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L'UOMO DEL GUICCIARDINI ( DE_SANCTIS FRANCESCO , 1869 )
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La pubblicazione delle Opere inedite del Guicciardini fu uno di quei fatti che avrebbe dovuto dare grande impulso a ' nostri studi storici . Sono di tali scoperte che basterebbero da sé a creare un intero ciclo di critica storica : tanta copia vi si trova di notizie , con quelle riflessioni e impressioni che le rendono vive e irraggiano di nuova luce tutto un secolo . E si tratta di un secolo intorno al quale si è più scritto e meno compreso ; di un secolo chiamato del risorgimento , e che fu pur quello della nostra decadenza . Il problema storico di quell ' epoca non mi pare sia stato ancora posto e discusso e svolto con grande esattezza . Il problema è questo : L ' Italia a quel tempo era salita al più alto grado di potenza , di ricchezza e di gloria , e nelle arti e nelle lettere e nelle scienze toccava già quel segno a cui poche nazioni e privilegiate sogliono giungere , e da cui erano allora lontanissime le altre nazioni ch ' ella chiamava con romana superbia i barbari . Eppure , al primo urto di questi barbari , l ’ Italia , come per improvvisa rovina , crollò , e fu cancellata dal numero delle nazioni . E i barbari gittarono di nuovo il grido selvaggio : Guai a ' vinti ! E non solo li calcarono , ma li dileggiarono , trattandoli come non fossero uomini e riempiendo il mondo di querele e di rimproveri della perfidia e della viltà italiana . E sin d ' allora si restò intesi che i perfidi e i codardi fummo noi , che il torto fu tutto nostro , che fummo ripagati della nostra moneta , che ben ci stette e che i barbari ci fecero un segnalato favore a metterci un po ' di nuovo sangue nelle vene . A questi giudizi degli storici oltramontani si aggiungono i lamenti de ' nostri , i quali attribuiscono l ’ inaudita catastrofe alle nostre discordie , che ci tolsero ogni virtù di resistenza . Il buon Sismondi , che parla con tanta simpatia delle cose nostre , trasformando il rimprovero in elogio , assicura che il sentimento nazionale mancò agl ' Italiani perché erano mossi da un sentimento più alto , si sentivano cosmopoliti e furono benefattori dell ' umanità con l ' olocausto di se stessi . Né la catastrofe giunse improvvisa , anzi ce n ' era un inquieto presentimento , e non mancarono le solite profezie . Tutti rammentano con che eloquenza il Savonarola annunziava dal pergamo la venuta de ' Barbari , e quale impressione fece allora la profezia di un Francescano , che fra l ’ altro annunziava il sacco di Roma . Sinistri segni sono mentovati dagli storici . La folgore cade a Firenze sul tempio di Santa Reparata ; in una notte oscura fuochi sanguigni illuminano la villa Careggi . Gli spettri degli antichi Re di Aragona annunziano al loro successore la caduta del regno di Napoli . Le statue sudano sangue ; i popoli spaventati credono vedere nel cielo eserciti che combattono . Una secreta inquietudine incalzava i cittadini fra le delizie e le voluttà di una vita scioperata . Ci era dunque la coscienza oscura di una dissoluzione sociale e di una catastrofe prossima . E più che i giudizi degli stranieri e de ' posteri è utile investigare le impressioni e i giudizi de ' contemporanei . I frati e i preti , e anche parecchi storici , pongono la fonte del male nella rilassatezza de ' sentimenti religiosi e de ' costumi . “ Non si crede più a Cristo , dice Benivieni . Anzi si crede che tutto procede dal caso , massime le cose umane . Alcuni stimano che sieno regolate da influssi celesti . Si nega la vita futura , si schernisce la religione . Alcuni la reputano un trovato di uomini . Tutti , uomini e donne , tornano agli usi pagani , e si dilettano dello studio de ' poeti , degli astrologi e di ogni superstizione ” . Ci è in queste poche righe tutto Savonarola . Altri stimano al contrario che il male è principalmente nella Corte di Roma e nelle pratiche e nelle consuetudini religiose , che hanno sfibrato gli animi e resili più disposti a perdonare le offese che a vendicarle . E non vedono altra via a rinvigorire le istituzioni e gli uomini , che seguire gli esempi lasciatici dall ' antichità . Di questo erano tutti persuasi , che il paese era corrotto , salvoché alcuni derivavano la corruzione dall ' indebolito sentimento religioso , e gli altri ponevano appunto la sua sede nella religione così com ' era interpretata e praticata dalla Corte di Roma . Quelli vedevano il rimedio nel ritirare la società a ' suoi principii , con una riforma religiosa e morale che valesse a restaurare le credenze religiose ed emendare i costumi ; la qual riforma , incalzati i preti da frate Savonarola e più tardi da frate Lutero , attuarono a modo loro nel Concilio di Trento . Gli altri al contrario vedevano il rimedio nell ' emancipazione della coscienza da ogni autorità religiosa , ciò che traeva seco l ’ abolizione del Papato , che essi giudicavano il principale nemico della libertà e dell ' unità nazionale . Erano due scuole che con diversi nomi si continuano anche oggi , e che oltrepassavano ne ' loro fini e ne ' loro mezzi l ’ Italia , ed abbracciavano l ’ Europa cattolica . Si può dire che la loro storia è tutta la storia moderna , non finita ancora . Nella quale storia l ' Italia rappresentava una parte molto secondaria . Certo i primi concetti e i primi tentativi vennero da lei , ma rimasero concetti e tentativi isolati e scarsi di effetto , e quando l ’ incendio si dilatò e le contrarie opinioni accesero in tutta Europa ostinatissime contese e divisioni e guerre di popoli , tra noi non mancarono cittadini di molta virtù che con la penna o con le forti opere o co ' martirii mantennero la loro fede , ma fu moto di pochi e divisi , che s ' impresse appena alla superficie ; sotto alla quale rimasero in calma sonnolenta e stupida le popolazioni . Anche oggi sono di quelli che credono il Cattolicismo e il Papato salute