Saggistica ,
LA
CITTÀ
DELL
AMORE
Mancano
a
noi
le
nere
foreste
del
Nord
,
le
nere
foreste
degli
abeti
,
cui
l
uragano
fa
torcere
i
rami
come
braccia
di
colossi
disperati
;
mancano
a
noi
le
bianchezze
immacolate
della
neve
che
dànno
la
vertigine
del
candore
;
mancano
le
rocce
aspre
,
brulle
,
dai
profili
duri
ed
energici
;
manca
il
mare
livido
e
tempestoso
.
Sui
nostri
prati
molli
di
rugiada
non
vengono
gli
elfi
a
danzare
la
ridda
magica
;
non
discendono
dalle
colline
le
peccatrici
walkirie
,
innamorate
degli
uomini
;
non
compaiono
al
limitare
dei
boschi
le
roussalke
bellissime
;
qui
non
battono
i
panni
umidi
le
maledette
lavandaie
,
perfide
allettatrici
del
viandante
;
il
folletto
kelpis
non
salta
in
groppa
al
cavaliere
smarrito
.
Lassù
una
natura
quasi
ideale
,
nebulosa
,
malinconica
,
ispiratrice
agli
uomini
di
strani
delirî
della
fantasia
:
qui
una
natura
reale
,
aperta
,
senza
nebbie
,
ardente
,
secca
,
eternamente
lucida
,
eternamente
bella
che
fa
vivere
l
uomo
nella
gioia
o
nel
dolore
della
realtà
.
Lassù
si
sogna
nella
vita
;
qui
si
vive
in
un
sogno
che
è
vita
.
Lassù
i
solitarî
e
tristi
piaceri
della
immaginazione
che
crea
un
mondo
sovrasensibile
;
qui
la
festa
completa
di
un
mondo
creato
.
E
le
nostre
leggende
hanno
un
carattere
profondamente
umano
,
profondamente
sensibile
che
fa
loro
superare
lo
spazio
ed
il
tempo
.
Soltanto
,
per
ascendere
ad
una
suprema
idealità
,
hanno
bisogno
del
misticismo
:
di
quel
misticismo
che
è
la
follia
dell
anima
,
inebbriata
omicida
del
corpo
,
di
quel
misticismo
che
è
fede
,
pensiero
,
amore
,
arte
,
attraverso
tutti
i
secoli
,
in
ogni
paese
;
di
quel
misticismo
che
è
il
massimo
punto
divino
a
cui
può
giungere
un
esistenza
eccessivamente
umana
.
Ma
a
questo
dramma
,
a
questa
vittoria
cruenta
dello
spirito
sul
corpo
,
vien
dietro
un
altro
dramma
,
più
umano
,
più
potente
,
dove
il
pensiero
ed
il
sentimento
non
vincono
la
vita
,
ma
vi
si
compenetrano
e
vi
si
fondono
;
dove
l
uomo
non
uccide
una
parte
di
sé
per
la
esaltazione
dell
altra
,
ma
dove
tutto
è
esistenza
,
tutto
è
esaltazione
,
tutto
è
trionfo
:
il
dramma
dell
amore
.
Le
nostre
leggende
sono
l
amore
.
E
Napoli
è
stata
creata
dall
amore
.
Cimone
amava
la
fanciulla
greca
.
Invero
ella
era
bellissima
:
era
l
immagine
della
forte
e
vigorosa
bellezza
che
ebbero
Giunone
e
Minerva
,
cui
veniva
rassomigliata
.
La
fronte
bassa
e
limitata
di
dea
,
i
grandi
occhi
neri
,
la
bocca
voluttuosa
,
la
vivida
candidezza
della
carnagione
,
lo
stupendo
accordo
della
grazia
e
della
salute
in
un
corpo
ammirabile
di
forme
,
la
composta
serenità
della
figura
,
la
rendevano
tale
.
Si
chiamava
Parthenope
,
che
nel
dolce
linguaggio
greco
significa
Vergine
.
Ella
godeva
sedere
sull
altissima
roccia
,
fissando
il
fiero
sguardo
sul
mare
,
perdendosi
nella
contemplazione
delle
glauche
lontananze
dello
Ionio
.
Non
si
curava
del
vento
marino
che
le
faceva
sbattere
il
peplo
,
come
ala
di
uccello
spaventato
;
non
udiva
il
sordo
rumore
delle
onde
che
s
incavernavano
sotto
la
roccia
,
scavandola
a
poco
,
a
poco
.
L
anima
cominciava
per
immergersi
in
un
pensiero
;
oltre
quel
mare
,
lontano
lontano
,
dove
l
orizzonte
si
curva
,
altre
regioni
,
altri
paesi
,
l
ignoto
,
il
mirabile
,
l
indefinibile
.
In
questo
pensiero
la
fantasia
si
allargava
in
un
sogno
senza
confine
,
la
fanciulla
sentiva
ingrandire
la
potenza
del
suo
spirito
e
,
sollevata
in
piedi
,
le
pareva
di
toccare
il
cielo
col
capo
e
di
potere
stringere
nel
suo
immenso
amplesso
tutto
il
mondo
.
Ma
presto
questi
sogni
svaniscono
.
Ora
ella
ama
Cimone
,
con
l
unico
possente
,
imperante
amore
della
fanciulla
,
che
si
trasforma
in
donna
.
Nella
notte
di
estate
,
notte
bionda
e
bianca
di
estate
,
Cimone
parla
all
amata
:
Parthenope
,
vuoi
tu
seguirmi
?
Partiamo
,
amore
.
Tuo
padre
ti
rifiuta
al
mio
talamo
,
o
soavissima
:
Eumeo
vuole
egli
per
tuo
sposo
e
suo
figliolo
.
Ami
tu
Eumeo
?
Amo
te
,
Cimone
.
Lode
a
Venere
santa
e
grazie
a
te
,
suo
figliola
!
Pensa
dunque
quale
nero
incubo
sarebbe
la
vita
,
divisi
,
lontani
e
come
,
giovani
ancora
,
aneleremmo
alle
cupe
ombre
dello
Stige
.
Vuoi
tu
partire
meco
,
Parthenope
?
Io
sono
la
tua
schiava
,
amore
.
Pensa
:
dimenticare
la
faccia
di
tuo
padre
,
cancellare
dal
tuo
volto
il
bacio
delle
sorelle
,
fuggire
le
dolci
amiche
,
abbandonare
il
tuo
tetto
...
Partiamo
,
Cimone
.
Partire
,
o
dolcissima
,
partire
per
un
viaggio
lungo
,
penoso
,
sul
mare
traditore
,
per
una
via
ignota
,
ad
una
meta
sconosciuta
;
partire
senza
speranza
di
ritorno
;
affidarsi
ai
flutti
,
sempre
nemici
degli
amanti
;
partire
per
andare
lontano
,
molto
lontano
,
in
terre
inospitali
,
brune
,
dove
è
eterno
l
inverno
,
dove
il
pallido
sole
si
fascia
di
nuvole
,
dove
l
uomo
non
ama
l
uomo
,
dove
non
sono
giardini
,
non
sono
rose
,
non
sono
templi
...
Ma
nei
grandi
occhi
neri
di
Parthenope
è
il
raggio
di
un
amore
insuperabile
e
nella
sua
voce
armoniosa
vibra
la
passione
:
Io
t
amo
ella
dice
,
partiamo
.
Sono
mille
anni
che
il
lido
imbalsamato
li
aspetta
.
Mille
primavere
hanno
gittata
sulle
colline
la
ricchezza
inesausta
,
rinascente
,
dalla
loro
vegetazione
e
dalla
montagna
sino
al
mare
si
spande
il
lusso
irragionevole
,
immenso
,
sfolgorante
di
una
natura
meravigliosa
.
Nascono
i
fiori
,
olezzano
,
muoiono
perché
altri
più
belli
sfoglino
i
loro
petali
sul
suolo
;
milioni
e
milioni
di
piccole
vite
fioriscono
anche
esse
per
amare
,
per
morire
,
per
rinascere
ancora
.
Da
mille
anni
attende
il
mare
innamorato
,
da
mille
anni
attendono
le
stelle
innamorate
.
Quando
i
due
amanti
giungono
al
lido
divino
un
sussulto
di
gioia
fa
fremere
la
terra
,
la
terra
nata
per
l
amore
,
che
senza
amore
è
destinata
a
perire
,
abbruciata
e
distrutta
dal
suo
desiderio
.
Parthenope
e
Cimone
vi
portano
l
amore
.
Dappertutto
,
dappertutto
essi
hanno
amato
.
Stretti
l
uno
all
altra
,
essi
hanno
portato
il
loro
amore
sulle
colline
,
dalla
bellissima
,
eternamente
fiorita
di
Poggioreale
,
alla
stupenda
di
Posillipo
;
essi
hanno
chinato
i
loro
volti
sui
crateri
infiammati
,
paragonando
la
passione
incandescente
della
natura
alla
passione
del
loro
cuore
;
essi
si
sono
perduti
per
le
oscure
caverne
che
rendevano
paurosa
la
spiaggia
Platamonia
;
essi
hanno
errato
nelle
vallate
profonde
che
dalle
colline
scendevano
al
mare
;
essi
hanno
percorso
la
lunga
riva
,
la
sottile
cintura
che
divide
il
mare
dalla
terra
.
Dovunque
hanno
amato
.
Nelle
stellate
notti
di
estate
,
Parthenope
si
è
distesa
sull
arena
del
lido
fissando
lo
sguardo
nel
cielo
,
carezzando
con
la
mano
la
chioma
di
Cimone
che
è
al
suo
fianco
;
nelle
lucide
albe
di
primavera
hanno
raccolto
,
nel
loro
splendido
giardino
,
fiori
e
baci
,
baci
e
fiori
inesauribili
;
ne
tramonti
di
porpora
dell
autunno
,
nella
stagione
che
declina
,
hanno
sentito
crescere
in
essi
più
vivo
l
amore
;
nelle
brevi
e
belle
giornate
invernali
hanno
sorriso
senza
mestizia
,
pur
anelando
alla
novella
primavera
.
La
pianta
secolare
ha
prestata
la
sua
ombra
benevola
a
tanta
gioventù
;
la
contorta
e
bruna
pietra
dei
campi
Flegrei
non
ha
lacerato
il
gentil
piede
di
Parthenope
;
il
mare
si
è
fatto
bonario
ed
ha
cantata
loro
la
canzoncina
d
amore
,
la
natura
leale
non
ha
avuto
agguati
per
essi
;
sugli
azzurri
orizzonti
ha
spiccato
il
profilo
bellissimo
della
fanciulla
,
il
profilo
energico
del
garzone
.
Quando
essi
si
sono
chinati
ed
hanno
baciato
la
terra
benedetta
,
quando
hanno
alzato
lo
sguardo
al
cielo
,
un
palpito
ha
loro
risposto
e
fra
l
uomo
e
la
natura
si
è
affermato
il
profondo
,
l
invincibile
amore
che
li
lega
.
Napoli
,
la
città
della
giovinezza
,
attendeva
Parthenope
e
Cimone
;
ricca
,
ma
solitaria
,
ricca
,
ma
mortale
,
ricca
,
ma
senza
fremiti
.
Parthenope
e
Cimone
hanno
creata
Napoli
immortale
.
Ma
il
destino
non
è
compito
ancora
.
Più
alto
scopo
ha
l
amore
di
Parthenope
.
Ecco
:
dalla
Grecia
giunsero
,
per
amor
di
lei
,
il
padre
e
le
sorelle
e
amici
e
parenti
che
vennero
a
ritrovarla
;
ecco
:
sino
al
lontano
Egitto
,
sino
alla
Fenicia
,
corre
la
voce
misteriosa
di
una
plaga
felice
dove
nella
bella
festa
dei
fiori
e
dei
frutti
,
nella
dolcezza
profumata
dell
aria
,
trascorre
beatissime
la
vita
.
Sulle
fragili
imbarcazioni
accorrono
colonie
di
popoli
lontani
che
portano
seco
i
loro
figliuoli
,
le
immagini
degli
dèi
,
gli
averi
,
le
comuni
risorse
;
alla
capanna
del
pastore
sorge
accanto
quella
del
pescatore
;
la
rozza
e
primitiva
arte
dell
agricoltura
,
le
industrie
manuali
appena
sul
nascere
compiono
fervidamente
la
loro
opera
.
Prima
sorge
sull
altura
,
il
villaggio
a
grado
a
grado
guadagna
la
pianura
;
un
altra
colonia
se
ne
va
sopra
un
altra
collina
ed
il
secondo
villaggio
si
unisce
col
primo
;
le
vie
si
tracciano
,
la
fabbrica
delle
mura
,
cui
tutti
concorrono
,
rinserra
poco
a
poco
nel
suo
cerchio
una
città
.
Tutto
questo
ha
fatto
Parthenope
.
Lei
volle
la
città
.
Non
più
fanciulla
,
ma
ora
donna
completa
e
perfetta
madre
:
dal
suo
forte
seno
dodici
figliuoli
hanno
vista
la
luce
,
dal
suo
forte
cuore
è
venuto
il
consiglio
,
la
guida
,
il
soffio
animatore
.
È
lei
la
donna
per
eccellenza
,
la
madre
del
popolo
,
la
regina
umana
e
clemente
,
da
lei
si
appella
la
città
;
da
lei
la
legge
,
da
lei
il
costume
,
da
lei
il
costante
esempio
della
fede
e
della
pietà
.
Due
templi
sorgono
a
dèe
,
invocate
protettrici
della
città
:
Cerere
e
Venere
.
Ivi
si
prega
,
ivi
,
attraverso
gli
intercolunni
,
sale
al
cielo
il
fumo
dell
olibano
.
Una
pace
profonda
e
costante
è
nel
popolo
su
cui
regna
Parthenope
;
ed
il
lavorìo
operoso
dell
uomo
non
è
che
una
leggiera
spinta
alla
natura
benigna
.
La
più
bella
delle
civiltà
,
quella
dello
spirito
innamorato
;
il
più
grande
dei
sentimenti
,
quello
dell
arte
;
la
fusione
dell
armonia
fisica
con
l
armonia
morale
,
l
amore
efficace
,
fervido
,
onnipossente
è
l
ambiente
vivificante
della
nuova
città
.
Quando
Parthenope
viene
a
sedere
sulla
roccia
del
monte
Echia
,
quando
essa
fissa
lo
sguardo
sul
Tirreno
,
più
fido
dello
Ionio
,
l
anima
sua
si
assorbisce
in
un
pensiero
.
La
regione
ignota
è
raggiunta
,
il
mirabile
,
l
indefinibile
,
ecco
,
è
creato
,
è
reale
,
è
opera
sua
.
E
mentre
la
fantasia
si
allarga
,
si
allarga
in
un
sogno
senza
confine
,
Parthenope
sente
giganteggiare
il
suo
spirito
e
sollevata
in
piedi
le
pare
di
toccare
il
cielo
col
capo
e
di
stringere
il
mondo
in
un
immenso
amplesso
.
Se
interrogate
uno
storico
,
o
buoni
ed
amabili
lettori
,
vi
risponderà
che
la
tomba
della
bella
Parthenope
è
sull
altura
di
San
Giovanni
Maggiore
,
dove
allora
il
mare
lambiva
il
piede
della
montagnola
.
Un
altro
vi
dirà
che
la
tomba
di
Parthenope
è
sull
altura
di
Sant
Aniello
,
verso
la
campagna
,
sotto
Capodimonte
.
Ebbene
,
io
vi
dico
che
non
è
vero
.
Parthenope
non
ha
tomba
,
Parthenope
non
è
morta
.
Ella
vive
,
splendida
,
giovane
e
bella
,
da
cinquemila
anni
.
Ella
corre
ancora
sui
poggi
,
ella
erra
sulla
spiaggia
,
ella
si
affaccia
al
vulcano
,
ella
si
smarrisce
nelle
vallate
.
È
lei
che
rende
la
nostra
città
ebbra
di
luce
e
folle
di
colori
:
è
lei
che
fa
brillare
le
stelle
nelle
notti
serene
;
è
lei
che
rende
irresistibile
il
profumo
dell
arancio
;
è
lei
che
fa
fosforeggiare
il
mare
.
Quando
nelle
giornate
d
aprile
un
aura
calda
c
inonda
di
benessere
è
il
suo
alito
soave
:
quando
nelle
lontananze
verdine
del
bosco
di
Capodimonte
vediamo
comparire
un
ombra
bianca
allacciata
ad
un
altra
ombra
,
è
lei
col
suo
amante
;
quando
sentiamo
nell
aria
un
suono
di
parole
innamorate
;
è
la
sua
voce
che
le
pronunzia
;
quando
un
rumore
di
baci
,
indistinto
,
sommesso
,
ci
fa
trasalire
,
sono
i
suoi
baci
;
quando
un
fruscìo
di
abiti
ci
fa
fremere
al
memore
ricordo
,
è
il
suo
peplo
che
striscia
sull
arena
,
è
il
suo
piede
leggiero
che
sorvola
;
quando
di
lontano
,
noi
stessi
ci
sentiamo
abbruciare
alla
fiamma
di
una
eruzione
spaventosa
,
è
il
suo
fuoco
che
ci
abbrucia
.
È
lei
che
fa
impazzire
la
città
:
è
lei
che
la
fa
languire
ed
impallidire
di
amore
:
è
lei
la
fa
contorcere
di
passione
nelle
giornate
violente
dell
agosto
.
Parthenope
,
la
vergine
,
la
donna
,
non
muore
,
non
ha
tomba
,
è
immortale
,
è
l
amore
.
Napoli
è
la
città
dell
amore
.
VIRGILIO
Oggi
,
domenica
,
festa
degli
Ulivi
.
Cristo
entra
in
Gerusalemme
portando
in
mano
il
ramoscello
della
pace
.
Oggi
,
buon
lettore
,
si
fa
la
pace
.
Vi
è
chi
ha
litigato
con
l
amico
e
chi
con
l
innamorata
:
vi
è
chi
ha
litigato
con
la
persona
indifferente
,
chi
con
quella
che
odia
,
chi
con
quella
che
ama
di
più
:
l
impiegato
ha
litigato
col
suo
capo
di
ufficio
,
il
marito
con
la
moglie
,
l
artista
ha
detto
molti
improperi
all
arte
,
lo
scrittore
si
è
accapigliato
con
la
forma
,
il
portinaio
ha
litigato
col
padron
di
casa
.
Tutti
sono
in
bizza
con
qualcuno
.
Ma
oggi
una
fogliolina
,
un
ramoscello
di
olivo
e
la
pace
è
fatta
.
Anche
io
ho
litigato
,
e
da
tanto
tempo
,
con
una
carissima
persona
,
mentre
ho
continuato
ad
amarla
piamente
,
nel
segreto
del
cuore
,
mentre
la
sua
assenza
ha
resa
deserta
e
triste
la
mia
casa
,
mentre
la
mancanza
del
suo
alito
soave
ha
reso
arido
e
secco
come
la
pomice
quanto
ho
scritto
.
Questa
carissima
persona
,
la
poesia
,
è
da
tanto
tempo
che
non
vuole
saperne
di
me
,
quando
io
la
desidero
ardentemente
e
per
orgoglio
mi
taccio
.
Oggi
che
l
orgoglio
si
smorza
in
una
infinita
tenerezza
,
voglio
tentar
di
far
la
pace
con
la
poesia
mandandole
una
fogliolina
di
ulivo
.
Dopo
Parthenope
,
mito
e
donna
,
vergine
e
sirena
,
misto
singolare
di
fantastico
,
di
ideale
,
di
umano
e
di
divino
,
cui
Napoli
deve
la
sua
poetica
origine
;
dopo
la
poesia
di
Parthenope
,
quasi
-
Dea
,
creatrice
,
sorge
la
poesia
di
Virgilio
,
creatore
,
quasi
-
Divino
.
Noi
conosciamo
Virgilio
il
poeta
delle
Egloghe
,
delle
Georgiche
e
dell
Eneide
;
conosciamo
poco
Virgilio
Mago
che
ha
prodigato
alla
città
diletta
fra
tutte
i
miracoli
del
suo
potere
magico
.
Noi
siamo
ingrati
verso
colui
che
esclama
:
Illo
Virgilium
me
tempore
dulcis
alebat
Parthenope
....
.
eppure
molte
cose
che
allettano
ed
incantano
noi
moderni
e
c
incatenano
nella
indolente
ammirazione
di
questa
bella
ed
oziosa
città
,
molte
cose
la
cronaca
attribuisce
alla
magia
di
Virgilio
.
La
cronaca
è
ingenua
,
semplice
ed
in
buona
fede
.
La
cronaca
farà
sogghignare
gli
scettici
,
poiché
essi
non
hanno
più
la
consolazione
di
sorridere
.
La
cronaca
sarà
qualificata
una
sciocchezza
e
tira
via
.
Ma
l
oscuro
traduttore
e
commentatore
della
cronaca
gode
specialmente
di
queste
ingiurie
e
di
questi
sogghigni
.
Sentite
dunque
quello
che
la
cronaca
dice
.
Virgilio
veniva
di
lontano
,
dal
nord
forse
,
dal
cielo
certamente
;
egli
era
giovane
,
bello
,
alto
nella
persona
,
eretto
nel
busto
,
ma
camminava
con
la
testa
curva
e
mormorando
certe
sue
frasi
,
in
un
linguaggio
strano
che
niuno
poteva
comprendere
.
Egli
abitava
sulla
sponda
del
mare
dove
s
incurva
il
colle
di
Posillipo
,
ma
errava
ogni
giorno
nelle
campagne
che
menano
a
Baia
ed
a
Cuma
;
egli
errava
per
le
colline
che
circondano
Parthenope
,
fissando
,
nella
notte
,
le
lucide
stelle
e
parlando
loro
il
suo
singolare
linguaggio
;
egli
errava
sulle
sponde
del
mare
,
per
la
riva
Platamonia
,
tendendo
l
orecchio
all
armonia
delle
onde
,
quasi
che
elle
dicessero
a
lui
solo
parole
misteriose
.
Onde
fu
detto
Mago
e
molti
furono
i
miracoli
della
sua
magia
.
In
allora
Parthenope
era
molestata
da
una
grande
quantità
di
mosche
,
mosche
che
si
moltiplicavano
in
così
grande
numero
e
davano
tanto
fastidio
,
da
farne
fuggire
i
tranquilli
e
felici
abitatori
.
Virgilio
,
per
rimediare
a
così
grave
sconcio
,
fece
fare
una
mosca
d
oro
,
qualmente
egli
prescrisse
e
dopo
fatta
,
le
insufflò
,
con
magiche
parole
,
la
vita
:
la
quale
mosca
d
oro
se
ne
andava
volando
di
qua
e
di
là
ed
ogni
mosca
vera
che
incontrava
faceva
morire
.
Così
in
poco
tempo
furono
distrutte
tutte
le
mosche
che
affliggevano
la
bella
città
di
Parthenope
.
Altro
miracolo
fu
questo
:
le
molte
paludi
che
allora
si
trovavano
nella
città
,
erano
dannose
,
e
perché
i
miasmi
che
esalavano
guastavano
l
aria
producendo
febbri
,
pestilenze
ed
altre
morie
,
e
perché
erano
infestate
da
pericolosissime
sanguisughe
,
il
cui
morso
feroce
produceva
la
morte
.
Fatto
un
potente
scongiuro
,
Virgilio
fece
morire
le
sanguisughe
,
asciugò
le
paludi
dove
sorsero
case
e
giardini
e
l
aria
vi
divenne
la
più
pura
che
mai
respirar
si
potesse
.
Così
,
giovandosi
del
suo
potere
che
era
infinito
,
un
giorno
egli
salì
sopra
una
collina
e
chiamò
alla
sua
obbedienza
i
venti
ed
ordinò
al
Favonio
che
spirava
nella
città
nel
mese
di
aprile
e
col
suo
caldo
soffio
abbruciava
le
piante
,
i
fiori
,
di
mutare
direzione
:
e
la
flora
primaverile
crebbe
più
bella
e
più
rigogliosa
.
Laggiù
nel
quartiere
che
noi
moderni
chiamiamo
Pendino
,
annidava
un
formidabile
serpente
che
era
lo
spavento
di
ogni
uomo
avendo
già
morsicato
e
strozzato
bambini
e
fanciulle
,
e
quando
si
mettevano
in
molti
per
combatterlo
,
esso
scompariva
rapidamente
nelle
viscere
della
terra
per
poi
ricomparire
più
terribile
che
mai
.
Chiamato
Virgilio
in
soccorso
,
egli
si
avviò
tutto
solo
,
ricusando
ogni
compagnia
,
al
luogo
dove
s
annidava
il
mostro
e
con
le
sue
formule
magiche
l
ebbe
subito
domato
e
morto
.
Anzi
è
da
notarsi
che
,
sebbene
la
città
fosse
eretta
sopra
un
altra
città
,
nera
e
malsana
,
fatta
di
caverne
,
sotterranei
e
cloache
,
dove
potrebbero
allignare
simili
rettili
,
da
quel
tempo
sinora
,
mai
più
ve
ne
furono
.
Quando
un
morbo
fierissimo
invase
la
razza
dei
cavalli
,
Virgilio
fece
fondere
un
grande
cavallo
di
bronzo
,
gli
trasfuse
il
suo
magico
potere
e
ogni
cavallo
condotto
a
fare
tre
giri
intorno
a
quello
di
bronzo
,
era
immancabilmente
guarito
,
non
senza
molta
collera
di
maniscalchi
ed
empirici
che
si
vedevano
superati
e
sbugiardati
.
Certi
pescatori
della
spiaggia
napoletana
e
propriamente
quelli
che
dimoravano
nel
punto
chiamato
in
seguito
Porta
di
Massa
,
andarono
a
Virgilio
,
lagnandosi
della
scarsa
pesca
che
vi
facevano
e
chiedendo
a
lui
un
miracolo
.
Virgilio
li
volle
contentare
e
in
una
grossa
pietra
fece
scolpire
un
piccolo
pesce
,
disse
le
sue
incantagioni
e
piantata
la
pietra
in
quel
punto
,
il
mare
fruttificò
mai
sempre
di
pesci
innumerevoli
.
Virgilio
fece
mettere
sulle
porte
di
Parthenope
,
verso
le
vie
della
Campania
,
due
teste
augurali
ed
incantate
,
una
che
rideva
e
l
altra
che
piangeva
:
onde
colui
che
capitava
a
passare
sotto
la
porta
dove
la
testa
rideva
ne
traeva
buon
augurio
per
i
suoi
affari
che
sempre
riuscivano
a
bene
ed
il
contrario
colui
che
passava
sotto
la
testa
piangente
.
Fu
Virgilio
che
in
poche
notti
fece
eseguire
da
esseri
sovrannaturali
la
grotta
di
Pozzuoli
,
per
facilitare
il
viaggio
agli
abitanti
di
quei
villaggi
che
venivano
in
città
;
fu
Virgilio
che
,
per
la
sua
virtù
magica
,
fece
sorgere
un
orto
di
erbe
salutari
per
le
ferite
ed
ottime
come
condimento
alle
vivande
;
fu
Virgilio
che
insegnò
ai
giovani
i
giuochi
delle
melarance
e
delle
piastrelle
che
s
ignoravano
;
fu
Virgilio
che
di
notte
incantò
le
acque
sorgive
della
riva
Platamonia
e
della
riva
di
Pozzuoli
,
dando
loro
singolare
potenza
per
guarire
ogni
specie
di
malattia
;
fu
Virgilio
che
applicando
certi
suoi
rimedii
e
proferendo
gli
scongiuri
,
sanò
molti
e
molti
ammalati
;
fu
Virgilio
che
volendo
salvare
la
campagna
del
suo
discepolo
Albino
,
svelò
il
mistero
dell
antro
cumano
dove
i
sacerdoti
ingannavano
il
popolo
coi
responsi
falsi
,
prodotti
da
una
naturale
combinazione
di
suoni
.
La
cronaca
soggiunge
che
Virgilio
Mago
fu
amato
,
rispettato
,
idolatrato
quasi
come
un
Dio
,
poiché
giammai
rivolse
la
sua
magia
a
scopo
cattivo
,
sibbene
sempre
a
vantaggio
della
città
e
dell
uomo
.
La
cronaca
non
dice
quando
e
dove
morisse
Virgilio
:
molti
allora
credettero
alla
sua
immoralità
;
qualcuno
alla
sua
morte
su
quel
colle
presso
Avellino
che
chiamasi
Montevergine
,
dove
s
era
ridotto
a
studiare
ed
era
diventato
vecchissimo
.
Ad
ogni
modo
gli
abitanti
di
Parthenope
gli
eressero
un
grande
monumento
che
poi
fu
distrutto
;
quello
che
sorge
all
imboccatura
della
gotta
essendo
un
semplice
colombario
.
Ma
non
ebbero
alcuna
sicuranza
di
fatto
il
sito
e
il
modo
e
l
epoca
della
sua
morte
.
Ebbene
poc
anzi
ho
errato
dicendo
che
noi
non
conoscevamo
Virgilio
Mago
.
Non
vi
è
che
un
solo
Virgilio
:
quello
che
la
favolosa
cronaca
delinea
nelle
ombre
della
magia
è
proprio
il
poeta
.
Invero
egli
non
ha
avuto
che
una
magia
sola
:
la
grandiosa
poesia
del
suo
spirito
.
Nella
cronaca
è
il
poeta
.
Il
poeta
con
le
sue
lunghe
peregrinazioni
per
quella
orrida
,
bella
e
straziata
campagna
che
sono
i
Campi
Flegrei
,
donde
egli
fantasticava
dell
Averno
e
dello
Stige
;
con
le
sue
lunghe
peregrinazioni
nella
Campania
Felice
,
dove
egli
ha
acquistato
quell
amore
profondo
della
natura
,
l
amore
dei
campi
ubertosi
che
si
stendono
all
infinito
sotto
il
sole
,
dei
prati
verdeggianti
dove
pascola
quietamente
il
bove
dai
grandi
occhi
nei
quali
il
cielo
si
riflette
,
l
amore
dei
boschi
oscuri
e
silenziosi
dove
l
anima
si
calma
e
s
assopisce
nella
pace
,
l
amore
dei
colli
aprichi
,
dove
i
liberi
venti
fanno
ondeggiare
tutta
una
coltivazione
di
fiori
;
l
amore
dell
uccello
che
canta
e
vola
via
,
dell
insetto
dorato
che
ronza
,
della
foglia
che
il
turbine
si
porta
,
della
forte
quercia
che
nulla
scuote
:
quell
amore
profondo
della
natura
che
è
il
sentimento
più
alto
del
suo
poema
,
che
è
la
magia
per
cui
ancora
c
incanta
,
che
è
con
una
parola
troppo
moderna
,
ma
vera
la
nostalgia
del
suo
cuore
che
lo
fa
esclamare
...
fortunatos
agricolas
,
che
dà
alla
sua
descrizione
tanto
colore
,
tanta
luce
,
tanta
vita
.
