari e migliori condizioni di lavoro ) che la forma di spinte rabbiose o eversive . Per Reggio Calabria , occorre in primo luogo tener presente la seguente osservazione di Gramsci : Il " morto di fame " piccolo - borghese è originato dalla borghesia rurale : la proprietà si spezzetta in famiglie numerose e finisce con l ' essere liquidata , ma gli elementi della classe non vogliono lavorare manualmente : così si forma uno strato famelico di aspiranti a piccoli impieghi municipali , di scrivani , di commissionari , eccetera ... Molti piccoli impiegati delle città derivano socialmente da questi strati ... Il " sovversivismo " di questi strati ha due facce : verso sinistra e verso destra , ma il volto sinistro è un mezzo ricatto : essi vanno sempre a destra nei momenti decisivi e il loro " coraggio " disperato preferisce avere i carabinieri come alleati ( Passato e presente , Einaudi , Torino , 1953 , p . 15 ) . In effetti , la rivolta di Reggio è stata promossa da piccoli borghesi " sovversivi " che hanno fatto leva soprattutto sulla rabbia di alcuni strati del sottoproletariato cittadino . Naturalmente , l ' osservazione di Gramsci riguarda solo un aspetto della complessa situazione ( uno degli elementi particolari sta in ciò , che l ' istituzione degli uffici regionali può avere grande importanza per l ' impiego di numerose persone ) ; un altro aspetto è dato dall ' esasperazione , che serpeggia in tutti gli strati della popolazione meridionale , per le promesse , fatte ripetutamente dai politici e in gran parte non mantenute , circa l ' avvio di un vigoroso processo di sviluppo del reddito e dell ' occupazione . Queste indicazioni , pur brevi e frammentarie , bastano a mettere in evidenza la necessità di studiare a fondo i seguenti fenomeni , che in parte si sovrappongono e che comunque sono fra loro interdipendenti : l ' esodo agrario , l ' emigrazione dal Sud al Nord e gli spostamenti interni alle classi , specialmente quelli che hanno luogo nelle regioni meridionali . Come si è osservato ( parte I , cap . 4 ) , gli spostamenti principali avvengono nell ' ambito della piccola borghesia ( flessione dei coltivatori diretti , aumento degli impiegati e dei commercianti ) e nell ' ambito della classe operaia ( flessione dei salariati agricoli , aumento dei salariati nelle attività extra - agricole e dei sottoproletari ) . Sebbene le sottoclassi ora nominate , specialmente quelle della piccola borghesia , siano tutte molto eterogenee , sembra tuttavia lecito affermare che la sottoclasse composta dai contadini proprietari ( coltivatori diretti ) in generale è caratterizzata da tendenze di tipo conservatore , e comunque è più stabile e tradizionalista delle altre sottoclassi piccolo - borghesi , ben più eterogenee e oscillanti verso l ' uno o l ' altro estremo dello schieramento politico ( la spinta verso l ' estrema destra eversiva essendo presente soprattutto nelle fasce poco o male inserite in attività economiche moderne ) . Analogamente , i salariati dell ' agricoltura sono più tradizionalisti degli altri e più suscettibili , almeno in certe zone , di subire l ' influenza delle autorità ecclesiastiche locali , mentre i salariati dei settori extra - agricoli sono ben più attivi dal punto di vista sindacale e politico . Il risultato di quegli spostamenti sociali , pertanto , è un aumento dell ' instabilità sociale e delle tensioni politiche . 4 . La sinistra tradizionale e i ceti medi Tensioni della più diversa natura esistono dunque nel nostro paese . Queste tensioni sono state aggravate anche da disordini e da violenze deliberatamente provocate da settori della destra politica ed economica operante nell ' interno e fuori dello Stato , proprio per spingere all ' estrema destra ampi strati della piccola borghesia e per determinare così una crisi politica ; un ' ulteriore spinta a destra degli stessi strati è stata originata da certi provvedimenti radicali del governo di centro - sinistra , come le leggi , tutto considerato opportune e utili dal punto di vista generale , riguardanti i fondi rustici e l ' edilizia residenziale . La sinistra tradizionale ( partito comunista e partito socialista ) ha indubbiamente fatto tesoro , e non solo da ora , della lezione del 1921-1922 , quando , come scrive Gramsci , con la sua politica passiva e permissiva nei riguardi delle spinte caotiche che spaventavano molti piccoli borghesi , già traumatizzati dagli sconvolgimenti della guerra , la sinistra " se li rese nemici gratis , invece di renderseli alleati , cioè li ributtò verso la classe dominante " ( Passato e presente , cit . , p . 54 ) . Di qui una politica cauta e comprensiva , verso i così detti ceti medi , sia del partito socialista sia del partito comunista ( i cui apparati centrali , d ' altra parte , sono in larga misura composti da persone provenienti da questi ceti ed i cui votanti sono , per quote non piccole , persone appartenenti agli stessi ceti ) . I giovani dei gruppi extra - parlamentari , che criticano " da sinistra " il partito socialista e quello comunista , dovrebbero cercare di comprendere le ragioni di una tale politica . È vero : l ' attuale sinistra potrà apparire ai futuri storici come oggi ci appare la " sinistra storica " del secolo scorso ; ma non ha senso attribuire la politica perseguita dall ' attuale sinistra al " tradimento " dei capi o al loro imborghesimento : la critica può diventare seria solo dopo un ' analisi approfondita , che deve tener conto dell ' attuale grado di sviluppo delle forze produttive e delle diverse classi sociali nel nostro paese . Il rabbioso estremismo di certi gruppi della sinistra extra - parlamentare non è affatto un fenomeno tipicamente italiano ; anzi , nel nostro paese questi gruppi sono meno virulenti che altrove . Si tratta , salvo poche eccezioni , di gruppi di piccoli borghesi declassati e disperati : è questa la caratteristica dei tupamaros di certi paesi latino - americani ; era questa la caratteristica dei nichilisti russi del secolo scorso . Non c ' è dubbio che i gruppi extra - parlamentari con la loro azione hanno contribuito alla ripresa del pericolo fascista ; per esempio , l ' attacco ai " dirigenti " delle fabbriche , assecondato e certe volte diretto da questi gruppi , ricorda sotto certi aspetti l ' attacco agli ufficiali reduci dal fronte dopo la prima guerra mondiale , attacco che certi settori della sinistra assecondarono o promossero e che contribuì alla " cessione gratuita " di questi reduci alla classe dominante . Fortunatamente , la scala del fenomeno oggi è molto più limitata ; oggi non sussistono le condizioni di sconvolgimento che allora sussistevano ; la sinistra ha imparato la lezione ; infine , il ventennio nero ha rappresentato una forte vaccinazione , non solo per la classe operaia ma anche per molti strati delle classi medie . Tuttavia , se il pericolo del fascismo manifesto è basso , è elevato il pericolo di una svolta politica antifascista a parole ma sostanzialmente fascista nei fatti : l ' arretratezza sociale e politica del nostro paese e la protervia di ampie sezioni della classe dominante rende questo pericolo molto reale nelle attuali condizioni di crisi . Il partito democratico cristiano , che ha la sua base elettorale in tutte e tre le classi sociali ( v . le tabelle 7.1 , 7.2 , 7.3 e 7.4 dell ' Appendice ) , preoccupato per la fuga a destra di una frazione dell ' elettorato piccolo - borghese , dalla fine del 1971 in poi ha attuato una sterzata a destra . I risultati delle elezioni del maggio 1972 mostrano che la manovra di recupero ha avuto un notevole successo . È necessario tuttavia tener conto che la piccola borghesia è una classe , o quasi classe , particolarmente instabile ; per questo una manovra di recupero a destra può avere successo in un periodo breve , senza determinare perdite sensibili di voti operai . Ma se la rotta dovesse continuare verso destra , in un periodo non breve le perdite di voti a sinistra potrebbero diventare rilevanti : le contraddizioni dell ' interclassismo vengono alla luce nei periodi di gravi tensioni sociali e politiche [ Scrivevo queste osservazioni verso la fine del 1972 ] . La situazione della sinistra italiana ( e per questo aspetto quella della sinistra francese ) è resa difficile dal fatto che il partito comunista , il quale politicamente rappresenta una quota rilevante , anche se non maggioritaria , della classe operaia ed una quota pure notevole