o perdizione d ' Italia , ma sono opinioni oziose , che non lasciano traccia durabile sulle moltitudini ; il Concilio ecumenico che pure in altre parti di Europa solleva così vivi odii e speranze , presso di noi non suscita né energiche opposizioni , né gagliardi consensi . La corruttela de ' costumi era l ' apparenza più grossolana del male che travagliava l ' Italia e rendeva inevitabile la catastrofe . Quell ' apparenza fu presa per il male esso medesimo , e gli uni ne davano colpa al paganesimo e agli studi classici , gli altri alla Corte di Roma , pietra di scandalo , e non pensavano che quella corruttela del Papato e quel paganeggiare delle classi intelligenti e degli stessi Papi erano anche parte del problema ; fenomeni ed effetti che non spiegavano nulla , e volevano essere spiegati loro . Ma gli uomini politici vedevano la quistione sotto un aspetto più determinato . Poca speranza avevano ne ' tardi frutti che potessero venire da una riforma religiosa e morale ; e non credevano a Papa né a Cristo , e schernivano i profeti disarmati . A loro era chiaro che l ’ Italia divisa e debole d ' armi mal poteva resistere a ' barbari : qui era il pericolo , e qui ci voleva il rimedio . Molto li preoccupavano le discordie intestine fra cittadini , fra le città , fra gli Stati , e cercavano un sistema di equilibrio , che desse satisfazione a tutte le classi , mantenendo ordine e concordia al di dentro , e legasse i grandi Stati italiani con reciproca malleveria contro gli assalti che venissero dal di fuori . Fa stupire quanti sottili trovati pullulassero in quei cervelli acuti per ordinare in modo lo Stato che si ottenesse il desiderato equilibrio , quando già lo straniero era a casa e lasciava per sua misericordia disputare se i partiti si avessero a vincere per le più fave o alla metà delle fave . Né erano meno sottili i giudizi sulle condizioni e sulle forze degli Stati , sulle inclinazioni , le passioni e gl ' interessi de ' principi , e sulle varie combinazioni delle alleanze , con una finezza di osservazione e di analisi che desidero in molti documenti della diplomazia moderna . Strazia veder tanta sapienza con tanta impotenza . Vedevano le nazioni vicine salite a grande potenza per i buoni ordini e le buone armi , e soprattutto per avere raccolte tutte le membra dello Stato sotto un solo indirizzo . E tentarono qualcosa di simile in Italia . Indi la serenissima lega di Lorenzo , e le leghe e controleghe di Giulio , e fallito il tentativo di stringere in una forza sola gli Stati italiani , e avendo già lo straniero dentro , per cacciar via uno , chiamare gli altri . Indi le proposte di milizie nazionali , per uscir di mano a ' condottieri , e certi ordini di governo misto che tenessero in qualche equilibrio gli ottimati e il popolo . Ciò che presso le altre nazioni era il naturale portato della storia , in Italia erano combinazioni artificiali d ' ingegni sottili . E nulla riuscì . Leghe italiane poco stabili , perché leghe di principi , e sulla base mobile degl ' interessi . Leghe con forestieri fecero dell ' Italia il campo chiuso di tutte le cupidigie e di tutte le insolenze , ed ebbero quella fine che dice il Guicciardini , al quale pare ragionevole , che in qualcuno sia per rimanere potenza grande , il quale cercherà di battere i minori e forse ridurre Italia sotto una Monarchia . A milizie nazionali si pensò troppo tardi , quando i condottieri erano già i padroni , e il paese era corso da fanti svizzeri e spagnuoli e da lanzichenecchi e stradioti e gente d ' arme . Né i buoni ordini poterono ottenere tanta concordia de ' cittadini , che le fazioni smettessero di chiamar gli stranieri , sì che , miserabile spettacolo , tutti li odiavano , e tutti li chiamavano . Perciò nessuna propria e nazionale resistenza fu possibile , e l ’ Italia , come si disse , fu conquistata col gesso . Il problema dunque ti ritorna innanzi lo stesso . Mai non si vide tanta sapienza e così alta intelligenza quanta trovi allora nei grandi uomini che avevano in mano le sorti del paese , politici , filosofi , letterati , artisti , le cui opera riempiono anche oggi il mondo di ammirazione . “ L ' Italia , scrive il Guicciardini nel principio della sua storia , ridotta tutta in somma pace e tranquillità , coltivata non meno ne ' luoghi più montuosi e più sterili , che nelle pianure e regioni sue più fertili , né sottoposta ad altro imperio che de ' suoi medesimi , non solo era abbondantissima d ' abitatori , di mercatanzie e di ricchezze , ma illustrata sommamente dalla magnificenza di molti principi , dallo splendore di molte nobilissime e bellissime città , dalla sedia e maestà della religione , fioriva di uomini prestantissimi nell ' amministrazione delle cose pubbliche , e d ' ingegni molto nobili in tutte le dottrine e in qualunque arte preclara e industriosa , né priva , secondo l ' uso di quella età , di gloria militare ; e ornatissima di tante doti , meritamente appresso a tutte le nazioni nome e fama chiarissima riteneva ” . Le parole del Guicciardini si riferiscono proprio al momento della crisi , quando Lorenzo de ' Medici , Ferdinando d ' Aragona e Innocenzo VIII scomparivano dall ' orizzonte ed entravano in iscena i Borgia , Alfonso d ' Aragona e Ludovico il Moro , e Carlo VIII calava dalle Alpi , iniziando un moto che dovea finire con la soggezione d ' Italia a signoria straniera . E dapprima non mancarono le illusioni . A Venezia si diceva che Carlo veniva a vedere l ' Italia . I nostri scaltrissimi uomini di Stato confidavano di potere con l ’ ingegno e con l ' astuzia vincere quella forza barbara , e alla peggio , opporre stranieri a stranieri , e rintuzzare gli uni con gli altri . Tutti vedevano il pericolo , tutti proponevano i rimedii , e non si venne a capo di nulla . Non marcarono le idee , mancò la volontà e la forza di attuarle . Arguti i discorsi , stupendi gli scritti , fiacche le opere : tutto si ridusse in tentativi infelici e isolati , senza eco , senza espansione . Atti eroici non infrequenti , ma di singoli individui e di singole città : nulla , che rivelasse vita collettiva e nazionale . E così non ci fu riforma , e non lega italica e non milizie nazionali , e non buoni ordini , e non buone armi , e tutto restò nelle parole e negli scritti . Discutendo , scrivendo , l ’ Italia finì facile preda dello straniero . Questa singolare impotenza italica in mezzo a tutte le apparenze della grandezza e della potenza certifica un male più profondo che non pareva a ' contemporanei , e non è parso poi . Biasimiamo pure il tradimento di Ludovico , o la perfidia de ' Borgia o la spensieratezza di Leone X : il biasimo non spiega nulla ; il male era sì grave che bontà o perversità d ' individui ci potea poco . Diciamo pure che il senso morale era oscurato ; che i costumi erano corrottissimi , soprattutto del Clero ; che le armi erano mercenarie ; che gli odii tra classe e classe , tra città e città erano irreconciliabili ; che i principi e i partiti chiamavano essi lo straniero . Con questa lugubre descrizione dei fenomeni di una malattia che il Macchiavelli chiamava la corruttela italiana , il problema non si scioglie , ma si allarga , rimanendo sempre a sapersi per quali cause l ' Italia sotto le forme della più rigogliosa sanità , era pure in tale dissoluzione o corruttela che al primo cozzo coi barbari perdé tutto , anche l ’ onore , e per più secoli scomparve dalla storia con sì profonda caduta , che anche oggi è dubbio se la sia risorta davvero . L ' analisi di questa corruttela italiana , de ' suoi elementi , della sua universalità , della sua intensità , delle sue cagioni , del suo sviluppo , de ' suoi effetti , il carattere e la fisonomia che diede alla nazione , e i suoi vestigi visibili anche oggi e che ci vietano l ’ andare innanzi , è materia non ancora bene considerata e degnissima di studio . Attendiamo il Macchiavelli o il Montesquieu che ne scriva acconciamente , netto delle passioni contemporanee . Né a questo basta sagacia e diligenza di storico ; si richiede occhio metafisico , che sappia cogliere tra la varietà degli accidenti i tratti essenziali . Chi guarda con quest ' occhio in quei tempi , vedrà subito la differenza capitale tra l ' Italia e le nazioni che dovevano sceglierla a campo delle loro lotte , la Francia , la Germania , la Spagna , la Svizzera . Queste , dopo lunga elaborazione , giungevano pure allora ad uno stabile assetto politico , uscendo dalle lotte interne unificate , ordinate e più forti : dove l ' Italia si era già costituita parecchi secoli indietro , ed avea avuta tutta una civiltà , frutto di quella precoce costituzione . Fin d ' allora che i Comuni si vendicarono a libertà , trovò essa il suo assetto , che in tanta diversità di casi si mantenne inalterato ne ' suoi lineamenti sostanziali , e produsse quei miracoli di prosperità , di grandezza e di coltura che furono senza riscontro in tutte le altre parti di Europa . Nel Regno , dov ' era prevalsa la forma monarchico - feudale , il movimento fu superficiale e solo in alto , mentre le basse classi rimanevano in una condizione stagnante d ' ignoranza e di bestialità : pure la coltura italiana non era senza eco e senza corrispondenza in quelle parti . Ma nel rimanente d ' Italia la libertà aveva messo in moto tutte le forze , tutti gl ' interessi , tutte le passioni , e in parecchi Comuni avea fatta sentir la sua azione ne ' più bassi strati della società . Questo cumulo e concentrazione di forze messe in moto da stimoli così gagliardi accelerava e insieme consumava la vita italiana , logorandovisi tutte le classi , sì che in breve giro di tempo si compie la sua storia , maravigliosa per l ' instancabile attività , per lo straordinario concitamento delle passioni politiche , per l ' ardore e la ferocia delle lotte , per la larga partecipazione di tutte le classi alla vita pubblica , per l ' infinita produzione nelle industrie , ne ' commerci , nell ' agricoltura , negli studi , nelle opere di erudizione e d ' ingegno . Fu la vita di Achille , gloriosa , ma breve . Il medio evo fu per le altre nazioni lunga e faticosa elaborazione ; per l ' Italia fu civiltà , tutta quella civiltà che esso potea portare . Al tempo di cui parla il Guicciardini , questa civiltà toccava già quell ' ultima perfezione che si manifesta nel lusso e nell ' eleganza , con quella idolatria delle belle forme , con quel senso e gusto dell ' arte , con quella grandiosità e sontuosità delle feste , con quella voluttà de ' godimenti , con quella delicatezza e leggiadria nello scrivere e nel conversare , ne ' modi , e ne ' costumi , che sono segni non dubbii di prosperità , di agiatezza e di coltura . Quella ricca e allegra e fiorita produzione in tanta varietà di forme della vita materiale , intellettuale e artistica era non il principio , ma il resultato , la splendida conclusione , quasi la corona di una grande civiltà , che nel suo rapido corso consumava rapidamente se stessa : era il frutto di un capitale accumulato da un ' attività anteriore , il cui stimolo era mancato . Questa bella vita , in così ricca apparenza di sanità e di forza , aveva già secche le sue radici , venute meno nella coscienza tutte le idee religiose , morali e politiche , che l ' avevano condotta a quella prosperità , l ' impero , il papato , la libertà comunale , la grandezza feudale ; sicché , mentre mandava così vivi splendori , la società politicamente e moralmente era sciolta . Così fu a ' tempi di Pericle , e nel secolo di Augusto e in quello di Luigi XIV . Mancati all ' Italia tutti gli stimoli spirituali di cui era pur conseguenza quel suo ultimo fiore di civiltà , in breve appassì anche questo , rimasti sole forze motrici degli uomini gl ' interessi materiali . Mancarono al Papato , al Comune , al Principe tutti gli alti fini , per i quali si appassionano e vengon grandi i popoli : la tempra nazionale s ' infiacchì e si abbassò il carattere . E così mancarono insieme tutte le virtù della forza , l ' iniziativa , la generosità , il sacrificio , il patriottismo , la tenacità , la disciplina , e vennero su le qualità proprie della fiacchezza morale accompagnata con la maggior coltura e svegliatezza dello spirito , la dissimulazione , la malizia , la doppiezza , quello stare in sull ' ambiguo e tenersi nel mezzo e lasciarsi dietro l ’ uscita , la prudenza e la pazienza . Le teorie , i principii , le istituzioni erano pur sempre quelle , accettate nella parte esteriore , meccanica e letterale , magnificate ne ' discorsi pubblici , divenute un linguaggio di convenzione in casa ed in piazza , e negate e contraddette nella pratica ; ipocrisia abituale anche ne ' più noti per la libertà del pensiero . Mancava la forza e di accettare con sincerità e di negare con audacia ; divenuta la vita una bassa commedia , tutti consapevoli . Come contrapposto o protesta di una società non rassegnata ancora a morire , appunto in questi tempi d ' infiacchimento abbondarono i grandi individui , patrioti fortissimi , pensatori arditi , riformatori saldi sino al martirio , città eroiche , fatti ammirati e non imitati , rimasti solitarii e di poca o nessuna efficacia nella moltitudine . Né bastò la presenza dello straniero nel paese , e le offese alle sostanze , alla vita , all ' onore , che pur rendono arditi i più vili , a destare in que ' popoli una favilla di risentimento e di vergogna ; anzi li svigorì affatto quello spettacolo inusitato di selvaggia energia . Come si fa ne ' grandi mali e nelle improvvise catastrofi , tutti si abbandonarono dell ' animo , ogni vincolo si sciolse , ciascuno provvide a se stesso , non pensando a ' vicini , anzi pensando a trarre frutto dalla rovina di quelli , insino a che furono rovinati tutti . E non mancava la chiaroveggenza e non l ' opporntunità de ' rimedii , e mai l ' ingegno italiano non si mostrò così fecondo in ogni maniera d ' industrie e di sottili accorgimenti e di espedienti e di progetti ingegnosi : non mancava l ’ ingegno , mancava la tempra . L ' Italia era simile a quell ' uomo che nella maturità dell ' ingegno si sente già vecchio per avere abusate le forze . E non è l ' ingegno , ma è il carattere o la tempra che salva le nazioni . E la tempra si fiacca quando la coscienza è vuota , e non muove l ' uomo più altro che l ' interesse propria . Queste cose pensando e mulinando da gran tempo , mi vennero alle mani le opere inedite del Guicciardini , e trovai nella storia fiorentina e nelle proposte , e ne ' carteggi , e ne ' discorsi , e ne ' ricordi tale un tesoro di notizie ed osservazioni , che mi maraviglio non sia l ’ edizione già tutta spacciata , per il gran numero de ' nostri professori e cultori della storia . E mi fecero molta impressione soprattutto i ricordi da compararsi a quanto di meglio è stato fatto in questo genere . Ciò che la naturale prudenza e la lunga pratica delle cose del mondo e la dottrina e la solitaria meditazione e il salutare raccoglimento ne ' tristi e buoni accidenti della vita potea suggerire ad un sagacissimo osservatore , tutto trovi qui condensato e scolpito con rara energia di pensiero e di parola . E mai non ho capito così bene , perché l ' Italia fosse allora sì grande e sì debole , che in questa lettura , dove lo storico con perfetto abbandono dipinge se stesso e sotto forma di consigli ci scopre i suoi pensieri e sentimenti più intimi , o , per dirla con parola moderna , il suo ideale politico e civile dell ' uomo . L ' uomo del Guicciardini , quale egli crede dovrebbe essere l ' uomo savio , com ' egli lo chiama , è un tipo possibile solo in una civiltà molto avanzata e segna quel momento che lo spirito già adulto e progredito caccia via l ' immaginazione e l ' affetto e la fede , ed acquista assoluta e facile padronanza di sé . In questo regno dello spirito il nostro uomo savio spiega tutte le sue forze . Molto ha imparato ne ' libri , maraviglioso di erudizione e di dottrina ; ma non gli basta . Sa “ quanto è diversa la pratica dalla teorica , quanti sono che intendono le cose bene , che o non si ricordano o non sanno metterle in atto ” , e come non dee confidare alcuno “ tanto nella prudenza naturale , che si persuada quella più bastare senza l ’ accidentale della esperienza ” . Perciò la naturale prudenza e la dottrina accompagna con l ' esperienza , ovvero osservazione delle cose . E non gli basta ancora . Sa pure che “ la dottrina accompagnata co ' cervelli deboli o non gli megliora o gli guasta ” ; e però anche il naturale dee essere buono , tale cioè che non sia offuscato lo spirito dalle apparenze , dalle impressioni , dalle vane immaginazioni e dalle passioni . E quando hanno queste buone parti , la prudenza naturale , e l ' esperienza , e la dottrina , e il cervello non debole , gli uomini sono perfetti e quasi divini . Nel nostro savio e nel nostro uomo perfetto si riscontra dunque l ’ accidentale col naturale buono , la dottrina e l ' esperienza col cervello positivo e prudente . Ma egli ha una qualità ancora più preziosa senza la quale tutte le altre sono di poco frutto , ed è la discrezione o il discernere . Su ' libri trova le regole ; ma “ è grande errore parlare delle cose del mondo indistintamente e assolutamente , e per dire così per regola ; perché quasi tutte hanno distinzione ed eccezione , e queste distinzioni e eccezioni non si trovano scritte in su ' libri , ma bisogna lo insegni la discrezione ” . Senza la discrezione adunque non giova la dottrina e non l ' esperienza . La dottrina ti dà le regole , l ' esperienza ti dà gli esempli ; ma è fallacissimo il giudicare per gli esempli : “ con ciò sia che ogni minima varietà nel caso può essere causa di grandissima variazione nello effetto ; e il discernere queste varietà , quando sono piccole , vuole buono e perspicace occhio ” . E perciò , “ quanto s ' ingannano coloro che a ogni parola allegano i Romani ! Bisognerebbe avere una città