È
il
poeta
che
cerca
ed
interroga
ogni
angolo
oscuro
della
natura
;
è
lui
che
parla
alle
stelle
tremolanti
di
raggi
nelle
notti
estive
;
è
lui
che
ascolta
il
ritmo
del
mare
,
quasi
fosse
il
metro
per
cui
il
suo
verso
scandisce
;
è
il
poeta
che
conosce
la
virtù
dei
semplici
,
è
lui
che
ha
scoverte
certe
leggi
naturali
,
ignote
a
tutti
;
è
il
poeta
civile
che
uccide
le
bestie
,
fa
rasciugare
le
paludi
e
fa
sorgere
a
quel
posto
palagi
e
giardini
;
è
il
poeta
che
insegna
ai
giovani
i
giuochi
dove
il
corpo
si
fortifica
e
l
anima
si
serena
;
è
lui
,
sublime
fantastico
,
che
stabilisce
l
augurio
della
buona
o
della
mala
ventura
;
è
lui
che
come
calamita
fortissima
attrae
a
sé
l
amore
,
l
ossequio
,
il
rispetto
;
è
Virgilio
poeta
.
E
nulla
si
sa
della
sua
morte
.
Come
Parthenope
,
la
donna
,
egli
scompare
.
Il
poeta
non
muore
.
IL
MARE
Voi
errate
lontano
di
qua
,
anima
settentrionale
e
vagabonda
,
e
le
brume
in
cui
si
affissa
il
vostro
malinconico
occhio
,
vi
mettono
intorno
quell
ambiente
monotono
e
triste
in
cui
si
acqueta
ogni
agitazione
.
Ma
nelle
tranquille
divagazioni
dove
il
vostro
spirito
amareggiato
si
disacerba
,
nella
sorridente
mestizia
che
aleggia
in
quello
che
scrivete
,
io
veggo
ogni
tanto
una
divagazione
vivace
.
Voi
non
avete
dimenticato
il
nostro
mare
,
il
nostro
bel
mare
di
Napoli
.
Ancora
vi
appare
e
scompare
rapidissima
innanzi
agli
occhi
una
visione
azzurra
;
ancora
un
molle
suono
,
quasi
indistinto
e
fuggente
,
vi
lusinga
l
orecchio
;
un
profumo
sottile
come
un
ricordo
lontanissimo
vi
fa
dilatare
le
nari
.
Il
mio
bel
golfo
voi
non
lo
avete
dimenticato
.
Io
leggo
quello
che
scrivete
,
ma
indovino
quello
che
pensate
.
Dovete
soffrire
di
una
segreta
nostalgia
che
non
osate
confessare
,
voi
,
esiliato
volontario
.
E
come
l
eco
dolorosa
si
ripercuote
sul
mio
fedele
e
forte
cuore
d
amica
,
così
io
risponderò
a
quello
che
nascondete
invece
che
a
quello
che
palesate
,
e
vi
narrerò
non
la
storia
,
ma
la
leggenda
del
mio
poetico
golfo
.
Ognuno
sa
che
Iddio
,
generoso
,
misericordioso
e
magnifico
Signore
,
ha
guardato
sempre
con
occhio
di
predilezione
la
città
di
Napoli
.
Per
lei
ha
avuto
tutte
le
carezze
di
un
padre
,
di
un
innamorato
,
le
ha
prodigato
i
doni
più
ricchi
,
più
splendidi
che
si
possano
immaginare
.
Le
ha
dato
il
cielo
ridente
ed
aperto
,
raramente
turbato
da
quei
funesti
pensieri
scioglientisi
in
lagrime
che
sono
le
nubi
;
l
aria
leggera
,
benefica
e
vivificante
che
mai
non
diventa
troppo
rude
,
troppo
tagliente
;
le
colline
verdi
,
macchiate
di
case
bianche
e
gialle
,
divise
dai
giardini
sempre
fioriti
;
il
vulcano
fiammeggiante
ed
appassionato
,
gli
uomini
belli
,
buoni
,
indolenti
,
artisti
e
innamorati
;
le
dame
piacenti
,
brune
,
amabili
e
virtuose
;
i
fanciulli
ricciuti
,
dai
grandi
occhi
neri
ed
intelligenti
.
Poi
,
per
suggellare
tanta
grazia
,
le
ha
dato
il
mare
,
ha
saputo
quel
che
si
faceva
.
Quello
che
sarebbero
i
napoletani
,
quello
che
vorrebbero
,
egli
conosceva
bene
e
nel
dar
loro
la
felicità
del
mare
,
ha
pensato
alla
felicità
di
ognuno
.
Questo
immenso
dono
è
saggio
,
è
profondo
,
è
caratteristico
.
Ogni
bisogno
,
ogni
pensiero
,
ogni
corpo
,
ogni
fantasia
,
trova
il
suo
cantuccio
dove
s
appaga
,
il
suo
piccolo
mare
nel
grande
mare
.
Del
passato
,
dell
antichissimo
passato
è
il
mare
del
Carmine
.
Poco
distante
dalla
spiaggia
è
l
antica
porta
di
mare
che
introduce
alla
piazza
;
sulla
piazza
storicamente
famosa
si
eleva
il
bruno
campanile
,
coi
suoi
quattro
ordini
a
finestruole
che
lo
fanno
rassomigliare
stranamente
al
giocattolo
grazioso
di
un
bimbo
gigante
;
le
casupole
attorno
sono
basse
,
meschine
,
dalle
finestre
piccole
,
abitate
da
gente
minuta
.
Il
mare
del
Carmine
è
scuro
,
sempre
agitato
,
continuamente
tormentato
.
Sulla
spiaggia
semideserta
non
vi
è
l
ombra
di
un
pescatore
.
Vi
si
profila
qua
e
là
la
linea
curva
di
una
chiglia
;
la
barca
è
arrovesciata
,
forse
si
asciuga
al
sole
.
Dinanzi
alla
garitta
passeggia
un
doganiere
che
ha
rialzato
il
cappuccio
per
ripararsi
dal
vento
che
vi
soffia
impetuoso
.
Presso
la
riva
una
barcaccia
nera
stenta
a
mantenersi
in
equilibrio
;
dal
ponte
per
mezzo
di
tavole
è
stabilita
una
comunicazione
con
la
terra
;
vi
vanno
e
vengono
facchini
,
curvi
sotto
i
mattoni
rossi
che
scaricano
a
riva
.
Ma
non
si
canta
né
si
grida
.
Il
mare
del
Carmine
non
scherza
.
In
un
temporale
d
estate
portò
via
un
piccolo
stabilimento
di
bagni
;
in
un
temporale
di
inverno
allagò
la
Villa
del
Popolo
,
giardino
infelice
,
dove
crescono
male
fiori
pallidi
e
alberetti
rachitici
.
Qualche
cosa
di
solenne
,
di
maestoso
vi
spira
.
Il
mare
del
Carmine
era
l
antico
porto
di
Parthenope
dove
approdavano
le
galee
fenicie
,
greche
e
romane
,
ma
era
porto
malsicuro
;
esso
ha
visto
avvenimenti
sanguinosi
e
feste
popolari
.
È
un
mare
storico
e
cupo
.
Sulla
piazza
che
quasi
esso
lambiva
,
dieci
,
venti
volte
sono
state
decise
le
sorti
del
popolo
napoletano
.
Le
onde
sue
melanconiche
hanno
dovuto
mormorare
per
molto
tempo
:
Corradino
,
Corradino
.
Le
onde
sue
tempestose
hanno
dovuto
ruggire
per
molto
tempo
:
Masaniello
,
Masaniello
.
È
il
mare
grandioso
e
triste
degli
antichi
che
sgomenta
le
coscienze
piccine
dei
moderni
.
La
sola
voce
del
flutto
rompe
il
silenzio
che
vi
regna
e
qualche
coraggioso
,
solitario
e
meditabondo
spirito
,
vi
passeggia
,
curvando
il
capo
sotto
il
peso
dei
ricordi
,
fissando
l
occhio
sulla
vita
di
quelli
che
furono
.
Ma
ferve
la
gente
e
ferve
la
vita
sul
mare
del
Molo
.
Non
è
spiaggia
,
è
porto
queto
e
profondo
.
L
acqua
non
ha
onde
o
appena
s
increspa
;
è
nera
,
a
fondo
di
carbone
,
un
nero
uniforme
e
smorto
,
dove
nulla
si
riflette
.
Sulla
superficie
galleggiano
pezzi
di
legno
,
brandelli
di
gomene
,
ciabatte
sformate
e
sorci
morti
.
Nel
porto
mercantile
si
stringono
l
una
contro
l
altra
le
barcacce
,
gli
schooners
,
i
brigantini
carichi
di
grano
,
di
farina
,
di
carbone
,
d
indaco
,
non
vi
è
che
una
piccola
linea
di
acqua
sporca
tra
essi
.
Sul
marciapiede
una
grua
eleva
nell
aria
il
suo
unico
braccio
di
ferro
,
che
s
alza
e
s
abbassa
con
uno
stridore
di
lima
.
Uomini
neri
dal
sole
,
di
fatica
e
di
fumo
,
vanno
,
vengono
,
salgono
e
scendono
.
Un
puzzo
di
catrame
è
nell
aria
.
Sulla
banchina
nuova
,
nel
terrapieno
,
sono
infissi
pennoni
a
cui
s
attorcigliano
intorno
grossissime
gomene
che
danno
una
sicurezza
maggiore
ai
vapori
postali
ancorati
in
rada
.
A
destra
c
è
il
porto
militare
,
medesimo
mare
smorto
e
sporco
,
dove
rimangono
immobili
le
corazzate
.
Dappertutto
barchette
che
sfilano
,
zattere
lente
,
imbarcazioni
pesanti
;
le
voci
si
chiamano
,
si
rispondono
,
si
incrociano
.
Il
sole
rischiara
tutto
questo
,
facendo
brulicare
nel
suo
raggio
polvere
di
carbone
,
atomi
di
catene
,
limature
di
ferro
;
la
sera
l
occhio
del
faro
sorveglia
il
Molo
.
Il
mare
del
Molo
è
quello
dei
grossi
negozianti
,
dei
grossi
banchieri
,
degli
spedizionieri
affaccendati
,
dei
marinari
adusti
,
degli
ufficiali
severi
che
corrono
al
loro
dovere
,
dei
viaggiatori
d
affari
che
partono
senza
un
rimpianto
.
È
per
essi
che
il
Signore
ha
fatto
il
lago
nero
del
Molo
.
Del
popolo
e
pel
popolo
è
il
mare
di
Santa
Lucia
.
È
un
mare
azzurro
-
cupo
,
calmo
e
sicuro
.
Una
numerosa
e
brulicante
colonia
di
popolani
vive
su
quella
riva
.
Le
donne
vendono
lo
spassatiempo
,
l
acqua
solfurea
,
i
polpi
cotti
nell
acqua
marina
;
gli
uomini
intrecciano
nasse
,
fanno
reti
,
pescano
,
fumano
la
pipa
,
guidano
le
barchette
,
vendono
i
frutti
di
mare
,
cantano
e
dormono
.
È
un
paesaggio
acceso
e
vivace
.
Le
linee
vi
sono
dure
e
salienti
,
il
sole
ardente
vi
spacca
le
pietre
.
Si
sente
un
profumo
misto
di
alga
,
di
zolfo
e
di
spezierie
soffritte
.
I
bimbi
seminudi
e
bruni
si
rotolano
nella
via
,
cascano
nell
acqua
,
risalgono
alla
superficie
,
scuotendo
il
capo
ricciuto
e
gridando
di
gioia
.
Sulla
riva
un
osteria
lunga
lunga
mette
le
sue
tavole
dalla
biancheria
candida
,
dai
cristalli
lucidi
,
dall
argenteria
brillante
.
Di
sera
vi
s
imbandiscono
le
cene
napoletane
.
Suonatori
ambulanti
di
violino
,
di
chitarra
,
di
flauto
improvvisano
concerti
;
cantatori
affiochiti
si
lamentano
nelle
malinconiche
canzonette
,
il
cui
metro
è
per
lo
più
lento
e
soave
e
la
cui
allegria
ha
qualche
cosa
di
chiassoso
o
di
sforzato
che
cela
il
dolore
;
accattoni
mormorano
senza
fine
la
loro
preghiera
;
le
donne
strillano
la
loro
merce
.
Di
estate
un
vaporetto
scalda
la
sua
macchina
per
andare
a
Casamicciola
,
la
bella
distrutta
,
i
barcaiuoli
offrono
con
insistenza
,
a
piena
voce
,
in
tutte
le
lingue
,
ai
viaggiatori
il
passaggio
fino
al
vaporetto
.
Dieci
o
dodici
stabilimenti
di
bagni
a
camerini
piccoli
e
variopinti
;
si
asciugano
al
sole
,
sbattute
dal
ponente
,
le
lenzuola
;
le
bagnine
hanno
sul
capo
un
fazzoletto
rosso
e
fanno
solecchio
con
la
mano
.
Una
folla
borghese
e
provinciale
assedia
gli
stabilimenti
,
scricchiolano
le
viottole
di
legno
.
Salgono
nell
aria
serena
canti
,
suoni
di
chitarra
,
trilli
d
organino
,
strilli
di
bimbi
,
bestemmie
di
facchini
,
rotolio
di
trams
,
profumi
e
cattivi
odori
;
rifuggono
i
colori
rabbiosi
e
mordenti
;
fiammeggiano
le
albe
riflesse
sul
mare
;
fiammeggiano
meriggi
lenti
e
voluttuosi
,
riflessi
sul
mare
;
s
incendiano
i
tramonti
sanguigni
riflessi
sul
mare
che
pare
di
sangue
.
È
il
mare
del
popolo
,
mare
laborioso
,
fedele
e
fruttifero
,
mare
amante
ed
amato
,
per
cui
vive
e
con
cui
vive
il
popolo
napoletano
.
Eppure
,
a
breve
distanza
,
tutto
cangia
d
aspetto
.
Dalla
strada
larga
e
deserta
si
vede
il
mare
del
Chiatamone
.
La
vista
si
estende
per
quel
vastissimo
piano
,
si
estende
quasi
all
infinito
,
poiché
è
lontanissima
la
curva
dell
orizzonte
.
Quel
piano
d
acqua
è
desolato
,
è
grigio
.
Nulla
vi
è
d
azzurro
e
la
medesima
serenità
ha
qualche
cosa
di
solitario
che
rattrista
.
Le
onde
si
rifrangono
contro
il
muraglione
di
piperno
con
un
rumore
sordo
e
cupo
;
lontano
,
gli
alcioni
bianchi
ne
lambiscono
le
creste
spumanti
.
A
sinistra
s
eleva
sulla
roccia
il
castello
aspro
,
ad
angoli
scabrosi
,
a
finestrelle
ferrate
;
il
castello
spaventoso
dove
tanti
hanno
sofferto
ed
hanno
pianto
;
il
castello
che
cela
il
Vesuvio
.
Contro
le
sue
basi
di
scoglio
le
onde
s
irritano
,
si
slanciano
piene
di
collera
e
ricadono
bianche
e
livide
di
rabbia
impotente
.
Quando
le
nuvole
s
addensano
sul
cielo
e
il
vento
tormentoso
sibila
fra
i
platani
della
villetta
,
allora
la
desolazione
è
completa
,
è
profonda
.
Di
lontano
appare
una
linea
nera
:
è
una
nave
sconosciuta
che
fugge
verso
paesi
ignoti
.
Alla
sera
passa
lentamente
qualche
barca
misteriosa
che
porta
una
fiaccola
di
luce
sanguigna
a
poppa
e
che
mette
una
striscia
rossa
nel
palpito
del
mare
:
sono
pescatori
che
stordiscono
,
con
la
fiaccola
,
il
pesce
.
In
quelle
acqua
un
giovanetto
nuotatore
bello
e
gagliardo
,
vinto
dalle
onde
,
invano
ha
chiamato
aiuto
ed
è
morto
affogato
;
in
una
notte
d
inverno
una
fanciulla
disperata
ha
pronunciata
una
breve
preghiera
e
si
è
lanciata
in
mare
,
donde
l
hanno
tratta
,
orribile
cadavere
sfracellato
e
tumefatto
.
È
il
mare
che
Dio
come
dice
la
vecchia
leggenda
ha
fatto
per
i
malinconici
,
per
gli
ammalati
,
per
i
nostalgici
,
per
gl
innamorati
dell
infinito
.
Invece
ride
il
mare
di
Mergellina
;
ride
nella
luce
rosea
delle
giornate
stupende
;
ride
nelle
morbide
notti
di
estate
,
quando
il
raggio
lunare
pare
diviso
in
sottilissimo
fili
d
argento
,
ride
nelle
vele
bianche
delle
sue
navicelle
che
paiono
giocondi
pensieri
aleggianti
nella
fantasia
.
Sulla
riva
scorre
la
fontana
con
un
cheto
e
allegro
mormorio
;
i
fanciulli
e
le
fantesche
in
abito
succinto
vengono
a
riempirvi
le
loro
brocche
.
Uno
yacht
elegante
,
dall
attrezzeria
sottile
come
un
merletto
,
dalle
velette
candide
orlate
di
rosso
,
si
culla
mollemente
come
una
creola
indolente
,
porta
il
nome
a
lettere
d
oro
,
il
nome
dolce
di
qualche
creatura
celestiale
e
bionda
:
Flavia
.
Uno
stabilimento
di
bagni
,
piccolo
ed
aristocratico
,
si
congiunge
alla
riva
per
una
breve
viottola
,
sulla
viottola
passano
le
belle
fanciulle
vestite
di
bianco
,
coi
grandi
cappelli
di
paglia
coperti
da
una
primavera
di
fiori
,
cogli
ombrellini
dai
colori
splendidi
che
si
accendono
al
sole
;
passano
le
sposine
giovanette
,
gaie
e
fresche
,
attaccate
al
braccio
dello
sposo
innamorato
;
i
bimbi
graziosi
,
dai
volti
ridenti
e
arrossati
dal
caldo
.
E
nel
mare
,
giù
,
è
un
ridere
,
uno
scherzare
,
un
gridio
fra
il
comico
spavento
e
l
allegria
dell
acqua
fredda
,
e
corpi
bianchi
che
scivolano
fra
due
onde
e
braccia
rotonde
che
si
sollevano
e
volti
bruni
dai
capelli
bagnati
.
È
la
festa
di
Mergellina
,
di
Mergellina
la
sorridente
,
fatta
per
coloro
cui
allieta
la
gioventù
,
cui
fiorisce
la
salute
,
fatta
pei
giovani
che
sperano
e
che
amano
,
fatta
per
coloro
cui
la
vita
è
una
ghirlanda
di
rose
che
si
sfogliano
e
rinascono
sempre
vive
e
profumate
.
Ma
il
mare
dove
finisce
il
dolore
è
il
mare
di
Posillipo
,
il
glauco
mare
che
prende
tutte
le
tinte
,
che
si
adorna
di
tutte
le
bellezze
.
Quanto
può
ideare
cervello
umano
per
figurarsi
il
paradiso
,
esso
lo
realizza
.
È
l
armonia
del
cielo
,
delle
stelle
,
della
luce
,
dei
colori
,
l
armonia
del
firmamento
con
la
natura
,
mare
e
terra
.
Si
sfogliano
i
fiori
sulla
sponda
,
canta
l
acqua
penetrando
nelle
grotte
,
l
orizzonte
è
tutto
un
sorriso
.
Posillipo
è
l
altissimo
ideale
che
sfuma
nella
indefinita
e
lontana
linea
dell
avvenire
;
Posillipo
è
tutta
la
vita
,
tutto
quello
che
si
può
desiderare
,
tutto
quello
che
si
può
volere
.
Posillipo
è
l
immagine
della
felicità
piena
,
completa
,
per
tutti
i
sensi
,
per
tutte
le
facoltà
.
È
la
vita
vibrante
,
fremente
,
nervosa
e
lenta
,
placida
e
attiva
.
È
il
punto
massimo
di
ogni
sogno
,
di
ogni
poesia
.
Il
mare
di
Posillipo
è
quello
che
Dio
ha
fatto
per
i
poeti
,
per
i
sognatori
,
per
gl
innamorati
di
quell
ideale
che
informa
e
trasforma
l
esistenza
.
Quando
il
Signore
ebbe
dato
a
noi
il
nostro
bel
golfo
,
udite
quello
che
la
sacrilega
leggenda
gli
fa
dire
:
uditelo
voi
,
anima
glaciale
e
cuore
inerte
.
Egli
disse
:
Sii
felice
per
quello
che
t
ho
dato
,
e
se
non
lo
puoi
,
se
l
incurabile
dolore
ti
traversa
l
anima
,
muori
nelle
onde
glauche
del
mare
.
LA
LEGGENDA
DELL
AMORE
In
questo
pomeriggio
lungo
di
luglio
un
grande
silenzio
regna
intorno
;
nelle
vie
abbruciate
dal
sole
non
passa
alcuno
;
ed
i
cittadini
dormono
nel
pesante
assopimento
dell
estate
;
vicino
,
sotto
la
finestra
,
in
un
tegame
dove
bolle
lo
strutto
,
scoppiettano
e
friggono
certi
peperoncini
verdi
ed
arrabbiati
;
lontano
,
in
una
via
trasversale
,
un
organino
suona
un
valtzer
languido
e
malinconico
;
un
moscone
sussurra
e
dà
di
testa
contro
i
vetri
più
alti
della
finestra
socchiusa
.
Noi
siamo
tristi
,
ed
il
sangue
che
monta
al
capo
,
ci
dà
la
vertigine
:
noi
abbiamo
l
anima
di
piombo
e
la
bocca
amara
;
noi
abbiamo
il
desiderio
dell
ombra
profonda
e
delle
bevande
ghiacciate
perché
invero
ci
è
intorno
la
violenza
di
una
passione
secca
e
rude
,
perché
ci
sembra
assistere
allo
spasimo
e
udire
i
singhiozzi
convulsi
della
natura
che
muore
nell
amore
del
sole
.
Le
vie
sono
bianche
,
polverose
e
fulgide
;
le
case
gialle
,
rosse
e
bianche
rifulgono
;
i
colli
sono
splendidi
di
luce
;
il
mare
brilla
tutto
come
un
migliaio
di
specchi
;
sulla
punta
del
cratere
qualche
cosa
abbrucia
e
fuma
ed
il
cielo
è
cupo
nella
sua
serenità
.
Tutto
è
luce
vivida
,
tutto
è
intensità
di
colore
,
ogni
cosa
si
condensa
;
pare
che
si
debbano
spaccar
le
pietre
,
che
le
case
debbano
sbuzzar
fuori
,
che
le
colline
vogliano
slanciarsi
al
cielo
,
che
il
mare
voglia
cangiarsi
in
metallo
liquefatto
e
che
la
montagna
voglia
eruttare
lave
di
fuoco
e
tutto
rimane
immobile
,
tetro
e
grave
.
È
per
l
amore
:
voi
certamente
sapete
che
tutte
le
cose
in
Napoli
,
dalle
pietre
al
cielo
,
sono
innamorate
.
Non
conoscete
la
storiella
dei
quattro
fratelli
?
Io
ve
la
narrerò
.
Una
volta
,
allora
,
allora
,
nel
tempo
dei
tempi
,
v
erano
quattro
fratelli
che
s
amavano
di
cordialissimo
amore
e
non
si
staccavano
mai
l
uno
dall
altro
.
Erano
belli
,
giovani
,
freschi
,
aitanti
nella
persona
e
sulle
giovani
teste
ben
s
addicevano
le
ghirlande
di
rose
.
Ognun
di
loro
arse
in
segreto
per
una
fanciulla
,
né
se
ne
confidarono
il
nome
;
ma
la
sorte
malaugurata
riunì
tutti
gli
amori
dei
quattro
fratelli
in
una
donna
sola
.
Ella
nessuno
di
quelli
voleva
amare
.
Asperrima
guerra
sarebbe
sorta
tra
loro
e
sangue
fraterno
sarebbe
stato
sparso
,
se
una
notte
la
loro
bella
non
fosse
sparita
per
sempre
.
Ma
essi
,
pazienti
ed
innamorati
,
l
aspettano
da
migliaia
di
anni
:
sono
cangiati
in
quattro
colli
ameni
e
fioriti
che
dal
loro
nome
si
chiamano
Poggioreale
,
di
Capodimonte
,
di
San
Martino
,
del
Vomero
e
l
uno
accanto
all
altro
,
immobilmente
innamorati
,
aspettano
il
ritorno
di
colei
che
amano
.
Fioriscono
le
primavere
sul
loro
capo
,
s
infiamma
l
estate
,
piange
l
autunno
,
s
incupisce
la
nera
stagione
;
ed
i
poggi
non
si
stancano
d
aspettare
.
Ma
l
amore
della
bella
assente
è
scarso
al
confronto
dell
amore
per
una
bella
sempre
presente
e
crudele
.
La
sapete
voi
la
seconda
storiella
?
Vi
fu
una
volta
un
giovanetto
leggiadro
e
gentile
,
nel
cui
volto
si
accoppiava
il
gaio
sorriso
dell
anima
innocente
al
malinconico
riflesso
di
un
cuore
sensibile
;
egli
era
nel
medesimo
tempo
festevole
senza
chiasso
e
serio
senza
durezza
.
Chi
lo
vedeva
lo
amava
;
e
la
gente
accorreva
a
lui
come
ad
amico
,
per
allietarsi
della
sua
compagnia
.
Ma
il
bel
giovanetto
fu
molto
infelice
,
molto
infelice
;
gli
entrò
nell
anima
un
amore
ardente
,
la
cui
fiamma
,
che
saliva
al
cielo
,
non
valse
ad
incendere
il
cuore
della
donna
che
egli
amava
.
Era
costei
una
donna
di
campagna
,
cui
era
stato
dato
in
dono
la
bellezza
del
corpo
,
ma
a
cui
era
stata
negata
quella
dell
anima
:
ella
era
una
di
quelle
donne
incantatrici
,
fredde
e
sprezzose
che
non
possono
né
godere
,
né
soffrire
.
Paiono
fatte
di
pietra
,
di
una
pietra
levigata
,
dura
e
glaciale
;
vanno
in
pezzi
ma
non
si
ammolliscono
;
cadono
fulminate
ma
non
muoiono
.
Tale
era
Nisida
,
colei
che
fu
invano
amata
dal
giovanetto
,
poiché
nulla
valse
a
vincerla
.
Allora
lui
che
si
chiamava
Posillipo
,
amando
invano
la
bella
donna
che
viveva
di
faccia
a
lui
,
per
sfuggire
a
quella
vista
che
era
il
suo
tormento
e
la
sua
seduzione
,
decise
di
precipitarsi
nel
mare
e
finire
così
la
sua
misera
vita
.
Decisero
però
diversamente
i
Fati
e
rimasto
a
mezz
acqua
il
bel
giovanetto
,
vollero
lui
mutato
in
poggio
che
si
bagna
nel
mare
e
lei
in
uno
scoglio
che
gli
è
dirimpetto
:
lui
poggio
bellissimo
dove
accorrono
le
gioconde
brigate
,
in
lui
dilettandosi
,
lei
destinata
ad
albergare
gli
omicidi
ed
i
ladri
che
gli
uomini
condannano
alla
eterna
prigionia
così
eterno
il
premio
,
così
eterno
il
castigo
.
E
vi
è
anche
l
amore
che
è
un
prodigioso
abbagliamento
,
un
miraggio
fatale
,
l
acciecamento
di
colui
che
,
ardito
e
folle
,
ha
voluto
fissare
il
sole
.
Era
un
pescatore
abile
e
fortunato
,
colui
di
cui
vi
narro
,
e
l
intiero
suo
giorno
passava
fra
l
amo
e
le
reti
,
lieto
quando
la
pesca
era
abbondante
,
incollerito
quando
la
tempesta
che
intorbida
le
acque
,
rendeva
inefficace
le
sue
fatiche
.
Era
uomo
semplice
e
buono
,
silenzioso
ed
ignorante
d
amore
:
quando
un
giorno
,
mentre
sedeva
a
riva
ed
immergeva
l
amo
nell
onda
,
dalle
glauche
acque
,
dinanzi
a
lui
sorse
una
Ninfa
marina
,
dal
corpo
bianco
e
provocante
,
dai
lunghi
e
biondi
capelli
che
il
vento
sollevava
,
dallo
sguardo
verde
e
terso
come
il
cristallo
;
ella
cantava
soavemente
e
le
sue
candide
dita
volavano
sulla
cetra
.
Era
così
lusinghiero
,
così
attraente
il
suo
canto
che
il
povero
pescatore
sentì
struggersi
il
cuore
e
non
avendo
che
l
ardente
desiderio
di
raggiungere
la
sirena
e
morire
in
un
supremo
abbraccio
,
precipitò
nel
mare
.
Tre
volte
venne
a
galla
,
tre
volte
scomparve
nel
mare
e
lui
fortunato
se
potette
con
la
morte
pagare
così
infinito
godimento
.
Il
sito
dove
egli
precipitò
fu
chiamato
Mergellina
dal
suo
nome
e
dicesi
ancora
,
nelle
fosforescenti
notti
d
estate
,
vi
ricompaia
la
sirena
.
V
è
poi
la
pietosa
istoria
dell
amore
felice
che
è
combattuto
e
vinto
dalla
morte
:
una
storiella
ingenua
come
tutte
le
altre
.
Vi
si
narra
di
un
ricco
signore
chiamato
Sebeto
,
che
abitava
in
una
campagna
presso
Napoli
,
in
un
palazzo
tutto
di
marmo
.
Egli
per
amore
aveva
menato
in
moglie
una
donna
chiamata
Megera
che
lo
ricambiava
con
egual
tenerezza
.
Egli
teneva
cara
questa
sua
moglie
sopra
tutte
le
cose
e
profondeva
per
lei
tutte
le
sue
ricchezze
:
accadde
che
in
un
giorno
ella
volle
andare
a
diporto
sopra
una
feluca
pel
golfo
di
Napoli
.
Verso
la
riva
Platamonia
,
dove
il
mare
è
sempre
tempestoso
,
mentre
i
marinari
volevano
far
forza
contro
il
vento
,
la
feluca
si
capovolse
e
Megera
si
annegò
diventando
uno
scoglio
.