di ceti medi ( v . le tabelle 7.3 e 7.4 ) , è tuttora in una certa misura legato al modello sovietico , nonostante le distanze prese nell ' ultimo decennio , specialmente dopo la tragedia cecoslovacca ; e per un paese come l ' Italia ( e la Francia ) il modello sovietico appare sempre meno un " modello " da seguire , non solo e non tanto per ragioni economiche , quanto per ragioni civili . Perfino quella rottura così profonda che è stata la rivoluzione bolscevica non è valsa a interrompere certe linee della storia russa , che si ricollegano ad antiche tradizioni autocratiche e repressive , comprensibili ( dolorosamente ) in un paese che in pratica non ha avuto una vera e propria rivoluzione borghese e che fino a pochi decenni or sono era un paese molto arretrato . Si tratta di una contraddizione grave , le cui conseguenze si riflettono negativamente non solo sulla sinistra , ma sull ' intera vita sociale e politica del nostro paese . Quanto prima se ne potrà uscire , tanto meglio sarà . Riguardo alle relazioni fra classi e partiti , bisogna dire che anche il partito comunista è interclassista , come lo è il partito socialista . Tuttavia , se è vero che tutti i partiti di sinistra e di destra sono interclassisti , alcuni lo sono più degli altri . In particolare , i ceti medi sono largamente rappresentati sia a sinistra che a destra . Ma vi sono ceti medi genuinamente progressisti , almeno in modo potenziale ; e vi sono ceti medi conservatori o reazionari . ( A questo proposito conviene leggere , naturalmente interpretandola con un grano di sale per adattarla alla nostra situazione , l ' analisi delle classi di Mao Tse - tung citata nel capitolo 5 della parte I ) . Inoltre , certe categorie di persone sono bene ancorate a interessi organici di classe ; altre , lo sono poco e male , come accade nel caso degli studenti , ' dei pensionati e delle così dette casalinghe . P . presumibile che i voti di queste persone siano particolarmente fluttuanti . Ed è anche presumibile che la Democrazia cristiana sia riuscita finora ad ottenere una percentuale relativamente stabile di voti grazie a oscillazioni di segno opposto dei votanti . La varietà delle frazioni di classi e di sottoclassi che convergono nella Democrazia cristiana appare impressionante , se si giudica dalla varietà degli uomini rappresentativi : alcuni fanno parte di quanto di meglio offra il nostro paese , molti altri sono personaggi da galera ; e sembra siano particolarmente numerosi , fra i votanti della Democrazia cristiana , quelli che appartengono alle categorie " disancorate " ( vedi l ' indagine di Giuliana Saladino pubblicata da " L ' Ora " di Palermo nei giorni 16 , 18 , 20 , 23 e 27 luglio 1973 ) . Ci si deve domandare che cosa può accadere a questo partito se continua l ' ascesa assoluta e relativa della classe operaia e se i partiti di sinistra riescono a rinnovarsi in profondità , rendendo molto più omogeneo e compatto il loro interclassismo e promuovendo una rappresentanza operaia diretta attraverso una qualche trasfusione di sangue , per esempio , attraverso l ' introduzione negli organismi centrali di un quorum gradualmente crescente riservato agli operai ; un provvedimento , questo , che appare quanto mai auspicabile se è vero che il movimento operaio è immune da quelle degenerazioni e da quegli " intrallazzi " che inquinano la piccola borghesia . Sul piano della gestione concreta della cosa pubblica , occorre riflettere sull ' esperienza emiliana e di altre regioni " rosse " , dove si è attuata un ' alleanza organica fra ceti medi e classe operaia , con un ' evidente egemonia dei primi . 5 . Sindacati operai e sindacati dei ceti medi Nella prima parte ho avuto occasione di far notare che la distanza fra impiegati e operai , misurata per mezzo dello stipendio medio e del salario medio , negli anni più recenti è andata diminuendo e che , ciò nonostante , in singoli settori o al vertice delle diverse gerarchie , le distanze presumibilmente sono andate crescendo . La questione è importante e merita un attento esame . Per un complesso di circostanze , il movimento operaio , insieme con quelle ampie fette del movimento sindacale e della sinistra politica che bene o male lo rappresentano , ha raggiunto importanti risultati , specialmente negli ultimi anni . La posizione degli operai nella fabbrica e nella società è pur sempre subordinata , ma lo è incomparabilmente meno di quanto fosse appena dieci anni fa . Questo importante processo di crescita civile avviene attraverso dure lotte , attraverso errori e rilevanti costi economici , che vanno a carico di tutti , sia pure in diverse proporzioni . In questo processo s ' innesta quell ' avvicinamento delle posizioni medie di cui ho detto . La scelta sindacale dell ' inquadramento unico in parte sanziona questa nuova tendenza e in parte contribuisce ad accelerarla , almeno nel settore degli impiegati di azienda . Si tratta di una scelta di grande rilievo . Ora questo processo di avvicinamento economico e sociale fra certi strati di operai e certi strati di ceti medi sta provocando - come già altre volte nel passato ma in forme e con conseguenze nuove - una spaccatura nell ' ambito degli stessi ceti medi . In alcuni strati quell ' avvicinamento suscita orrore e dà luogo a sforzi per contrapporsi ad esso , anche attraverso una strategia " corporativa " rivolta a ripristinare le distanze e possibilmente ad accrescerle ; l ' orrore per il comunismo e , più in generale , per la sinistra , ha spesso una tale origine . Altri strati di ceti medi , invece , considerano positivamente questo processo , poiché l ' alleanza organica con gli operai , se ha degli svantaggi economici ( da un punto di vista piccolo - borghese ) , ha diversi rilevanti vantaggi in termini di civiltà e di forza politica . Da un lato , l ' ascesa di una parte della classe operaia e l ' affermazione di una strategia " non corporativa " ( specialmente nelle fabbriche e fra gli intellettuali ) , dall ' altro lato , la reazione di particolari strati di ceti medi a tali tendenze ha assai inasprito le lotte sociali e politiche , non solo nel nostro ma anche in altri paesi europei . Gli stessi capitalisti industriali sono divisi . È in gioco non solo il potere della grande borghesia , ma anche quello , a carattere in gran parte condominiale e subalterno , della media e piccola borghesia . All ' origine di questi contrasti e di queste contrapposizioni , dunque , è l ' ascesa non solo assoluta ma anche relativa della classe operaia ; un ' ascesa che ha luogo non solo nel campo economico ma anche nel campo sociale e politico e che presenta a sua volta elementi in parte contraddittori : da un lato ha una componente potenzialmente rivoluzionaria - almeno nel lungo periodo - dall ' altra parte promuove le tendenze verso l ' imborghesimento . Una tale ascesa , se da un lato costituisce una minaccia per la grande borghesia , dall ' altro lato costituisce ( di nuovo , contraddittoriamente ) una minaccia e , al tempo stesso , una possibilità di alleanza per la piccola borghesia , a cominciare da quella impiegatizia e intellettuale . Tutto questo dimostra com ' è importante studiare le relazioni ( complementari e di contrapposizione ) fra operai e ceti medi , in tutti i campi sociali , compreso quel campo particolarissimo che è il campo sindacale . Un tale studio è tanto più necessario in quanto finora sulle relazioni fra sindacati operai e sindacati dei ceti medi ( sindacati che in molti casi fanno capo alle stesse organizzazioni centrali ) è stato steso pudicamente un velo ; è possibile che questo sia accaduto sotto l ' influsso dell ' ideologia piccolo - borghese che , col pretesto di non creare divisioni all ' interno della " classe lavoratrice " , mira a cementare una solidarietà che va in buona parte a beneficio dei ceti medi impiegatizi e professionali . Ora , l ' opportunismo e l ' ipocrisia nelle analisi sociali non hanno mai giovato a nessuno , tanto meno hanno giovato agli " innovatori " , ossia agli uomini della sinistra . Con non poca fatica , e grazie all ' aiuto di diversi amici sindacalisti , sono riuscito a elaborare due tabelle in cui si presentano le stime degli iscritti ai sindacati distinguendo gli operai dagli impiegati nei diversi settori di attività ( v . tabelle 5.1 e 5.2 ) . Le statistiche degli iscritti ai sindacati godono di pessima reputazione e in effetti fino a pochi anni fa erano inattendibili ; da qualche tempo , da quando cioè la concorrenza fra le tre grandi centrali sindacali si è andata attenuando in seguito alla graduale attuazione di una strategia unitaria , si è andata attenuando anche la " guerra delle cifre " e i dati sugli iscritti sono oramai abbastanza attendibili , o per lo meno non sono grossolanamente ingannevoli . La distinzione fra operai e impiegati nei settori direttamente produttivi , come l ' industria , è frutto di stime suggeritemi dai sindacalisti ; nel caso dei sindacati d ' impiegati , collegati con le tre centrali sindacali o autonomi , questo problema non si pone . Sui dati esprimerò pochi e schematici commenti . Rispetto al totale degli iscritti di ciascuna centrale sindacale , la Cgil ha la più alta quota degli iscritti di operai e impiegati addetti all ' industria , il 49% , contro il 39% della Cisl e il 42% dell ' Uil ; e poiché nell ' industria gli operai costituiscono la grande maggioranza degli addetti ( oltre il 90% ) , si può desumere che la Cgil ha , fra i propri iscritti , la più alta quota di operai . Al contrario , la Cisl ha la più alta quota di iscritti nelle altre attività , dove prevalgono gl ' impiegati . La diversa composizione della Cgil e della Cisl si ricollega ad un diverso rapporto col partito dominante , la Dc , ciò che fino ad un tempo recente ha anche comportato discriminazioni nelle assunzioni , specialmente nell ' ambito dei ceti medi e , in parte , un diverso modo di concepire l ' alleanza fra operai e ceti medi ( particolarmente quelli impiegatizi ) , anche se tanto l ' una quanto l ' altra concezione - quella della Cgil proclama l ' esigenza dell ' egemonia operaia - sono ambigue , per le ragioni più volte chiarite . Il grado di sindacalizzazione , naturalmente , va riferito agli operai occupati in unità con oltre 10 addetti ( per gli impiegati la questione non si pone ) . Ora , il grado di sindacalizzazione è relativamente alto nell ' industria per quanto riguarda gli operai ( oltre il 60% ) , mentre è relativamente basso nel caso degli impiegati ( circa un terzo ) . Per le altre attività le quote corrispondenti sono il 20% ( livello , come si vede , molto basso ) e 62% ( livello relativamente elevato : le attività terziarie costituiscono il caratteristico campo degli impiegati ) . Nella pubblica amministrazione - un settore quasi esclusivamente composto da impiegati - il grado di sindacalizzazione è relativamente elevato : 1'80%; ma per circa un sesto si tratta di iscritti a sindacati detti autonomi , che spesso sono affetti dal virus del corporativismo . I sindacati autonomi sono incredibilmente numerosi : se ne contano alcune decine nel solo settore dell ' istruzione e non meno di cinque nel settore della sanità . Paradossalmente , una tale situazione di divisione e frammentazione non fa la debolezza , ma , spesso , fa la forza , se si considera che il così detto " datore di lavoro " ha , come precipuo interesse , quello di far funzionare il servizio per ragioni che in un modo o nell ' altro sono di ordine pubblico , così che perfino un singolo sindacato , che raggruppi una quota non proprio trascurabile di lavoratori altamente specializzati in un sottosettore circoscritto ma indispensabile , può esercitare una pressione straordinariamente forte . La frammentazione sindacale può essere anche il risultato di una deliberata politica , tendente a favorire certi gruppi di lavoratori o certe clientele , o mirante ad impedire l ' affermarsi di determinate organizzazioni sindacali . Il grado di sindacalizzazione dei pubblici dipendenti è elevato ; ma non c ' è molto da rallegrarsi per questo . Il fatto è che le alte percentuali spesso sono la conseguenza d ' intese con le amministrazioni , per una sorta d ' iscrizione automatica degli impiegati ( e fin qui , nonostante i pericoli di burocratizzazione , non ci sarebbe molto da criticare ) ; ma non di rado le alte percentuali delle tre grandi organizzazioni sindacali sono imputabili alla facilità con cui esse hanno accolto , come affiliati , dei sindacati assai poco diversi , nella linea di condotta di tipo corporativo , dai sindacati autonomi . In realtà , fra certi sindacati e le grandi centrali sussistono legami puramente formali , simili a quelli che venivano ad instaurarsi nel tardo Medioevo fra il re o l ' imperatore e certi signori feudali . Inoltre , i sindacati di diversi settori del pubblico impiego riescono a non far pagare gli scioperi ai propri iscritti con diversi espedienti ; ora , gli scioperi sono una cosa seria solo se sono una forma di lotta effettiva ; e le lotte sono costose . Per gli operai le lotte sono costose e rischiose ( licenziamento ) e non è ammissibile che ci siano due pesi e due misure . Senza dubbio , nel settore del pubblico impiego ci sono agitazioni e scioperi pienamente validi , ossia non corporativi , ossia ancora capaci di promuovere la crescita economica e civile di tutti i lavoratori ; ma è legittimo affermare che la percentuale di scioperi di questo genere è molto inferiore a quella che si riscontra nel caso della classe operaia . Le tre grandi centrali sindacali hanno la grave responsabilità di aver assecondato o di non aver condannato , o di aver condannato con estrema timidezza , gli scioperi e le rivendicazioni a carattere manifestamente corporativo di impiegati e di professionisti operanti nel settore pubblico : il reddito nazionale , anche quando cresce , è limitato : se la quota che va a certi gruppi sociali cresce , le altre quote necessariamente diminuiscono . In breve , nel campo sindacale , il settore del pubblico impiego inteso in senso lato è quello che più degli altri esige una vasta opera di riorganizzazione , strettamente collegata con direttive politiche generali , prima fra tutte la direttiva di una stretta integrazione fra la strategia dei sindacati del pubblico impiego e sindacati operai , in antitesi alle spinte clientelari e corporative tuttora paurosamente diffuse . Non può andare esente da critiche neppure il sindacato a prevalente partecipazione operaia . Tuttavia , se si eccettuano evidenti errori di strategia e soprattutto di tattica ( agitazioni in certi periodi troppo frequenti , abuso di scioperi con rivendicazioni di politica generale ) , bisogna dire che da questa parte le cose vanno molto meglio ; e più di una volta , se ci sono state al vertice incertezze e impostazioni burocratiche , la base ha imposto rivendicazioni sacrosante come quella , già ricordata , dell ' inquadramento unico , o quella per gl ' investimenti nel Mezzogiorno , o le rivendicazioni per il miglioramento delle condizioni di lavoro nelle fabbriche , specialmente la lotta a favore della salubrità degli ambienti e contro l ' assai gravemente insufficiente prevenzione degli infortuni . Il fatto che rivendicazioni qualitative stiano avendo un peso crescente in confronto alle rivendicazioni puramente pecuniarie è un fatto di grande rilievo , poiché è un indice della crescita civile degli operai , pur fra tanti errori , tante ingenuità e tante aberrazioni . In ogni modo , per il meglio o per il peggio , i sindacati sono al centro dell ' attuale crisi politica , la quale è grave e complessa e richiede un ' analisi molto approfondita , illuminata da ipotesi appropriate . 6 . L ' attuale crisi politica e la borghesia finanziaria Sotto molti aspetti , l ' attuale quadro politico italiano appare come una desolata palude : specialmente ( ma non esclusivamente ) nella cerchia dei ceti medi , la corruzione , le spinte corporative e la caccia ai privilegi si moltiplicano , come una volta in Uruguay , con un progressivo aumento dell ' uso parassitario delle risorse a danno degli impieghi produttivi e quindi a danno delle capacità di sviluppo economico . Al centro del quadro - con ramificazioni a destra e a sinistra - c ' è una gran massa di piccoli borghesi che pensa principalmente , o esclusivamente , al proprio " particolare " e se ne infischia della cosa pubblica . A sinistra ci sono quei partiti di cui ho parlato e che , senza una profonda riorganizzazione e senza una " trasfusione di sangue " , rischiano di corrompersi o di sclerotizzarsi in modo irreversibile . All ' estrema sinistra ci sono alcuni gruppi , che oggi tutto possono far meno che la rivoluzione . Ancora a sinistra , nelle fabbriche , c ' è un consistente nucleo di classe operaia industriale moderna in netta ascesa . Corrispondentemente , all ' estrema destra si profila il pericolo di una reazione fascista di tipo nuovo . Insomma , sembra che la prospettiva sia quella di uscire dalla palude per andare a finire o in un campo di concentramento o in un bel cimitero , con i viali ordinati ed ornati di fiori , oppure in una palude di altro genere . Che cosa si può fare per uscire dalla crisi ? La strada è certamente ardua e lunga . Il passo preliminare consiste in un ' adeguata analisi critica della situazione attuale ( 1974 ) : da un lato occorre studiare la condotta idei diversi sindacati e i condizionamenti posti dalla così detta base , dall ' altro si devono esaminare i cambiamenti che stanno avendo luogo nella parte alta della piramide sociale . Per avviare la suddetta analisi critica conviene riflettere in modo particolare su alcuni punti emersi nei precedenti capitoli . 