condizionata come era la loro , e poi governarsi secondo quello esempio ; il quale a chi ha le qualità disproporzionate è tanto disproporzionato , quanto sarebbe volere che uno asino facesse il corso di uno cavallo ” . Ma il nostro uomo non capita a prendere un asino per cavallo ; perché ha da natura buono e perspicace occhio , e legge spesso in un libro suo , che il Guicciardini chiama libro della discrezione . Questo è l ' uomo perfetto del Guicciardini , tutto spirito , e armato di così forti armi , naturali e accidentali . Né è colpa sua che abbia coscienza della sua superiorità , e disprezzi i vulgari , e come italiano , stimi barbari tutti gli altri popoli , e quantunque fortissimi e valorosissimi , confidi di poterli vincere e farli suoi istrumenti con la forza dell ' ingegno e della coltura . Chi studii con qualche attenzione in questo tipo intellettuale , così com ' è uscito dalla mente del Guicciardini , e che risponde generalmente allo stato reale dello spirito italiano a quel tempo , vedrà perché i nostri uomini di Stato giocavano quasi con gli stranieri , a cui si sentivano tanto soprastare per intelligenza e per coltura , e non che averne paura , confidavano di poterli usare a ' loro fini e a ' loro interessi particolari . Voi v ' intendete di armi , ma non v ' intendete di Stato , dicea con orgoglio Nicolò Macchiavelli a un potente straniero . Il nostro uomo , dotato di tante forze intellettive , e così disciplinate , con quel suo occhio buono e perspicace vede il mondo altro da quello che i volgari sogliono . Non crede agli astrologi e ai teologi e ai filosofi e a tutti gli altri che scrivono le cose sopra natura o che non si veggono , “ e dicono mille pazzie : perché in effetto gli uomini sono al bujo delle cose e questa indaga ione ha servilo e serve più a esercitare gl ' ingegni che a trovare la verità ” . Parla con ironia di Santa Maria Impruneta , che fa piova e bel tempo , e delle devozioni e de ' miracoli , e de ' digiuni e orazioni e simili opere pie , “ ordinate dalla Chiesa o ricordate da ' Frati , e dell ' aiuto che Dio dà a ' buoni , e del buon successo delle cause giuste ” . Stima che “ la troppa religione guasta il mondo , perché effemina gli animi , avviluppa gli uomini in mille errori e divertisceli da molle imprese generose e virili ” . Crede che , “ dalle repubbliche in fuora , nella loro patria , e non più oltre , tutti gli Stati , chi bene considera la loro origine , sono violenti , né v ' è potestà che sia legittima : né anche quella dell ' imperatore , che è fondata in sull ' autorità de ' Romani , che fu maggiore usurpazione che nessun ' altra ; e non quella de ' preti , la violenza de ' quali è doppia , perché a tenerci sotto usano le armi temporali e le spirituali ” . Innanzi a quest ' occhio perspicace tutto l ' antico edificio crolla , e del medio evo non rimane nulla . Il regno celeste rovina e si trae appresso nella caduta Papa e Imperatore . Lo spirito , adulto e per virtù propria emancipato , si ribella contro il passato dal quale è uscito e che lo ha cresciuto ed educato , caccia via da sé tutte le credenze e i principii , fattori di quella civiltà della quale egli è la corona e l ’ orgoglio , e si chiude nella terra , o nella vita reale , nel mondo naturale , così com ' è e non come è immaginato , e pone la sua gloria nell ' interpretarlo , nel comprenderlo e nel valersene a ' suoi fini . Se il nostro savio ammette con le persone spirituali che la fede conduce cose grandi , gli è non per alcuna assistenza soprannaturale o provvidenziale , ma perché la fede fa ostinazione , e chi dura , la vince . Quanto a lui , non gli è bisogno la fede , perché a vincere bastano le sue armi proprie , la naturale prudenza , e la dottrina e l ' esperienza e quel suo terribile occhio buono e perspicace . E non ci è latebra del cuore umano che stia nascosta a quell ' occhio , e non apparenza o nebbia così fitta che gli chiuda la via , e non vanità d ' immaginazione o impeto di passione . Quelli che si lasciano signoreggiare da vane immaginazioni , sono cervelli deboli . Quelli che si gittano nelle imprese senza considerare le difficoltà , sono uomini bestiali . E “ chi governa a caso , si ritrova alla fine a caso ” . E sono matti quelli che operano secondo passione , ancorché nobile e generosa . E sono sciocchi quelli che seguono il “ comune ragionare degli uomini e le vane opinioni del popolo . Chi disse uno popolo , disse veramente uno pazzo : perché è un mostro pieno di confusione e di errori , e le sue vane opinioni sono tanto lontane dalle verità , quanto è , secondo Tolomeo , la Spagna dalla India ” . Né è bene stare al giudicio di quelli che scrivono , e in ogni cosa “ volere vedere ognuno che scrive : e così quello tempo che s ' arebbe a mettere in speculare , si consuma in leggere libri con stracchezza d ' animo e di corpo , in modo che l ' ha quasi più similitudine a una fatica di facchini , che di dotti ” . Il nostro uomo savio e perfetto non ha fede che nel suo giudicio proprio , nel suo speculare , e nella evidenza del fatto , che scopre ogni fallacia di apparenza ; quanti dicono bene che non sanno fare : quanti in sulle panche e in sulle piazze paiono uomini eccellenti che adoperali riescono ombre ! Egli crede che i fatti umani sieno determinati dalle inclinazioni e passioni e opinioni degli uomini , e che ci sia perciò un ' arte della vita pubblica e privata , fondata sullo studio e la cognizione del cuore umano , scienza affatto sperimentale . E qual maestro in quest ' arte ! Nessuno è più addentro di lui ne ' motivi più occulti e con più cura dissimulati delle nostre azioni ; né più sicuro in determinare gli effetti più lontani , o quella lenta successione di cause poco sensibili e poco osservate , le quali spiegano quei moti delle cose , che al volgo pajono rovine subitanee . Fra tanta varietà di accidenti e di opinioni e di passioni nessuna cosa lo sorprende o lo sgomenta o lo turba , perché considera