Alla
orribile
nuova
Sebeto
sentì
spezzarsi
il
cuore
e
per
molto
tempo
si
sciolse
in
amarissime
lagrime
in
modo
che
tutta
la
sua
vita
si
disfece
in
acqua
,
correndo
a
gettarsi
nel
mare
dove
Megera
era
morta
.
E
tutte
le
fontane
di
Napoli
sono
lagrime
:
quella
di
Monteoliveto
è
formata
dalle
lagrime
di
una
pia
monachella
che
pianse
senza
fine
sulla
Passione
di
Gesù
;
quella
dei
Serpi
sono
le
lagrime
di
Belloccia
,
una
serva
fedele
innamorata
del
suo
signore
;
quella
degli
Specchi
è
fatta
delle
lagrime
di
Corbussone
,
cuoco
di
palazzo
e
folle
di
amore
per
la
regina
cui
cucinava
gli
intingoli
;
quella
del
Leone
è
il
pianto
di
un
principe
napoletano
,
cui
unico
e
buon
amico
era
rimasto
un
leone
che
gli
morì
miseramente
;
e
quella
di
fontana
Medina
sono
le
lagrime
di
Nettuno
,
innamorato
di
una
bella
statua
cui
non
arrivò
a
dar
vita
.
Ma
la
passione
è
nell
ultima
storiella
che
ascolterete
.
Vi
si
parla
di
un
nobile
signore
,
appartenente
ad
uno
dei
primi
seggi
della
città
,
e
che
s
innamorò
perdutamente
di
una
fanciulla
di
casa
nemica
;
era
il
cavaliere
di
carattere
violento
,
di
temperamento
focoso
,
pronto
al
risentimento
ed
all
ira
.
Pure
,
per
ottenere
la
donna
che
amava
,
sarebbe
diventato
umile
come
un
poverello
cui
manca
il
pane
.
Ma
l
amore
dei
due
giovani
,
anziché
diminuire
e
lenire
le
collere
di
parte
,
valse
a
rinfocolarle
e
per
preghiere
ed
intercessioni
che
venissero
fatte
,
la
nobile
famiglia
Capri
non
volle
accettare
il
matrimonio
.
Anzi
per
trovar
rimedio
all
amore
dei
due
,
fu
deciso
imbarcare
la
fanciulla
sopra
una
feluca
e
mandarla
in
estranea
contrada
.
Ma
essa
che
si
sentiva
strappar
l
anima
,
allontanandosi
dal
suo
bene
,
come
fu
fuori
del
porto
,
inginocchiatasi
e
pronunciata
una
breve
preghiera
,
si
slanciò
nell
onde
,
donde
uscì
isola
azzurra
e
verdeggiante
.
Ma
non
si
chetava
l
amore
nel
cuore
del
nobile
Vesuvio
,
quale
era
il
nome
del
cavaliere
e
la
collera
gli
bolliva
in
corpo
:
quando
seppe
della
nuova
crudele
,
cominciò
a
gittar
caldi
sospiri
e
lagrime
di
fuoco
,
segno
della
interna
passione
che
lo
agitava
;
e
tanto
si
gonfiò
che
divenne
un
monte
nelle
cui
viscere
arde
un
fuoco
eterno
d
amore
.
Così
egli
è
dirimpetto
alla
sua
bella
Capri
e
non
può
raggiungerla
e
freme
d
amore
e
lampeggia
e
s
incorona
di
fumo
e
il
fuoco
trabocca
in
lava
corruscante
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
O
anime
trafitte
,
o
anime
sconsolate
,
o
voi
che
per
l
amore
portate
nel
cuore
sette
spade
di
dolore
,
non
vi
sorrida
la
speranza
di
guarirvi
qui
.
Qui
amano
anche
le
pietre
:
gli
uomini
sani
s
ammalano
d
amore
e
gli
infermi
ne
muoiono
.
IL
PALAZZO
DONN
ANNA
Il
bigio
palazzo
si
erge
nel
mare
.
Non
è
diroccato
,
ma
non
fu
mai
finito
;
non
cade
,
non
cadrà
,
poiché
la
forte
brezza
marina
solidifica
ed
imbruna
le
muraglie
,
poiché
l
onda
del
mare
non
è
perfida
come
quella
dei
laghi
e
dei
fiumi
,
assalta
ma
non
corrode
.
Le
finestre
alte
,
larghe
,
senza
vetri
,
rassomigliano
ad
occhi
senza
pensiero
;
nei
portoni
dove
sono
scomparsi
gli
scalini
della
soglia
,
entra
scherzando
e
ridendo
il
flutto
azzurro
,
incrosta
sulla
pietra
le
sue
conchiglie
,
mette
l
arena
nei
cortili
,
lasciandovi
la
verde
e
lucida
piantagione
delle
sue
alghe
.
Di
notte
il
palazzo
diventa
nero
,
intensamente
nero
;
si
Serena
il
cielo
Sul
suo
capo
,
rifulgono
le
alte
e
bellissime
stelle
,
fosforeggia
il
mare
di
Posillipo
,
dalle
ville
perdute
nei
boschetti
escono
canti
malinconici
d
'
amore
e
le
monotone
note
del
mandolino
:
il
palazzo
rimane
cupo
e
sotto
le
sue
vòlte
fragoreggia
l
onda
marina
.
Ogni
tanto
par
di
vedere
un
lumicino
passare
lentamente
nelle
sale
e
fantastiche
ombre
disegnarsi
nel
vano
delle
finestre
:
ma
non
fanno
paura
.
Forse
sono
ladri
volgari
che
hanno
trovato
là
un
buon
covo
,
ma
la
nostra
splendida
povertà
non
teme
di
loro
;
forse
sono
mendicanti
che
trovarono
un
tetto
,
ma
noi
ricchi
di
cuore
e
di
cervello
,
ci
abbassiamo
dalla
nostra
altezza
per
compatirli
.
E
forse
sono
fantasmi
e
noi
sorridiamo
e
desideriamo
the
ciò
sia
;
noi
li
amiamo
i
fantasmi
,
noi
viviamo
con
essi
,
noi
sogniamo
per
essi
e
per
essi
noi
moriremo
.
Noi
moriremo
per
essi
,
col
desiderio
di
vagolare
anche
noi
sul
mare
,
per
le
colline
,
sulle
rocce
,
nelle
chiesette
tetre
ed
umide
,
nei
cimiteri
fioriti
,
nelle
fresche
sale
dove
il
medioevo
ha
vissuto
.
Fu
una
sera
e
splendevano
di
luce
vivida
quelle
finestre
;
attorno
attorno
il
palazzo
,
sul
mare
,
si
cullavano
barchette
di
piacere
adorne
di
velluti
che
si
bagnavano
nell
acqua
,
vagamente
illuminate
da
lampioncini
colorati
,
coronate
di
fiori
alla
poppa
;
i
barcaiuoli
si
pavoneggiavano
nelle
ricche
livree
.
Tutta
la
nobiltà
napoletana
,
tutta
la
nobiltà
spagnuola
,
accorreva
ad
una
delle
magnifiche
feste
che
l
'
altiera
Donn
'
Anna
Carafa
,
moglie
del
duca
di
Medina
C
li
,
dava
nel
suo
palazzo
di
Posillipo
.
Nelle
sale
andavano
e
venivano
i
servi
,
i
paggi
dai
colori
rosa
e
grigio
,
i
maggiordomi
dalla
collana
d
'
oro
,
dalle
bacchette
di
ebano
:
giungevano
continuamente
le
bellissime
signore
,
dagli
strascichi
di
broccato
,
dai
grandi
collari
di
merletto
,
donde
sorgeva
come
pistillo
di
fiore
la
testa
graziosa
,
dai
monili
di
perle
,
dai
brillanti
che
cadevano
sui
busti
attillati
e
seducenti
;
giungevano
accompagnate
dai
mariti
,
dai
fratelli
e
qualcuna
,
più
ardita
,
solamente
dall
'
amante
.
Nella
grande
sala
,
sulla
soglia
,
nel
suo
ricchissimo
abito
rosso
,
tessuto
a
lama
d
argento
,
con
un
lieve
sorriso
sulla
bocca
,
il
cui
grosso
labbro
inferiore
s
'
avanzava
quasi
in
atto
di
spregio
,
inchinando
appena
il
fiero
capo
alle
donne
,
dando
la
mano
da
baciare
ai
cavalieri
grandi
di
Spagna
di
prima
classe
come
lei
,
stava
Donna
Anna
di
Medina
C
li
.
L
'
occhio
grigio
dal
lampo
d
'
acciaio
,
simile
a
quello
dell
aquila
,
rivelava
l
interna
soddisfazione
di
quell
'
anima
fatta
d
'
orgoglio
:
ella
godeva
,
godeva
senza
fine
nel
vedere
venire
a
lei
tutti
gli
omaggi
,
tutti
gli
ossequi
,
tutte
le
adulazioni
.
Era
lei
la
più
nobile
,
la
più
potente
,
la
più
ricca
,
la
più
bella
,
la
più
rispettata
,
la
più
temuta
,
lei
duchessa
,
lei
signora
,
lei
regina
di
forza
e
di
grazia
.
Oh
poteva
salire
gloriosa
i
due
scalini
che
facevano
del
suo
seggiolone
quasi
un
trono
;
poteva
levare
la
testa
al
caldo
alito
dell
'
ambizione
appagata
che
le
soffiava
in
volto
.
Le
dame
sedevano
intorno
a
lei
,
facendole
corona
,
minori
tutte
di
lei
:
ella
era
sola
,
maggiore
,
unica
.
In
fondo
al
grande
salone
era
rizzato
un
teatrino
destinato
per
lo
spettacolo
.
Tutta
quella
eletta
schiera
d
'
invitati
dovevano
dapprima
assistere
alla
rappresentazione
di
una
commedia
ed
a
quella
di
una
danza
moresca
;
poi
nelle
sale
si
sarebbero
intrecciate
le
danze
sino
all
'
alba
.
Ma
la
grande
curiosità
della
rappresentazione
era
che
gli
attori
,
per
una
moda
venuta
allora
di
Francia
,
appartenessero
alla
nobiltà
.
Donn
'
Anna
Carafa
di
Medina
disprezzava
i
facili
costumi
francesi
che
corrompevano
la
rigida
corte
spagnuola
,
ma
scrutatrice
dei
cuori
e
apprezzatrice
del
favore
popolare
com
'
era
,
s
'
accorgeva
che
quelle
molli
usanze
piacevano
ed
erano
adottate
con
trasporto
.
Solo
per
questo
ella
aveva
consentito
che
Donna
Mercede
de
las
Torres
,
sua
nipote
di
Spagna
,
sostenesse
una
parte
nella
rappresentazione
.
Donna
Mercede
,
giovane
,
bruna
,
dai
grandi
occhi
lionati
,
dai
neri
capelli
,
le
cui
trecce
le
formavano
un
elmo
sul
capo
,
era
una
spagnuola
vera
.
Ella
rappresentava
nella
commedia
la
parte
di
una
schiava
innamorata
del
suo
padrone
,
una
schiava
che
lo
segue
dappertutto
,
e
lo
serve
fedelmente
sino
a
fargli
da
mezzana
d
'
amore
,
sino
a
morire
per
lui
d
'
un
colpo
di
pugnale
destinato
al
cavaliere
da
un
padre
crudele
.
Ella
recitava
con
un
trasporto
,
con
un
tale
impeto
che
tutta
la
sala
si
commuoveva
allo
sventurato
e
non
corrisposto
amore
della
schiava
Mirza
:
tutti
si
commuovevano
,
salvo
Gaetano
di
Casapesenna
che
faceva
la
parte
del
cavaliere
.
Ma
così
dal
poeta
era
stata
ispirata
ogni
parola
del
cavaliere
,
ed
egli
,
freddo
,
indifferente
,
inconscio
,
non
faceva
che
rimaner
fedele
al
carattere
che
rappresentava
.
Solo
,
alla
fine
della
commedia
,
quando
la
sventurata
Mirza
ferita
a
morte
,
s
'
accomiata
con
parole
d
'
affetto
da
colui
che
fu
la
sua
vita
e
la
sua
morte
,
allora
,
egli
,
cui
appare
finalmente
la
verità
qual
luce
diffusa
meridiana
,
preso
dall
'
amore
,
s
'
abbandona
in
ginocchio
dinanzi
al
corpo
della
poveretta
morente
e
copre
di
baci
quel
volto
pallido
d
'
agonia
.
Invero
,
egli
fu
così
focoso
in
tale
slancio
,
così
patetica
ed
improntata
di
dolore
la
sua
voce
,
così
disordinato
ogni
suo
gesto
,
che
veramente
parve
superiore
ad
ogni
vero
attore
,
e
parve
che
la
verità
animasse
il
suo
spirito
,
sino
al
punto
che
la
sala
intera
scoppiò
in
applausi
.
Sola
,
sul
suo
trono
,
tra
le
sue
gemme
,
sotto
la
sua
corona
ducale
,
Donn
'
Anna
impallidiva
mortalmente
e
si
mordeva
le
labbra
.
Non
era
lei
la
più
amata
.
Le
due
donne
s
'
incontravano
nelle
sale
del
palazzo
Medina
;
si
guardavano
,
Donna
Mercede
fremente
di
gelosia
,
l
'
occhio
nero
covante
fuoco
,
smorta
,
rodendo
un
freno
che
la
sua
libera
anima
aborriva
;
Donna
Anna
,
pallida
di
odio
,
muta
nella
sua
collera
;
si
guardavano
,
impassibile
e
fredda
Donn
'
Anna
,
agitata
e
febbrile
Donna
Mercede
.
Scambiavano
rade
ed
altere
parole
.
Ma
se
la
gelosia
scoppiava
irresistibile
,
l
'
ingiuria
correva
sul
loro
labbro
:
Le
donne
di
Spagna
sono
esse
le
prime
ad
abbandonarsi
all
'
amante
diceva
Donn
'
Anna
,
con
la
sua
voce
dura
e
grave
.
Le
donne
di
Napoli
si
gloriano
del
numero
degli
amanti
rispondeva
vivamente
Donna
Mercede
.
Voi
siete
l
'
amante
di
Gaetano
Casapesenna
,
Donna
Mercede
.
Voi
lo
foste
,
Donn
'
Anna
.
Voi
obliaste
ogni
ritegno
,
ogni
pudore
,
dandoci
vostro
amore
a
spettacolo
,
Donna
Mercede
.
Voi
tradiste
il
duca
di
Medina
C
li
,
mio
nobile
zio
,
Donn
'
Anna
Carafa
.
Voi
amate
ancora
Gaetano
Casapesenna
.
Voi
anche
lo
amate
ed
egli
non
vi
ama
,
Donn
'
Anna
.
Vinceva
la
bollente
spagnuola
e
Donna
Anna
si
consumava
dalla
rabbia
.
Ma
egualmente
l
'
odio
glaciale
della
duchessa
contro
cui
s
'
infrangeva
ogni
slancio
di
Donna
Mercede
,
tormentava
la
spagnuola
.
Esse
avevano
nel
cuore
un
orribile
segreto
;
esse
portavano
nelle
viscere
il
feroce
serpente
della
gelosia
,
esse
morivano
ogni
giorno
di
amore
e
di
odio
.
Donn
'
Anna
celava
il
suo
spasimo
,
ma
Donna
Mercede
lo
rivelava
nelle
convulsioni
del
suo
spirito
e
del
suo
corpo
.
La
duchessa
agonizzava
sorridendo
;
Donna
Mercede
agonizzava
,
piangendo
e
strappandosi
i
neri
capelli
.
Fino
a
che
ella
scomparve
d
'
un
tratto
dal
palazzo
Medina
C
li
e
fu
detto
che
presa
da
improvvisa
vocazione
religiosa
,
avesse
desiderato
la
pace
del
convento
e
fu
narrato
del
misticismo
ond
'
era
stata
presa
quell
'
anima
,
e
delle
lunghe
giornate
passate
in
ginocchio
dinanzi
al
Sacramento
,
e
del
fervore
della
preghiera
e
delle
lagrime
ardenti
:
ma
non
fu
detto
né
il
convento
,
né
il
paese
,
né
il
regno
dove
era
il
convento
.
Invano
Gaetano
di
Casapesenna
cercò
Donna
Mercede
in
Italia
,
in
Francia
,
in
Ispagna
ed
in
Ungheria
,
invano
si
votò
alla
Madonna
di
Loreto
,
a
San
Giacomo
di
Campostella
,
invano
pianse
,
pregò
,
supplicò
.
Mai
più
rivide
la
sua
bella
amante
.
Egli
morì
giovane
,
in
battaglia
,
quale
a
cavaliere
sventurato
si
conviene
.
Altre
feste
seguirono
nel
palazzo
Medina
,
altri
omaggi
salutarono
la
ricca
e
potente
duchessa
Donn
'
Anna
;
ma
ella
sedeva
sul
suo
trono
,
con
l
'
anima
amareggiata
di
fiele
,
col
cuore
arido
e
solitario
.
Quei
fantasmi
sono
quelli
degli
amanti
?
O
divini
,
divini
fantasmi
!
Perché
non
possiamo
anche
noi
,
come
voi
,
spasimare
d
'
amore
anche
dopo
la
morte
?
BARCHETTA
-
FANTASMA
Li
conosci
tu
?
Li
conosci
tu
questi
giorni
fangosi
e
sporchi
,
quando
la
Noia
immortale
prende
il
colore
bigio
,
l
'
odore
nauseante
,
la
pesantezza
opprimente
della
nebbia
invernale
,
quando
il
cielo
è
stupidamente
anemico
,
il
sole
è
una
lanterna
semispenta
e
fumicante
,
i
fiori
impallidiscono
ed
appassiscono
,
le
frutta
imputridiscono
,
le
guance
delle
donne
sembrano
di
cenere
,
la
mano
degli
uomini
pare
di
sughero
,
la
città
patisce
di
acquavite
e
la
campagna
di
siero
?
È
in
questi
giorni
che
la
fantasia
del
mondo
,
esaltata
nella
sua
febbre
,
senza
trovare
più
pascolo
,
senza
avere
più
refrigerio
,
si
nutre
orribilmente
di
se
stessa
,
arroventandosi
o
disseccandosi
.
In
questi
giorni
la
poesia
,
la
delicata
ed
esile
fanciulla
,
irrimediabilmente
ammalata
,
s
'
illanguidisce
,
declina
il
capo
e
muore
senza
un
gemito
,
senza
un
respiro
e
l
'
arte
,
la
robusta
fanciulla
,
colpita
mortalmente
,
agonizza
,
torcendosi
le
braccia
,
effondendo
in
lugubri
lamenti
la
sua
disperazione
.
Invano
l
'
artista
cerca
immergersi
nel
suo
sogno
prediletto
:
il
sogno
è
scomparso
.
Invano
egli
tenta
tutte
le
corde
della
bionda
lira
:
sotto
la
sua
mano
tremante
le
corde
si
spezzano
,
con
un
suono
che
si
prolunga
nell
'
aria
come
un
triste
presagio
.
O
giorni
,
o
giorni
scombuiati
,
feroci
e
maledetti
.
Ma
perché
in
questi
giorni
non
amiamo
noi
,
sino
a
morirne
?
Perché
non
chiudiamo
gli
occhi
,
lasciandoci
rotolare
in
un
abisso
senza
fondo
dove
è
cosi
dolcemente
doloroso
finire
la
vita
?
Perché
non
parliamo
noi
di
amore
sino
a
che
la
voce
si
esaurisca
nella
gola
riarsa
e
la
parola
diventi
un
mormorio
indistinto
?
Vieni
dunque
ad
ascoltarmi
.
Narrerò
a
te
d
'
amore
.
A
te
,
fantasma
fuggevole
ed
inafferrabile
,
essere
divinamente
malvagio
,
umanamente
buono
,
infinitamente
caro
,
bello
come
una
realtà
,
orribile
come
una
illusione
,
sempre
lontano
,
sempre
presente
,
che
vivi
nelle
regioni
sconosciute
,
che
sei
in
me
:
chimera
,
persona
,
nebulosa
,
nome
,
idea
odiosa
ed
adorabile
da
cui
parte
ed
a
cui
ritorna
ogni
minuto
la
mia
vita
!
L
'
hai
tu
mai
vista
la
barchetta
-
fantasma
?
L
'
hai
tu
vista
,
amor
mio
?
....
.
Odimi
.
Io
non
so
quando
avvenne
la
storia
d
'
amore
che
ti
narro
;
l
'
anno
,
il
giorno
e
l
'
ora
,
non
li
conosco
.
Ma
che
importa
?
Oggi
,
ieri
,
domani
,
il
dramma
dell
'
amore
è
multiforme
ed
unico
.
Batta
il
cuore
sino
a
spezzarsi
sotto
una
toga
di
lana
,
una
corazza
di
acciaio
o
un
abito
di
velluto
,
il
suo
palpito
precipitoso
non
rovinerà
meno
o
diversamente
una
esistenza
;
siano
le
braccia
dell
'
amata
cinte
di
bende
sacre
,
nude
,
sotto
le
fasce
dei
braccialetti
,
chiuse
nelle
stoffe
seriche
,
o
seminascoste
nei
merletti
,
esse
non
abbracceranno
con
minore
o
diversa
passione
.
Che
importa
una
cifra
?
Tecla
era
bella
.
Il
suo
volto
era
di
quel
candore
caldo
e
vivo
che
diventa
cereo
sotto
i
baci
;
nei
grandi
e
voluttuosi
occhi
di
leonessa
si
accendevano
strane
scintille
d
'
oro
;
le
labbra
arcuate
erano
fatte
per
quel
sorriso
lungo
,
profondo
e
cosciente
che
poche
donne
conoscono
;
le
trecce
folte
,
brune
,
s
'
incupivano
in
un
nero
azzurro
.
Si
chiamava
Tecla
,
un
nome
duro
e
dolce
,
che
nel
fantasioso
vocabolario
dei
nomi
significa
cuore
colpevole
.
Hanno
la
loro
fatalità
anche
i
nomi
.
Fanciulla
,
Tecla
aveva
ignorato
l
'
amore
,
orgogliosa
ed
indifferente
;
sposa
a
Bruno
,
Tecla
aveva
ignorato
l
'
amore
,
moglie
superba
e
glaciale
.
Eppure
aveva
veduto
struggersi
,
consumarsi
d
'
amore
il
forte
cuore
di
Bruno
,
un
ruvido
ed
aspro
cuore
che
non
aveva
mai
amato
,
ma
quel
soffio
ardente
di
passione
non
l
'
aveva
riscaldata
,
quella
voce
ansiosa
ed
appassionata
non
l
'
aveva
commossa
,
l
'
amore
di
Bruno
era
rimasto
inutile
,
inutile
.
Bruno
se
lo
sapeva
,
Tecla
glielo
aveva
detto
.
Ella
non
mentiva
mai
.
Era
sposa
a
lui
,
senza
odio
,
ma
senza
trasporto
.
Bruno
non
si
rassegnava
,
no
.
Tecla
era
il
cruccio
insoffribile
della
sua
vita
,
il
chiodo
irrugginito
,
ficcato
nel
cervello
,
il
tronco
di
spada
spezzato
ed
incastrato
nel
cuore
.
La
ruga
della
sua
fronte
,
la
crudeltà
del
suo
sguardo
,
il
sogghigno
del
suo
labbro
,
l
'
amarezza
della
sua
bocca
,
il
fiele
del
suo
spirito
era
Tecla
.
Avrebbe
dovuto
morire
,
ma
quando
s
'
ama
non
se
ne
ha
il
coraggio
.
Avrebbe
potuto
uccidere
Tecla
,
ma
non
vi
pensava
.
Non
si
uccide
una
donna
virtuosa
:
Tecla
era
virtuosa
,
di
una
virtù
alta
e
fiera
.
Ma
come
ogni
altezza
ne
trova
un
'
altra
che
la
superi
e
la
vinca
,
fino
a
che
non
si
arrivi
all
'
invincibile
ed
all
'
incommensurabile
,
così
dinanzi
alla
virtù
di
Tecla
giganteggiò
,
immenso
,
l
'
amore
.
Fu
una
grande
sconfitta
;
fu
un
gran
trionfo
.
D
'
un
tratto
la
fierezza
si
annegò
nella
umiltà
,
l
'
orgoglio
fu
ingoiato
,
trovolto
.
Era
singolarmente
bello
Aldo
,
un
fascino
irresistibile
vibrava
nella
sua
voce
armoniosa
,
le
sue
parole
struggevano
come
fuoco
liquido
,
il
suo
sguardo
dominava
,
vinceva
,
metteva
nell
'
anima
uno
,
sgomento
pieno
di
tenerezza
;
ma
se
tutto
questo
non
fosse
stato
,
per
Tecla
egli
era
sempre
,
unico
,
l
'
amore
.
Fu
una
notte
in
una
sala
fulgida
di
lumi
che
si
videro
.
Nulla
seppero
dirsi
.
Pure
fra
quei
due
esseri
che
si
separarono
senza
un
saluto
,
senza
un
sorriso
,
un
legame
indissolubile
era
sorto
.
Camminavano
uno
verso
l
'
altro
,
dovendo
inevitabilmente
incontrarsi
.
Che
fai
tu
alla
finestra
,
Tecla
?
È
un
'
ora
che
guardi
nel
buio
,
quasi
vi
scorgessi
qualche
cosa
.
Guardo
il
mare
,
Bruno
,
rispondeva
lei
con
la
infinita
mestizia
di
chi
comincia
ad
amare
.
La
brezza
della
sera
ti
fa
male
,
Tecla
.
Tu
sei
pallida
come
un
cadavere
.
Lasciami
qui
,
te
ne
prego
.
Tu
sei
triste
,
Tecla
.
A
che
pensi
?
Io
non
penso
,
Bruno
.
Dimmi
,
chi
ti
rattrista
?
Nessuno
può
rattristarmi
.
Tecla
,
la
tua
mano
è
gelata
e
le
tue
labbra
sono
,
ardenti
;
tu
soffri
,
tu
tremi
,
tu
vacilli
...
Muoio
...
Ma
in
una
notte
cupa
e
profonda
,
dopo
venti
notti
che
l
'
insonnia
tormentosa
si
assideva
al
suo
capezzale
bagnato
di
lagrime
,
Tecla
sentì
scuotersi
tutta
,
come
se
un
appello
possente
la
chiamasse
.
Eccomi
mormorò
.
E
muta
,
rigida
,
con
l
'
incesso
uniforme
e
continuo
di
un
automa
,
col
lungo
abito
bianco
che
le
si
trascinava
dietro
come
un
sudario
,
col
passo
ritmico
che
appena
sfiorava
il
suolo
,
coi
lunghi
capelli
disciolti
sugli
omeri
,
con
gli
occhi
spalancati
nell
'
oscurità
,
ella
attraversò
la
casa
ed
uscì
sul
terrazzo
che
dava
sul
mare
.
Aldo
era
là
.
Ella
andò
a
lui
.
Stettero
a
guardarsi
,
nell
'
ombra
.
Non
un
detto
,
non
un
sospiro
.
L
'
amore
condensato
,
potente
,
sdegnoso
di
espansione
,
li
soffocava
.
O
indimenticabili
notti
create
per
l
'
amore
!
O
eternamente
bello
golfo
di
Napoli
,
dall
'
amore
e
per
l
'
amore
creato
!
Nelle
notti
di
primavera
,
quando
il
fermento
della
terra
conturba
i
sensi
e
tenta
l
'
anima
,
quando
nell
'
aria
vi
è
troppo
profumo
di
fiori
,
si
può
discendere
al
mare
,
entrare
nella
barca
,
fuggire
la
costiera
,
e
sdraiati
sui
cuscini
contemplare
l
'
azzurro
cupo
del
cielo
,
l
'
ondeggiamento
voluttuoso
del
flutto
,
il
palpito
vivo
delle
stelle
che
pare
si
vogliano
staccare
per
precipitare
nell
'
immenso
aere
.
Nelle
torbide
notti
estive
che
seguono
le
giornate
violente
e
tormentose
,
quando
la
terra
si
riposa
,
sfiaccolata
,
da
una
passione
di
quattordici
ore
col
sole
,
felice
colui
che
può
farsi
cullare
in
una
barca
,
come
in
un
'
amaca
,
mentre
il
forte
profumo
marino
gli
fa
sognare
il
tropico
,
la
sua
splendida
e
mostruosa
vegetazione
,
e
le
svelte
fanciulle
brune
che
discendono
sotto
gli
archi
dei
tamarindi
.
Nelle
meste
e
bianche
notti
autunnali
,
quando
la
luna
malaticcia
si
unisce
alla
candida
malinconia
del
cielo
,
al
languido
pallore
delle
stelle
,
alla
nebulosità
ideale
delle
colline
,
quando
tutto
il
mondo
diventa
fioccoso
di
spuma
,
vi
è
chi
presceglie
il
mare
per
confidente
e
va
a
narrargli
il
disfacimento
della
sua
vita
che
inclina
a
perdersi
nel
nulla
,
mentre
la
morbida
curva
di
Posillipo
pare
che
si
abbassi
anche
essa
desiderosa
di
scomparire
nel
mare
.
Nelle
notti
tempestose
d
'
inverno
,
quando
il
temporale
della
città
ha
tutta
la
grettezza
e
la
miseria
delle
stradicciuole
strette
e
delle
grondaie
piagnolose
,
quando
l
'
anima
sente
il
bisogno
imperioso
di
una
mano
che
l
'
afferri
,
che
delizioso
ed
infinito
terrore
,
che
impressione
incancellabile
trovarsi
in
alto
mare
,
in
un
ambiente
nero
,
dove
il
pericolo
è
tanto
più
grande
in
quanto
è
indistinto
.
Ma
più
felice
di
tutti
colui
che
godette
queste
notti
carezzando
i
capelli
morbidi
di
una
donna
adorata
,
che
stringendola
al
cuore
,
potette
sognare
di
rapirla
nel
paese
sconosciuto
desiderato
dagli
amanti
,
che
potette
sperare
di
morire
con
lei
,
sotto
il
cielo
che
s
'
incurva
,
nel
mare
che
li
vuole
.
Più
di
tutti
colpevolmente
felici
e
colpevolmente
invidiati
Aldo
e
Tecla
.
Aldo
,
il
mare
è
troppo
nero
.
Io
t
'
amo
,
Tecla
.
Io
t
'
amo
,
Aldo
.
Sostienimi
col
tuo
valido
braccio
,
amore
.
Perché
quel
barcaiuolo
tace
?
Il
suo
lavoro
è
duro
,
forse
.
Gli
daremo
del
denaro
....
.
mi
amerai
sempre
,
sempre
,
Tecla
?
Sempre
.
Aldo
,
quella
fiaccola
gitta
una
luce
sanguigna
sui
nostri
volti
e
sul
mare
.