1 . Nei periodi di aspri conflitti fra borghesia e parte della classe operaia , le concessioni ai funzionari e specialmente a quelli di grado più elevato sono state più frequenti e più sostanziose . In questo modo si sono rafforzati i privilegi dell ' alta burocrazia ( parte I , cap . 6 ) . 2 . Mentre la distanza media fra impiegati e operai , misurata dai livelli delle retribuzioni , è andata diminuendo negli ultimi anni , in certe fasce di impiegati le distanze specifiche sono perfino aumentate , come conseguenza di reazioni corporative , rese rabbiose da quello che i sociologhi chiamano " panico di status " ( parte I , cap . 7 ) . 3 . Con l ' esodo agrario e l ' urbanesimo , sono grandemente cresciute le rendite urbane , con le connesse operazioni speculative ; si è formato in questo modo , un numero relativamente consistente di nouveaux riches ( parte I , cap . 1 ) . 4 . Da anni il nostro paese si dibatte in gravi difficoltà economiche che in gran parte sono la conseguenza di agitazioni sindacali particolarmente violente ( parte II , cap . 4 ) e le agitazioni sindacali sono state e sono particolarmente violente anche a causa dell ' insufficienza di quelle infrastrutture civili che dovrebbero essere attuate con l ' attuazione delle riforme ; di recente , le difficoltà economiche sono state drammaticamente aggravate dall ' aumento nei prezzi internazionali delle materie prime e , soprattutto , del petrolio , con un conseguente enorme deficit nella bilancia dei pagamenti ( parte II , capp . 1 e 3 ) . 5 . Principalmente a causa della politica clientelare perseguita con crescente protervia dagli stati maggiori dei partiti che sono al potere al centro e alla periferia ed a causa di leggi approvate per favorire ora l ' uno ora l ' altro dei gruppi burocratici e dei " corpi separati " , il deficit della pubblica amministrazione è andato crescendo in misura paurosa . Per finanziare tale deficit , il pubblico erario e il sistema creditizio hanno dovuto destinare mezzi crescenti , sottraendoli al finanziamento degli investimenti produttivi . Alla formazione e poi alla crescita di questo deficit , che sta diventando una voragine , hanno contribuito in parte notevole i disavanzi degli ospedali e degli enti locali , disavanzi che a loro volta sono stati alimentati da assunzioni massicce , di tipo appunto clientelare , e da enormi aumenti di stipendio ottenuti dai diversi gruppi di dipendenti con l ' appoggio - o almeno senza l ' opposizione - delle centrali sindacali . Il costo del finanziamento degli investimenti produttivi , d ' altro canto , è andato crescendo anche a causa dei molto gravosi oneri per il personale appartenente alle istituzioni creditizie , che dal punto di vista delle retribuzioni costituisce un ' altra caratteristica isola di privilegio . 6 . Le gravi difficoltà economiche si sono tradotte , fra l ' altro , in una flessione dei profitti e in un crescente numero di fallimenti , ciò che ha provocato salvataggi da parte dell ' autorità pubblica , ha rapidamente allargato l ' area d ' influenza delle imprese a partecipazione statale ed ha favorito l ' ingresso , silenzioso ma massiccio , del capitale estero , controllato , in parte , da grandi società multinazionali ( parte II , cap . 3 ) . Queste difficoltà economiche hanno reso più debole la borghesia industriale a vantaggio della borghesia finanziaria e speculativa , che ha avuto tendenza a integrarsi con l ' alta borghesia burocratica ( punti 1 e 2 ) e a rafforzarsi sia inserendosi in speculazioni edilizie ( punto 3 ) sia collegandosi con le attività connesse col petrolio . In effetti , se si mette da parte la petrolchimica , si deve riconoscere che il commercio e la raffinazione dei prodotti petroliferi richiedono ben poche capacità imprenditoriali : si tratta di sapersi muovere nel mondo della pubblica amministrazione ed in quello delle compagnie petrolifere multinazionali piuttosto che saper affrontare le così dette alee dell ' organizzazione produttiva e del mercato . Quelle del petrolio possono quindi a buon diritto essere incluse fra le attività speculative intese in senso ampio e i proprietari che le controllano possono essere inclusi nella borghesia finanziaria . Speculazioni edilizie , esportazioni di capitali , petrolio , costituiscono le tipiche aree del profitto speculativo : sono aree economicamente inquinate anche da un punto di vista capitalistico ; a fortiori sono aree inquinate ed inquinanti dal punto di vista politico . 7 . La flessione dei profitti ( parte II , cap . 3 ) è stata interrotta dalla " fluttuazione libera " della lira , ossia , in sostanza , dalla svalutazione della nostra moneta in termini di divise estere , che è cominciata nel febbraio del 1973 e che oggi ( aprile 1974 ) supera il 20% . Tale svalutazione ha favorito , in generale , i profitti e , in particolare , ha favorito le operazioni speculative ( comprese le esportazioni e le importazioni di capitali ) dirette ed organizzate dalla borghesia finanziaria . I punti 6 e 7 ora ricordati sono stati elaborati da Giorgio Galli , che ha formulato la seguente ipotesi interpretativa della crisi politica in atto : " Si è venuta formando in Italia una borghesia finanziaria e speculativa nei suoi strati superiori e burocratico - parassitaria nei suoi strati immediatamente inferiori , che non è affatto interessata alla razionalizzazione del sistema sociale e che sta conquistando l ' egemonia nell ' ambito dell ' alta borghesia . Quella che si viene consolidando , dunque , è un ' alleanza non tra grande borghesia industriale e ceti medi conservatori ( come negli anni Sessanta ) , bensì un ' alleanza tra alta borghesia speculativa e media borghesia burocratica , l ' una e l ' altra non legate alle imprese ed alle professioni , ma alla speculazione ed alla rendita derivante dal controllo di posizioni chiave nell ' apparato amministrativo ( alti burocrati ) , creditizio ( alti funzionari delle banche ) , delle imprese ed enti pubblici e nell ' apparato politico strettamente connesso ai precedenti ( lo strato superiore dei funzionari di partito ) , dei politici professionisti " ; gl ' interessi politici della borghesia finanziaria e speculativa sarebbero rappresentati in misura nettamente prevalente dalla Democrazia cristiana ( Distribuzione dei reddito e classi sociali , comunicazione presentata al convegno " Distribuzione del reddito e modello di sviluppo " , organizzato dal Club Turati di Torino , nei giorni 6-7 marzo 1974 , pp. 1 e 6 ) . Quella che io chiamo borghesia finanziaria e Giorgio Galli borghesia finanziaria e speculativa è denominata da Carlo Marx " aristocrazia finanziaria " . Marx la descrive nei seguenti termini : " Sotto Luigi Filippo , non regnava la borghesia francese , ma una frazione di essa . I banchieri , i re della borsa , i re delle ferrovie , i proprietari delle miniere di carbone e di ferro e delle foreste , e una parte della proprietà fondiaria venuta con essi a un accordo : la cosiddetta " aristocrazia finanziaria " . Essa sedeva sul trono , essa dettava leggi nelle Camere , essa distribuiva gli impieghi dello Stato , dal ministero allo spaccio dei tabacchi . (...) Mentre l ' aristocrazia finanziaria faceva le leggi , dirigeva l ' amministrazione dello Stato , disponeva di tutti i pubblici poteri organizzati , dominava l ' opinione pubblica , coi fatti e con la stampa , in tutti gli ambienti , dalla corte sino al Café Borgne , si spandeva l ' identica prostituzione , l ' identica frode svergognata , l ' identica smania di arricchirsi non con la produzione , ma rubando le ricchezze altrui già esistenti . Alla sommità stessa della società borghese trionfava il soddisfacimento sfrenato , in urto ad ogni istante con le stesse leggi borghesi , degli appetiti malsani e sregolati in cui logicamente cerca la sua soddisfazione la ricchezza scaturita dal giuoco , in cui il godimento diventa crapuleux , e il denaro , il fango e il sangue scorrono insieme . L ' aristocrazia finanziaria , nelle sue forme di guadagno come nei , suoi piaceri , non è altro che la riproduzione del sottoproletariato alla sommità della società borghese " ( Le lotte di classe in Francia dal 1848 al 1850 , in Opere scelte di Marx e di Engels , Editori Riuniti , Roma , 1966 , pp. 376 e 378-9 ) . D ' altro lato , la corruzione dilagante , nel nostro come anche in altri paesi , nell ' ambito della borghesia ed in particolare della piccola borghesia ricorda , sotto alcuni aspetti , la corruzione dilagante nell ' ambito delle aristocrazie feudali quando stavano per perdere potere e predominio . In quelle circostanze trionfava la filosofia del carpe diem o dell ' après moi le déluge - manifestazione caratteristica , questa , di una classe dominante che perde la fiducia nei propri valori e nei propri ideali . Potremmo essere tentati d ' interpretare l ' attuale processo di sgretolamento facendo riferimento all ' ascesa , di cui abbiamo parlato più volte , della classe nuova , quella degli operai , che , insieme con molti tecnici e intellettuali e parecchi impiegati relativamente immuni da interessi corporativi , ha posto la candidatura all ' egemonia . Debbo dire che una tale interpretazione a me sembra troppo ottimistica e troppo semplicistica . Però credo che tanto in questa interpretazione quanto in quella precedentemente accennata ( che hanno certi punti di contatto ) ci siano elementi di verità su cui dobbiamo riflettere . Per la così detta " aristocrazia finanziaria " Marx ha dunque parole di fuoco : egli parla di " prostituzione " - naturalmente in senso civile - di " frode svergognata " ; parla anche di " contratti d ' appalto fraudolenti , corruzioni , malversazioni , bricconate di ogni specie " . La descrizione di Marx ( che , sia detto fra parentesi , deve apparire moralistica ai nostri marxisti ortodossi ) è di un ' attualità impressionante . Detto questo , e pur considerando l ' ipotesi interpretativa di Galli interessante e degna di riflessione e di studio , non mi sento in grado di pronunciarmi sulla sua validità . Mi limito tuttavia a ricordare che i legami fra borghesia finanziaria e le altre frazioni della borghesia sono oggi così stretti , in Italia , da rendere particolarmente problematica l ' attribuzione di ruoli distinti . Chi voglia , ciò nonostante , isolare la borghesia finanziaria , deve tener presente che , per la sua natura , il potere economico ( e politico ) di questa frazione della borghesia è assai più instabile e oscillante di quello che , di tempo in tempo e di zona in zona , può essere stato conquistato dalle altre frazioni ( specialmente : borghesia agraria e borghesia industriale ) . In questo caso , perciò , anche più che in altri , occorre essere molto cauti nelle generalizzazioni . Ricordiamoci , in ogni modo , che l ' ascesa della borghesia finanziaria - ossia della frazione meno " rispettabile " della classe - più che essere la causa è l ' effetto del declino ( non si sa se duraturo o temporaneo ) della borghesia industriale e di quel vuoto di potere di cui ho parlato più volte . 7 . Un popolo di semianalfabeti Le attuali difficoltà economiche e politiche sono in larga misura simili a quelle sperimentate da altri paesi ; all ' origine , io credo , c ' è l ' ascesa assoluta e relativa della classe operaia ( si consideri in modo speciale il caso della Gran Bretagna ; si considerino i recenti massicci scioperi in Giappone , i cui sindacati erano presentati come modelli di autocontrollo e di disciplina ) . Tuttavia , in Italia le difficoltà assumono una gravità particolare per ragioni connesse con la nostra struttura sociale . Noi siamo un paese relativamente sviluppato dal punto di vista economico ; ma siamo un paese arretrato dal punto di vista civile . Ho già fatto osservare che il 70% della popolazione attiva del nostro paese possiede , al massimo , la licenza elementare : una percentuale che non trova riscontro in nessuno dei paesi considerati civili ( v . la tabella 6.2 ) . E sappiamo che , con la licenza elementare , si possono fare solo lavori ripetitivi : salvo casi eccezionali , non si può partecipare , neppure in forma modesta , alla gestione della cosa pubblica o dei patiti ; di regola , non si può neppure gestire la sezione di un partito in un piccolo comune . Con la licenza elementare ( che è il livello massimo di quel 70% ) si giunge a scrivere qualche lettera alla madre o alla fidanzata quando l ' uomo è sotto le armi e a leggere un giornale sportivo . ( Certo , gli autodidatti possono svilupparsi culturalmente anche con la sola licenza elementare ; ma è ben difficile pensare che si tratti di un numero elevato di persone ) . Quella percentuale è illuminante : spiega , da sola , perché le tirature dei giornali sono da noi vergognosamente limitate ; spiega l ' atteggiamento spesso arrogante e insolente dei piccoli burocrati , specialmente nelle zone più depresse , dove , naturalmente , la percentuale dei semianalfabeti è ancora più alta della media nazionale , come ben più alta di quella ufficiale è la percentuale degli analfabeti totali o degli analfabeti di ritorno ; spiega il basso livello della nostra vita politica ( ciascuno di noi , in quanto uomo di parte , è incline a vedere le miserie culturali e morali negli altri partiti e ad essere particolarmente indulgente con quelle del partito al quale appartiene o per il quale vota ) ; spiega - ma qui l ' analisi diventa molto più difficile - l ' atteggiamento dei " mandarini " - di noi , piccoli e medi borghesi - che spesso inconsapevolmente tendono a trar vantaggio nei modi più diversi dalla loro posizione di quasi monopolisti dell ' istruzione media e superiore . È vero : l ' afflusso nelle scuole medie e superiori delle nuove leve è sensibilmente maggiore che nel passato , così che quella percentuale ( 70% ) va diminuendo ; ma la velocità con cui diminuisce ( poco più di un punto l ' anno ) non è grande : con una tale velocità solo fra tre o quattro lustri arriveremo al livello attuale della Francia ( circa il 45% ) , che pure è fra i più alti nell ' ambito dei paesi civili . Ma allora , oltre ad essere un popolo di eroi , di santi , di poeti , di navigatori e di scienziati siamo anche , e innanzi tutto , un popolo di semianalfabeti ? Dopo aver tolto di mezzo la storia degli eroi e degli scienziati - una espressione caratteristica della retorica piccolo - borghese - togliamo pure di mezzo ogni forma di feroce esagerazione autocritica ; riconosciamo pure l ' esistenza di una minoranza di persone civili , che oltre a non essere semianalfabete non sono neppure topi nel formaggio e non si preoccupano esclusivamente del proprio " particolare " ; in quella minoranza - se proprio abbiamo deciso di tirarci su il morale - possiamo includere anche noi : me che scrivo , voi che leggete . Dopo aver fatto tutto questo , resta la fondamentale verità della risposta : sì , le eccezioni sono eccezioni , le oasi non impediscono al deserto di restare deserto , anzi ne sono la conferma . Come massa , siamo un popolo di semianalfabeti ; e ciò ci condiziona tutti , in un modo o nell ' altro , nell ' indurci in tentazione , ossia nel dar sfogo al nostro egoismo o nell ' attuare una qualche forma di prevaricazione sociale ; ci condiziona anche negli sforzi che possiamo fare per migliorare la situazione , sforzi faticosissimi e in gran parte , almeno a prima vista , inutili , o nello spingerci verso atteggiamenti scettici o cinici e , nel fondo , quasi disperati . Quella percentuale è il più grave atto di accusa ai gruppi che si sono succeduti al potere nel nostro paese , alla così detta classe dirigente , in ultima analisi a noi stessi - chi legge questo scritto può esser certo di appartenere alla frazione più elevata del 30% dei privilegiati ( i laureati non raggiungono neppure il 4% della popolazione attiva ) . Come si concilia quella tremenda percentuale con l ' esplosione scolastica , di cui tutti parlano ? Si concilia per diverse ragioni . In primo luogo , l ' esplosione è tale , o appare tale , per la radicale insufficienza