ogni cosa etiam minima , e di tutto sa trovare il bandolo , e ne ' più diversi casi della vita prevede e provvede , da ' più alti negozi dello Stato alle più umili faccende della famiglia . Il suo sguardo ne ' casi più improvvisi freddo e tranquillo è quello di un Iddio , alto e sereno sulle tempeste , ma di un Iddio leggermente ironico , inclinato a pigliarsi spasso degli uomini e voltarli a modo suo . Questo tipo del Guicciardini è la pianta uomo , come s ' era più o meno sviluppata in Italia ; è la fisonomia rimasa storica e tradizionale dell ' uomo italiano com ' era a quel tempo ; è quella superiorità e padronanza dello spirito , alla quale i popoli non giungono se non dopo molti secoli d ' iniziazione e di civiltà , e dove l ' Italia giunse con tanta celerità di cammino , che vi lasciò per via gran parte delle sue forze . Onde avvenne , che in così visibile progresso dello spirito , in così varia e ricca coltura , in tanta prosperità , fra tanti capilavori , quando coglieva il più bel fiore di una vita breve e affaticata , e aveva in vista nuovi orizzonti , si trovò esausta , e i giorni più allegri e più belli della sua esistenza furono i giorni della sua morte . L ' Italia era molto simile a quest ' uomo del Guicciardini , che ha fatto piano di tutto il passato , e rimasto solo col suo spirito , si gitta nella vita pieno di confidenza nel suo ingegno , nella sua dottrina , nella sua esperienza , nel suo occhio perspicace , e tratta l ’ uomo , come la natura , quasi suo servo , e suo istrumento e nato a utile suo , e guarda con uno sguardo fra l ’ ironico e il compassionevole ; e in verità il più degno di compassione è lui . Perché infine qual ' è l ' uso che di tante forze intellettive farà quest ' uomo ? qual è per lui il problema della vita ? Vivere è voltare tutte le cose divine e umane , spirituali e temporali , animate ed inanimate , a beneficio proprio . Ecco l ' ultimo motto di questa scienza e arte della vita . Seguiamo la storia di quest ' uomo secondo il tipo del Guicciardini , disegnato con tanta maestria in questi implacabili ricordi . Egli ha sciolto tutti i vincoli col passato , è uscito dalla barbarie del medio evo , ed è già l ' uomo nuovo o l ' uomo moderno , che si beffa del soprannaturale , e di tutti gli occulti e le vane cogitazioni dell ' astrologia e della magia , de ' teologi e de ' filosofi , e non ha fede che nella scienza , e vi pone a fondamento l ' esperienza e il giudizio proprio , lo speculare : tipo intellettuale italiano , divenuto dopo grandi lotte il tipo , la fisonomia di tutta l ' Europa civile . Questa potenza ed energia intellettuale produsse lavori che fruttificarono in altre terre , aiutarono al progresso umano , e rimasero sterili , dove nacquero . Galilei , Colombo , Vico , e molti altri potenti intelletti , che tanta parte ebbero nella civiltà europea , non ebbero quasi virtù o efficacia nella civiltà del loro paese , dove non era più materia atta a ricevere e generare . Il Guicciardini dice che le città non sono mortali , come gl ' individui , perché la materia si rinnova , e se periscono , è per gli errori di quelli che governano . Superbia di statista : perché non ci è scienza di statista , la quale possa fare che viva una città , a cui tutte le forze spirituali sono mancate , e dove la materia che si rinnova , è fiacca e corrotta e senza succo generativo . Né alla vita basta la sparsa cultura e l ' intelligenza sviluppata : perché sapere non è potere , come vedremo , continuando la storia del nostro uomo . Il quale , così potente d ' intelletto e di dottrina e di esperienza e di discrezione , è altresì un patriota ed un liberale , con tali opinioni che lo certificano lontanissimo già dal medio evo e personaggio affatto moderno . Imperatore e Papa , guelfi e ghibellini , dritto feudale e dritto di conquista , lotte di ottimati e di popolani , tutto questo è già roba vieta , è cancellato dalla sua coscienza . Italiano , cittadino di Firenze e laico , le sue opinioni si riassumono in queste memorabili parole : “ Tre cose desidero vedere innanzi alla mia morte , ma dubito , ancora che io vivessi molto , non ne vedere alcuna : uno vivere di repubblica bene ordinato nella città nostra ; Italia liberata da tutti i barbari , e liberato il mondo dalla tirannide di questi scellerati preti ” . Bellissime sentenze che , come egli presentiva , furono un testamento , divenuto oggi bandiera di tutta la parte liberale e civile europea : una libertà bene ordinata , l ' indipendenza e l ’ autonomia delle Nazioni , e l ' affrancamento del laicato . Questo desiderava allora il nostro uomo , e con lui tutta la parte colta del popolo Italiano , così a lui simile . Ma altro è desiderare , altro è fare . Il nostro uomo farebbe , se potesse far solo , ma lo sgomenta la compagnia de ' pazzi e de ' maligni . Molti , è vero , gridano libertà , ma in quasi tutti prepondera il rispetto dell ' interesse suo . Essendo il mondo fatto così , e dovendo l ’ uomo savio pigliare il mondo com ' è e non come dovrebbe essere , la scienza e l ’ arte della vita è posta in saper condursi di guisa che non te ne venga danno , anzi la maggiore comodità possibile . Conoscere non è mettere in atto . Pensa come vuoi , ma fai come ti torna . Perciò la principal mira del nostro savio è di procurarsi e mantenersi riputazione , perché allora tutti li corrono dietro ; e quando non si stima l ' onore , quando manca questo stimolo ardente , sono morte e vane le azioni degli uomini . E non c ' è cosa , benché minima , che non si debba fare , chi vuole acquistarsi riputazione . Quantunque “ sapere sonare , ballare , cantare e simili leggiadrie , scrivere bene , sapere cavalcare , sapere vestire accomodato pare che diano agli uomini più presto ornamento , che sostanza ” ; pure è bene averne cura , perché “ questi ornamenti danno degnità e riputazione agli uomini etiam bene qualificati e aprono la via al favore de ' principi , e sono talvolta principio