Pare
che
illumini
due
cadaveri
ed
una
tomba
,
amore
.
Che
temi
tu
dalla
morte
?
Dividermi
da
te
.
Giammai
.
Dio
deve
castigarci
egualmente
.
Un
silenzio
si
prolungò
.
Si
guardavano
,
mentre
alla
loro
passione
si
univa
la
nota
dolce
di
una
tenerezza
grave
come
un
presentimento
.
La
barca
volava
sull
'
acqua
;
il
barcaiuolo
vogava
con
grande
forza
,
senza
volgere
il
capo
a
guardare
gli
amanti
.
Non
ti
sembra
,
Aldo
,
che
siamo
lontani
assai
dalla
sponda
?
Tanto
meglio
,
dolcezza
mia
.
Perché
quel
barcaiuolo
non
parla
?
C
'
invidia
forse
,
Tecla
.
È
giovane
,
amerà
senza
speranza
.
Interrogalo
,
Aldo
.
Domandagli
perché
nasconde
il
suo
volto
.
D
'
un
tratto
il
barcaiuolo
si
volse
.
Era
Bruno
.
Era
la
figura
dell
'
odio
.
Aldo
e
Tecla
si
baciarono
.
E
la
barca
si
capovolse
sul
bacio
degli
amanti
,
sul
grido
di
furore
di
Bruno
.
Tre
volte
vennero
a
galla
gli
amanti
,
abbracciati
,
stretti
con
una
celestiale
beatitudine
nel
viso
,
tre
volte
venne
a
galla
una
faccia
contratta
dalla
collera
.
....
.
Odimi
,
amore
.
In
una
certa
ora
della
notte
,
sulla
bella
riva
di
Posillipo
,
su
quella
gaia
di
Mergellina
,
su
quella
cupa
del
Chiatamone
,
su
quella
fragorosa
di
Santa
Lucia
,
su
quella
sporca
del
Molo
,
su
quella
tempestosa
del
Carmine
,
la
barchetta
fantasma
appare
,
corre
veloce
sull
'
acqua
,
gli
amanti
si
baciano
lentamente
,
la
figura
dello
sposo
si
erge
sdegnata
,
la
barchetta
si
capovolge
.
Ancora
tre
volte
si
rivede
quell
'
eterno
bacio
,
quell
'
eterno
odio
.
Ogni
notte
la
barchetta
-
fantasma
appare
.
Ma
non
tutti
la
vedono
.
Dio
permette
che
solamente
chi
ama
bene
,
chi
ama
intensamente
possa
vederla
.
Apparisce
solamente
per
gli
innamorati
,
i
quali
impallidiscono
a
quell
aspetto
.
È
la
pruova
infallibile
e
singolare
.
L
hai
tu
vista
?
L
hai
tu
vista
,
la
barchetta
-
fantasma
?
O
sciagurata
me
,
se
fui
sola
a
vederla
!
IL
SEGRETO
DEL
MAGO
Nell
'
anno
1220
della
salutifera
Incarnazione
regnando
in
Palermo
ed
in
Napoli
il
grande
e
buon
re
Federico
secondo
di
Svevia
,
accadde
in
Napoli
un
caso
bellissimo
che
non
vi
sarà
discaro
ascoltare
,
trattandosi
di
piacevole
argomento
.
Simil
novella
non
troverete
né
in
istorici
,
né
in
eleganti
narratori
;
io
stessa
la
raccolsi
rozza
ed
informe
dalla
tradizione
popolare
e
voglio
,
narrandola
a
voi
,
consacrarla
in
questa
scrittura
,
affinché
ne
possano
avere
disadorna
ma
chiara
notizia
i
più
tardi
nepoti
,
per
cui
lavora
e
s
affatica
ogni
scrittore
disdegnoso
del
facile
plauso
contemporaneo
.
Ma
senza
più
intrattenervi
in
preliminari
,
avendo
spiegata
chiaramente
la
mia
intenzione
,
ecco
il
caso
.
Nello
stretto
vico
dei
Cortellari
.
che
come
ognuno
sa
,
apparteneva
al
seggio
di
Portanova
,
v
'
era
una
casuccia
magra
ed
alta
,
dalle
piccole
finestre
,
aventi
i
vetri
sporchi
ed
impiombati
.
La
porta
d
'
entrata
era
bassa
e
oscura
;
sporca
e
ripida
la
scala
;
di
rado
si
aprivano
le
finestruole
.
La
gente
vi
passava
dinanzi
frettolosa
,
dando
uno
sguardo
fra
il
collerico
ed
il
pauroso
,
e
borbottando
fra
i
denti
non
so
se
una
preghiera
o
una
maledizione
.
In
verità
,
nella
casuccia
abitava
gente
malfamata
;
al
primo
piano
v
'
era
un
maledetto
giudeo
,
degno
discendente
di
coloro
che
crocifissero
nostro
signore
Gesù
Cristo
,
un
giudeo
ladro
che
dava
il
denaro
ad
usura
e
tosava
le
monete
d
'
oro
;
al
secondo
una
giovane
bella
,
di
quelle
che
sono
la
tentazione
e
la
dannazione
dell
'
uomo
;
al
terzo
un
marito
ed
una
moglie
,
brutti
ceffi
che
il
giorno
eran
fuori
di
casa
a
qualche
ignoto
ed
equivoco
mestiere
e
quando
rincasavano
,
a
notte
piena
,
si
battevano
come
la
lana
.
Quello
che
formava
lo
sgomento
dei
viandanti
non
era
specialmente
l
'
ebreo
cane
,
lo
sguardo
provocante
della
donna
,
o
gli
strilli
della
moglie
bastonata
dal
marito
,
ma
era
tutto
questo
insieme
e
principalmente
il
pensiero
che
all
'
ultimo
piano
della
casa
indiavolata
abitava
Cicho
il
mago
.
Le
anime
timorate
di
Dio
si
facevano
il
segno
della
croce
che
è
anche
quello
della
nostra
salvazione
e
passavano
oltre
;
gli
spiriti
mondani
facevano
le
corna
con
la
mano
,
si
tastavano
il
ginocchio
,
pronunziavano
qualche
scongiuro
e
simili
cose
operavano
che
volgarmente
si
credono
atte
a
disperdere
il
malocchio
.
Sebbene
Cicho
uscisse
molto
raramente
e
raramente
spalancasse
le
imposte
della
sua
finestruola
,
il
popolo
sapendo
della
sua
magia
,
del
suo
potere
sovrumano
,
n
'
avea
timore
grandissimo
.
Senza
dubbio
i
misteriosi
andamenti
di
Cicho
davan
fede
di
verità
a
quanto
di
lui
si
dicea
.
Chi
fosse
non
si
sapea
,
né
donde
venisse
;
sempre
chiuso
in
casa
;
in
apparenza
privo
di
amici
e
di
parenti
:
curvo
nell
'
incedere
,
lento
il
passo
,
l
'
occhio
fisso
a
terra
mormorando
parole
greche
,
latine
o
di
qualche
lingua
demoniaca
;
parco
nel
conversare
,
ma
non
aspro
nei
modi
,
anzi
sorridente
nella
fluente
barba
bianca
;
scuri
ma
netti
i
vestimenti
.
Invano
,
quando
venne
ad
abitare
nel
vico
Cortellari
,
le
femminette
d
'
intorno
s
'
informavano
di
lui
,
chiesero
,
osarono
interrogarlo
,
fermarono
il
suo
servo
e
adoperarono
i
mille
mezzi
che
mai
sempre
consiglia
alla
donna
,
la
gran
maestra
e
signora
,
la
curiosità
.
Nulla
potettero
sapere
e
Cicho
,
la
sua
origine
,
la
sua
famiglia
,
la
sua
vita
rimasero
nelle
tenebre
dello
sconosciuto
.
Ma
in
seguito
,
spiando
,
osservando
,
escogitando
,
si
seppe
che
Cicho
intendeva
a
opere
magiche
;
durante
la
notte
,
mai
si
spegneva
la
lampada
della
stanzuccia
dove
egli
studiava
su
grossi
volumi
di
manoscritti
a
fermaglio
,
tolti
da
una
polverosa
scansia
,
mai
cessava
d
'
uscire
,
dalla
cappa
nera
del
suo
focolare
,
un
filo
di
fumo
e
la
sua
stanza
era
piena
di
storte
,
di
lambicchi
,
di
fornelli
,
di
singolari
coltelli
in
tutte
le
forme
e
di
altri
istrumenti
in
ferro
destinati
ad
usi
paurosi
.
Si
dicea
che
spesso
Cicho
passava
ore
intere
curvato
sopra
un
pentolino
che
bolliva
,
bolliva
e
dove
sicuramente
danzavano
le
maledette
erbe
infernali
che
cagionano
malsania
,
follìa
e
morte
,
sebbene
il
servo
non
comperasse
in
piazza
che
le
erbe
di
cucina
,
come
maggiorana
,
pomidoro
,
basilico
,
prezzemolo
,
cipolle
,
agli
ed
altro
.
Ma
si
sa
che
gli
stregoni
vanno
sui
prati
,
nella
notte
del
sabato
,
incantano
la
luna
,
chiamano
il
diavolo
e
colgono
le
erbacce
malefiche
.
Si
diceva
altresì
che
Cicho
venisse
fuori
sul
suo
piccolo
terrazzino
,
scuotendo
dalle
mani
e
dall
'
abito
una
polvere
bianca
che
certo
doveva
avvelenare
l
'
aria
;
che
spesso
andasse
a
lavarsi
le
mani
macchiate
di
rosso
in
un
tinello
di
cui
l
'
acqua
si
corrompeva
.
Quelle
mani
macchiate
di
rosso
davano
autorità
a
orribili
sospetti
;
tanto
più
che
si
soggiungeva
esservi
spesso
,
nel
laboratorio
di
Cicho
,
sul
pavimento
,
larghe
macchie
di
rossobruno
,
simili
a
pozze
di
sangue
e
che
quello
sciagurato
stregone
di
Cicho
si
occupasse
,
nella
notte
,
a
tagliare
coi
sottili
coltelli
,
sopra
una
grande
tavola
di
marmo
bianco
,
non
so
che
di
delicato
.
Membra
di
bambini
,
o
gambe
di
rana
,
o
pelli
di
serpentelli
ripeteva
la
gente
.
E
quando
camminava
nella
via
,
le
comari
ammiccavano
e
si
davano
delle
gomitate
nei
fianchi
,
dicendo
:
Cicho
il
mago
,
Cicho
il
mago
!
Cerca
il
modo
di
ridiventare
giovane
,
il
secchione
!
Vuol
trovar
l
oro
,
forse
.
O
quella
pietra
per
cui
s
ha
virtù
,
saggezza
e
lunga
vita
.
Che
!
!
Chiama
il
diavolo
per
diventare
Gran
Turco
.
Cicho
ascoltava
e
tirava
via
sorridendo
.
In
fondo
le
comari
,
avendone
paura
,
non
osavano
maledirlo
che
sottovoce
;
a
ammonivano
i
bimbi
ad
usargli
rispetto
.
lo
stregone
,
malgrado
le
voci
temerarie
,
aveva
rispetto
di
galantuomo
e
quella
tale
aria
di
soddisfatto
raccoglimento
di
chi
medita
una
bella
e
feconda
idea
.
Parea
dicesse
:
verrà
,
verrà
il
giorno
mio
,
o
gente
ingrata
.
A
chiarirvi
un
poco
il
mistero
ed
a
denudare
la
sua
vita
di
quella
parte
sovrumana
che
Dio
non
permette
più
sulla
terra
,
poiché
Dio
fa
miracoli
solamente
per
l
anima
e
non
più
per
il
corpo
,
vi
dirò
quanto
segue
.
Cicho
era
stato
a
suo
tempo
ricco
e
gagliardo
e
bel
giovanotto
:
aveva
saputo
goder
bene
della
salute
,
della
gioventù
e
della
ricchezza
;
amante
,
era
stato
amato
;
aveva
avuto
palazzi
,
corridori
di
nobil
sangue
,
pietre
preziose
,
vestimenta
intessute
d
oro
;
aveva
goduto
feste
,
conviti
,
balli
,
tormenti
,
giostre
;
aveva
assaporato
col
più
vivo
piacere
baci
di
donne
,
colpi
di
spada
di
cavaliere
e
vini
poderosi
.
Quando
la
sua
ricchezza
cominciò
a
dileguare
,
come
sempre
accade
,
si
allontanarono
donne
ed
amici
;
ma
Cicho
che
aveva
fatta
sugli
scrittori
antichi
buona
e
larga
provvista
di
filosofia
,
non
se
ne
accorò
.
Sibbene
rimasto
solo
,
con
niuna
opera
da
compiere
,
gli
venne
vaghezza
di
rendersi
utile
agli
uomini
.
E
dopo
aver
escogitato
tutti
i
mezzi
,
ricordando
i
suoi
godimenti
ed
i
suoi
piaceri
,
entrò
nella
persuasione
dover
lui
ritrovare
qualche
cosa
che
concorresse
specialmente
alla
felicità
del
suo
simile
,
felicità
instabile
e
passeggera
a
cui
egli
voleva
dare
un
qualche
solido
fondamento
.
Raffermato
in
questa
intenzione
comperò
pergamene
e
volumi
,
studiò
lungamente
,
tentando
e
ritentando
ogni
giorno
prove
novelle
,
sbagliando
,
ricominciando
da
capo
,
consumando
le
sue
notti
,
il
suo
denaro
ed
il
carbone
dei
suoi
fornelli
.
Per
molto
tempo
la
mala
fortuna
lo
perseguitò
e
le
sue
esperienze
riuscirono
sempre
fallaci
,
ma
non
per
questo
venne
meno
la
sua
costanza
.
Ei
lavorava
per
la
felicità
dell
uomo
e
cotale
altissimo
scopo
gli
era
innanzi
agli
occhi
come
visione
animatrice
;
alla
fine
,
dopo
molti
anni
di
travaglio
,
si
poté
dire
di
aver
raggiunto
la
sua
meta
,
gridando
anche
lui
la
parola
del
greco
Archimede
,
di
fronte
a
tanta
scoperta
.
Poi
,
come
usano
gli
inventori
,
s
occupò
a
vezzeggiare
al
sua
scoperta
,
a
carezzarla
,
a
darle
forme
variate
e
seducenti
,
a
perfezionarla
,
in
modo
da
poter
dire
agli
uomini
:
Eccola
qui
;
io
ve
la
dono
bella
e
completa
.
Ora
accade
che
sul
terrazzino
di
Cicho
il
mago
sporgesse
anche
una
porticina
di
una
stanzuccia
dove
abitava
con
suo
marito
Jovannella
di
Canzio
.
Era
costei
maliziosa
,
astuta
e
linguacciuta
quanto
mai
femmina
possa
essere
;
e
sua
dilettosa
occupazione
era
conoscere
i
fatti
del
vicinato
o
per
trarne
personale
vantaggio
o
per
malignarvi
su
.
non
è
a
dire
se
la
malvagia
Jovannella
spiasse
continuamente
Cicho
il
mago
;
ché
anzi
s
arrovellava
di
giorno
e
non
aveva
tregua
nelle
lenzuola
alla
notte
,
per
la
inappagata
curiosità
;
e
più
non
riusciva
a
saper
nulla
,
più
,
per
dispetto
,
lacerava
la
riputazione
delle
vicine
e
tormentava
il
marito
Giacomo
,
guattero
di
cucina
al
real
palazzo
.
Ma
non
senza
saviezza
corrono
dettami
popolari
esprimenti
che
la
donna
ottiene
sempre
quello
che
vuole
fortemente
e
malgrado
le
precauzioni
di
segretezza
adoperate
da
Cicho
il
mago
,
malgrado
le
porte
chiuse
,
le
finestre
sbarrate
,
la
Jovannella
seppe
il
segreto
dello
stregone
.
Fosse
stato
per
buco
di
serratura
,
per
fessura
di
porta
,
per
foro
nel
muro
,
o
per
altro
,
io
non
so
.
Ma
è
certo
che
un
giorno
la
trionfante
Jovannella
disse
al
guattero
marito
:
Giacomo
,
se
hai
ardire
di
uomo
,
la
fortuna
nostra
è
fatta
.
Sei
tu
diventata
strega
?
Io
mel
sapeva
.
Malann
aggia
la
tua
bocca
sconsacrata
!
Ascolta
.
Vuoi
tu
dire
al
cuoco
di
palazzo
che
io
conosco
una
vivanda
di
così
nuova
e
tanto
squisita
fattura
da
meritare
l
assaggio
del
re
?
Femmina
,
tu
sei
pazza
?
Dio
mi
sradichi
questa
lingua
che
ho
tanto
cara
,
s
io
mento
!
E
con
molte
sue
persuasioni
lo
indusse
a
parlarne
col
cuoco
,
che
a
sia
volta
ne
discusse
col
maggiordomo
,
il
quale
ne
tenne
parola
con
un
conte
,
che
osò
dirne
al
re
.
Piacque
al
re
la
novella
e
dette
ordine
che
la
moglie
del
sguattero
si
recasse
nelle
reali
cucine
e
componesse
la
prelibata
vivanda
:
infatti
la
Jovannella
accorse
prontamente
e
in
tre
ore
ebbe
tutto
fatto
.
Ecco
come
:
prese
prima
fior
di
farina
,
lo
impastò
con
poca
acqua
,
sale
e
uova
,
maneggiando
la
pasta
lungamente
per
raffinarla
e
per
ridurla
sottile
sottile
come
una
tela
;
poi
la
tagliò
con
un
suo
coltellaccio
in
piccole
strisce
,
queste
arrotolò
a
forma
di
piccoli
cannelli
e
fattane
un
a
grande
quantità
,
essendo
morbidi
ed
umidicci
,
li
mise
a
rasciugare
al
sole
.
Poi
mise
in
tegame
strutto
di
porco
,
cipolla
tagliuzzata
finissima
e
sale
;
quando
la
cipolla
fu
soffritta
vi
mise
un
grosso
pezzo
di
carne
;
quando
questa
si
fu
crogiolata
bene
ed
ebbe
acquistato
un
colore
bruno
-
dorato
,
ella
vi
versò
dentro
il
succo
denso
e
rosso
dei
pomidoro
che
aveva
spremuti
in
uno
straccio
;
coprì
il
tegame
e
lasciò
cuocere
,
a
fuoco
lento
,
carne
e
salsa
.
Quando
l
ora
del
pranzo
fu
venuta
,
ella
tenne
preparata
una
caldaia
di
acqua
bollente
dove
rovesciò
i
cannelli
di
pasta
:
intanto
che
cuocevano
,
ella
grattugiò
una
grande
quantità
di
quel
dolce
formaggio
che
ha
nome
da
Parma
e
si
fabbrica
a
lodi
.
Cotta
a
punto
la
pasta
,
la
separò
dall
acqua
ed
in
bacile
di
maiolica
la
condì
mano
mano
con
una
cucchiaiata
di
formaggio
ed
un
cucchiaio
di
salsa
.
Così
fu
la
vivanda
famosa
che
andò
innanzi
al
grande
Federigo
,
il
quale
ne
rimase
meravigliato
e
compiaciuto
;
e
chiamata
a
sé
la
Jovannella
di
Canzio
,
le
chiese
come
avesse
potuto
immaginare
un
connubio
così
armonioso
e
stupendo
.
La
rea
femmina
disse
che
ne
aveva
avuto
rivelazione
in
sogno
,
da
un
angelo
:
il
gran
re
volle
che
il
suo
cuoco
apprendesse
la
ricetta
e
donò
alla
Jovannella
cento
monete
d
oro
dicendo
che
era
molto
da
ricompensarsi
colei
che
per
una
così
grande
parte
aveva
concorso
alla
felicità
dell
uomo
.
Ma
non
fu
questa
solamente
la
fortuna
di
Jovannella
,
poiché
ogni
conte
ed
ogni
dignitario
volle
avere
la
ricetta
e
mandò
il
proprio
cuoco
ad
imparare
da
lei
,
dandole
grosso
premio
;
e
dopo
i
dignitarii
vennero
i
ricchi
borghesi
e
poi
i
mercati
e
poi
i
lavoratori
di
giornata
e
poi
i
poveri
dando
ognuno
alla
donna
quel
che
poteva
.
Nel
corso
di
sei
mesi
tutta
Napoli
si
cibava
dei
deliziosi
maccheroni
da
macarus
,
cibo
divino
e
la
Jovannella
era
ricca
.
Intanto
Cicho
il
mago
,
solo
nella
sua
cameruccia
,
modificava
e
variava
la
sua
scoperta
.
Pregustava
il
momento
in
cui
,
fatto
noto
agli
uomini
il
segreto
,
gliene
sarebbe
venuta
gratitudine
,
ammirazione
e
fortuna
.
Infine
,
non
vale
più
la
scoperta
di
una
nuova
pietanza
che
quella
di
un
teorema
filosofico
?
che
quella
di
una
cometa
?
che
quella
di
u
nuovo
insetto
?
Bene
,
dunque
:
e
lodato
senza
fine
sia
l
uomo
che
la
fa
.
Ma
un
giorno
che
il
termine
era
vicino
,
Cicho
il
mago
uscì
a
respirare
per
la
via
del
Molo
:
arrivato
presso
la
porta
del
Caputo
,
un
noto
odore
gli
ferì
le
nari
.
Egli
tremò
e
volle
rincorarsi
,
pensando
che
era
inganno
.
Ma
roso
dall
ansietà
,
entrò
nella
casa
donde
l
odore
era
venuto
e
domandò
ad
una
donna
che
badava
ad
un
tegame
:
Che
cucini
tu
?
Maccheroni
,
vecchio
.
Chi
te
lo
insegnò
,
donna
?
Jovannella
di
Canzio
.
Ed
a
lei
?
Un
angiolo
,
dicono
.
Ella
ne
cucinò
al
re
;
ne
vollero
i
principi
,
i
conti
,
tutta
Napoli
.
In
qualunque
casa
entrerai
,
o
vecchio
pallido
e
morente
,
troverai
che
vi
si
cucinano
maccheroni
.
Hai
fame
?
Vuoi
tu
cibartene
?
No
.
Addio
.
Entrato
in
varie
case
,
trascinandosi
a
stento
,
Cicho
il
mago
ebbe
certezza
dell
accaduto
e
del
tradimento
di
Jovannella
;
il
custode
del
palazzo
reale
gli
ripeté
la
storiella
.
Allora
,
disperato
d
ogni
cosa
,
tornatosene
alla
sua
casetta
,
rovesciò
lambicchi
,
storte
,
tegami
,
forme
e
coltelli
;
ruppe
,
fracassò
tutto
;
abbruciò
i
libri
di
chimica
.
E
partissene
solo
ed
ignorato
,
senza
che
mai
più
fosse
veduto
ritornare
.
Come
è
naturale
,
la
gente
disse
che
il
diavolo
aveva
portato
via
il
mago
.
Ma
venuta
a
morte
la
Jovannella
dopo
una
vita
felice
,
ricca
ed
onorata
,
come
la
godono
per
lo
più
i
malvagi
,
malgrado
le
massime
morali
in
contrario
,
nella
disperazione
della
sua
agonia
,
confessò
il
suo
peccato
e
morì
urlando
come
una
dannata
.
Neppur
tarda
giustizia
fu
resa
a
Cicho
il
mago
:
solamente
la
leggenda
soggiunge
che
nella
casa
dei
Cortellari
,
dentro
la
stanzuccia
del
mago
,
alla
notte
del
sabato
,
Cicho
il
mago
ritorna
a
tagliare
i
suoi
maccheroni
,
Jovannella
di
Canzio
gira
la
mestola
nella
salsa
del
pomodoro
ed
il
diavolo
con
una
mano
gratta
il
formaggio
e
con
l
altra
soffia
sotto
la
caldaia
.
Ma
diabolica
o
angelica
che
sia
la
scoperta
di
Cicho
,
essa
ha
formato
la
felicità
dei
napoletani
e
nulla
indica
che
non
continui
a
farla
nei
secoli
dei
secoli
.
DONNALBINA
,
DONNA
ROMITA
,
DONNA
REGINA
La
leggenda
di
Donnalbina
,
Donna
Romita
,
Donna
Regina
,
corre
ancora
per
la
lurida
via
di
Mezzocannone
,
per
le
primitive
rampe
del
Salvatore
,
per
quella
pacifica
parte
di
Napoli
vecchia
che
costeggia
la
Sapienza
.
Corre
la
leggenda
per
quelle
vie
,
cade
nel
rigagnolo
,
si
rialza
,
si
eleva
sino
al
cielo
,
discende
,
si
attarda
nelle
umide
ed
oscure
navate
delle
chiese
,
mormora
nei
tristi
giardini
dei
conventi
,
si
disperde
,
si
ritrova
,
si
rinnovella
ed
è
sempre
giovane
,
sempre
fresca
.
Se
voi
volete
,
o
miei
fedeli
ed
amati
lettori
,
io
ve
la
narro
.
Se
volete
per
un
poco
dimenticare
le
nostre
folli
passioni
,
i
nostri
odi
di
taciturni
,
i
nostri
volti
pallidi
,
le
nostre
anime
sconvolte
,
io
vi
parlerò
di
altre
passioni
diversamente
folli
,
di
altri
odii
,
di
altri
pallori
,
di
altre
anime
.
Se
volete
io
vi
narrerò
la
leggenda
delle
tre
sorelle
:
Donnalbina
,
Donna
Romita
,
Donna
Regina
.
Erano
le
tre
figlie
del
barone
Toraldo
,
nobile
del
sedile
di
Nilo
.
La
madre
,
Donna
Gaetana
Scauro
,
di
nobilissimo
parentado
,
era
morta
molto
giovane
:
il
barone
si
crucciava
che
il
suo
nome
dovesse
estinguersi
con
esso
:
pure
,
non
riprese
moglie
.
Ottenne
come
special
favore
dal
re
Roberto
d
'
Angiò
che
la
sua
figliuola
maggiore
,
Donna
Regina
,
potesse
,
passando
a
nozze
,
conservare
il
suo
nome
di
famiglia
e
trasmetterlo
ai
suoi
figliuoli
.
E
nel
1320
si
morì
,
racconsolato
nella
fede
del
Cristo
Signore
.
Donna
Regina
aveva
allora
diciannove
anni
,
Donnalbina
diciassette
,
Donna
Romita
quindici
.
La
maggiore
,
dal
superbo
nome
,
era
anche
una
superba
bellezza
:
bruni
e
lunghi
i
capelli
nella
reticella
di
fil
d
'
argento
,
stretta
e
chiusa
la
fronte
,
gravemente
pensosi
i
grandi
occhi
neri
,
severo
il
profilo
,
smorto
il
volto
,
roseo
-
vivo
il
labbro
,
ma
parco
di
sorrisi
,
parchissimo
di
detti
;
tutta
la
persona
scultorea
,
altera
,
quasi
rigida
nell
'
incesso
,
composta
nel
riposo
.
E
lo
spirito
di
Regina
,
per
quanto
ne
poteva
ricavare
l
'
indiscreto
indagatore
,
rassomigliava
al
corpo
.
Era
in
quell
'
anima
un
'
austerità
precoce
,
un
sentimento
assoluto
del
dovere
,
un
'
alta
idea
del
suo
còmpito
,
una
venerazione
cieca
del
nome
,
delle
tradizioni
,
dei
diritti
,
dei
privilegi
.
Era
lei
il
capo
della
famiglia
,
l
'
erede
,
il
conservatore
del
nobil
sangue
,
dell
'
onore
,
della
gloria
;
era
nel
suo
fragile
cuore
di
donna
che
dovevano
trovare
aiuto
e
sostegno
queste
cose
ed
ella
nel
silenzio
,
nella
solitudine
,
si
adoperava
ad
invigorire
il
suo
cuore
:
a
farvi
nascere
la
costanza
e
la
fermezza
,
a
cancellarvi
ogni
traccia
di
debolezza
.
A
volte
nel
suo
spirito
,
sempre
freddo
,
sempre
teso
,
passava
un
soffio
caldo
e
molle
e
le
sorgevano
in
cuore
vaghi
desiderii
di
amore
,
di
profumi
,
di
colori
abbaglianti
,
di
sorrisi
;
ma
ella
cercava
vincersi
,
s
'
inginocchiava
a
pregare
,
leggeva
nel
vecchio
libro
dove
erano
scritte
le
storie
di
famiglia
e
ridiventava
l
'
inflessibile
giovinetta
,
Donna
Regina
,
baronessa
di
Toraldo
.
Donnalbina
,
la
seconda
sorella
,
veniva
chiamata
cosi
dalla
bianchezza
eccezionale
del
volto
.
Era
una
fanciulla
amabile
,
sorridente
nel
biondo
-
cinereo
della
chioma
,
nel
fulgore
dello
sguardo
intensamente
azzurro
,
nei
morbidi
lineamenti
,
nella
svelta
e
gentile
persona
.
I
tratti
duri
,
fieri
,
di
Donna
Regina
diventavano
femminilmente
graziosi
in
Donnalbina
.
E
veramente
ella
era
la
dolcezza
di
casa
Toraldo
.
Era
lei
che
presenziava
i
lunghi
lavori
delle
sue
donne
sul
broccato
d
'
oro
,
alle
trine
di
lucido
filo
d
'
argento
,
agli
arazzi
istoriati
,
andando
da
un
telaio
all
'
altro
,
curvandosi
sul
ricamo
,
consigliando
,
dirigendo
;
era
lei
,
che
,
in
ogni
sabato
,
attendeva
alla
distribuzione
delle
elemosine
ai
poveri
,
curando
che
niuno
fosse
trattato
con
,
durezza
,
che
niuno
fosse
dimenticato
,
ritta
in
piedi
sul
primo
scalino
della
porta
,
vivente
immagine
della
misericordia
terrestre
.
Era
lei
che
portava
alla
sorella
Regina
le
suppliche
dei
servi
infermi
,
dei
coloni
poveri
,
di
chiunque
chiedesse
una
grazia
,
un
soccorso
.
Nella
sua
affettuosa
e
gaia
natura
,
si
doleva
del
silenzio
di
quella
casa
,
della
austera
gravità
che
vi
regnava
,
dei
corridoi
gelati
,
delle
sale
marmoree
che
niun
raggio
di
sole
valeva
a
riscaldare
;
si
doleva
del
freddo
cuore
di
Regina
che
niun
affetto
faceva
sussultare
se
ne
doleva
per
Donna
Romita
.
Perché
Donna
Romita
era
una
singolare
giovinetta
,
mezzo
bambina
.