delle strutture scolastiche ( delle strutture molto più che del personale ) . In secondo luogo , la mortalità scolastica è molto elevata : non sono pochi i ragazzi che frequentano una , due o tre classi delle scuole medie inferiori senza giungere al diploma . In terzo luogo , l ' aumento dei diplomati ( o dei diplomandi ) , certamente più rapido che nel passato , incide solo lentamente sullo stock : l ' Italia imperiale di Mussolini ci aveva lasciato il 90% di semianalfabeti . Ora siamo al 70% : un progresso è stato fatto ; ma quanto è lunga la via ! Il quadro è spaventoso se visto nei suoi termini quantitativi . Forse sarebbe ancora più grave se si potessero esaminare a fondo gli aspetti qualitativi : i diplomi e le lauree di quel 30% di quasi - monopolisti , quale valore hanno ? Possiamo tentare di ridurre l ' angoscia pensando alla curva di Gauss , che domina in tutti i fenomeni sociali : una parte , non proprio piccola , delle scuole funziona , una parte , non proprio esigua , del personale insegnante è costituita da persone capaci e preparate . Tuttavia , la curva di Gauss va interpretata considerando l ' altezza della moda e l ' unità di misura , e forse è un bene che queste due quantità restino indeterminate . L ' aumento nel numero dei diplomati e dei laureati è troppo lento sotto l ' aspetto dello sviluppo civile , ma , al contrario , è troppo rapido con riferimento allo sviluppo economico , poiché l ' espansione della domanda del lavoro intellettuale qualificato risulta inferiore all ' espansione dell ' offerta : il risultato è un aumento della disoccupazione intellettuale , soprattutto fra i giovani . Sia chiaro : l ' accento posto sulle gravi carenze nel campo dell ' istruzione non implica che queste carenze costituiscano la " causa " dell ' arretratezza civile , oltre che economica , della nostra società : esse ne sono piuttosto un importante indicatore . ( D ' altra parte , come Gino Germani mette in evidenza nell ' opera citata - spec . a p . 131 - coloro che acquistano un grado di istruzione relativamente alto e poi non riescono ad ottenere le posizioni sociali cui aspirano o addirittura restano disoccupati , possono diventare causa di forti tensioni sociali ) . L ' arretratezza civile risulta da tanti e tanti elementi , che possono essere efficacemente riassunti - me l ' ha fatto osservare lo stesso Germani - dal concetto di " estraneità " delle masse dalla vita politica , estraneità quasi totale nel secolo scorso , ma tuttora ampia , essendo la partecipazione delle masse alla vita politica o circoscritta ovvero saltuaria ed episodica . 8 . Contrasti economici e contrasti sociali Si sente ripetere spesso che oramai l ' Italia è diventata un paese moderno , che è entrata nel novero dei dieci paesi più industrializzati del mondo . Questo è vero , ma è solo una parte della verità . Per una distorsione probabilmente imputabile alla grande influenza del pensiero economico sulla cultura sociale e politica , si tende a stabilire un ' equivalenza fra grado di sviluppo economico e grado di sviluppo civile . t triste osservare che così non è : il nostro reddito individuale medio oggi è solo limitatamente inferiore a quello inglese - siamo arrivati al 70-75% . Ma , pur senza tener conto del fatto che la distribuzione personale e regionale del reddito nazionale italiano è molto più diseguale di quanto sia in Inghilterra , si deve dire che se il grado di sviluppo civile fosse quantificabile esso sarebbe molto inferiore a quel 70% . Qualche aspetto quantitativo della nostra arretratezza economica e civile , ben più significativo del livello relativo del reddito individuale , può essere individuato esaminando con attenzione i contrasti economici e sociali che caratterizzano il nostro paese . Certo , tutte le società contengono nel proprio seno elementi contrastanti ; ma nella società italiana i contrasti raggiungono un ' intensità molto difficilmente riscontrabile in altri paesi : - accanto a imprese moderne , grandi e piccole , esiste nell ' industria un gran numero di unità produttive arcaiche e inefficienti , la cui attività si fonda sul lavoro a domicilio o sui sottosalari o su opere ottenute in sub - appalto ; - l ' esodo agrario - che si è svolto e si svolge in tutti i paesi industrializzati - in Italia assume caratteristiche patologiche , poiché le terre che si spopolano non sono necessariamente le meno fertili e le meno suscettibili di sviluppo , ma quelle in cui manca Il supporto dello sviluppo di attività extra - agricole ; moderne ; - le attività produttive moderne si concentrano in certe aree del Nord , in contrasto crescente con la rarefazione delle attività produttive in molte aree del Sud : alla congestione di quelle aree fanno riscontro i vuoti delle zone meridionali ; - la percentuale dei disoccupati è fra le più alte dei paesi industrializzati , e certamente la più alta è la percentuale di occupati precari , in gran parte concentrati nelle regioni meridionali ; corrispondentemente , il sottoproletariato urbano e quello rurale assumono proporzioni enormi , specialmente nelle città e nelle aree ad agricoltura povera del Mezzogiorno ; viceversa , la percentuale della popolazione attiva è fra le più basse ( forse la più bassa dei paesi industrializzati ) ; - l ' Italia è forse l ' unico paese che riesce ad esportare simultaneamente lavoratori e capitali - un fatto apparentemente assurdo , da un punto di vista economico ; - allo sviluppo del settore privato moderno fa riscontro un gravissimo sottosviluppo del settore pubblico ( problema della burocrazia e questione delle riforme ) . A questi contrasti economici corrispondono , necessariamente , contrasti nella società e nella composizione delle classi sociali : - la percentuale di semianalfabeti non trova riscontro in nessun paese civile ; - la classe borghese , che pure è relativamente la più omogenea , presenta , nel suo interno , differenziazioni culturali e politiche rilevanti ; - la classe operaia , se si eccettua il suo nucleo industriale moderno , è fortemente differenziata , come conseguenza dello sviluppo fortemente differenziato in senso geografico e settoriale ( nel Mezzogiorno la classe operaia in senso proprio è molto limitata : i legami fra i diversi gruppi di salariati e di contadini poveri sono deboli ) ; - la piccola borghesia è ancor più fortemente differenziata , sia in senso economico che in senso sociale e politico ; considerata l ' instabilità di questa quasi classe e considerata la sua estensione numerica , è qui che occorre concentrare l ' analisi critica per porre in termini appropriati i problemi politici del nostro paese . 9 . Il grande tiro alla fune Oramai è chiaro che l ' enorme espansione della piccola borghesia - un ' espansione che nel nostro paese è stata patologicamente rapida - ha modificato in profondità i termini dei conflitti sociali e delle lotte di classe . In ultima analisi nel nostro tempo la lotta politica consiste essenzialmente in un grande tiro alla fune ( ammesso che la fune non si spezzi , a destra o a sinistra ) : da un lato i partiti di destra , che esprimono soprattutto gli interessi della grande e media borghesia , e , dall ' altro , i partiti di sinistra , che in qualche modo esprimono gl ' interessi della molto più differenziata classe operaia , si sforzano di trascinare dalla propria parte la massima fetta possibile della piccola borghesia , una quasi classe socialmente eterogenea e politicamente instabile . In questo tiro alla fune , come abbiamo visto , i partiti delle due ali pagano certi prezzi , facendo concessioni che possono andare e spesso vanno a detrimento degli interessi immediati e diretti delle classi o sottoclassi di cui sono l ' espressione politica . Per la sinistra il problema è reso più grave dal fatto che gli apparati dei partiti sono amministrati in prevalenza a da piccoli borghesi . Questo è un fatto in buona parte - sebbene non completamente - inevitabile e fisiologico nelle presenti condizioni storiche del nostro paese ; ma di ciò i dirigenti della sinistra debbono essere ben consapevoli se vogliono ridurre i condizionamenti che da questo fatto derivano . Spesso , nella preoccupazione di consolidare e perfino di allargare l ' alleanza fra la fetta della classe operaia su cui si appoggiano ed una fetta della piccola borghesia , i partiti di sinistra hanno fatto concessioni eccessive e tutto sommato inutili ai gruppi più retrivi di questa