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Ci sono nel " Manifesto " della Rivoluzione Liberale alcuni sviluppi che sembrano e devono essere soprattutto personali , corrispondendo ad un necessario processo di realizzazione letteraria e stilistica . Su tali concetti , che hanno avuto virtù di suscitare l ' ironia dell ' amico Ansaldo , l ' autore non chiede una adesione politica ; li presenta come spiegazioni di stati d ' animo , descrizioni di atteggiamenti , non limitati a un puro senso biografico , ma ribelli ad ogni carattere sistematico . Né di ciò si vuol discutere , né ricercare analoghi elementi personali , facilmente contestabili in nome di altre esperienze - negli scritti di Burzio , di Formentini , di Ansaldo qui pubblicati . Sotto l ' ottimismo storicistico del Burzio ( incline , per amore alla tradizione riformista a misconoscere le leggi autonomistiche della vita moderna , altra volta , nello studio sulla Democrazia , affermate ) sotto il realismo di Formentini ( che dall ' autocritica è tratto a diffidare di ogni azione ) ; sotto lo scetticismo di Ansaldo ( statico spettatore ) - è agevole osservare un intimo consenso - più o meno specifico - alle premesse e agli intenti del criticato Manifesto . A questo consenso è giusto corrispondere chiarendoci e riesaminandoci , per evitare qualunque incertezza potesse essere sorta dalle antitesi della discussione . E anzitutto qual è il senso della nostra pretesa di aderire alla storia ? La critica del concetto presentata dal Formentini è validissima , ma non si può rivolgere contro di noi . Aderisce alla storia anche chi vi repugna . E la storia è sempre diversa da quella che è presente alla mente di chi si propone di aderirvi . Le due affermazioni opposte sono tutte e due vere . Il presente è e non è nella storia . Perché la storia è insopprimibile , è unità di fatto e di farsi e di non fatto ; ma dalla storia non si deduce - ossia dalla storia non si astrae . L ' azione deve vivere di storia ( di concretezza ) ; ma come azione è qualcosa di nuovo , che al passato non si riduce , libero ; nasce impreveduta , crea valori imprevedibili ; ma poiché alla storia invano si repugna , questo nuovo ha il suo significato in quanto si sforza di sottoporre a sé tutto il passato . Da questa relazione soltanto ( che è quanto dire : da nulla di arbitrario ) nasce l ' avvenire . Quello che il Burzio chiama nostro schema di interpretazione del Risorgimento non è storia del Risorgimento , ma , in un senso molto preciso , storia nostra . Le nostre esigenze nascono da situazioni determinate e solo nel mondo da cui nascono si spiegano . Sarebbe ingenuo pensare che queste esigenze nascano sole , che il mondo , ove hanno luogo , vi si esaurisca creandole . Nel Risorgimento c ' è il nostro Risorgimento e quello di Burzio ; c ' è il riformismo e la rivoluzione : e il Risorgimento dello storico li comprende tutti . La verità della nostra interpretazione è condizionata dalla nostra azione : la legittimità di questa è nella continuità di una tradizione . È vero , perciò che nel Manifesto storia e propositi si generano reciprocamente - condizionati da una nostra volontà . A chi critica la nostra storia del Risorgimento si risponde che essa non è una storia : anche se il farla fosse nei nostri intenti ( in altra ora ) non abbiamo mai creduto che la si potesse preannunciare in un articolo ( sia pure lunghissimo , come alcuno ha protestato ! ) . Mazzini , Cavour , Ferrari e tanti altri uomini idee e forze sono state deliberatamente sacrificate per segnare con semplicità le linee di una crisi attuale , delle direzioni di pensiero che si pretendono continuare . Ma l ' affermazione fondamentale da noi storicamente ed empiricamente commentata , non ha bisogno di prove storiche perché è creatrice della storia , è la verità di tutti i processi vitali : la negazione del riformismo in nome dell ' autonomia delle forze , il necessario riconoscimento della spontaneità rivoluzionaria dei movimenti popolari è concetto a cui crediamo e di cui siamo pronti a dare dimostrazione scientifica se mai qualche ingenuo ne sentisse il bisogno . Abbiamo visto questo principio sostanziale della lotta politica in Italia individuato in elementi ideali e pratici caratteristici del nostro tempo . E qui è dovere fissare i limiti dell ' azione cui si è pensato . Esaltatori della lotta politica , consci che una lotta politica in Italia è stata sinora , per molteplici e chiarite ragioni , soffocata , il problema centrale dello Stato ci è parso problema di adesione del popolo alla vita dell ' organismo sociale , problema di educazione politica autonoma ( non di scuola ) , esercizio di libertà , necessità di conflitti , di intransigenze suscitatrici di una fede laica . Economicamente - diciamo pure con Ansaldo , - creare lo spirito capitalistico . Ci permetta l ' amico Ansaldo : ciò non ha nulla a che fare col protestantesimo e col circolo di cultura religiosa - in Italia il protestantismo non può essere che un momento dello sviluppo cattolico . No , qui il problema è di iniziativa economica e di attività libertaria . I partiti intransigenti , i partiti di masse ( contadini e operai ) operano secondo la linea che noi seguiamo , concludono a un ' opera liberale . In questa premessa l ' identità di Stato liberale ( liberistico ) e di Stato etico , che non convince il Burzio è per sé chiara . Ma a questo punto la rivoluzione reca un ' esigenza , determina dei problemi . II problema essenziale è un problema di espressione , di tecnica realizzatrice . Occorre che il popolo abbia il suo governo , occorre creare una classe dirigente che viva di esso , che aderisca alla sua spontaneità , che corrisponda alla sua libertà . Il compito è parso al nostro Sarmati antitetico colla premessa : il Governo nasce colla rivoluzione , non astratto da essa , non preparato preventivamente . Ma oggi siamo in una crisi rivoluzionaria ; noi sorgiamo dalla rivoluzione dopo aver , lavorato , lavorando con essa e non é certo l ' Ordine Nuovo che possa rimproverarci astensione o indifferenza . Tra il nostro atteggiamento di critici e le nostre conclusioni di pratici c ' è invero una contraddizione tragica , ma vitale : la contraddizione implicita nell ' azione , che é stata tra Cavour pensatore e Cavour ministro , che c ' è tra Nitti capo di governo e Nitti scrittore di economia o di sociologia . Il problema rivoluzionario sarà pure a un certo punto problema di uomini : noi prepariamo gli uomini che sappiano allora accettare la rivoluzione e operare realisticamente . In questo senso le premesse ci conducono a un compito tecnico , diciamo pure al problemismo , cui accenna Formentini . Ma la premessa deve restare ben chiara anche se è lontana : non si tratta del semplice problema di cultura che scorge Burzio . Il risultato si è che mentre pensiamo ad agitare delle forze ( indirettamente o direttamente ) possiamo sembrare ai frettolosi dei riformisti , perché ci occupiamo dei problemi attuali , perché suggeriamo riforme e proponiamo soluzioni . L ' importante si è che questa tecnica non distrugga quell ' autonomia di che siamo ben convinti : e non ci toccano , perché si elidono da sé , le accuse opposte di conservatori e di rivoluzionari che vengono mosse al nostro realismo . Noi non crediamo alla validità delle riforme e invochiamo e favoriamo nuove libere forze : non crediamo alle formule e vi contrapponiamo l ' immensità del reale . Determinare i limiti e i modi della conservazione del resto è stato sempre il compito tecnico dei rivoluzionari . Senonché dice Formentini , che tra i tre amici è il più vicino al nostro pensiero , il problema presente è il collaborazionismo e uno spirito realista deve fare i suoi conti con esso . La funzione transitoria del collaborazionismo socialista è posta dal F . stesso eccellentemente : nonostante i promotori concluderà anch ' esso ad arricchire il trionfo liberale dei popolo , a liquidare i miti e i riformismi . Il nostro atteggiamento deve essere di netta opposizione per ovvie ragioni d ' indole economica , e per una netta antitesi d ' ordine politico : precisamente da un tal fenomeno dipende la validità , il momento del successo della nostra affermazione liberista . In questi termini il nostro proposito di coltura politica ha la sua definizione esplicita : in una interpretazione di forze e in un ' esigenza di tecnica che ognuno di noi sente come problema morale . Non è il luogo di rimproverare utopie , non siamo in nessun mondo fantastico : ci disponiamo serenamente , con l ' ascetismo che opportunamente richiede ( e si chiede ) il nostro collaboratore Formentini a un compito che sappiamo grave , impopolare . Ansaldo non crede che sulla nostra via si possa trovare il successo , non crede che del problema ci sia una soluzione . Il suo scetticismo si aggrappa alla storia , da ciò che non c ' è stato deduce ciò che non ci sarà mai . Il che è manifestamente antistorico . Col metodo di Ansaldo era agevole negli anni del Risorgimento negare la legittimità degli sforzi unitari . L ' unità d ' Italia non c ' è mai stata , dunque non ci sarà . É un argomento che prova troppo e che cade da sé . Non si capisce come da tutto il sottile e profondo discorso con cui egli commenta il nostro manifesto possa derivare una conclusione imprecisa che non risolve le esigenze accettate . La classe di mandarini amministratori sarà sempre in antitesi con un popolo che sta sorgendo a vita economica e a vita politica ( e questo fatto s ' è provato nel Manifesto ) : dunque la soluzione provvisoria si negherà in altre soluzioni più vitali . Le esperienze dei Comuni , del Rinascimento , del Risorgimento non sono storie di fallimenti , ma indicazioni di stati d ' animo , di insopprimibili aspirazioni . Non è da chiedersi se noi saremo capaci di continuarle , di concluderle : certo l ' impresa è la più realistica che oggi si possa pensare ; di quel temerario realismo , che sa vedere e creare la realtà dove altri chiacchiera , pavido , di utopia . Per questo l ' abbiamo posta come compito della nostra vita .