e cagione di grande profitto e esaltazione ” . Il nostro savio non è uno stoico , né un cinico ; anzi è piuttosto un amabile epicureo . Si guarda d ' ingiuriare e di offendere , e quando vi sia sforzato , fa quello solo che necessità o utilità vuole . Fa volentieri il bene , non perché ne attenda cambio , essendo gli uomini facilissimi a dimenticare i benefizi , ma perché gli cresce riputazione . È largo di cerimonie e di lusinghe e di promesse generali , perché ne acquista grazia presso gli uomini , quando pure le buone parole non sieno seguite da ' buoni tatti . Si studia di tenersi bene co ' fratelli , co ' parenti , co ' principi , di procacciarsi amici , di non farsi nemici , che gli uomini si riscontrano , e te ne può venir male . Procura di trovarsi sempre con chi vince : perché glie ne viene parte di lode e di premio . Ha appetito della roba , non per godere di quella , che sarebbe cosa bassa , ma perché gli dà riputazione e la povertà è spregiata . È persona libera e reale , o come si dice in Firenze , schietta , perché piace agli uomini e perché , quando sia il caso di simulare , più facilmente acquisti fede . E nega arditamente , quando anche “ quello abbia fatto o tentato sia quasi scoperto e pubblico ; perché la negazione efficace , quando bene non persuada a chi ha indizi o creda il contrario , gli mette almanco il cervello a partito ” . È stretto nello spendere ancoraché la prodigalità piaccia : perché “ più onore ti fa uno ducato che la hai in borsa , che dieci che tu ne hai spesi ” . Fa ogni cosa per parere buono : perché il buon nome vale più che molte ricchezze . Cerca non meritarsi nome di essere sospettoso ; ma perché più sono i cattivi che i buoni , “ massime dove è interesse di roba o di stato , e l ' uomo tanto cupido dello interesse suo , tanto poco respettivo a quello di altri , crede poco e si fida poco ” . Sarei infinito se volessi continuare in queste citazioni . E forse mi sono steso troppo . Ma dice così bene , così preciso , in un linguaggio e in uno stile così oggi dimenticato , che nessuno me ne vorrà male . E sarò contento , se avrò potuto invogliare molti a leggere questo codice della vita scritto in stile lapidario e monumentale e pieno di alti insegnamenti per i cultori delle scienze storiche e morali . Quest ' uomo savio , secondo l ’ immagine che ce ne porge il Guicciardini , è quello che oggi direbbesi un gentiluomo , un amabile gentiluomo , nel vestire , nelle maniere e ne ' tratti . Il ritratto è così fresco e vivo , così conforme alle consuetudini moderne che ad ogni ora ti par d ' incontrarlo per via , con quel suo risetto di una benevolenza equivoca , con quella perfetta misura ne ' modi e nelle parole , con quella padronanza di sé , con quella confidenza nel suo saper fare e saper vivere . Tutti gli fanno largo ; multi gli sono attorno ; e se ne dice un gran bene . Quelli che sono da più di lui , non ne hanno ombra , perché si guarda di entrare in concorrenza , ed anche di far lega co ' potenti , memore del proverbio castigliano : il filo si rompe dal capo più debole . I principi lo hanno in grazia e lo colmano di onori e di ricchezze , perché mostra di avere loro rispetto e reverenza , e in questo è più presto abbondante che scarso . Ha il favore del popolo , “ fugge il nome di ambizioso , e tutte le dimostrazioni di volere parere , etiam nelle cose minime e nel vivere quotidiano , maggiore o più pomposo o delicato che gli altri ” . Nessuno gli ha gelosia o sospetto , perché fugge la troppa cupidità , per la quale l ' uomo è il peggior nemico di se stesso . Qual è la miglior cosa del mondo ? E il nostro savio risponde : è misura . Aborre dal troppo e dal vano ; e non sforza la natura , e si rassegna al fato , a quello che essere , citando l ' aureo detto : Ducunt volentes fata , nolentes trahunt . Se non può colorire tutti i suoi disegni , non se ne sdegna e sa attendere : perché i savi sono pazienti . È buono cittadino , perché si mostra “ zelante del bene della patria e alieno da quelle cose che pregiudicano a un terzo ; ma riprendere i disprezzatori della religione e de ’ buoni costumi è bontà superflua di quelli di San Marco la quale o è spesso ipocrisia , o quando pure non sia simulata non è già troppa a un cristiano , ma non giova niente al buono essere della città . Vuol provvedere alla sua grandezza , ma non se la propone per idolo come fanno comunemente i principi , i quali “ per conseguire ciò che gli conduce a quella fanno uno piano della coscienza dell ’ onore , della umanità e di ogni altra cosa . Tutto è previsto misurato : a tutto ci è un ma , che toglie ogni esagerazione e tien fermo il nostro savio nella via del mezzo . Aurea mediocritas . Il soperchio rompe il coperchio , e la miglior cosa del mondo è misura . “ Gl ' intelletti elevati trascendono il grado umano e si accostano alle nature celesti , ma senza dubbio ha migliore tempo nel mondo , più lunga vita e è in uno certo modo più felice chi è d ' ingegno più positivo ” . E questo è esser savio e saper vivere . senza dubbio il nostro savio ama la gloria , e desidera di fare cose grandi ed eccelse , ma ingegno positivo , com ' egli è , a patto che non sia con suo danno o incomodità . Gli cascano di bocca parole d ’ oro . Parla volentieri di patria , di libertà , di onore , di gloria , di umanità , ; ma vediamolo a ' fatti . Ama la patria e se perisce gliene duole non per lei , perciò così ha a essere , ma per sé , nato in tempi di tanta infelicità . È zelante del ben pubblico , ma non s ’ ingolfa tanto nello Stato , da mettere in quello tutta la sua fortuna . Vuole la libertà , ma quando la sia perduta non è bene fare mutazioni , perché spesso mutano i visi delle persone non le cose , e come non puoi mutare tu solo , “ ti riesce altro da quello che avevi in mente , e non puoi fare fondamento sul populo ” così instabile , e quando la vada male , ti tocca la vita spregiata del fuoruscita . Se tu fossi di qualità a essere capo