quasi classe ( tipica è la vicenda della così detta riforma del commercio al minuto , tipiche le condiscendenze e le concessioni a diverse rivendicazioni " corporative " di certi gruppi di impiegati statali e parastatali ) ; concessioni inutili ed anzi dannose , perché si tratta di gruppi politicamente irrecuperabili per la sinistra , o recuperabili a costi tali da snaturarne profondamente la strategia . È augurabile che i partiti di sinistra intraprendano una riforma dei loro apparati e rivedano la loro strategia e la loro politica di alleanze al fine di ricomporre la loro base , cercando di allargare l ' appoggio non solo della classe operaia ma anche dei gruppi più robusti e relativamente più omogenei della piccola borghesia e rinunciando con decisione a ricercare l ' appoggio dei gruppi più retrivi , che , sfortunatamente , sono ampi . Preliminare , ad una tale riforma e ad una tale revisione , è un ' approfondita analisi critica delle classi e dei gruppi sociali e delle loro tendenze . Nelle odierne società capitalistiche , caduta la previsione del Manifesto circa la progressiva scomparsa delle classi medie , non è più sostenibile la tesi del bipolarismo classista , sia pure solo tendenziale , un bipolarismo che solo pochi studiosi marxisti cercano di motivare o giustificare in qualche modo sul piano analitico e che molti invece , specialmente fra i giovani e fra i leaders politici e sindacali di sinistra , intendono in modo rozzo e primitivo , nonostante i frequenti e generici richiami ai ceti medi . Negli ultimi decenni tutte le società capitalistiche hanno subito grandi mutamenti strutturali ; ma la sinistra ha continuato a vivere di rendita sul patrimonio intellettuale trasmesso dai grandi pensatori del passato , tradendo , in definitiva , il fondamentale messaggio critico del più grande dei pensatori di sinistra . È vitale , oramai , un approfondito riesame critico , condotto con mente aperta , della società in cui viviamo . Note al testo 1 . La nazionalizzazione e le retribuzioni nell ' industria elettrica ( nota a p . 18 ) Fino a quando l ' industria elettrica era divisa in diversi compartimenti privati , pubblici e municipalizzati , i salari e gli stipendi erano notevolmente differenziati , ma i salari medi non erano molto diversi da quelli delle altre industrie . Con la nazionalizzazione e quindi con l ' unificazione dell ' intera industria , dovevano necessariamente essere unificati anche salari e stipendi ; e ciò non poteva esser fatto che ai livelli più alti - livelli che erano , in alcuni casi , molto alti , poiché certe aziende , particolarmente quelle municipalizzate , avevano trasformato in aumenti di salari e di stipendi parte dei loro profitti monopolistici , che non potevano investire in altri campi . Di qui il molto rapido aumento del costo del lavoro e la caduta dei margini netti , dopo la nazionalizzazione ; di qui la comparsa , per le retribuzioni , di un ' area di privilegio , che tuttora permane . 2 . Le rendite edilizie ( nota a p . 18 ) Le rendite edilizie e i connessi guadagni speculativi sono generati o accresciuti dal rapido inurbamento di masse cospicue di persone , che è il fenomeno complementare dell ' esodo agrario . In via di larga massima , ho stimato che in Italia negli ultimi anni le rendite provenienti dalle aree edificate ( valutate come frazione dei fitti effettivamente pagati ) ascendono , ogni anno e in media , all'1-1,5% del reddito nazionale e che le aree annualmente vendute per l ' edificazione di nuovi fabbricati raggiungono , in valore , il 4-5% del reddito nazionale (2.000-2.500 miliardi di lire ) . 3 . Sulla possibile graduale sostituzione della divisione orizzontale del lavoro con una certa rotazione verticale ( nota a p . 23 ) L ' idea è che , nei paesi più avanzati , sia per l ' aumento del reddito individuale medio degli strati più bassi della popolazione , sia per la diffusione dell ' istruzione , diventa sempre più difficile trovare persone disposte a compiere lavori umili e non gratificanti , come quello degli edili , degli imbianchini , degli scaricatori , dei manovali . Questi paesi , per sopperire a queste esigenze , sono indotti a importare da altri paesi mano d ' opera non qualificata - gli " schiavi moderni " . ( Si calcola , per esempio , che nei paesi europei più avanzati , come la Germania , l ' Inghilterra , la Francia , la Svizzera e il Belgio , vivono e lavorano , quasi tutti svolgendo mestieri umili e rifiutati dai lavoratori nati in quei paesi , non meno di 6 milioni di persone , di cui circa la metà provenienti dai paesi o dalle regioni più arretrate dell ' Europa - Grecia , Spagna , Turchia , Italia meridionale - e l ' altra metà da paesi extra - europei , specialmente africani ) . Inoltre , un tale stato di cose spinge un numero crescente di industriali dei paesi avanzati a trasferire all ' estero certi impianti e certi processi produttivi che richiedono lavoratori non qualificati ( l ' incentivo ad un tale trasferimento è anche maggiore se quegli impianti e quei processi provocano inquinamento dell ' aria e dell ' acqua ) . Per l ' Italia , dolorosamente , il problema non è urgente , poiché le regioni meridionali del nostro paese sono tuttora larghe esportatrici di " schiavi moderni " . Cfr . A . Visalberghi , Educazione e divisione del lavoro . Prospettive della formazione tecnica e professionale nelle società tecnologicamente avanzate , La Nuova Italia , Firenze 1973; M . Salvati e B . Beccalli , Divisione del lavoro . Capitalismo , socialismo , utopia , " Quaderni piacentini " , 1970 , n . 40 , e S . Marglin , Origine et fonctions de la parcellization des tàches , nel volume Critique de la division du travail , a cura di A . Gorz , Editions du Seuil , Paris 1973 . 4 . Intorno alla suddivisione delle classi sociali ( nota a p . 25 ) Nella stesura originaria avevo suddiviso in modo diverso la piccola borghesia : oltre alle categorie particolari , avevo distinto fra piccola borghesia legata e quella non legata direttamente al processo produttivo ed avevo incluso , nella prima , i coltivatori diretti e gli artigiani e , nella seconda , gl ' impiegati e i commercianti . Michele Salvati mi ha persuaso a modificare la classificazione , distinguendo fra piccola borghesia impiegatizia ( lavoratori dipendenti stipendiati ) e piccola borghesia relativamente autonoma ( coltivatori diretti , artigiani e commercianti ) , una distinzione che si concilia meglio con i criteri ricavati dall ' analisi della distribuzione del reddito , la quale serve di base all ' intera classificazione . 5 . " Uomini di grande onestà civile " ( nota a p . 54 ) Per evitare possibili malintesi o equivoci su espressioni di questo tipo ( " strati civilmente robusti " , « uomini di grande onestà civile " ed altre che userò in seguito ) , espressioni che potrebbero indurre a ritenere che l ' autore è affetto da " moralismo " , o che propende verso una ingenua concezione " idealistica " della vita sociale , in contrasto con una ( non meno ingenua ) visione " marxista " o " materialistica " , debbo dire che uso queste espressioni nel senso in cui credo le usasse lo stesso Carlo Marx , quando , per esempio , definisce " uomini competenti , imparziali e privi di rispetti umani " " i relatori inglesi sulla salute pubblica [ cominciando dal loro capo , Leohnard Horner ] , i commissari inglesi per le inchieste sullo sfruttamento delle donne e dei fanciulli , sulle condizioni delle abitazioni e della nutrizione " . Osservo che molte delle vigorose denunce fatte da Marx sulle condizioni di vita della classe operaia inglese dei suoi tempi si fondano proprio sulle relazioni ufficiali di quegli uomini ; e quelle denunce e quelle relazioni , quindi , non hanno avuto un valore moralistico , ma analitico e politico . Osservo ancora che quello che negli stessi termini ingenui cui alludevo dianzi potrebbe essere definito il " moralismo " o l ' " idealismo " di Marx - un idealismo che include il pieno riconoscimento di una circoscritta ma importante libertà di scelta e quindi di una precisa responsabilità dei singoli individui - è sistematicamente ignorato o misconosciuto da diversi studiosi di Marx , soprattutto ( paradossalmente ) fra i giovani , molti dei quali si professano marxisti non per l ' acquisita coscienza di appartenere ad una determinata classe , ma , se è lecito esprimersi così , per " idealismo " . Mi auguro dunque di non essere frainteso se affermo che la posizione di classe di ciascuno entro certi limiti dipende non dal foro esterno ma da quello interno : entro certi limiti , appunto , è oggetto di scelta , anche se i condizionamenti obiettivi che derivano dalla classe di origine ben difficilmente possono essere del tutto eliminati . 