Così
il
suo
aspetto
:
i
capelli
biondo
cupo
,
corti
ed
arricciati
,
il
viso
bruno
,
di
quel
bruno
caldo
e
vivo
che
pare
ancora
il
riflesso
del
sole
,
gli
occhi
di
un
bel
verde
smeraldo
,
glauco
e
cangiante
come
quello
del
mare
,
le
labbra
fini
e
rosse
,
la
personcina
esile
e
povera
di
forma
,
bruschi
i
moti
,
irrequieta
sempre
.
Ora
appariva
indifferente
,
glaciale
,
gli
occhi
smorti
,
le
nari
terree
,
quasi
la
vita
fosse
in
lei
sospesa
;
ora
si
agitava
,
una
fiamma
le
coloriva
il
volto
,
le
labbra
fremevano
di
baci
,
di
parole
,
di
sorrisi
,
l
angolo
delle
palpebre
nascondeva
una
scintilla
,
scivolata
dalla
pupilla
viva
;
ora
diventava
irritata
,
superba
,
il
viso
chiuso
,
sbiancato
da
una
collera
interna
.
Nei
giorni
d
'
inverno
,
quando
la
pioggia
sferza
i
vetri
,
il
vento
sibila
per
le
fessure
delle
porte
,
urta
nel
camino
,
del
largo
focolare
,
Donna
Romita
si
rannicchiava
in
un
seggiolone
come
un
uccello
pauroso
ed
ammalato
;
nelle
caldissime
ore
di
estate
,
non
lasciava
le
ombre
del
giardino
,
errando
pei
viali
.
A
volte
rimaneva
lunghe
ore
pensosa
.
Pensava
forse
di
sua
madre
,
cui
le
avevano
detto
rassomigliasse
.
Pure
,
le
tre
sorelle
menavano
placida
vita
.
Erano
regolate
le
ore
dell
'
abbigliamento
,
della
preghiera
,
del
lavoro
,
dell
'
asciolvere
e
della
cena
;
erano
stabilite
equamente
le
occupazioni
di
ogni
settimana
,
di
ogni
mese
.
Dappertutto
Donna
Regina
andava
innanzi
e
le
sorelle
la
seguivano
;
ella
aveva
il
seggiolone
con
la
corona
baronale
,
ella
aveva
le
chiavi
dei
forzieri
dove
erano
rinchiuse
le
insegne
del
suo
grado
ed
i
gioielli
di
famiglia
;
a
mensa
,
ella
presiedeva
,
le
due
sorelle
una
a
diritta
l
'
altra
a
sinistra
,
su
seggi
più
umili
;
all
'
oratorio
ella
intonava
le
laudi
.
La
mattina
e
la
sera
le
due
sorelle
minori
salutavano
la
maggiore
,
inchinandosi
e
baciandole
la
mano
:
ella
le
baciava
in
fronte
.
Di
rado
le
chiamava
a
consiglio
,
essendo
,
in
lei
il
senno
superiore
alla
età
ed
al
sesso
:
ma
se
accadeva
,
le
due
attendevano
pazienti
di
essere
interrogate
.
Era
in
tutte
tre
profondo
ed
innato
il
sentimento
dello
scambievole
rispetto
:
in
Donnalbina
e
in
Donna
Romita
un
ossequio
affettuoso
per
Donna
Regina
.
Le
sue
parole
erano
una
legge
indiscutibile
,
cui
non
si
sarebbero
giammai
ribellate
.
In
fondo
l
'
amavano
,
ma
senza
espansioni
.
Ed
essa
era
troppo
rigida
per
mostrar
loro
il
suo
affetto
,
se
le
amava
.
Un
giorno
re
Roberto
si
degnò
scrivere
di
suo
pugno
a
Donna
Regina
Toraldo
che
le
aveva
destinato
in
isposo
Don
Filippo
Capece
,
cavaliere
della
corte
napoletana
.
Imbruniva
.
Nel
vano
di
un
balcone
sedeva
Donna
Regina
,
col
libro
delle
ore
fra
le
mani
.
Ma
non
leggeva
.
Mi
è
lecito
rimanere
accanto
a
voi
,
sorella
mia
?
chiese
timidamente
Donnalbina
.
Rimanete
,
sorella
disse
brevemente
Regina
.
Regina
era
più
smorta
dell
'
usato
,
un
po
'
abbassata
la
testa
,
errante
lo
sguardo
.
E
Donnalbina
cercava
indovinare
il
pensiero
segreto
di
quella
fronte
severa
.
Mi
ricercavate
di
qualche
cosa
,
Donnalbina
?
chiese
infine
Regina
,
scuotendosi
.
Voleva
dirvi
che
la
nostra
sorella
Donna
Romita
mi
pare
ammalata
.
Non
me
ne
addiedi
.
Mandaste
per
la
medesima
Giovanna
?
No
,
sorella
,
non
mandai
.
E
perché
?
Ahimè
!
sorella
,
dubito
che
i
farmachi
possano
guarire
Donna
Romita
.
E
qual
malore
grave
e
strano
è
il
suo
,
che
non
trovi
rimedio
?
Donna
Romita
soffre
,
sorella
mia
.
Nella
notte
è
angosciosa
la
veglia
ed
agitati
i
suoi
sonni
;
nel
giorno
fugge
la
nostra
compagnia
,
piange
in
qualche
angolo
oscuro
;
passa
ore
ed
ore
nell
'
oratorio
inginocchiata
,
col
capo
su
le
mani
.
Donna
Romita
si
strugge
segretamente
.
E
sapete
voi
la
causa
di
tanto
struggimento
,
Donnalbina
?
chiese
con
voce
aspra
Donna
Regina
.
Io
credo
saperla
rispose
,
facendosi
coraggio
,
la
sorella
minore
.
Ditela
,
dunque
.
Ma
la
vedete
voi
?
Ve
la
chieggo
.
Tardaste
troppo
.
Donna
Romita
si
strugge
d
'
amore
,
o
mia
sorella
.
D
'
amore
,
diceste
?
gridò
Regina
balzando
sul
seggiolone
.
D
'
amore
.
E
che
?
Debbo
io
udire
da
voi
queste
parole
?
Chi
vi
parlò
prima
d
'
amore
?
Chi
vi
ha
insegnato
la
triste
scienza
?
Di
chi
io
debbo
crucciarmi
,
di
Donna
Romita
che
me
lo
cela
,
o
di
voi
,
Donnalbina
,
che
lo
indovinate
e
me
lo
narrate
?
Come
furon
turbati
il
cuore
dell
'
una
,
la
mente
dell
'
altra
?
Sono
stata
io
così
poco
provvida
,
cosi
incapace
da
lasciare
indifesa
la
vostra
giovinezza
.
L
'
amore
è
nella
nostra
vita
rispose
con
dolce
fermezza
Donnalbina
.
Regina
tacque
un
momento
.
Aveva
corrugate
le
sopracciglia
,
quasi
a
ristringere
ed
a
condensare
il
suo
pensiero
.
Il
nome
dell
'
uomo
?
chiese
poi
duramente
.
Donnalbina
tremò
e
non
rispose
.
Il
nome
dell
'
uomo
?
insistette
l
'
altra
.
È
un
giovane
cavaliere
,
un
cavaliere
di
nobil
sangue
,
bello
,
dovizioso
.
Il
suo
nome
?
Donna
Romita
è
stata
affascinata
dalla
eloquente
parola
,
dallo
sguardo
di
fuoco
.
Amò
certo
senza
saperlo
Il
suo
nome
,
vi
dico
.
Debbi
io
pregarvi
?
Oh
!
no
,
sorella
.
Ma
voi
le
perdonerete
,
voi
le
perdonerete
,
non
è
vero
?
E
cercava
prenderle
le
mani
.
Che
cosa
debbo
perdonarle
?
Ditemi
il
nome
del
cavaliere
.
Pietà
per
lei
.
Ella
ama
don
Filippo
Capace
.
No
!
!
Lo
ama
,
lo
ama
,
sorella
.
Chi
non
l
amerebbe
?
Non
è
egli
valoroso
,
galante
con
le
donne
,
seducente
nell
aspetto
?
Quando
egli
mormora
una
parola
d
amore
,
il
cuore
della
fanciulla
deve
struggersi
in
una
dolcissima
felicità
;
quando
il
suo
labbro
sfiora
la
fronte
della
fanciulla
,
può
ella
invidiare
le
gioie
degli
angeli
?
Essere
sua
!
Sogno
benedetto
,
aura
invocata
,
luce
abbagliante
!
Pietà
per
nostra
sorella
!
Essa
lo
ama
e
cadde
ginocchioni
,
balbettando
ancora
vaghe
parole
di
preghiera
.
Ma
per
chi
mi
chiedi
pietà
?
gridò
Donna
Regina
,
rialzando
bruscamente
la
sorella
in
un
impeto
di
collera
per
chi
me
la
chiedi
?
Per
Donna
Romita
rispose
l
altra
smarrita
.
Chiedila
anche
per
te
.
Tu
,
come
lei
,
ami
Filippo
Capace
.
Io
non
lo
dissi
!
esclamò
Albina
folle
di
terrore
.
Tu
l
hai
detto
.
L
ami
.
Ed
io
non
posso
,
non
posso
perdonare
.
Io
amo
Filippo
Capace
dice
con
voce
disperata
Regina
.
Le
ombre
della
notte
involgevano
la
casa
Toraldo
:
una
notte
senza
speranza
di
alba
.
Profondo
è
il
silenzio
nell
'
oratorio
.
La
lampada
di
argento
,
sospesa
davanti
ad
una
Madonna
bruna
,
brucia
il
suo
olio
profumato
,
diradando
il
buio
con
una
luce
piccola
ed
incerta
.
Brilla
una
sola
scintilla
nella
veste
d
'
argento
della
Vergine
.
Se
si
tende
bene
l
'
orecchio
,
si
ode
un
respiro
lieve
lieve
.
Non
sul
velluto
rosso
del
cuscino
,
non
sulla
balaustra
di
legno
lavorato
dell
'
inginocchiatoio
,
ma
sul
marmo
gelido
del
pavimento
è
mezza
distesa
una
forma
umana
;
l
'
abito
bianco
e
lungo
in
cui
è
avvolta
ha
qualche
cosa
di
funebre
.
Donna
Romita
è
là
da
più
ore
,
dimentica
di
tutto
,
nell
'
abbandono
di
tutto
il
suo
essere
,
nel
profondo
assorbimento
dell
'
idea
fissa
.
Ella
non
sente
.
il
freddo
dell
'
ambiente
,
non
vede
l
'
oscurità
,
non
sa
nulla
del
tempo
,
non
sente
lo
spasimo
delle
sue
ginocchia
,
non
sente
lo
spasimo
di
tutta
la
sua
vita
;
ella
non
sente
che
il
suo
pensiero
tormentoso
,
onnipresente
,
onnipotente
.
Madonna
santa
,
toglimi
questo
amore
!
Madonna
santa
,
strappami
il
cuore
!
Madonna
santa
,
fammi
morire
,
fammi
morire
,
fammi
morire
!
Toglimi
questo
amore
!
E
le
invocazioni
si
moltiplicano
;
essa
stende
le
braccia
alla
immagine
sacra
e
torna
a
chiedere
la
morte
.
La
fronte
ardente
si
curva
sino
al
suolo
,
le
labbra
baciano
il
marmo
,
tutto
il
corpo
si
torce
nella
disperazione
.
Ad
un
tratto
un
singhiozzo
interrompe
il
silenzio
.
Chi
piange
presso
di
lei
?
È
forse
l
'
eco
del
suo
dolore
?
È
forse
la
sua
ombra
,
quest
'
altra
fanciulla
vestita
di
bianco
che
piange
e
prega
in
un
angolo
!
Sì
,
è
l
'
eco
del
suo
dolore
,
è
la
sua
ombra
che
si
desola
;
è
Albina
.
Donna
Romita
fugge
,
fugge
invasa
dal
terrore
e
dalla
vergogna
,
lasciando
nell
'
oratorio
un
amore
ed
una
sciagura
simile
alla
sua
.
In
quell
'
ora
medesima
,
nella
vasta
camera
da
letto
,
sola
,
seduta
presso
il
tavolo
di
quercia
,
veglia
Donna
Regina
.
Sta
immobile
,
non
prega
,
non
piange
,
non
trasalisce
.
Tutto
il
volto
pare
scolpito
nel
granito
,
solo
ardono
gli
occhi
di
un
fuoco
consumatore
.
Passano
le
ore
sul
suo
capo
altero
,
passano
le
ore
sul
suo
cuore
straziato
,
ma
pel
loro
passaggio
non
si
cangia
il
suo
strazio
.
Allegre
le
vie
della
vecchia
Napoli
nella
primavera
novella
dell
'
anno
,
per
la
gioia
degli
uomini
;
lieto
lo
scampanìo
delle
chiese
.
È
la
Pasqua
di
Risurrezione
.
La
pace
dal
cielo
scende
sulla
terra
,
nei
fiori
e
nella
luce
primitiva
.
Il
mondo
rivive
,
rinasce
la
sua
gioventù
,
un
istante
sopita
.
Nell
'
aria
si
respira
amore
.
Le
due
sorelle
minori
hanno
chiesto
a
Donna
Regina
un
colloquio
particolare
ed
essa
lo
ha
accordato
;
era
tempo
che
le
tre
sorelle
non
si
vedevano
,
l
'
una
fuggendo
le
altre
,
mettendo
la
mestizia
e
il
duolo
nella
loro
casa
,
lo
scompiglio
tra
i
famigliari
.
Donna
Regina
è
nella
grande
sala
baronale
,
dove
in
antico
si
teneva
corte
di
giustizia
;
è
splendidamente
vestita
;
ha
indosso
i
gioielli
magnifici
di
casa
Toraldo
,
ha
daccanto
,
sovra
un
cuscino
,
la
corona
ingemmata
di
zaffìri
,
di
rubini
e
di
smeraldi
,
lo
scettro
baronale
;
sul
volto
un
'
austerità
calma
,
quasi
decisa
.
Entrano
Donnalbina
e
Donna
Romita
.
Sono
vestite
di
bruno
,
senza
ornamenti
.
La
gaia
giovinezza
di
Donnalbina
è
svanita
,
è
svanito
il
suo
soave
sorriso
,
è
perduta
la
sua
bionda
bellezza
.
Donna
Romita
china
il
capo
,
abbattuta
;
ancora
non
ha
avuto
il
tempo
di
esser
giovane
e
già
si
sente
irresistibilmente
attirata
dalla
morte
.
Esse
s
inchinano
a
Donna
Regina
ed
ella
rende
loro
il
saluto
.
Parlate
anche
per
me
,
Donnalbina
mormora
a
bassa
voce
Donna
Romita
.
Veniamo
a
dirvi
,
sorella
nostra
prende
a
dire
Donnalbina
che
dobbiamo
dividerci
.
Regina
non
trasalisce
,
non
batte
palpebra
,
aspetta
.
È
mia
intenzione
,
è
intenzione
di
Donna
Romita
,
dare
una
metà
della
nostra
dote
ai
poveri
e
l
altra
parte
dedicarla
alla
fondazione
di
un
monastero
,
dove
prenderemo
il
velo
.
Ogni
monaca
di
casa
Toraldo
ha
diritto
di
diventare
badessa
nel
monastero
che
ha
fondato
rispose
Regina
con
tono
severo
.
Sia
pure
.
Attendiamo
le
vostre
risoluzioni
,
sorella
.
Ella
non
rispose
.
Pensava
,
raccolta
in
se
stessa
.
Siateci
generosa
del
vostro
consenso
,
Donna
Regina
.
Troppo
vi
offendiamo
,
è
vero
Desistete
fece
quella
con
un
moto
di
fastidio
.
Non
desistiamo
,
no
riprese
Donnalbina
,
affannandosi
.
Dio
e
voi
offendemmo
.
Grave
il
peccato
,
grave
l
espiazione
.
Ecco
,
ancora
non
giunsero
per
noi
i
venti
anni
e
noi
abbandoniamo
questo
mondo
così
bello
,
così
ridente
;
noi
lasciamo
la
nostra
casa
,
le
nostre
dolci
amiche
,
e
care
abitudini
;
lasciamo
voi
,
sorella
amata
,
per
quanto
offesa
.
Il
chiostro
ne
aspetta
.
a
voi
l
onore
di
conservare
il
nostro
nome
,
a
voi
le
liete
nozze
,
l
amore
dello
sposo
,
il
bacio
dei
figliuoli
Voi
v
ingannate
,
o
sorella
rispose
Donna
Regina
lentamente
.
È
da
tempo
che
ho
deciso
prendere
il
velo
in
un
convento
da
me
fondato
.
Un
silenzio
tristissimo
segue
le
infauste
parole
.
Io
non
posso
sposare
Filippo
Capace
riprese
ella
,
mentre
una
vampa
di
sdegno
le
correva
al
viso
.
Egli
mi
odia
.
Ahimé
!
io
gli
sono
indifferente
mormorò
Donnalbina
.
Io
anelo
al
chiostro
.
Egli
mi
ama
pronunziò
con
voce
rotta
Donna
Romita
.
E
le
due
sorelle
baciarono
Donna
Regina
sulla
guancia
e
ne
furono
baciate
.
Addio
,
sorella
mia
.
Addio
,
sorella
mia
.
Addio
,
sorelle
.
Donna
Regina
si
alzò
,
prese
lo
scettro
d
ebano
torchiato
d
oro
,
e
lo
franse
in
due
pezzi
.
E
rivolgendosi
al
ritratto
dell
ultimo
barone
Toraldo
,
gli
disse
inchinandolo
:
Salute
,
padre
mio
.
La
vostra
nobile
casa
è
morta
!
Non
hanno
parole
le
brune
vòlte
dei
monasteri
,
la
pallida
luce
dei
cere
trasparenti
,
il
profumo
eccessivo
e
pesante
dell
incenso
,
la
profonda
voce
dell
organo
,
le
bige
pietre
sepolcrali
;
non
han
parola
le
fredde
celle
,
il
nudo
e
duro
letto
dove
è
scarso
il
sonno
,
il
cilicio
sanguinoso
,
le
pagine
distrutte
dalle
lagrime
,
i
crocefissi
distrutti
dai
baci
;
non
han
parola
i
volti
ingialliti
,
gli
occhi
cerchiati
di
nero
,
i
corpi
consunti
,
ma
rianimati
sempre
da
una
fiamma
rinascente
;
non
han
parola
le
convulsioni
spasmodiche
,
le
allucinazioni
,
le
estasi
dolorose
.
Altrimenti
storie
meravigliose
e
drammatiche
sarebbero
narrate
al
mondo
;
altrimenti
noi
sapremmo
tutta
la
vita
delle
tre
sorelle
;
altrimenti
noi
sapremmo
il
giorno
che
finì
la
loro
tortura
.
Ma
il
giorno
,
che
importa
?
Sappiamo
noi
se
dopo
non
si
ami
ancora
?
Finisce
,
forse
,
l
amore
?
Noi
non
possiamo
,
non
possiamo
segnare
il
suo
ultimo
giorno
,
né
la
sua
ultima
parola
.
O
MUNACIELLO
La
quale
istoria
fu
così
.
Nell
anno
1445
dalla
fruttifera
Incarnazione
,
regnando
Alfonso
d
Aragona
,
una
fanciulla
a
nome
Caterina
Frezza
,
figlia
di
un
mercante
di
panni
,
si
innamorò
di
un
nobile
garzone
,
Stefano
Mariconda
.
E
com
è
usanza
d
amore
,
il
garzone
la
ricambiò
di
grandissimo
affetto
e
di
rado
fu
vista
coppia
d
amanti
egualmente
innamorata
e
fedele
.
E
ciò
non
senza
molto
loro
cordoglio
,
poiché
per
la
disparità
delle
nascite
che
proibiva
loro
il
nodo
coniugale
,
grande
guerra
ferveva
in
casa
Mariconda
contro
Stefano
e
la
Catarinella
,
in
casa
sua
,
era
con
ogni
sorta
di
tormenti
dal
padre
e
dai
fratelli
torturata
.
Ma
per
tanto
e
continuo
dolore
,
che
si
può
dire
mangiassero
veleno
e
bevessero
lagrime
,
avevano
ore
di
gioia
inestimabile
.
A
tarda
notte
,
quando
nei
chiassuoli
dei
mercanti
non
compariva
viandante
veruno
,
Stefano
Mariconda
avvolto
dal
bruno
mantello
,
che
mai
sempre
protesse
ladri
ed
amanti
,
penetrava
in
andito
nero
ed
angusto
,
saliva
per
una
scala
fangosa
e
dirupata
,
dove
era
facile
il
pericolo
della
rottura
del
collo
,
si
trovava
sopra
un
tetto
e
di
là
scavalcando
,
terrazzo
per
terrazzo
,
con
una
sveltezza
ed
una
sicurezza
che
amore
rinforzava
,
arrivava
sul
terrazzino
dove
lo
aspettava
,
tremante
dalla
paura
,
Catarinella
Frezza
.
Lettor
mio
,
se
mai
fremesti
d
amore
,
immagina
quei
momenti
e
non
chiederne
descrizione
alla
debole
penna
.
Ma
in
una
notte
profonda
,
quando
più
alle
anime
loro
si
schiudeva
la
celestiale
beatitudine
del
paradiso
,
mani
traditrici
e
borghesi
afferrarono
Stefano
alle
spalle
,
e
togliendogli
ogni
difesa
,
dalla
ferriata
lo
precipitarono
nella
via
,
mentre
Catarinella
gridando
e
torcendosi
le
braccia
,
s
aggrappava
ai
panni
degli
assassini
.
Il
bel
corpo
di
Stefano
Mariconda
giacque
,
orribilmente
sfracellato
,
nella
fetida
via
per
una
notte
ed
un
giorno
:
fino
a
che
lo
raccolse
di
là
la
pietà
dei
parenti
,
dandogli
onorata
sepoltura
.
Ma
invero
fu
quella
morte
ignobilmente
violenta
;
e
perché
vi
è
dubbio
sul
destino
di
quell
anima
,
strappata
dalla
terra
e
mandata
innanzi
all
Eterno
carica
di
peccati
,
e
perché
a
gentiluomo
non
conviensi
altra
morte
violenta
che
di
spada
.
La
Catarinella
fuggì
di
casa
,
pazza
di
dolore
,
e
fu
piamente
ricoverata
in
un
monastero
di
monachelle
.
In
un
giorno
,
quando
ancora
il
tempo
assegnato
dalla
ragion
divina
e
dalla
ragion
medica
non
era
scorso
,
ella
dette
alla
luce
un
bimbo
piccino
piccino
,
pallido
e
dagli
occhi
sgomentati
.
Per
pietà
di
quel
piccolo
essere
,
le
suore
lasciarono
la
madre
a
nutrirlo
e
curarlo
.
Ma
col
tempo
che
passava
,
non
cresceva
molto
il
bambino
e
la
madre
,
cui
rimaneva
confitta
nella
mente
la
bella
ed
aitante
persona
di
Stefano
Mariconda
,
se
ne
crucciava
.
Le
suore
la
consigliarono
di
votarsi
alla
Madonna
perché
desse
una
fiorente
salute
al
bambino
;
ed
ella
votossi
e
fece
indossare
al
bimbo
un
abito
nero
e
bianco
da
piccolo
monaco
.
Ma
ben
altro
aveva
disposto
il
Signore
nella
sua
infinita
saggezza
e
la
Catarinella
non
s
ebbe
la
grazia
chiesta
.
Il
figliuoletto
suo
,
crescendo
negli
anni
,
non
crebbe
che
pochissimo
nel
corpo
e
fu
simile
a
quei
graziosi
nani
di
cui
si
allietano
molte
corti
di
sovrani
potenti
.
Sibbene
ella
continuò
a
vestirlo
da
piccolo
monaco
;
onde
è
che
la
gente
chiamava
in
suo
volgare
il
bambino
;
o
munaciello
.
Le
monache
lo
amavano
,
ma
la
gente
della
via
,
ma
i
bottegai
delle
strade
Armieri
,
Lanzieri
,
Cortellari
,
Taffettanari
,
Mercanti
,
si
mostravano
a
dito
il
bambino
troppo
piccolo
,
dalla
testa
troppo
grande
e
quasi
mostruosa
,
dal
volto
terreo
in
cui
gli
occhi
apparivano
anche
più
grandi
,
anche
più
spaventati
,
dall
abituccio
strano
:
e
talvolta
lo
ingiuriavano
,
come
fa
spesso
la
plebe
contro
persona
debole
ed
inerme
.
Quando
o
munaciello
passava
innanzi
la
bottega
dei
Frezza
,
zii
e
cugini
uscivano
sulla
soglia
e
gli
scagliavano
le
imprecazioni
più
orribili
.
Non
è
dato
a
me
indagare
quanto
comprendesse
o
munaciello
degli
sgarbi
e
delle
disoneste
parole
che
gli
venivano
dirette
,
ma
è
certo
che
egli
riedeva
alla
madre
triste
e
melanconico
.
A
volte
un
lampo
di
collera
gli
balenava
negli
occhi
e
allora
la
madre
lo
faceva
inginocchiare
e
gli
dettava
le
sante
parole
dell
orazione
.
A
poco
a
poco
in
quei
bassi
quartieri
dove
egli
muoveva
i
passi
,
si
divulgò
la
voce
che
o
munaciello
avesse
in
sé
qualche
cosa
di
magico
,
di
soprannaturale
.
Ad
incontrarlo
,
la
gente
si
segnava
e
mormorava
parole
di
scongiuro
.
Quando
o
munaciello
portava
il
cappuccetto
rosso
che
la
madre
gli
aveva
tagliato
in
un
pezzetto
di
lana
porpora
,
allora
era
buon
augurio
;
ma
quando
il
cappuccetto
era
nero
,
allora
cattivo
augurio
.
Ma
come
il
cappuccetto
rosso
compariva
molto
raramente
,
o
munaciello
era
bestemmiato
e
maledetto
.
Era
lui
che
attirava
l
aria
mefitica
nei
quartieri
bassi
,
che
vi
portava
la
febbre
e
la
malsania
;
lui
che
,
guardando
nei
pozzi
,
guastava
e
faceva
imputridire
l
acqua
,
lui
che
toccando
i
cani
li
faceva
arrabbiare
,
lui
che
portava
la
mala
fortuna
nei
negozi
ed
il
caro
del
pane
,
lui
che
,
spirito
maligno
,
suggeriva
al
re
nuovi
balzelli
.
Appena
o
munaciello
scantonava
,
a
capo
basso
,
con
l
occhio
diffidente
e
pauroso
,
correndo
o
nascondendosi
fra
la
folla
,
un
coro
di
maledizioni
lo
colpiva
.
Il
fango
della
via
gli
scagliavano
a
insudiciargli
la
tonacella
;
le
bucce
delle
frutte
troppo
mature
lo
ferivano
nel
volto
.
egli
fuggiva
,
senza
parlare
,
arrotando
i
denti
,
tormentato
più
dall
impotenza
della
piccola
persona
che
dal
villano
insulto
di
quella
borghesia
.
Catarinella
Frezza
era
morta
;
non
lo
poteva
consolar
più
.
Le
monache
lo
impiegavano
ai
minuti
servizi
dell
orto
;
ma
,
anche
esse
,
a
vederlo
d
improvviso
,
in
un
corridoio
,
nella
penombra
,
si
sgomentavano
come
per
apparizione
diabolica
.
S
avvalorava
il
detto
della
faccia
cupa
del
munaciello
,
dal
non
averlo
mai
visto
in
chiesa
,
dal
trovarlo
in
tutti
i
luoghi
a
poca
distanza
di
tempo
.
Finché
una
sera
o
munaciello
scomparve
.
Non
mancò
chi
disse
che
il
diavolo
lo
avesse
portato
via
pei
capelli
,
come
è
solito
per
ogni
anima
a
lui
venduta
.
Ma
per
fede
onesta
di
cronista
,
mi
è
d
uopo
aggiungere
che
furono
molto
sospettati
,
e
forse
non
a
torto
,
i
Frezza
d
aver
malamente
strangolato
o
munaciello
e
gittatolo
in
una
cloaca
lì
presso
,
da
certe
ossa
piccine
e
da
un
teschio
grande
che
vi
fu
trovato
.
Il
discernere
le
cose
vere
dalle
false
,
e
lo
speculare
quale
sia
favola
,
quale
verità
,
lascio
e
raccomando
specialmente
alla
prudenza
e
saggezza
del
lettore
.
Questa
qui
è
la
cronaca
.
Ma
nulla
è
finito
soggiungo
io
,
oscuro
commentatore
moderno
con
la
morte
del
munaciello
.
Anzitutto
è
ricominciato
.
La
borghesia
che
vive
nelle
strade
strette
e
buie
e
malinconicamente
larghe
senza
orizzonte
,
che
ignora
l
alba
,
che
ignora
il
tramonto
,
che
ignora
il
mare
,
che
non
sa
nulla
del
cielo
,
nulla
della
poesia
,
nulla
dell
arte
;
questa
borghesia
che
non
conosce
,
che
non
conosce
se
stessa
,
quadrata
,
piatta
,
scialba
,
grassa
,
pesante
,
gonfia
di
vanità
,
gonfia
di
nullaggine
;
questa
borghesia
che
non
ha
,
non
può
avere
,
non
avrà
mai
il
dono
celeste
della
fantasia
,
ha
il
suo
folletto
.
Non
è
lo
gnomo
che
danza
sull
erba
molle
dei
prati
,
non
è
lo
spiritello
che
canta
sulla
riva
del
fiume
;
è
il
maligno
folletto
delle
vecchie
case
di
Napoli
,
è
o
munaciello
.
Non
abita
i
quartieri
aristocratici
di
Chiaia
,
di
S
.
Ferdinando
,
del
Chiatamone
,
di
Toledo
;
non
abita
i
quartieri
nuovi
di
Mergellina
,
Rione
Amedeo
,
Corso
Salvator
Rosa
,
Capodimonte
:
la
parte
ariosa
,
luminosa
,
linda
della
città
non
gli
appartiene
.
Ma
per
i
vicoli
che
da
Toledo
portano
giù
,
per
le
tetre
vie
dei
Tribunali
e
della
Sapienza
,
per
la
triste
strada
di
Foria
,
per
i
quartieri
cupi
e
bassi
di
Vicaria
,
Mercato
,
Porto
e
Pendino
il
folletto
borghese
estende
l
incontrastato
suo
regno
.
Dove
è
stato
vivo
,
s
aggira
come
spirito
;
dove
è
apparso
il
suo
corpo
piccino
,
la
testa
grossa
,
la
faccia
pallida
,
i
grandi
occhi
lucenti
,
la
tonacella
nera
,
la
pazienza
di
lana
bianca
ed
il
cappuccetto
nero
,
lì
ricomparve
;
nella
medesima
parvenza
,
pel
terrore
delle
donne
,
dei
fanciulli
e
degli
uomini
.