6 . Espansione della burocrazia nel periodo fascista ( nota a p . 76 ) Come appare dalla tabella 1.1 , nel periodo fascista la burocrazia aumentò rapidamente . Se si considera che specialmente durante gli anni Trenta molti impiegati furono assunti per meriti politici e non per la loro capacità o qualificazione , che allora non erano possibili né le critiche della stampa né quelle di un ' opposizione parlamentare e che certe abitudini di irresponsabilità istituzionalizzata cominciarono a mettere le radici in quel periodo , ci si rende conto che l ' idropisia e l ' inefficienza della pubblica amministrazione che oggi ci affiggono costituiscono in misura non piccola un ' eredità del passato regime . 7 . Salari e stipendi nel periodo fascista ( nota a p . 77 ) Secondo mie stime di larga massima , durante il periodo fascista , esclusi gli anni di guerra , la massa dei salari reali è diminuita di una percentuale che va dal 10 al 15% , per l ' effetto combinato di una flessione del 15-20% dei salari reali individuali e di un modesto aumento nel numero dei salariati , mentre la massa degli stipendi reali degli impiegati pubblici e privati è cresciuta di circa il doppio , per effetto di un sia pure modesto aumento degli stipendi reali individuali e del raddoppio nel numero degli impiegati ( v . le tabelle 1.1 e 5.3 ) . 8 . Piccola borghesia e fascismo ( nota a p . 78 ) Come ho già osservato e come più ampiamente argomenterò fra breve , non è fatale che la piccola borghesia vada verso il fascismo , anche se non necessariamente va verso movimenti di carattere rivoluzionario . Con riferimento alla situazione della piccola borghesia nel periodo che precede il fascismo e poi alla confluenza , nel fascismo , di gruppi nazionalisti da un lato e di socialisti di sinistra e sindacalisti dall ' altro , tutti di provenienza piccolo - borghese , Renzo Del Carria scrive : " Occorre ... abbandonare la visione di un ceto medio che " fatalmente " sia prima pre - fascista e poi fascista , così come lo ha voluto sia la storiografia fascista sia quella antifascista in una analoga visione . Occorre vedere invece la piccola e media borghesia italiana nella sua impossibilità d ' inserirsi economicamente , socialmente , politicamente e culturalmente nell ' Italia giolittiana per le strozzature tipiche del sistema economico - sociale di allora , oscillanti , nell ' anelito di conquistare la propria libertà e di inserirsi in una società che la respingeva , tra una vocazione reazionaria ed una volontà rivoluzionaria di rompere l ' ordine esistente " ( Proletari senza rivoluzione . Storia delle classi subalterne italiane dal 1860 al 1950 , Edizioni Oriente , Milano 1971 , vol. I , pp. 352-3 ) . Del Carria passa poi ad esaminare le ragioni che possono spiegare il prevalere della vocazione reazionaria nella piccola borghesia dopo la prima guerra mondiale . L ' opera di Del Carria mi è stata segnalata dopo che avevo già scritto e poi rielaborato questo saggio ; sebbene l ' angolo visuale ideologico sia diverso , debbo dire che concordo con la massima parte dei giudizi che Del Carria esprime sui ceti medi e , in particolare , sulla piccola borghesia ( v . particolarmente le pp. 347-54 del primo volume ) . 9 . Riforma scolastica ( nota a p . 84 ) Anche le riforme dei contenuti dei programmi scolastici sono state oggetto di accese discussioni e di spinte profondamente contraddittorie , in vista di diversi obiettivi relativi alla formazione degli studenti ( cultura per la cultura , istruzione per l ' inserimento nell ' attività produttiva e professionale , spazio da destinare alla cultura critica riguardante la società ) ; anche queste spinte contraddittorie vanno viste non come il risultato di diverse idee astratte , ma , principalmente , come il risultato della indeterminatezza e della polivalenza culturale caratteristiche della piccola ( e , in parte , della grande ) borghesia nell ' attuale fase dello sviluppo economico - sociale . 10 . Potere , controlli e responsabilità della burocrazia ( nota a p . 85 ) Osserva Gunnar Myrdal , a proposito dell ' inefficienza del sistema amministrativo indiano e delle difficoltà nel migliorarlo , che " in una situazione di diffusa corruzione il funzionario ha interesse a mantenere macchinose le procedure burocratiche : se è disonesto , siffatte procedure possono accrescere le occasioni di intascare " bustarelle " , se è onesto , possono proteggerlo dai sospetti " . Infatti , nota ancora Myrdal , la propensione della burocrazia a rendere minime le responsabilità moltiplicando i controlli è tanto maggiore quanto più diffusi sono i sospetti di corruzione sulla pubblica amministrazione ; e sebbene questi sospetti da noi siano probabilmente più diffusi di quanto sia giustificato , è doloroso ma doveroso riconoscere che un tale fattore esiste anche nel nostro paese , ha un non trascurabile fondamento e contribuisce alla grave lentezza della burocrazia . Conviene riportare alcune osservazioni di un autore indiano ( Chhatrapati ) , citate da Myrdal : " Per evitare responsabilità dirette in qualsiasi decisione di rilievo , la burocrazia si sforza di associare a tali decisioni il maggior numero possibile di uffici e di funzionari . Le consultazioni debbono lasciare una traccia scritta . Perciò , un fascicolo deve essere trasferito - cosa che , da sola , richiede un certo tempo - da un tavolino all ' altro e da un ministero all ' altro , per le osservazioni ; e passano mesi e mesi prima che la decisione giunga alla conclusione . Perfino quando i fatti rendono ovvia la decisione e non implicano nessun allontanamento dalla consuetudine , siffatte consultazioni sono considerate necessarie per " sicurezza " " ( G . Myrdal , Asian Drama . An Inquiry into the Poverty of Nations , Penguin Books , Harmondsworth , Middlesex , England , 1968 , vol. II , pp. 954-5 ) . 11 . La strategia della grande borghesia industriale ( nota a p . 86 ) È essenziale tenere ben presente che , in Italia , nel settore industriale sono rimaste oramai pochissime grandi imprese private : come conseguenza di una lunga evoluzione , che fa capo al processo di concentrazione e che è contrassegnata da crisi di vario genere , le grandi imprese industriali sono divenute in gran parte statali o sono cadute sotto il controllo dello Stato e l ' area privata si è ristretta alle medie e piccole imprese . Fra le pochissime eccezioni è la Fiat , controllata dalla famiglia Agnelli , che , anche nel seno della Confederazione generale dell ' industria , sta elaborando una complessa strategia , i cui principali obiettivi sembrano essere i seguenti : 1 ) assicurarsi l ' egemonia sul settore industriale privato , ossia sul settore delle medie e piccole imprese , un buon numero delle quali , in Piemonte e fuori del Piemonte , lavora per conto della Fiat ; 2 ) rafforzare il settore industriale privato e , corrispondentemente , contenere l ' espansione delle imprese controllate dallo Stato , le quali , grazie ai fondi di dotazione e alla maggiore facilità di ottenere crediti , possono fare una concorrenza che spesso disturba non solo le imprese private italiane ma anche quelle straniere ( e la Fiat ha importanti interessi internazionali ) ; 3 ) conquistare un ' influenza crescente sulla cultura italiana moderna , con vari mezzi , fra cui è il controllo di una fetta crescente dell ' industria editoriale ; 4 ) assicurarsi alleanze con alcuni settori moderni del proletariato industriale e della piccola borghesia attraverso un attacco alle " rendite " ( presumibilmente , nel settore commerciale e nel settore urbanistico ) ed una spinta ad ammodernare alcuni settori della pubblica amministrazione ( a cominciare dal settore previdenziale ) , anche a costo di provocare l ' ostilità di certi gruppi sociali e di subire un " lucro cessante " , considerato l ' intreccio fra gli interessi industriali della Fiat con gli interessi immobiliari , finanziari e commerciali . Ritengo che questa strategia , anche se ha limiti abbastanza ristretti per le ragioni brevemente richiamate nel testo , deve essere considerata dalle forze di sinistra con molta attenzione .