Dove
lo
hanno
fatto
soffrire
,
anima
sconosciuta
e
forse
grande
in
un
corpo
rattrappito
,
debole
e
malaticcio
,
là
egli
ritorna
,
spirito
malizioso
e
maligno
,
nel
desiderio
di
una
lunga
e
insaziabile
vendetta
.
Egli
si
vendica
epicamente
,
tormentando
coloro
che
lo
hanno
tormentato
.
Chiedete
ad
un
vecchio
,
ad
una
fanciulla
,
ad
una
madre
,
ad
un
uomo
,
ad
un
bambino
se
veramente
questo
munaciello
esiste
e
scorazza
per
le
case
,
e
vi
faranno
un
brutto
volto
,
come
lo
farebbero
a
chi
offende
la
fede
.
Se
volete
sentirne
delle
storie
,
ne
sentirete
;
se
volete
averne
dei
documenti
autentici
,
ne
avrete
.
Di
tutto
è
capace
il
munaciello
Quando
la
buona
massaia
trova
la
porta
della
dispensa
spalancata
,
la
vescica
dello
strutto
sfondata
,
il
vaso
dell
olio
riverso
e
il
prosciutto
addentato
dalla
gatta
,
è
senza
dubbio
la
malizia
del
munaciello
che
ha
schiusa
quella
porta
e
scagionato
il
disastro
.
Quando
alla
serva
sbadata
cade
di
mano
il
vassoio
ed
i
bicchieri
vanno
in
mille
pezzi
,
colui
che
l
ha
fatta
incespicare
è
proprio
lui
,
lo
spiritello
impertinente
;
è
lui
che
urta
il
gomito
della
fanciulla
borghese
che
lavora
all
uncinetto
e
le
fa
pungere
il
dito
;
è
lui
che
fa
traboccare
il
brodo
dalla
pentola
ed
il
caffè
dalla
cogoma
;
è
lui
che
fa
inacidire
il
vino
dalle
bottiglie
;
è
lui
che
dà
la
iettatura
alle
galline
che
ammiseriscono
e
muoiono
;
è
lui
che
pianta
il
prezzemolo
,
fa
ingiallire
la
maggiorana
e
rosicchia
le
radici
del
basilico
.
Se
la
vendita
in
bottega
va
male
,
se
il
superiore
dell
uffizio
fa
una
rimenata
,
se
un
matrimonio
stabilito
si
disfà
,
se
uno
zio
ricco
muore
lasciando
tutto
alla
parrocchia
,
se
al
lotto
vien
fuori
34
,
62
,
87
invece
di
35
,
61,88
,
è
la
mano
diabolica
del
folletto
che
ha
preparato
queste
sventure
grandi
e
piccole
.
Quando
il
bambino
grida
,
piange
,
non
vuole
andare
a
scuola
,
scalpita
,
corre
,
salta
sui
mobili
,
rompe
i
vetri
e
si
graffia
le
ginocchia
,
è
il
munaciello
che
gli
mette
i
diavoli
in
corpo
;
quando
la
fanciulla
diventa
pallida
e
rossa
senza
ragione
,
s
immalinconisce
,
sorride
guardando
le
stelle
,
sospira
guardando
la
luna
,
e
piange
nelle
tranquille
notti
di
autunno
,
è
il
munaciello
che
le
guasta
così
la
vita
;
quando
il
giovanotto
compra
cravatte
irresistibili
,
mette
il
profumo
nel
fazzoletto
,
e
si
fa
arricciare
i
capelli
,
rincasa
a
tarda
notte
,
col
volto
pallido
e
stanco
,
gli
occhi
pieni
di
visioni
,
l
aspetto
trasognato
,
è
il
munaciello
che
turba
la
sua
esistenza
;
quando
la
moglie
fedele
si
ferma
a
guardar
troppo
il
profilo
aquilino
ed
i
mustacchi
biondi
del
primo
commesso
di
suo
marito
e
,
nelle
fredde
notti
invernali
,
veglia
con
gli
occhi
aperti
nel
vuoto
e
le
labbra
che
invano
tentano
mormorare
la
salvatrice
Avemmaria
,
è
il
munaciello
che
la
tenta
,
è
il
diavolo
che
ha
preso
la
forma
del
munaciello
,
è
il
diavoletto
che
dà
la
marito
il
vago
desiderio
di
dare
un
pizzicotto
alla
serva
MariaFrancesca
;
è
il
folletto
che
fa
cadere
in
convulsioni
le
zitellone
.
È
il
munaciello
che
scombussola
la
casa
,
disordina
i
mobili
,
turba
i
cuori
,
scompiglia
le
menti
,
empiendole
di
paura
.
È
lui
,
lo
spirito
tormentato
e
tormentatore
,
che
porta
il
tumulto
nella
sua
tonacella
nera
,
la
rovina
nel
suo
cappuccetto
nero
.
Ma
la
cronaca
veridica
lo
dice
,
o
buon
lettore
:
quando
il
munaciello
portava
il
cappuccetto
rosso
,
al
sua
venuta
era
di
buon
augurio
.
È
per
questa
sua
strana
mescolanza
di
bene
e
di
male
,
di
cattiveria
e
di
bontà
,
che
il
munaciello
è
rispettato
,
temuto
ed
amato
.
È
per
questo
che
le
fanciulle
innamorate
si
mettono
sotto
la
sua
protezione
perché
non
venga
scoperto
il
gentile
segreto
;
è
per
questo
che
le
zitellone
lo
invocano
a
mezzanotte
,
fuori
il
balcone
,
per
nove
giorni
,
perché
mandi
loro
il
marito
che
si
fa
tanto
aspettare
;
è
per
questo
che
il
disperato
giuocatore
di
lotto
gli
fa
scongiuro
tre
volte
,
per
averne
i
numeri
sicuri
;
è
per
questo
che
i
bambini
gli
parlano
,
dicendogli
di
portar
loro
i
dolci
e
di
balocchi
che
desiderano
.
La
casa
dove
il
munaciello
è
apparso
è
guardata
con
diffidenza
,
ma
non
senza
soddisfazione
;
la
persona
che
,
allucinata
,
ha
visto
il
folletto
,
è
guardata
compassionevolamente
,
ma
non
senza
invidia
.
Ma
colei
che
lo
ha
visto
apparisce
per
lo
più
a
fanciulle
ed
a
bimbi
tiene
per
sé
il
prezioso
segreto
,
forse
apportatore
di
fortuna
.
Infine
il
folletto
della
leggenda
rassomiglia
al
munaciello
della
cronaca
napoletana
:
è
,
vale
adire
,
un
anima
ignota
,
grande
e
sofferente
in
un
corpo
bizzarramente
piccolo
,
in
un
abito
stranamente
piccolo
,
in
un
abito
stranamente
simbolico
;
un
anima
umana
,
dolente
e
rabbiosa
;
un
anima
che
ha
un
pianto
e
fa
piangere
;
che
ha
sorriso
e
fa
sorridere
;
un
bimbo
che
gli
uomini
hanno
torturato
ed
ucciso
come
un
uomo
;
un
folletto
che
tormenta
gli
uomini
come
un
bambino
capriccioso
,
e
li
carezza
,
e
li
consola
come
un
bambino
ingenuo
ed
innocente
.
IL
DIAVOLO
DI
MERGELLINA
Assisa
innanzi
allo
specchio
,
ella
lasciava
che
la
sua
acconciatrice
passasse
il
pettine
nella
ricchezza
dei
capelli
biondo
-
fulvi
,
di
un
colore
acceso
e
voluttuoso
.
Si
guardava
attentamente
nello
specchio
:
sul
volto
di
una
candidezza
abbagliante
,
che
parea
fosse
fulgido
,
non
compariva
traccia
di
roseo
;
nei
grandi
occhi
glauchi
,
cristallini
,
il
lampo
dello
sguardo
era
verde
e
freddo
;
le
labbra
carnose
,
rosse
,
come
il
granato
,
dovevano
essere
dolci
ed
amare
quanto
il
frutto
che
ricordavano
;
il
collo
superbo
,
pieno
e
rotondo
palpitava
lentamente
.
Ella
si
guardò
le
mani
attraverso
la
luce
,
mani
candide
quanto
il
viso
;
si
guardò
le
braccia
sode
e
rasate
come
un
frutto
maturo
in
cui
si
possa
mordere
.
Si
trovava
seducente
,
bellissima
;
ed
un
eroico
sorriso
le
sfiorò
le
labbra
.
Ella
si
adorava
;
idolatrava
la
propria
bellezza
e
vi
abbruciava
ogni
giorno
un
copioso
incenso
che
si
univa
a
quello
di
tutti
coloro
che
l
amavano
.
Una
lettera
per
madonna
Isabella
disse
un
paggio
ricciuto
,
inchinandosi
e
porgendo
il
biglietto
sopra
un
vassoio
d
argento
.
Madonna
Isabella
scórse
la
lettera
.
Messer
Diomede
Carafa
le
scriveva
ancora
d
amore
,
una
lettera
piena
di
fuoco
che
a
volte
scoppiava
nell
impeto
della
disperazione
,
a
volte
si
allentava
e
s
illanguidiva
nelle
divagazioni
di
una
mestizia
insanabile
.
Messer
Diomede
Carafa
sapeva
amare
:
la
sua
anima
nobile
ed
eletta
era
aperta
a
tutte
le
squisite
sensibilità
dell
affetto
,
la
sua
forte
anima
comprendeva
tutti
gli
slanci
di
una
passione
umana
e
potente
;
le
orgogliose
dame
spagnole
della
Corte
vicereale
avrebbero
volentieri
abbandonato
la
loro
fierezza
castigliana
per
esser
amate
da
lui
e
per
amarlo
;
le
fanciulle
dell
aristocrazia
napoletana
,
brune
fanciulle
dagli
occhi
azzurri
,
lo
avrebbero
amato
se
egli
avesse
voluto
amarle
.
Ma
messer
Diomede
non
amava
che
madonna
Isabella
che
aveva
fama
di
donna
crudele
e
disamorata
;
difatti
ella
non
fece
che
sorridere
appena
alle
frasi
amorose
che
messer
Diomede
le
scriveva
.
Nel
grande
salone
del
suo
palazzo
,
madonna
Isabella
,
vestita
di
broccato
rosso
che
faceva
risaltare
il
pallore
del
volto
,
con
una
reticella
di
perle
sulle
fulve
trecce
,
sedeva
a
conversazione
con
messer
Diomede
.
Il
giovane
innamorato
era
seduto
alquanto
discosto
dalla
sua
donna
,
ma
la
fissava
con
l
occhio
intento
e
cupido
,
senza
mai
distogliere
lo
sguardo
da
quella
figura
;
a
seconda
che
la
donna
parlava
,
sul
viso
del
giovane
passavano
onde
di
sangue
che
lo
coloravano
,
o
un
terreo
pallore
vi
si
diffondeva
;
come
il
giovane
si
lasciava
trasportare
dall
amore
,
la
sua
voce
tremava
,
ed
in
essa
passava
la
nota
tenera
e
grave
dell
affetto
,
la
vibrazione
profonda
della
gelosia
,
l
ondulazione
indefinita
della
mestizia
,
la
nota
stridula
dell
ironia
,
tutte
le
variazioni
che
ha
l
amore
.
La
dama
,
placida
,
tranquilla
,
sorridente
,
agitando
il
leggiero
ventaglio
di
piume
,
giocherellava
amabilmente
e
ferocemente
col
cuore
del
giovane
.
Ella
,
a
sua
posta
,
creava
in
lui
lo
sconforto
desolato
o
l
inesauribile
speranza
,
la
cupa
gelosia
o
l
estrema
fiducia
,
la
collera
senza
nome
e
senza
limiti
o
la
gioia
senza
confine
.
Abituata
a
questi
sottili
e
malvagi
godimenti
,
ella
si
compiaceva
stringere
quel
cuore
innamorato
in
una
mano
di
ferro
che
lo
soffocava
a
poco
a
poco
e
poi
ridonargli
la
vita
,
carezzandolo
con
una
mano
leggiera
e
vellutata
;
si
dilettava
far
sussultare
di
dolore
quell
anima
,
gittandola
bruscamente
nella
disperazione
;
gioiva
facendola
esaltare
grado
a
grado
,
sempre
più
,
fino
a
farla
impazzire
nella
vertigine
dell
altissimo
pinnacolo
.
Furono
tali
donne
,
sono
e
saranno
.
Il
mondo
le
maledice
,
le
disprezza
,
paiono
fatte
estranee
alla
soave
comunanza
femminile
,
paiono
odiate
,
esecrate
.
Ma
il
mondo
le
ama
,
ma
l
uomo
le
ama
.
Così
è
sempre
,
così
sempre
sarà
.
Pace
a
voi
,
giovanette
gentili
,
dalle
anime
buone
che
rischiarano
come
luce
di
lampada
familiare
il
corpo
delicato
;
pace
a
voi
,
donne
il
cui
destino
unico
è
l
amore
,
è
il
sagrifizio
:
giammai
sarete
amate
come
quelle
donne
lo
saranno
.
Virtù
,
dolcezza
,
abnegazione
,
serenità
,
calma
,
felicità
sono
vani
nomi
:
l
acre
e
malsano
desiderio
dell
uomo
corre
verso
la
misteriosa
e
temuta
sirena
.
Pace
a
voi
;
amate
,
soffrite
,
morite
:
giammai
sarete
amate
come
quelle
donne
lo
saranno
.
Eppure
fu
un
giorno
in
cui
Diomede
Carafa
credette
di
arrivare
al
culmine
inaccessibile
della
sua
vita
,
al
momento
fatale
in
cui
ogni
facoltà
,
ogni
potenza
fisica
,
ogni
luce
di
ragione
,
ogni
festa
di
fantasia
,
ogni
robustezza
di
fibra
,
si
riuniscono
in
una
sola
,
profonda
,
alta
armonia
che
è
l
'
amore
.
Fu
il
giorno
in
cui
madonna
Isabella
,
all
'
impensata
,
dopo
una
lotta
d
'
un
anno
in
cui
essa
non
aveva
ceduto
di
una
linea
sola
,
presa
da
un
subitaneo
abbandono
e
dominata
da
una
strana
causa
,
disse
d
'
amarlo
.
Oh
!
chi
ha
amato
la
conosce
questa
stagione
calda
ed
esuberante
,
colorita
dal
sole
,
nell
'
azzurro
sconfinato
,
nell
'
infiammato
meriggio
dove
tutto
arde
e
si
consuma
in
una
grande
voluttà
,
quando
i
fiori
nascono
presto
,
vivono
una
vita
rapida
e
soverchiante
,
esalano
profumi
grevi
e
violenti
e
muoiono
per
aver
troppo
vissuto
;
la
stagione
fremente
dove
tutto
è
luce
,
tutto
è
fulgore
,
tutto
è
febbre
che
precipita
il
sangue
;
la
benedetta
stagione
,
la
eccelsa
stagione
dopo
la
quale
tutto
è
cenere
e
fango
.
Chi
ha
amato
sa
la
stagione
d
'
amore
di
Diomede
Carafa
e
non
aspetta
dalla
scialba
parola
del
freddo
e
disanimato
cronista
una
descrizione
.
Chi
ha
amato
evochi
tutti
,
tutti
suoi
ricordi
di
amore
,
riviva
in
quel
passato
pieno
di
una
gioia
e
di
un
dolore
che
non
hanno
l
'
eguale
,
palpiti
,
s
'
agiti
,
abbia
la
convulsione
ed
il
delirio
di
quell
'
amore
e
saprà
di
Diomede
Carafa
.
Le
storie
d
'
amore
non
si
raccontano
,
non
si
descrivono
che
miseramente
:
l
'
arte
istessa
,
la
divina
arte
che
tutto
scopre
,
tutto
rivela
,
non
può
che
dare
una
sola
e
fuggevole
immaginazione
del
proteiforme
amore
.
Breve
stagione
.
Se
durasse
,
il
cuore
morirebbe
nella
esagerazione
di
un
sentimento
che
è
la
follia
.
A
poco
a
poco
,
con
gradazioni
impercettibili
,
madonna
Isabella
fu
meno
felice
,
meno
innamorata
;
il
sorriso
fu
più
scarso
sulla
bocca
,
le
braccia
più
fiacche
nell
'
abbraccio
,
le
labbra
più
gelide
nel
bacio
,
il
palpito
meno
frequente
nell
'
arrivo
e
nel
distacco
.
Diomede
Carafa
,
cieco
,
pazzo
d
'
amore
,
non
vedeva
,
non
comprendeva
.
Madonna
Isabella
discendeva
sempre
più
verso
l
'
indifferenza
che
poi
era
il
suo
stato
abituale
e
la
sua
naturale
ferocia
rinasceva
per
la
tortura
di
quell
'
uomo
.
Ma
Diomede
Carafa
soffriva
e
s
'
inebriava
di
quella
sofferenza
,
piangeva
e
s
'
ubriacava
di
quelle
lagrime
,
era
ammalato
e
si
consolava
di
quel
morbo
ora
gelido
,
ora
infuocato
che
gli
consumava
la
vita
;
era
tormentato
,
oppresso
,
disperato
.
ma
si
estasiava
di
ciò
come
i
martiri
cristiani
del
sangue
che
usciva
dalle
loro
vene
esauste
.
Isabella
si
mostrava
con
lui
chiusa
,
dura
,
sprezzante
e
lui
l
'
amava
anche
così
,
massimamente
così
;
Isabella
si
faceva
volubile
,
leggiera
,
accogliendo
in
casa
i
più
bei
cavalieri
napoletani
e
lui
,
morendo
di
gelosia
,
amava
Isabella
per
la
gelosia
che
aveva
di
lei
.
Egli
gettava
pazzamente
i
suoi
averi
,
obliava
le
prerogative
della
sua
nobiltà
,
non
conosceva
più
amici
,
non
conosceva
più
parentado
,
non
sapeva
più
nulla
di
obblighi
o
di
diritti
:
Isabella
,
Isabella
,
amare
Isabella
.
Fino
a
che
un
giorno
tutta
la
verità
gli
fu
palese
come
parola
di
Dio
e
seppe
del
proprio
avvilimento
,
seppe
del
tradimento
di
Isabella
con
Giovanni
Verrusio
,
amico
suo
e
suo
compagno
d
'
infanzia
.
Egli
nascose
a
tutti
il
dramma
del
suo
spirito
,
sdegnoso
di
compianto
.
Il
crollo
immenso
della
sua
felicità
,
la
rovina
tragica
e
nera
dello
splendido
edificio
non
ebbero
testimonio
.
Meglio
così
.
Che
vale
il
rimpianto
?
Che
cosa
è
la
parola
compassionevole
e
glaciale
?
Foglie
morte
che
il
vento
si
porta
via
,
ed
il
dolore
rimane
eterno
.
Invano
egli
errò
,
viaggiatore
solitario
e
noncurante
,
per
fiorenti
paesi
,
invano
chiese
alle
ricchezze
,
al
lusso
,
ad
altri
amori
,
a
feste
stupende
,
l
'
oblio
;
invano
egli
volle
innamorarsi
delle
vaghe
creazioni
dell
'
arte
per
ritrovare
la
pace
.
Dappertutto
,
in
ogni
paese
,
in
ogni
donna
,
in
ogni
fiore
,
al
fondo
dei
vini
generosi
,
nelle
figure
dei
quadri
,
nelle
figure
delle
statue
,
negli
ondeggiamenti
della
musica
,
egli
ritrovava
Isabella
.
Il
suo
dolore
non
era
più
acuto
e
straziante
,
ma
lento
,
lungo
,
stupefacente
.
egli
sentiva
la
sua
anima
gonfiarsi
di
affetto
ed
i
suoi
occhi
gonfiarsi
di
lagrime
;
egli
provava
il
bisogno
del
sagrificio
,
del
culto
,
dell
'
estasi
...
Dio
,
Dio
ripetette
un
giorno
la
stanca
amica
sua
.
Diomede
Carafa
fu
vescovo
di
Ariano
,
prelato
esemplare
e
amatore
dell
'
arte
.
Leonardo
da
Pistoia
,
pittore
,
fu
suo
amico
.
Per
sua
ordinazione
e
per
la
chiesa
di
Piedigrotta
dove
giace
il
Sannazaro
,
il
Leonardo
fece
il
quadro
bellissimo
di
S
.
Michele
che
atterra
Lucifero
.
Lucifero
vinto
e
bello
e
ancor
folgorante
,
ha
il
volto
di
madonna
Isabella
.
Ed
è
una
donna
il
diavolo
di
Mergellina
.
MEGARIDE
Là
,
dove
il
mare
del
Chiatamone
è
più
tempestoso
,
spumando
contro
le
nere
rocce
che
sono
le
inattaccabili
fondamenta
del
Castello
dell
'
Ovo
,
dove
lo
sguardo
malinconico
del
pensatore
scopre
un
paesaggio
triste
che
gli
fa
gelare
il
cuore
,
era
altre
volte
,
nel
tempo
dei
tempi
,
cento
anni
almeno
prima
la
nascita
del
Cristo
Redentore
,
un
'
isola
larga
e
fiorita
che
veniva
chiamata
Megaride
o
Megara
che
significa
grande
nell
'
idioma
di
Grecia
.
Quel
pezzo
di
terra
s
'
era
staccato
dalla
riva
di
Platamonia
,
ma
non
s
'
era
allontanato
di
molto
:
e
quasi
che
il
fermento
primaverile
passasse
dalla
collina
all
'
isola
,
per
le
onde
del
mare
,
come
la
bella
stagione
coronava
di
rose
e
di
fiori
d
'
arancio
il
colle
,
così
l
'
isola
fioriva
tutta
in
mezzo
al
mare
come
un
gigantesco
gruppo
di
fiori
che
la
natura
vi
facesse
sorgere
,
come
un
altare
elevato
a
Flora
,
la
olezzante
dea
.
Nelle
notti
estive
dall
'
isola
partivano
lievi
concenti
e
sotto
il
raggio
della
luna
pareva
che
le
ninfe
marine
,
ombre
leggiere
,
vi
danzassero
una
danza
sacra
ed
inebriante
;
onde
il
viatore
della
riva
,
colpito
dal
rispetto
alla
divinità
,
torceva
gli
occhi
allontanandosi
,
e
le
coppie
di
amanti
cui
era
bello
errate
abbracciati
sulla
spiaggia
davano
un
saluto
all
'
isola
e
chinavano
lo
sguardo
per
non
turbare
la
sacra
danza
.
Certo
l
'
isola
doveva
essere
abitata
,
ne
suoi
cespugli
verdi
,
nei
suoi
alberi
,
nei
suoi
prati
,
nei
suoi
canneti
,
:
dalle
Nerèidi
e
dalle
Drìadi
:
altrimenti
non
sarebbe
stata
così
gaia
sotto
il
sole
,
così
celestiale
sotto
il
raggio
lunare
,
sempre
colorita
,
sempre
serena
,
sempre
profumata
.
Era
divina
,
poiché
gli
dèi
l
'
abitavano
.
Ma
Lucullo
,
il
forte
guerriero
,
l
'
amico
dei
letterati
,
primo
fra
gli
epicurei
,
abituato
a
soddisfare
ogni
capriccio
,
amava
le
ville
circondate
da
ogni
parte
dall
'
acqua
:
egli
era
mortalmente
stanco
della
sua
casa
splendida
di
Roma
,
della
sua
villa
di
Baja
,
della
sua
dimora
di
Tuscolo
,
della
sua
villa
di
Pompeja
.
Volle
quella
di
Megaride
e
l
'
ebbe
.
Egli
violò
la
dimora
delle
ninfe
oceanine
per
farsene
la
propria
dimora
;
egli
volle
per
sé
i
prati
,
i
boschetti
di
rose
,
i
margini
che
digradavano
lievemente
nel
mare
;
scacciò
le
sirene
e
vi
mise
le
sue
bellissime
schiave
.
Fu
un
pianto
solo
per
le
grotte
di
corallo
tra
le
alghe
verdi
;
e
le
ninfe
si
lamentarono
con
Poseidone
che
non
dette
loro
ascolto
.
Fu
costruita
la
magnifica
villa
,
sorsero
per
incanto
i
giardini
degni
di
un
imperatore
,
nei
vivai
diguazzarono
le
murene
dalla
brutta
testa
di
serpente
e
dalla
carne
delicata
,
nelle
uccelliere
saltellarono
i
più
rari
uccelli
,
pasto
di
stomachi
finissimi
:
sotto
i
portici
della
villa
suonarono
le
cetre
e
le
tiorbe
in
onore
di
Servilia
sorella
di
Catone
,
moglie
di
Lucullo
,
bellissima
fra
le
donne
romane
.
Ivi
danze
festose
,
luminarie
magiche
,
giuochi
,
banchetti
,
come
solo
Lucullo
sapeva
darne
.
Ivi
profumi
di
nardo
,
coppe
di
nitido
cristallo
,
nel
cui
vino
generoso
si
scioglievano
le
perle
:
ivi
toghe
di
porpora
,
pepli
di
bisso
,
gemme
splendide
,
corone
di
rose
;
l
'
eterno
cantico
alla
bellezza
ed
all
'
amore
.
Ivi
accorrevano
per
riscaldarsi
alla
luce
degli
occhi
di
Servilia
i
giovanotti
timidi
che
non
osavano
pronunziar
parola
dinanzi
a
lei
,
i
gagliardi
garzoni
la
cui
parola
superava
d
'
audacia
lo
sguardo
,
gli
uomini
maturi
e
gravi
che
sorridevano
ancora
all
'
amore
,
i
vecchioni
che
sospiravano
la
gioventù
:
e
Servilia
rideva
,
giovane
e
gaia
,
di
questo
incenso
d
'
amore
,
rideva
sempre
,
lusinghiera
e
crudele
,
come
una
sirena
;
e
Lucullo
,
placido
filosofo
e
ancor
più
placido
sposo
,
godeva
dei
trionfi
di
Servilia
.
Egli
amava
le
feste
sontuose
che
durano
dalla
sera
sino
ai
primi
albori
,
i
pranzi
lunghissimi
dove
nèttare
s
'
alterna
a
nèttare
,
dove
la
fantasia
del
cuoco
vince
quella
di
un
poeta
e
fonde
nel
suo
crogiuolo
le
ricchezze
di
un
re
;
egli
amava
conversare
coi
letterati
cui
donava
vasi
d
'
oro
,
animali
preziosi
,
case
e
giardini
per
provar
loro
la
generosità
di
un
privato
.
Servilia
saliva
la
china
ridente
del
piacere
ed
egli
discendeva
,
tranquillo
,
verso
la
pace
della
vecchiaia
.
Per
divertirsi
,
faceva
scavare
un
canale
d
'
acqua
viva
,
faceva
elevare
una
palazzina
,
scacciava
lontano
il
mare
,
allargando
i
limiti
dell
'
isoletta
Megaride
;
Servilia
si
lasciava
profumare
dalle
ornatrici
,
prendeva
bagni
di
latte
d
'
asina
,
portava
alle
gentili
orecchie
due
pesanti
perle
che
le
laceravano
la
carne
,
le
sue
tuniche
parevano
tessute
d
'
aria
,
i
suoi
sandali
costavano
prezzi
favolosi
;
ed
ella
,
assisa
davanti
alla
spera
,
di
acciaio
,
si
contemplava
.
Ella
era
nel
trionfo
della
bellezza
e
della
gioventù
.
Gli
occhi
ardenti
di
coloro
che
l
'
amavano
,
le
davano
una
aureola
di
fuoco
in
cui
ella
camminava
,
graziosa
salamandra
,
senza
scottarsi
:
i
sospiri
di
coloro
che
l
'
amavano
,
formavano
attorno
a
lei
una
nuvola
in
cui
le
piaceva
di
respirare
.
Il
mare
batteva
dolcemente
sulle
sponde
di
Megaride
e
non
osava
tumultuare
;
il
sole
la
carezzava
senza
violenza
e
le
aure
leggiere
ne
facevano
ondeggiare
i
fiori
;
nella
placida
luce
lunare
,
l
'
isola
sembrava
tutta
bianca
,
morbida
e
nevosa
,
in
una
infinita
dolcezza
d
'
aria
e
di
tinte
.
E
Servilia
distesa
sul
lettuccio
,
vestita
di
stoffa
tessuta
d
'
oro
,
lasciandosi
sventolare
dalle
schiave
fremendo
di
piacere
alla
brezza
marina
,
guardando
distrattamente
la
ridda
delle
danzatrici
,
mormora
fra
sé
,
sono
io
,
sono
io
la
sirena
!
E
l
'
aria
mormora
anch
'
essa
,
dopo
aver
scherzato
con
le
chiome
olezzanti
:
è
lei
,
è
lei
la
sirena
.
Servilia
quando
solleva
un
cespo
di
fiori
è
bella
come
Flora
;
Servilia
,
quando
sceglie
in
un
cestello
la
pesca
matura
,
è
bella
quanto
Pomona
;
Servilia
quando
porta
sui
capelli
la
brillante
mezzaluna
e
al
fianco
la
faretra
,
è
bella
quanto
Diana
;
quando
senza
ornamenti
,
coi
capelli
disciolti
,
uscendo
dal
bagno
,
tutta
stillante
profumi
,
si
lascia
asciugare
dalle
schiave
e
s
'
avvolge
nella
tunica
bianca
,
è
...
bella
come
Venere
sussurra
lo
schiavo
innamorato
.
Più
bella
di
Venere
dice
,
col
suo
olimpico
orgoglio
,
Servilia
.
Il
che
è
udito
dalle
attente
ninfe
oceanine
e
Venere
sa
che
Servilia
l
'
ha
offesa
e
Poseidone
questa
volta
dà
ascolto
alla
preghiera
della
sua
bella
amante
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
Rosicchia
,
rosicchia
,
o
polpo
molle
,
grigio
,
rassomigliante
ad
un
cencio
!
Incrostati
,
incrostati
ostrica
,
per
minare
le
fondamenta
!
Piantati
,
piantati
,
alga
,
per
strappar
via
una
zolletta
di
terreno
!
Scavate
,
scavate
,
o
piccoli
animaletti
del
corallo
!
Rodi
la
roccia
,
o
costante
onda
marina
,
fa
un
buco
coperto
di
arena
,
coperto
di
piante
,
un
buco
perfido
,
nero
e
profondo
!
Rodete
,
rodete
,
piccole
e
pazienti
potenze
del
mare
!
Piansero
le
Nerèidi
,
piansero
le
Sirene
,
Venere
fu
offesa
e
Poseidone
è
in
collera
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
Libiamo
agli
Dei
infernali
disse
tranquillamente
Lucullo
,
nella
sua
villa
di
Tuscolo
,
al
funesto
annunzio
,
e
sparse
sul
terreno
alcune
gocce
dell
'
inebriante
liquore
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
Vuoi
tu
scandagliare
la
profondità
dei
mare
,
o
ardito
palombaro
?
Sei
tu
stanco
delle
sirene
della
terra
?
Va
sulla
spiaggia
brulla
del
Chiatamone
,
raccogli
il
tuo
respiro
e
precipitati
nelle
acque
:
in
un
momento
giunto
al
fondo
,
vedrai
gli
archi
della
villa
,
i
giardini
di
Lucullo
e
la
bellissima
moglie
,
che
è
diventata
la
Sirena
del
mare
.
Ma
non
ti
lasciar
sedurre
dalla
visione
e
ritorna
a
galla
,
o
palombaro
ardito
:
sulla
terra
troverai
sirene
come
Servilia
che
non
ti
possono
amare
e
ti
facciano
morire
dal
dolore
.
IL
CRISTO
MORTO
La
cappella
è
glaciale
.
Pavimento
di
marmo
,
marmo
alle
pareti
,
tombe
di
marmo
,
statue
di
marmo
alle
pareti
,
tombe
di
marmo
,
statue
di
marmo
.
Un
marmo
scuro
,
che
ha
preso
una
tinta
malaticcia
ed
umida
pel
tempo
che
è
trascorso
,
pel
sole
che
manca
,
per
la
scialba
luce
che
piove
dalle
vetrate
.
Non
ornamenti
di
oro
,
non
candelabri
,
non
lampade
votive
,
non
fiori
:
invece
fregi
,
ornamenti
,
mosaici
,
iscrizioni
,
palme
,
volute
,
capitelli
in
pietra
bianca
,
grigia
o
nera
,
non
altro
che
pietra
.
Tutto
vi
è
gelido
,
tranquillo
,
serenamente
sepolcrale
.
Altrove
è
vita
la
voce
del
prete
che
prega
,
la
tenue
fiammella
delle
candele
,
lo
squillo
del
campanello
,
lo
scricchiolio
di
una
sedia
,
il
fumo
sottile
dell
'
incenso
;
qui
non
si
prega
,
non
ardono
lumi
,
non
sedie
,
non
suonano
campanelli
,
non
fumano
incensi
.
Non
si
vive
per
pregare
,
si
muore
nello
sfinimento
della
preghiera
che
s
'
arresta
sulle
fredde
labbra
.
Non
è
una
chiesa
,
è
una
tomba
.
Volete
vedere
il
Cristo
morto
?
chiede
la
guida
,
con
la
sua
voce
strascicata
Quella
voce
umana
e
volgare
mi
scuote
.
Eppure
mi
parla
ancora
di
morte
.
Vediamo
la
prima
cappella
mormoro
,
quasi
vergognandomi
di
parlare
.
Coloro
che
vi
giacciono
,
quieti
ed
immobili
,
le
braccia
in
croce
sul
cuore
morto
,
appartengono
alla
nobilissima
fra
le
famiglie
;
Grandi
di
Spagna
di
prima
classe
,
due
volte
principi
,
due
volte
duchi
,
tre
volte
conti
,
cinque
o
sei
volte
marchesi
.
Sulla
porta
di
entrata
è
la
tomba
dell
'
antichissimo
antenato
che
andò
alle
crociate
:
ferito
o
svenuto
in
un
combattimento
,
fu
creduto
morto
e
portato
a
seppellire
,
ma
risvegliatosi
d
'
un
tratto
,
saltò
fuori
dalla
bara
più
animoso
e
sbaragliò
e
sconfisse
il
gruppo
dei
nemici
.
Tombe
dappertutto
.
Pompose
iscrizioni
latine
in
cui
il
sentimento
ed
il
carattere
s
'
affogano
nella
monotona
convenzionalità
dell
'
elogio
.
Solo
le
cifre
hanno
un
malinconico
significato
:
la
vita
non
è
lunga
nella
nobile
casa
Vi
muoiono
presto
le
fanciulle
,
vi
muoiono
presto
i
giovanetti
.
Ogni
tomba
ha
la
statua
grande
di
colui
che
vi
è
sepolto
,
o
almeno
un
medaglione
su
cui
si
disegnano
e
si
rilevano
certi
profili
soavi
,
certe
linee
serenamente
altiere
,
certi
ondeggiamenti
marmorei
di
chiome
disciolte
.
Nella
famiglia
è
tradizionale
una
pura
bellezza
,
più
d
'
espressione
che
di
plastica
.
Ogni
tomba
ha
la
sua
statua
,
ogni
tomba
ha
il
suo
medaglione
.
Volete
vedere
il
Cristo
morto
?
insiste
il
custode
.
Finiamo
di
veder
la
cappella
ripeto
io
,
singolarmente
infastidita
e
colpita
da
quella
insistenza
.
Fra
una
tomba
e
l
'
altra
,
statue
e
gruppi
allegorici
,
sempre
in
quell
'
interno
e
freddo
marmo
.
Ecco
il
Pudore
col
volto
coperto
da
un
velo
,
ecco
la
Fortezza
,
ecco
la
Temperanza
,
ecco
la
Gloria
,
ecco
l
'
Educazione
,
ecco
l
'
Amor
filiale
,
vuote
allegorie
che
non
chiudono
più
alcuna
idea
.
Ultimo
,
poeticamente
ultimo
,
è
il
Disinganno
,
un
uomo
che
cerca
con
uno
sforzo
supremo
districarsi
da
una
fitta
rete
che
l
'
avviluppa
tutto
.
Singolare
chiusura
della
vita
,
termine
singolare
di
tutte
le
sublimità
,
di
tutte
le
passioni
,
di
tutti
gli
amori
.
Il
Disinganno
e
più
altro
.
Perché
questa
tomba
non
ha
medaglione
?
domando
al
custode
.
Egli
non
m
'
ha
udita
,
perché
ricomincia
a
dire
:
Il
Cristo
morto
Vediamo
l
'
altar
maggiore
ripeto
io
,
ostinandomi
.
Sì
,
l
'
ultima
tomba
a
dritta
non
ha
medaglione
.
Manca
il
ritratto
della
nobile
principessa
che
vi
è
sepolta
,
che
è
morta
anch
'
essa
così
giovane
.
Il
medaglione
è
liscio
,
vuoto
,
bianco
,
come
se
ne
avesse
raspata
,
cancellata
l
'
immagine
.
Ed
è
triste
come
nella
sala
ducale
,
a
Venezia
,
il
ritratto
di
Faliero
,
coperto
da
un
velo
nero
.
L
'
altar
maggiore
è
nudo
,
severo
.
Sulla
parete
,
in
fondo
,
n
alto
v
'
è
un
quadro
,
una
Vergine
della
Pietà
,
scolorita
,
che
sostiene
sulle
ginocchia
il
livido
corpo
di
Gesù
.
La
pittura
è
guasta
,
bruna
,
tetra
;
un
sorcio
ha
fatto
un
buco
nero
nel
costato
di
Gesù
.
Più
giù
,
proprio
dall
'
altar
maggiore
,
un
grande
gruppo
in
marmo
che
rappresenta
la
Deposizione
della
Croce
.
Sempre
lo
stesso
soggetto
,
sempre
la
morte
.
Ed
ecco
ripete
trionfalmente
il
custode
,
staccandosi
dall
'
altar
maggiore
il
Cristo
morto
.
Sta
ai
piedi
dell
'
altar
maggiore
,
a
sinistra
.
Sopra
un
largo
piedistallo
è
disteso
un
materasso
marmoreo
;
sopra
questo
letto
gelato
e
funebre
giace
il
Cristo
morto
.
È
grande
quanto
un
uomo
,
un
uomo
vigoroso
e
forte
.
Nella
pienezza
dell
'
età
.
Giace
lungo
disteso
,
abbandonato
,
i
piedi
diritti
,
rigidi
,
uniti
,
le
ginocchia
sollevate
lievemente
,
le
reni
sprofondate
,
il
petto
gonfio
il
collo
stecchito
,
la
testa
sollevata
sui
cuscini
,
ma
piegata
,
sul
lato
diritto
,
le
mani
prosciolte
.
I
capelli
sono
arruffati
,
quasi
madidi
del
sudore
dell
'
agonia
.
Gli
occhi
socchiusi
,
alle
cui
palpebre
tremolano
ancora
le
ultime
e
più
dolorose
lagrime
.
In
fondo
,
sul
materasso
,
sono
gettati
,
con
una
spezzatura
artistica
,
gli
attributi
della
Passione
,
la
corona
di
spine
,
i
chiodi
,
la
spugna
imbevuta
di
fiele
,
il
martello
.
Sul
piedistallo
,
sotto
i
cuscini
,
questa
iscrizione
:
Joseph
Sammartino
,
Neap
.
,
fecit
,
1753
.
E
più
nulla
.
Cioè
no
:
sul
Cristo
morto
,
su
quel
corpo
bello
ma
straziato
,
una
religiosa
e
delicata
pietà
ha
gettato
un
lenzuolo
dalle
pieghe
morbide
e
trasparenti
,
che
vela
senza
nascondere
,
che
non
cela
la
piaga
ma
la
molce
,
che
non
copre
lo
spasimo
ma
lo
addolcisce
.
Sopra
un
corpo
di
marmo
,
che
sembra
di
carne
,
un
lenzuolo
di
marmo
che
la
mano
quasi
vorrebbe
togliere
.
Niente
manca
,
dunque
,
in
questa
profonda
creazione
artistica
:
e
vi
è
il
sentimento
che
fa
palpitare
la
pietra
,
turbando
il
nostro
cuore
,
e
v
'
è
l
'
audacia
del
creatore
che
rompe
ogni
regola
,
e
v
'
è
il
magistero
di
una
forma
eletta
,
pura
,
squisita
.
Quel
corpo
morto
era
poc
'
anzi
vivo
,
si
contorceva
nelle
angosce
di
un
'
agonia
spaventosa
,
giovane
e
robusto
si
ribellava
al
male
,
si
ribellava
alla
morte
.
Non
vi
era
sfinimento
,
non
vi
era
abbattimento
:
le
fibre
non
volevano
morire
,
il
corpo
non
voleva
morire
.
Ma
sotto
le
pieghe
del
lenzuolo
la
testa
ha
un
carattere
stupendo
:
la
fronte
liscia
ha
un
vasto
pensiero
;
piangono
gli
occhi
,
è
vero
,
pel
cruccio
fisico
,
ma
le
labbra
schiuse
hanno
una
traccia
di
sorriso
che
è
una
indefinita
speranza
.
È
vero
.
è
vero
,
il
dolore
è
passato
dal
corpo
all
'
anima
;
è
vero
,
l
'
anima
è
contristata
,
ma
non
è
disperazione
,
ma
non
è
desolazione
.
L
'
anima
come
la
bocca
è
abbeverata
di
fiele
,
ma
una
goccia
di
consolazione
vi
è
stata
.
Tutto
quel
Cristo
è
un
dolore
supremo
,
ma
è
anche
una
suprema
speranza
;
ma
il
mistero
di
quella
testa
divina
è
così
grandioso
,
ma
l
'
ammirazione
per
la
meravigliosa
opera
d
'
arte
è
così
sconfinata
,
ma
la
pietà
del
bellissimo
estinto
è
così
invadente
che
il
pensatore
si
scuote
e
non
frena
più
le
acute
indagini
dalla
sua
mente
,
l
'
artista
s
'
inchina
nella
esaltazione
del
suo
spirito
ed
il
credente
non
può
che
abbandonarsi
,
piangendo
,
sui
piedi
del
morto
,
cospargendoli
di
lagrime
e
di
baci
.
Singolare
anima
d
'
artista
doveva
esser
quella
dello
scultore
che
ha
dato
all
'
arte
questo
Cristo
morto
.
Nell
'
opera
sua
vi
è
tutto
il
suo
spirito
.
Uno
spirito
dove
sorgevano
uguali
,
immensi
,
due
amori
:
quello
per
una
donna
,
quello
per
l
'
arte
.
Infelicissimo
,
terribilmente
doloroso
il
primo
.
Solamente
chi
ha
conosciuto
il
furore
acuto
di
una
sofferenza
senza
nome
può
far
passare
tutta
la
poesia
di
questa
sofferenza
nel
marmo
senza
vita
;
solamente
chi
è
vissuto
nelle
lagrime
,
nell
'
angoscia
,
nella
esaltazione
di
un
'
anima
innamorata
e
solitaria
,
può
infondere
nel
marmo
il
solitario
e
cupo
dolore
di
questo
Cristo
.
Lo
scultore
ha
saputo
,
ha
sentito
.
Ha
saputo
,
ha
sentito
che
cosa
fosse
il
tormento
sottile
che
stride
come
una
sega
piccina
ed
inesorabile
;
la
desolazione
grigia
,
lunga
,
monotona
,
dove
tutto
è
cenere
,
tutto
è
nausea
,
tutto
è
disgusto
:
la
disperazione
larga
e
vasta
e
lenta
come
una
fiumana
di
pianto
;
la
disperazione
fragorosa
e
tumultuante
come
un
torrente
che
tutto
trascina
.
Chi
ha
fatto
quel
Cristo
ha
spasimato
d
amore
;
ha
amato
ed
ha
pianto
;
ha
amato
ed
un
fremito
mortale
gli
ha
travolto
le
fibre
;
ha
amato
ed
una
convulsione
ha
contorta
e
spezzata
la
sua
vita
;
ha
amato
senza
speranza
,
senza
gioia
,
senza
diletto
,
abbruciando
la
propria
esistenza
nella
tormentosa
voluttà
del
dolore
.
Solo
un
uomo
che
ama
può
creare
quel
Cristo
morto
;
solo
colui
che
soffre
col
trasporto
,
con
la
passione
delle
sofferenze
,
può
mettere
in
una
statua
tutta
la
sublime
epopea
del
dolore
.
Ogni
colpo
di
scalpello
che
scheggiava
,
rompeva
,
carezzava
,
curvava
,
ammorbidiva
il
marmo
,
era
una
parola
,
un
gemito
,
un
lamento
,
un
grido
,
uno
scoppio
furente
di
questo
amore
.
La
passione
dell
'
uomo
vivo
creava
la
passione
del
Cristo
morto
.
E
ne
veniva
fuori
un
'
anima
d
'
artista
che
imprimeva
il
suo
carattere
in
un
capolavoro
dell
'
arte
.
.
.
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.
.
Perché
quella
tomba
non
ha
ritratto
?
chiesi
di
nuovo
uscendo
dalla
chiesa
,
mentre
il
custode
faceva
tintinnire
le
chiavi
.
Lo
scultore
non
ebbe
tempo
di
finirlo
...
Quale
scultore
?
Il
Sammartino
.
Ah
!
...
...
Morì
prima
di
finirlo
.
Fu
trovato
in
una
straduccia
buia
,
di
notte
,
con
un
pugnale
nel
petto
.
Fu
ucciso
o
s
'
uccise
?
Si
crede
che
si
fosse
ucciso
.
.
.
.
.
.
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.
.
.
.
Come
nello
strazio
dell
ignota
agonia
,
la
testa
del
morto
scultore
doveva
rassomigliare
a
quella
del
Cristo
morto
!
PROVVIDENZA
,
BUONA
SPERANZA
Sono
belli
i
bimbi
napoletani
e
ridono
e
giocano
come
tutti
gli
altri
bimbi
del
mondo
;
ma
non
vogliono
alla
sera
stare
quieti
sotto
il
lume
della
lampada
,
se
la
giovane
madre
,
o
la
gentile
sorellina
,
o
la
nonna
dagli
occhiali
d
oro
,
o
la
zia
che
lavora
di
calza
,
non
racconta
loro
una
storia
,
una
bella
e
lunga
storia
che
faccia
spalancare
i
loro
occhioni
,
sino
a
che
il
sonno
li
faccia
diventare
piccoli
piccoli
.
Sono
così
tutti
i
bimbi
del
mondo
?
Io
non
lo
so
:
io
conosco
solamente
i
miei
bimbi
napoletani
che
amano
le
storielle
della
sera
.
Vorrei
essere
io
la
madre
ancora
gaia
come
una
fanciulla
,
la
grande
sorella
nel
cui
animo
di
giovinetta
si
forma
la
madre
,
la
nonnina
che
ricorda
il
suo
giocondo
passato
,
la
zia
che
non
ha
avuto
passato
d
amore
,
che
non
ha
presente
e
la
cui
mano
tremante
di
emozione
si
appoggia
timidamente
sul
capo
di
bimbi
non
suoi
:
narrerei
loro
la
storia
di
Provvidenza
,
buona
speranza
.
La
vorranno
essi
ascoltare
da
me
,
che
narro
grosse
e
cattive
storielle
agli
uomini
grandi
e
buoni
?
I
bimbi
sono
belli
,
amano
le
storielle
e
sono
indulgenti
col
narratore
V
era
dunque
una
volta
,
nella
nostra
carissima
Napoli
,
un
uomo
molto
strano
.
Io
non
vi
dico
l
epoca
precisa
in
cui
egli
visse
la
sua
vita
singolare
,
poiché
a
voi
,
bambini
ridenti
,
non
importa
nulla
una
data
,
voi
che
avete
la
fortuna
di
obliare
;
poiché
a
voi
non
interessano
le
cifre
,
voi
la
cui
vita
è
tutta
una
poesia
.
L
epoca
io
la
so
,
poiché
noi
grandi
abbiamo
l
infelicità
di
sapere
troppe
cose
inutili
,
di
accumulare
nella
nostra
testa
tante
notizie
che
a
nulla
ci
valgono
lo
so
e
non
velo
dico
.
A
voi
sicuramente
interessa
di
più
sapere
come
era
fatto
questo
uomo
strano
,
come
vestiva
,
che
cosa
mangiava
,
quali
erano
le
sue
abitudini
ed
in
che
consisteva
la
sua
stranezza
.
Uditemi
tutti
attentamente
che
qui
comincia
il
buono
:
questo
uomo
di
cui
vi
parlo
era
lungo
lungo
come
mai
uomo
può
essere
lungo
,
in
modo
che
il
popolo
diceva
sempre
che
egli
era
cresciuto
all
umido
e
che
la
mamma
aveva
sempre
avuto
cura
ad
annaffiarlo
,
perché
crescesse
,
quasi
che
egli
fosse
un
alberetto
e
non
un
uomo
.
L
uomo
lungo
era
anche
molto
magro
,
con
certe
gambe
che
ballavano
nei
calzoni
,
come
un
fodero
troppo
largo
,
con
certe
braccia
che
sembravano
due
aste
sottili
di
mulino
sempre
in
moto
.
I
mulini
li
avete
visti
,
nevvero
?
Si
?
Va
bene
;
tiro
innanzi
.
L
uomo
lungo
e
magro
non
era
molto
vecchio
,
poiché
aveva
tutti
i
capelli
neri
senza
un
filo
bianco
e
gli
occhi
suoi
,
bruni
come
il
carbone
,
brillavano
come
quelli
di
un
giovanetto
,
ma
la
pelle
del
viso
era
gialla
come
la
cartapecora
dei
libri
di
vostro
nonno
e
si
piegava
tutta
in
mille
rughe
;
il
collo
in
cui
i
tendini
erano
salienti
,
rassomigliava
alla
zampa
secca
di
una
gallina
morta
.
Egli
era
vestito
sempre
di
nero
,
con
certi
pantaloni
lucidi
dal
grande
uso
,
troppo
corti
sul
piede
,
lasciando
scoperti
gli
scarponi
di
cuoio
grosso
e
le
calze
bucate
;
aveva
un
lungo
soprabito
,
le
cui
falde
svolazzavano
,
che
gli
si
adattava
male
alla
vita
,
alle
spalle
,
al
collo
,
di
cui
il
primo
bottone
era
sempre
ficcato
nel
secondo
occhiello
e
così
di
seguito
.
Portava
al
collo
come
cravatta
un
fazzoletto
bianco
;
in
testa
un
cappellaccio
,
rosso
dalla
vergogna
,
tutto
ammaccature
e
sassate
,
in
mano
un
bastone
nodoso
,
dal
pomo
grosso
come
quello
di
un
capo
-
tamburo
.
Questo
uomo
non
si
sapeva
da
nessuno
chi
fosse
,
donde
venisse
,
dove
andasse
;
ma
tutti
lo
conoscevano
poiché
il
giorno
e
la
notte
girava
per
le
strade
di
Napoli
,
figura
allampanata
e
fantastica
che
al
lume
dei
lampioni
assumeva
proporzioni
inverosimili
ed
alla
luce
del
sole
pareva
uno
spettro
che
avesse
smarrita
la
via
del
cimitero
.
L
uomo
si
fermava
a
tutte
le
porte
,
si
fermava
sotto
tutti
i
balconi
e
metteva
fuori
il
suo
grido
,
aspettava
un
momento
,
poi
andava
via
.
Egli
conosceva
tutte
le
case
dove
erano
bambini
e
,
arrestandosi
lì
sotto
,
gridava
con
la
sua
voce
stridula
:
Provvidenza
!
Allora
il
bambino
veniva
,
salutava
l
uomo
e
gli
dava
un
soldetto
,
o
un
frutto
,
o
un
pezzo
di
pane
.
Egli
conosceva
bensì
tutte
le
case
dove
non
erano
bambini
e
vi
si
fermava
sotto
,
gridando
:
Buona
speranza
!
La
sua
voce
suonava
come
un
augurio
e
tutti
coloro
che
hanno
il
desiderio
vano
pei
figli
,
tutti
coloro
che
li
aspettano
,
tutti
coloro
che
amano
i
bimbi
,
davan
l
elemosina
al
mendico
.
Solo
i
cuori
duri
,
quelli
che
sono
egoisti
,
che
non
hanno
mai
voluto
bene
ad
alcuno
,
non
gli
davano
nulla
;
il
mendico
ne
conosceva
le
case
e
non
vi
si
fermava
.
Egli
,
tra
il
frastuono
dei
carri
,
delle
carrozze
,
dei
mestieri
rumorosi
,
dei
venditori
che
strillano
il
prezzo
della
merce
,
gittava
sempre
il
suo
grido
alto
,
a
tutti
superiore
:
Provvidenza
,
buona
speranza
!
Lo
si
udiva
nelle
cantine
profonde
,
dalle
soffitte
altissime
,
dai
giardini
,
dalle
terrazze
:
il
suo
grido
metteva
allegria
.
Il
povero
ammalato
che
,
confitto
nel
letto
,
guarda
volare
le
mosche
,
conta
i
fiorami
delle
pareti
ed
i
travicelli
del
tetto
,
sentiva
volentieri
quelle
parole
che
dalla
via
pareva
gli
dessero
promessa
di
una
pronta
guarigione
:
Provvidenza
,
buona
speranza
!
L
'
operaio
che
nella
sua
bottega
,
nei
calori
soffocanti
dell
'
estate
suda
a
tirare
la
sega
su
e
giù
,
si
rialza
più
vigoroso
,
quasi
animato
da
una
vaga
fiducia
che
il
lavoro
diventasse
meno
duro
,
il
padrone
meno
esigente
ed
il
pane
meno
caro
:
Provvidenza
,
buona
speranza
!
La
madre
solitaria
che
di
notte
agucchia
presso
il
tavolino
,
al
lume
temperato
di
una
lampada
e
pensa
al
figliuolo
marinaio
,
imbarcato
su
una
nave
che
viaggia
nei
lontani
mari
del
Giappone
,
e
trema
al
soffio
del
vento
,
e
ha
gli
occhi
pieni
di
lagrime
allo
scroscio
della
pioggia
,
sorrideva
a
quella
voce
che
nell
'
ombra
le
diceva
sperare
:
Provvidenza
,
buona
speranza
!
Ma
il
mendico
singolare
che
non
parlava
mai
d
'
elemosina
,
s
'
intratteneva
volentieri
coi
bimbi
di
Napoli
,
ne
conosceva
dappertutto
,
ne
sapeva
i
nomi
e
talvolta
anche
i
piccoli
segreti
.
Nella
strada
di
Santa
Lucia
dove
i
bimbi
sono
bruni
,
magri
e
nervosi
e
rassomigliano
ai
pesciolini
svelti
del
mare
,
egli
si
fermava
a
guardare
i
tonfi
che
essi
fanno
nel
mare
,
animandoli
con
la
voce
,
agitando
il
bastone
,
eccitando
i
più
bravi
,
applaudendo
ai
salti
migliori
:
i
bimbi
salivano
a
ridere
con
lui
,
soffregandosi
alle
sue
lunghe
gambe
,
mentre
a
lui
un
riso
bonario
spianava
le
rughe
e
rischiarava
il
volto
.
Nei
quartieri
nobili
di
Chiaia
,
di
Toledo
,
della
Riviera
,
egli
guardava
lungamente
i
bimbi
vestiti
di
velluto
e
di
trine
,
coi
riccioli
ben
pettinati
,
gli
stivalini
nuovi
fiammanti
,
le
manine
inguantate
,
i
bimbi
che
vanno
a
passeggiare
in
carrozza
o
guidati
dalla
mamma
:
i
bei
bimbi
non
avevano
paura
né
ribrezzo
del
mendico
e
talvolta
gli
davano
un
confetto
o
un
pezzettino
di
cioccolatto
che
egli
,
che
nessuno
aveva
mai
veduto
a
mangiarne
,
divorava
con
una
letizia
sorridente
,
col
capo
riverso
indietro
,
con
gli
occhi
lucidi
di
contentezza
.
Nei
quartieri
bassi
del
Pendino
e
del
Mercato
,
dove
i
bambini
sono
pallidi
e
malaticci
pel
cibo
di
frutta
acerbe
,
egli
,
di
nascosto
,
dava
loro
dei
soldetti
e
fuggiva
via
con
le
sue
lunghe
gambe
,
gridando
ed
agitando
il
bastone
.
Su
pei
giardini
delle
colline
,
dove
i
bimbi
sono
floridi
di
ciera
hanno
i
capelli
gialli
pel
sole
ed
i
piedi
nudi
nella
polvere
,
egli
li
chiamava
a
frotte
intorno
a
sé
,
faceva
le
capriole
,
si
buttava
per
terra
come
un
pazzo
e
se
li
faceva
camminare
sulle
gambe
,
sulla
pancia
,
sullo
stomaco
,
ridendo
e
strillando
,
poi
ne
agguantava
un
paio
,
li
baciava
disperatamente
e
scappava
via
per
le
viottole
,
simile
ad
uno
spaventa
-
passeri
.
Di
notte
girava
per
le
vie
della
città
dietro
ai
bimbi
che
cercano
i
mozziconi
dei
sigari
e
tastando
in
terra
col
bastone
,
coi
suoi
occhi
di
gatto
che
bucavano
l
'
oscurità
,
ne
trovava
,
anche
lui
dei
mozziconi
e
li
buttava
tacitamente
nel
cestino
del
piccolo
trovatore
;
si
fermava
sulle
soglie
delle
chiese
dove
giacciono
in
terra
a
dormire
,
arrotondate
come
cani
,
tante
miserabili
creaturine
senza
tetto
e
sollevandole
se
ne
metteva
un
paio
col
capo
in
grembo
,
coprendole
con
le
falde
del
suo
soprabitone
,
rimanendo
immobile
al
freddo
,
seduto
sugli
scalini
,
guardando
i
ricchi
e
gli
agiati
che
rincasano
e
vanno
a
baciare
i
bimbi
che
dormono
nel
calduccio
del
letticciuolo
.
Provvidenza
,
buona
speranza
,
andava
al
mattino
ed
al
pomeriggio
sulla
porta
delle
scuole
a
vedere
i
bambini
che
vanno
o
escono
dalla
scuola
;
negli
otto
giorni
di
ogni
anno
in
cui
l
'
ospizio
dell
'
Annunziata
è
aperto
al
pubblico
,
il
mendico
passeggiava
gravemente
nelle
sale
mirando
i
trovatelli
,
parlando
loro
,
baciucchiandoli
,
palleggiandoli
e
canticchiando
loro
misteriose
canzoni
.
Era
singolare
come
il
mendico
intendesse
il
linguaggio
fatto
a
balbettìi
dei
piccini
piccini
e
le
domande
incoerenti
dei
più
grandetti
ed
i
bimbi
comprendevano
lui
che
non
era
compreso
dagli
uomini
.
Una
notte
Provvidenza
,
buona
speranza
,
scomparve
e
non
si
seppe
più
nulla
di
lui
,
né
fu
più
visto
.
Un
ortolano
di
Capodimonte
narrò
di
averlo
visto
,
nella
notte
,
sopra
un
masso
,
disperarsi
,
salutare
,
mandar
baci
alla
città
immersa
nel
sonno
,
buttarsi
per
terra
col
capo
nella
polvere
,
piangere
,
strapparsi
i
capelli
,
poi
rialzarsi
e
partire
.
Quelli
che
lo
conoscevano
,
si
dispiacquero
di
non
vederlo
più
,
di
non
udire
quel
suo
grido
che
rallegrava
,
i
bimbi
di
Napoli
ci
pensarono
un
par
di
volte
,
e
più
altro
.
Fu
detto
poi
che
Provvidenza
,
buona
speranza
era
un
grande
medico
di
un
paese
lontano
come
la
Svezia
,
Norvegia
o
la
Danimarca
,
che
si
fosse
fatto
amare
dall
'
unica
figliuola
del
re
,
l
'
avesse
sposata
segretamente
e
ne
avesse
avuto
un
bellissimo
bambino
che
il
re
,
saputo
il
fatto
,
fosse
montato
in
una
grande
collera
,
avesse
esiliato
per
sempre
il
medico
,
carcerata
la
figliuola
in
un
appartamento
e
messo
a
balia
il
bimbo
che
il
re
vecchio
,
morto
,
il
medico
fosse
chiamato
accanto
al
re
nuovo
,
suo
cognato
,
a
prendere
il
suo
posto
a
corte
presso
la
moglie
ed
il
figlio
.
Fu
detto
questo
,
ma
in
Napoli
,
fra
le
madri
ed
i
figliuoli
,
fra
i
bimbi
ed
i
popolani
,
è
rimasta
tradizionale
la
figura
di
Provvidenza
,
buona
speranza
e
l
'
annuncio
del
suo
arrivo
serve
ancora
a
calmare
gli
strilli
dei
piccoli
impertinenti
,
ad
asciugare
le
lagrime
dei
piagnolosi
ed
a
far
addormentare
quelli
troppo
vivaci
che
hanno
la
pessima
abitudine
di
vegliate
tardi
,
senza
sapere
che
il
sonno
...
I
bimbi
dormono
.
LEGGENDA
DI
CAPODIMONTE
Lassù
,
sul
colle
,
vive
il
bosco
verdeggiante
dalle
fresche
ombrie
.
I
sentieri
si
allungano
a
perdita
d
'
occhio
sotto
i
grandi
alberi
;
sulla
terra
scricchiolano
lievemente
le
foglie
morte
.
La
vegetazione
sbuca
possente
dal
suolo
,
s
'
ingrossa
nei
tronchi
nodosi
,
si
espande
nei
rami
che
si
intrecciano
,
nelle
innumerevoli
foglie
lucide
e
brune
;
ai
piedi
degli
alberi
cresce
l
'
erba
morbida
e
minuta
,
dalle
foglioline
piccine
.
Nelle
siepi
fiorisce
l
'
anemone
,
e
sfoglia
al
suolo
i
suoi
petali
la
rosa
selvaggia
.
Schizzano
,
sfilano
le
lucertoline
grigio
-
verde
,
dalla
testolina
mobile
ed
intelligente
,
dalla
coda
nervosa
.
Sotto
gli
archi
dei
grandi
.
alberi
:
penetra
temperata
la
luce
;
tra
foglia
e
foglia
il
sole
getta
,
sulla
terra
dei
cerchielli
ridenti
e
luminosi
;
raggi
sottili
e
biondi
passano
tra
i
rami
.
Il
silenzio
è
profondo
;
è
lontana
,
lontana
la
rumorosa
città
.
Un
profumo
vivificante
si
espande
;
ogni
tanto
il
garrito
allegro
di
un
uccello
fa
ondeggiare
le
conche
rosee
dell
'
aria
.
Non
è
,
non
è
la
piccioletta
e
magra
natura
dei
giardini
tagliati
ad
angoli
retti
,
squadrati
,
polverosi
e
malinconici
;
non
sono
le
aiuole
di
fiorellini
variopinti
che
non
dànno
freschezza
,
non
dànno
ombra
,
tirati
su
con
cure
infinite
;
non
è
la
natura
corretta
e
riveduta
,
sfacciata
e
pomposa
che
si
stende
al
sole
senza
vergogna
,
riarsa
,
secca
.
È
la
forte
e
possente
natura
che
irrompe
dalla
terra
vera
,
e
allaga
,
e
inonda
la
campagna
come
oceano
di
verdura
;
è
la
natura
pudica
e
grande
del
bosco
,
che
si
ammanta
di
foglie
,
che
vela
il
volto
divino
,
che
molce
la
passione
delle
sue
nozze
nell
'
ombre
discrete
nei
placidi
silenzi
,
nei
recessi
ignoti
.
È
nell
'
immenso
bosco
che
si
sogna
;
nei
quadrivi
lontani
trapassa
rapidissimo
un
lieve
fantasma
;
nei
bruni
tronchi
apparisce
qualche
leggiadro
volto
di
donna
;
la
foglia
che
cade
sembra
il
rumore
di
un
bacio
scoccato
.
È
nel
discreto
e
amabile
bosco
che
s
'
ama
Egli
errava
nei
viali
,
solo
,
pallido
e
triste
.
La
città
lo
stancava
;
era
incurabile
la
malattia
che
gli
corrompeva
l
'
anima
.
L
'
occhio
vitreo
s
'
affisava
sopra
ogni
cosa
bella
senza
piacere
,
senza
dolore
;
né
festa
di
colori
,
né
capolavoro
d
'
arte
,
né
donna
bellissima
valevano
a
trargli
un
sorriso
sulle
labbra
.
Nella
città
una
fanciulla
sottile
e
pensosa
si
struggeva
lentamente
per
lui
d
'
amore
:
egli
non
l
'
amava
.
Altrove
,
altrove
era
il
suo
amore
.
Lassù
,
forse
nelle
incomparabili
e
lucide
stelle
,
gioielli
glaciali
del
cielo
;
laggiù
,
forse
nelle
bianche
e
verdi
onde
,
il
cui
fragore
rassomiglia
al
metro
di
una
poesia
monotona
ed
uniforme
;
al
polo
,
forse
,
negli
albori
nevosi
,
nelle
atmosfere
frigide
,
dove
il
sole
non
riscalda
e
non
illumina
;
nella
nera
ed
orrenda
Africa
,
forse
,
fra
le
liane
rosse
e
gigantesche
e
fra
i
serpenti
azzurri
dagli
occhi
ammaliatori
.
Egli
amava
lontano
in
un
punto
indefinito
,
in
un
paese
sconosciuto
,
con
un
amore
sconfinato
ed
ignoto
,
una
creatura
misteriosa
che
egli
aveva
creata
.
Non
la
chiamava
,
non
la
voleva
,
non
la
desiderava
:
l
'
anima
sua
nulla
sapeva
di
volontà
e
di
desideri
.
Amava
.
Il
suo
palazzo
rimaneva
vuoto
,
la
madre
si
desolava
nella
solitudine
,
i
servi
dormivano
nelle
anticamere
,
i
nobili
cavalli
scalpitavano
invano
nelle
vaste
scuderie
.
Egli
non
si
ricordava
più
di
tutto
questo
.
Trascinava
la
sua
vita
vagando
nelle
viottole
di
campagna
,
vagando
nei
viali
del
bosco
,
dove
ritrovava
la
pace
;
trascinava
la
lenta
vita
consumandosi
nell
'
amore
.
Il
corpo
s
'
illanguidiva
,
le
gote
scarne
avevano
il
colore
della
morte
,
non
mandavano
più
lampi
di
vitalità
le
pupille
.
È
questa
la
funesta
malattia
che
uccide
gli
umani
;
è
il
fatale
ed
insanabile
amore
dell
'
ideale
.
Nella
nebulosità
di
un
viale
,
dove
si
elevava
un
velo
opalino
ed
iridescente
,
in
un
mattino
d
'
inverno
,
egli
la
vide
.
Era
una
forma
snella
,
senza
contorni
,
fatta
d
'
aria
,
ondeggiante
;
fu
un
balenìo
lieve
,
un
luccicare
,
un
istante
solo
di
luce
.
Egli
corse
,
ansioso
,
rinvigorito
;
nulla
ritrovò
,
la
forma
gentile
era
scomparsa
.
Ma
come
il
suo
cuore
si
pose
a
desiderare
ardentemente
di
rivedere
il
fuggevole
fantasma
,
con
la
possanza
della
volontà
lo
evocò
di
nuovo
.
Sempre
lontano
,
sempre
un
'
ombra
vana
.
Qualche
cosa
di
bianco
e
di
lucido
che
tremolava
,
che
non
toccava
il
suolo
,
che
si
dileguava
nelle
linee
indefinite
dell
'
aria
.
Quello
,
quello
era
il
suo
amore
:
giunto
sul
punto
dove
gli
era
apparso
,
egli
s
'
inginocchiava
e
baciava
la
terra
,
adorando
così
la
immagine
fuggitiva
.
Ogni
giorno
la
divina
creatura
si
concedeva
sempre
più
:
gli
appariva
meno
lontana
,
distinta
,
più
chiara
.
Era
una
creatura
celestiale
,
una
fanciulla
bianca
bianca
,
le
cui
forme
quasi
infantili
si
velavano
in
un
abito
candido
.
Ella
compariva
e
nel
volto
circonfuso
di
luce
,
gli
sorrideva
;
agitando
il
capo
,
lo
salutava
.
Poi
cominciava
a
camminare
,
e
lui
la
seguiva
con
gli
occhi
intenti
,
movendo
i
passi
macchinalmente
,
concentrato
tutto
nell
'
attenzione
;
ella
radeva
appena
la
terra
,
abbandonava
i
sentieri
noti
,
penetrava
tra
gli
alberi
,
appariva
e
scompariva
,
voltandosi
a
sorridere
,
lasciando
che
il
lembo
bianco
del
suo
abito
radesse
l
'
erba
,
con
un
piccolo
e
lusinghiero
mormorìo
.
Egli
non
osava
parlarle
,
tremava
,
la
voce
gli
moriva
nella
gola
;
bastava
alla
sua
felicità
contemplare
ardentemente
,
con
la
fissità
della
follia
,
con
gli
occhi
aridi
che
gli
bruciavano
,
il
suo
amore
che
fuggiva
dinanzi
a
lui
.
Ella
girava
,
girava
pel
bosco
,
arrestandosi
soltanto
un
minuto
,
chinandosi
a
carezzare
i
fiori
,
ma
non
cogliendoli
,
non
lasciando
traccia
sull
'
erbetta
calpestata
;
appena
egli
la
raggiungeva
,
ella
riprendeva
la
sua
corsa
.
Lui
dietro
,
senza
sentire
la
stanchezza
delle
sue
gambe
che
diventavano
pesanti
come
il
piombo
;
lui
dietro
,
sostenuto
dall
'
indomita
volontà
,
eccitato
,
esaltato
,
sospinto
all
'
ultima
e
più
acuta
vibrazione
dei
nervi
.
Fino
a
che
,
approssimandosi
al
castello
,
il
celeste
fantasma
cessava
di
sorridere
,
ed
una
malinconia
si
effondeva
dal
volto
gentile
;
poi
,
entrato
nel
cupo
androne
,
volgevasi
per
l
'
ultima
volta
,
salutava
,
agitando
la
mano
,
e
scompariva
.
Lui
non
osava
gridarle
:
rimani
,
rimani
!
e
s
'
abbandonava
sopra
un
banco
,
spossato
,
abbattuto
,
morto
.
Perché
non
siedi
a
me
daccanto
,
o
dolce
amor
mio
?
Perché
non
mi
ti
accosti
?
Non
temere
,
non
mi
appresserò
troppo
.
Sai
che
t
'
amo
,
so
che
m
'
ami
;
so
che
dobbiamo
troppo
avvicinarci
.
E
neppure
puoi
parlarmi
:
così
vuole
il
destino
.
Ma
io
t
'
amo
;
tu
sei
il
mio
cuore
.
L
'
anima
mia
è
fatta
di
te
;
non
sono
io
,
sono
te
;
se
io
muoio
,
tu
morrai
;
se
tu
muori
,
io
muoio
.
Come
sei
bianca
,
o
divina
fanciulla
!
I
tuoi
occhi
sono
trasparenti
e
chiari
,
non
mi
guardano
;
le
tue
guance
hanno
appena
una
trasparenza
rosea
,
le
tue
labbra
sono
pallide
pallide
,
le
tue
mani
sono
candide
come
la
neve
,
ed
un
fiocco
di
neve
è
il
tuo
manto
.
Hai
tu
freddo
,
cuor
mio
?
Non
sai
che
io
ho
la
febbre
,
che
il
,
sangue
schiuma
e
bolle
nelle
mie
vene
,
come
un
'
onda
impetuosa
?
Sorridi
?
Puoi
calmarmi
così
.
Quest
'
ardor
che
m
'
infiamma
,
questo
incendio
che
divampa
in
me
,
solo
la
carezza
della
tua
gelida
mano
potrebbe
domarlo
,
solo
il
tocco
delle
tue
gelide
labbra
potrebbe
assopirlo
.
No
!
Non
allontanarti
,
resta
,
resta
per
pietà
di
chi
t
'
ama
.
Non
ti
chiederò
più
nulla
,
creatura
bianca
ed
innocente
.
Tu
leggi
in
me
,
vedi
che
sono
puro
,
che
il
mio
cuore
è
candido
come
la
tua
veste
,
che
non
lo
macchia
desiderio
di
fango
.
Non
fuggirmi
,
non
rivolgere
il
,
volto
celestiale
;
quando
tu
m
'
abbandoni
,
ecco
,
la
vita
declina
,
in
me
:
tutto
diventa
buio
,
tutto
diventa
muto
,
ed
io
piango
sul
mio
sogno
distrutto
,
sul
mio
cuore
desolato
.
Donde
vieni
tu
?
Dove
vai
,
quando
mi
lasci
?
E
perché
mi
lasci
?
T
'
amo
,
non
lasciarmi
.
Non
parlava
la
fanciulla
nei
colloqui
i
d
'
amore
.
Ella
ascoltava
immobile
,
bianca
,
pronta
sempre
a
partire
;
ogni
tanto
un
sorriso
indefinito
le
sfiorava
le
labbra
,
una
mestizia
le
compariva
in
volto
;
ma
sorriso
e
mestizia
erano
spostamento
di
linee
,
non
corrugamento
di
fronte
o
espansione
di
labbra
;
era
espressione
,
luce
interna
,
quasi
una
lampada
soave
s
'
accendesse
dietro
un
velo
.
Non
parlava
la
fanciulla
,
ma
ogni
giorno
ella
restava
più
a
lungo
con
colui
che
l
'
amava
.
Egli
le
parlava
lungamente
,
poi
stanco
,
la
voce
gli
si
abbassava
a
poco
a
poco
,
poi
taceva
.
La
contemplava
,
estatico
.
Ella
si
muoveva
per
andarsene
.
Non
partire
,
non
partire
!
supplicava
lui
.
Ella
restava
ferma
innanzi
a
lui
,
i
piedini
bianchi
come
ale
di
colombo
,
appena
posati
a
terra
,
coi
capelli
vagamente
adorni
di
rose
bianche
,
con
un
lembo
di
abito
sostenuto
da
rose
bianche
.
Siedi
,
siedi
accanto
a
me
!
Ella
non
sedeva
,
immota
,
guardando
dinanzi
a
sé
coi
grandi
occhi
senza
pupilla
.
Parlami
,
parlami
mormorava
lui
.
Ella
non
aveva
voce
,
non
si
muovevano
le
labbra
.
Invano
egli
la
pregava
,
la
scongiurava
,
s
'
inginocchiava
,
ella
non
gli
rispondeva
.
Era
inflessibile
e
serena
.
Ma
in
un
crepuscolo
d
'
autunno
,
egli
trovò
le
frasi
più
eloquenti
per
esprimere
la
propria
disperazione
:
batté
la
fronte
a
terra
,
sparse
le
lagrime
più
cocenti
,
adorò
la
fanciulla
.
Ella
parea
si
trasformasse
;
dietro
il
candore
della
pelle
pareva
che
cominciasse
a
correre
il
sangue
.
Egli
,
folle
,
morente
di
amore
,
le
offerse
la
sua
vita
per
una
parola
.
M
'
ami
?
Sì
parve
un
sussurrìo
.
Allora
,
in
un
impeto
di
passione
,
egli
l
'
abbracciò
.
Un
orribile
scricchiolìo
s
'
intese
e
la
divina
fanciulla
cadde
al
suolo
,
frantumata
in
tanti
cocci
di
porcellana
candida
.
Nella
notte
profonda
,
quando
i
custodi
dormivano
,
nella
deserta
sala
delle
porcellane
cominciò
un
mormorìo
,
un
bisbiglio
,
un
'
agitazione
.
Correvano
fremiti
da
una
scansia
all
'
altra
,
attraverso
i
cristalli
;
voci
irose
e
sommesse
si
urtavano
,
fieri
propositi
,
progetti
di
vendetta
cozzavan
l
'
un
contro
l
'
altro
.
Poco
a
poco
la
calma
si
ristabilì
:
tutto
era
deciso
.
La
sfilata
cominciò
.
Prima
fu
l
'
Aurora
bianca
sul
suo
carro
tirato
da
quattro
cavalli
candidi
;
e
discesa
nel
giardino
dove
lui
giaceva
svenuto
accanto
al
suo
idolo
infranto
,
maledisse
per
sempre
le
sue
albe
;
la
seguirono
le
ventiquattro
fanciulle
che
sono
le
Ore
,
e
sfogliarono
rose
avvelenate
sullo
svenuto
;
dopo
vennero
gli
Amorini
,
e
gli
conficcarono
nel
cuore
i
dardi
acuti
e
dolorosi
.
Il
gruppo
passò
.
Secondi
vennero
i
sette
re
di
Francia
,
bianchi
,
sui
cavalli
bianchi
,
Carlomagno
,
S
.
Luigi
,
Francesco
I
,
Enrico
II
,
Enrico
IV
,
Luigi
XIII
,
Luigi
XIV
;
galoppando
pei
viali
,
toccarono
con
lo
scettro
,
con
la
spada
l
'
infelice
,
ed
ogni
colpo
gli
rintronò
nel
cervello
.
Poi
ogni
statuina
s
'
avviò
,
gli
sputò
in
viso
,
lo
insultò
,
lo
calpestò
;
ogni
tazza
fu
piena
per
lui
di
cicuta
,
ogni
vassoio
di
cenere
,
ogni
coppa
da
fiori
contenne
per
lui
fiori
malefici
e
crudeli
.
Ed
infine
si
mosse
il
grande
gruppo
dei
Titani
che
vogliono
scalare
l
'
Olimpo
:
Giove
,
seduto
sull
'
aquila
,
fulminò
il
moribondo
,
ed
i
Titani
lo
seppellirono
sotto
enorme
sepolcro
di
massi
.
Poi
ognuno
riprese
la
sua
via
,
i
gruppi
rientrarono
nelle
scansie
e
vi
rimasero
immobili
.
Fu
questa
la
vendetta
della
fredda
e
candida
porcellana
su
colui
che
aveva
frantumata
la
fanciulla
immortale
.
È
questa
la
storia
eterna
e
fatale
.
L
'
ideale
raggiunto
,
toccato
,
va
in
pezzi
l
'
arte
si
vendica
sulla
vita
e
l
'
anima
muore
sotto
un
immane
sepolcro
.
LEGGENDA
DELL
AVVENIRE
Tu
,
buona
e
baldanzosa
fanciulla
,
giunta
al
termine
delle
mie
fantastiche
storie
,
sorridi
.
Ed
io
,
poveretto
autore
,
condannato
a
leggere
nel
volto
del
suo
lettore
presente
o
ad
indovinare
l
'
animo
del
lettore
assente
,
cerco
di
spiegare
che
significhi
il
lampo
del
tuo
occhio
nero
e
l
arco
ironico
del
tuo
labbro
rosso
come
il
fiore
del
granato
.
E
quasi
o
mia
bella
ed
impenetrabile
sfinge
,
dal
viso
puro
e
colorito
come
il
granito
di
quelle
statue
,
quasi
comprendo
il
senso
del
tuo
riso
muto
ed
intelligente
.
Le
fantastiche
,
istorie
dove
tanta
parte
della
vita
napoletana
si
riflette
,
non
t
'
hanno
spaventata
;
e
se
il
tuo
spirito
è
corso
dietro
all
'
inafferrabile
fantasma
,
al
folletto
piccolino
,
tu
non
ne
hai
avuto
paura
.
Queste
storielle
sono
antiche
,
alcune
antichissime
,
appartengono
al
lontanissimo
passato
che
non
ritorna
più
;
furono
vita
e
morirono
;
furono
dramma
umano
e
sono
parole
vane
,
tradizione
oscura
e
scorretta
.
Rimane
di
esse
talvolta
un
quadro
,
una
statua
,
una
chiesa
una
tomba
,
un
bosco
,
talvolta
una
semplice
idea
,
talvolta
un
,
semplice
nome
,
ma
è
il
passato
.
Tu
,
orgogliosa
giovinetta
sorridi
nel
presente
,
sorridi
all
'
avvenire
,
non
puoi
volgerti
indietro
,
guardi
innanzi
,
dove
è
la
tua
bella
realtà
di
luce
e
di
profumi
.
Tu
leggi
le
storie
del
passato
,
ma
le
sirene
,
i
cavalieri
,
le
dame
,
i
monaci
,
i
grassi
borghesi
,
i
pallidi
poeti
non
ti
destano
che
un
sorriso
di
pietà
;
essi
sono
morti
e
vive
Napoli
bella
ed
immortale
,
vive
la
gioventù
gioconda
,
vive
il
glauco
mare
,
vivono
i
ridenti
poggi
.
Immenso
si
svolge
l
'
avvenire
.
Lo
so
.
Ma
pel
sarcastico
sorriso
con
cui
tu
ti
burli
delle
mie
care
larve
,
evocate
dalla
tradizione
o
dalla
fantasia
popolare
,
io
voglio
castigarti
,
cattiva
fanciulla
.
Io
voglio
far
un
'
opera
crudele
e
disonesta
:
voglio
,
narrandoti
la
fiammeggiante
leggenda
dell
'
avvenire
,
distruggere
il
tuo
mordente
sorriso
,
farti
impallidire
le
guance
e
farti
fremere
ogni
fibra
del
corpo
,
ogni
piega
dell
'
anima
,
pel
raccapriccio
e
per
l
'
orrore
.
Oggi
la
città
è
bella
perché
così
Iddio
la
volle
,
mentre
poco
la
vogliono
così
gli
uomini
.
Ma
quando
nella
morbida
e
indolente
natura
dell
'
uomo
sarà
entrata
quella
vivacità
attiva
ed
operosa
che
non
si
perde
in
vuoto
cicaleccio
,
in
vaghe
aspirazioni
ed
in
sogni
grandiosi
;
quando
alla
lenta
coscienza
che
si
addorme
volentieri
nell
'
ammirazione
sarà
subentrata
l
'
operosa
coscienza
che
tenta
vie
migliori
e
di
niuna
s
'
appaga
e
cerca
raggiungere
l
'
alto
scopo
con
ogni
sforzo
;
quando
alla
fantasia
che
crea
,
alla
mente
che
trova
,
alla
intelligenza
che
indovina
,
non
rimarrà
più
disubbidiente
ed
inerte
il
braccio
che
opera
;
quando
accanto
all
'
artista
che
sogna
sorgerà
il
popolo
che
intende
,
il
borghese
che
pensa
e
l
'
aristocratico
che
sente
:
allora
solamente
la
città
sarà
stupenda
.
Ora
ella
s
'
adorna
di
fiori
,
ma
è
povera
;
ora
ella
sorride
,
ma
appena
appena
il
lacero
vestito
,
che
fu
di
porpora
,
copre
le
belle
membra
;
ora
ella
è
gaia
,
ma
spera
solo
dalle
piogge
benefiche
il
lavacro
,
che
terge
le
sue
strade
nere
e
sporche
,
ora
balla
e
canta
sulle
sue
sponde
odorose
,
dove
il
mare
accompagna
le
sue
danze
e
le
sue
canzoni
,
ma
nel
suo
porto
non
accorrono
ancora
le
navi
dai
gonfi
fianchi
carichi
di
mercanzie
;
ora
.
biancheggiano
le
ville
di
cui
s
'
adornano
i
suoi
colli
,
ma
non
sale
ancora
al
cielo
,
incenso
gradito
,
il
fumo
grigio
dei
mille
opifici
.
Che
importa
!
Questo
giorno
verrà
ed
allora
la
città
sarà
santa
.
Pensa
,
o
poetica
amica
,
al
felice
connubio
dell
arte
con
la
natura
,
pensa
alla
celeste
armonia
fra
l
'
uomo
che
crea
ed
il
mondo
da
lui
creato
,
pensa
alla
città
che
sarà
bella
e
buona
,
tutta
bianca
e
colorita
dal
sole
,
senza
macchie
,
senza
cenci
:
oh
,
allora
,
allora
!
O
lontano
avvenire
,
o
giorno
splendido
che
come
quello
di
Faust
meriteresti
di
essere
fermato
...
Ma
la
divina
città
che
amiamo
deve
morire
;
la
crediamo
immortale
ed
è
sacrata
alla
morte
;
la
crediamo
eterna
e
la
sua
vita
è
tenue
come
quella
di
un
bambino
.
Deve
morire
.
morrà
;
si
dovrà
dire
al
viandante
pensoso
e
malinconico
:
qui
fu
Napoli
.
Tutto
le
potremo
dare
:
il
lavoro
che
la
nobiliti
,
il
commercio
che
l
'
arricchisca
,
l
'
acqua
che
la
lavi
,
il
sole
che
penetri
nelle
larghe
vie
,
ma
non
la
sottrarremo
alla
morte
.
Sarà
ninfa
ridente
,
azzurra
,
rosea
,
bionda
di
sole
,
piena
di
gioventù
,
fremente
di
vita
,
ma
sarà
morente
.
Lo
dice
la
profetica
leggenda
,
ripetuta
di
bocca
in
bocca
,
che
circola
nelle
vie
,
che
entra
nelle
botteghe
,
che
sale
nei
salotti
della
nobiltà
.
Verrà
il
novissimo
giorno
.
Vedi
tu
quella
montagna
ai
cui
piedi
si
stendono
i
bei
villaggi
bagnati
dal
mare
,
sui
cui
fianchi
verdi
cresce
la
vigna
del
vino
generoso
;
vedi
quella
montagna
striata
da
lugubri
fasce
nere
?
È
lei
che
farà
morire
Napoli
:
così
dice
la
leggenda
profetica
.
Arde
il
fuoco
liquido
,
bolle
e
schiuma
nei
fianchi
della
montagna
e
si
accumula
da
secoli
pel
giorno
funesto
;
di
fuori
appena
una
nuvoletta
di
fumo
bianco
ed
innocente
rivela
il
profondo
lavorio
.
Correvano
le
bighe
e
le
quadrighe
per
le
vie
di
Pompeja
la
bella
.
Amavano
al
sole
i
leggiadri
garzoni
dalle
tuniche
bianche
e
le
fanciulle
dai
candidi
pallii
,
si
vestivano
di
bisso
e
si
profumavano
di
nardo
le
seducenti
etere
,
correvano
giovani
e
vecchi
al
foro
,
alle
terme
,
ai
teatri
,
sulle
porte
delle
case
erano
sospese
corone
di
rose
olezzanti
:
la
montagna
volle
e
Pompeja
morì
.
Quando
la
montagna
vorrà
,
Napoli
sarà
distrutta
:
e
il
terribile
e
bel
vicino
che
noi
guardiamo
con
ammirazione
e
quasi
con
affetto
,
poiché
egli
è
tanta
parte
della
bellezza
napoletana
,
sarà
il
carnefice
.
E
nessuno
ne
saprà
l
'
ora
,
né
il
giorno
.
Nella
città
la
gente
tumultuosa
andrà
ai
consueti
uffici
,
correrà
dove
il
piacere
la
chiama
,
dove
la
chiama
il
dolore
,
amerà
,
odierà
,
godrà
,
piangerà
,
vivrà
insomma
come
se
nulla
fosse
.
Nel
cielo
sereno
brilleranno
le
stelle
;
nell
'
aria
calma
s
'
eleverà
la
sottile
penna
di
fumo
.
Poi
,
sul
cratere
,
comparirà
une
punto
rosso
,
come
un
lumicino
acceso
lassù
,
come
un
carboncino
;
i
napoletani
si
stringeranno
nelle
spalle
e
mormoreranno
:
solite
storie
.
L
'
eruzione
crescerà
con
molta
lentezza
e
gli
uomini
di
scienza
d
'
allora
ne
constateranno
i
fenomeni
e
ne
annunzieranno
la
prossima
fine
;
ma
l
'
eruzione
crescerà
sempre
,
continuamente
.
Un
rombo
sotterraneo
comincerà
a
far
tremare
i
vetri
delle
case
;
tre
strisce
vivide
di
lava
scorreranno
lungo
i
fianchi
della
montagna
;
il
cielo
cupo
si
tingerà
di
rosso
,
il
fondo
del
mare
sarà
rosso
;
giungeranno
i
forestieri
a
contemplare
il
mirabile
spettacolo
,
i
napoletani
si
affolleranno
sul
molo
,
a
S
.
Lucia
,
a
Mergellina
,
sui
terrazzi
,
sulle
colline
,
compresi
di
ammirazione
.
Ma
dai
villaggi
che
sono
sotto
il
monte
principierà
a
fuggire
la
gente
spaurita
e
si
riverserà
nella
città
,
dove
sarà
accolta
a
braccia
aperte
e
la
lava
procederà
sempre
.
Nuove
bocche
si
apriranno
.
La
lava
è
a
Resina
.
Ma
i
napoletani
non
temono
:
il
Vesuvio
è
loro
vecchio
amico
,
vuole
scherzare
,
è
un
brontolone
,
ma
presto
tacerà
.
Poi
vi
è
San
Gennaro
,
che
con
le
dita
sollevate
in
atto
d
'
imperio
,
comanda
alla
lava
di
non
avanzarsi
;
le
donne
pregano
il
parroco
della
cattedrale
a
portare
in
piazza
San
Gennaro
di
argento
o
il
prezioso
suo
sangue
che
è
conservato
nelle
ampolline
.
In
qualche
chiesetta
si
prega
.
Una
mattina
il
sole
non
viene
fuori
,
una
fitta
nube
grigia
nasconde
il
cielo
,
piove
cenere
;
i
napoletani
sorridono
ancora
e
vanno
ai
loro
affari
sotto
quella
strana
pioggia
.
Ma
il
giorno
seguente
il
rombo
diviene
tumultuoso
,
le
scosse
di
terremoto
si
succedono
l
'
una
all
'
altra
,
orribili
convulsioni
squassano
il
monte
,
sui
cui
fianchi
si
aprono
dappertutto
bocche
di
fuoco
,
le
lave
si
uniscono
,
si
fondono
,
sono
una
lava
sola
,
è
una
montagna
di
lava
che
cammina
verso
la
città
coi
suoi
ruscelli
di
fuoco
;
soffocanti
fetori
di
zolfo
ammorbano
l
'
aria
,
piove
cenere
calda
e
pesante
,
acqua
bollente
,
piovono
lapilli
infuocati
sulla
città
:
riuniti
al
grande
vulcano
corrispondono
,
con
pauroso
miracolo
ridestati
,
le
eruzioni
dei
monte
Echia
,
dell
'
Epomeo
e
di
Pozzuoli
.
Piove
la
morte
.
Nel
clamore
disperato
dei
morenti
,
nel
fragore
delle
case
che
nel
tuono
del
terremoto
,
nella
spaventosa
tempesta
del
mare
che
si
rizza
incollerito
o
ribelle
,
nel
bagliore
sanguigno
che
capovolge
la
natura
e
le
cose
,
la
lava
entra
in
Napoli
e
Napoli
finisce
di
morire
in
un
incendio
colossale
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
E
che
?
Tu
sorridi
ancora
,
orgogliosa
creatura
?
Ti
comprendo
:
leggo
nel
tuo
pensiero
come
in
un
libro
dalle
pagine
aperte
.
Tu
pensi
quello
che
io
penso
;
tu
sorridi
a
quella
morte
;
questa
Napoli
che
fu
creata
dall
amore
,
che
visse
nella
passione
della
luce
,
dei
colori
smaglianti
,
dei
profumi
violenti
,
delle
notti
innamorate
,
visse
nel
lusso
grandioso
della
natura
e
nella
espansione
superba
del
sentimento
,
questa
città
appassionata
morirà
bene
,
morirà
degnamente
nell
altissima
e
fiammeggiante
apoteosi
di
fuoco
.