di Stato , passi ; ma non così non essendo , è miglior consiglio portarsi in modo che quelli che governano non ti abbiano in sospetto , e neppure ti pongano tra i malcontenti . Quelli che altrimenti fanno , sono nomini leggieri . Nel mondo sono i savii e i pazzi . E pazzi chiama quei fiorentini , che “ vollero contro ogni ragione opporsi ” , quando “ i savii di Firenze arebbono ceduto alla tempesta ” . A nessuno dispiace più che a lui l ’ “ ambizione , l ' avarizia e la mollizie de ' preti , e il dominio temporale ecclesiastico ; ama . Martino Lutero , per vedere ridurre questa caterva di scelerati a ' termini debiti , cioè a restare o senza vizi , o senza autorità ” ; ma per il suo particulare è necessitato amare la grandezza de ' pontefici , e operare a sostegno de ' preti e del dominio temporale . Vuole emendata la religione in molte parti ; ma quanto a lui , “ non combatte con la religione , né con le cose che pare che dependono da Dio ; perchè questo obbietto ha troppa forza nella mente delli sciocchi ” . Così il nostro savio si nutre di amori platonici e di desiderii impotenti . E la stia impotenza è in questo , che a lui manca la forza di sacrificare il suo particulare a quello ch ' egli e vuole : perché quelle cose che dice di amare e di desiderare , la verità , la giustizia , la virtù , la libertà , la patria , l ' Italia liberata da ' barbari , e il mondo liberato da ' preti , non sono in lui sentimenti vivi e operosi , ma opinioni e idee astratte , e quello solo che sente , quello solo che lo muove , è il suo particolare . La lotta era accesa in Germania per la riforma religiosa e si stendeva nelle nazioni vicine , e non mancavano pazzi tra noi che per quella combattevano e morivano ; in Italia si combattevano le ultime battaglie della libertà e dell ' indipendenza nazionale ; il paese si dibatteva tra Svizzeri , Spagnuoli , Tedeschi e Francesi ; e il nostro savio non pare abbia anima d ' uomo , e non dà segno quasi di accorgersene e non se ne commove , e libra , e pesa , e misura quello che gli noccia o gli giovi . La vita è per lui un calcolo aritmetico . L ’ Italia perì perchè i pazzi furono pochissimi , e i più erano i savii . Città , principi , popolo , rispondevano all ' esemplare stupendamente delineato in questi Ricordi . L ' ideale non era più Farinata , erano i Medici ; e lo scrittore di questi tempi non era Dante , era Francesco Guicciardini . La società s ' era ita trasformando , pulita , elegante , colta , erudita , spensierata , amante del quieto vivere , vaga de ' piaceri dello spirito e della immaginazione , quale tu la senti ne ' versi di Angiolo Poliziano . Ogni serietà e dignità di scopo era mancata a quella insipida realtà . Patria , religione , libertà , onore , gloria , tutto quello che stimola gli uomini ad atti magnanimi e fa le nazioni grandi , ammesso in teoria . , non aveva più senso nella vita pratica , non era più il motivo della vita sociale . E perché mancarono questi stimoli , i quali soli hanno virtù di mantener vivo il carattere e la tempra delle nazioni , mancò appresso anche ogni energia intellettuale ed ogni attività negli usi e ne ' bisogni della vita , e il paese finì in quella sonnolenza , che i nostri vincitori con immortale scherno trasportarono ne ' loro vocabolarii e chiamarono il dolce far niente . Un individuo simile al nostro savio può forse vivere ; una società non può . Perché a tenere insieme uniti gli uomini è necessità che essi abbiano la forza di sacrificare , quando occorra , anche le sostanze , anche la vita ; e dove manchi questa virtù o sia ridotta in pochi , la società è disfatta , ancoraché paja viva . Questa forza mancò agl ' Italiani , simili in gran parte a quel romano ricchissimo , che non volle spendere cento ducati per la comune difesa , e nel sacco di Roma perdette l ’ onore delle figliuole e gran parte della sua fortuna . Questa forza mancò , perché le idee che mossero i loro maggiori erano esauste , succeduta la stanchezza e l ’ indifferenza , e in tanta cultura e prosperità la tempra , la stoffa dell ' uomo era logora , mancata quella fede e caldezza di cuore che conduce le cose grandi , che può comandare ai monti , come dice l ' Evangelo , o se vi piace meglio , può rendere facili e dolci i più duri sacrifici . Che cosa rimaneva ? La saviezza del Guicciardini . Mancata era la forza : supplì l ' intrigo , l ' astuzia , la simulazione , la doppiezza . E pensando ciascuno al suo particolare , nella tempesta , comune naufragarono tutti . Come erano rimpiccoliti gl ' Italiani e in quanta fiacchezza morale erano caduti , quali erano i disegni , i desiderii fra tanta tempesta , può far fede la descrizione che fa il Guicciardini dell ' animo dei suoi concittadini , ne ' quali era pur rimasta tanta virtù che valse a farli cadere con lode . “ La consuetudine nostra , fa dire a loro lo storico , non comportava che s ' implicassi nella guerra tra questi principi grandi , ma attendessi a schermirsi e ricomperarsi da chi vinceva secondo le occasioni e le necessità . Non era uficio nostro volere dare legge a Italia , volerci fare maestri e censori di chi aveva a uscirne : non mescolarci nelle quistioni de ' maggiori re de ' cristiani : abbiamo bisogno noi d ' intrattenerci con ognuno , di fare che i mercatanti nostri , che sono la vita nostra , possino andare sicuri per tutto : di non fare mai offesa a alcuno principe grande se non constretti e in modo che la scusa accompagni l ’ ingiuria , né si vegga , prima l ' offesa che la necessità . Non abbiamo bisogno di spendere i nostri danari per nutrire le guerre di altri , ma serbargli per difenderci dalle vittorie ; non per travagliare e mettere in pericolo la vita e la città , ma per riposarci e salvarci ” . Questo linguaggio di servitori e di mercanti mostra qual era allora la saviezza de ' popoli italiani , e che cosa è l ' uomo savio del Guicciardini . Non c ' è spettacolo più miserevole di tanta impotenza e fiacchezza in tanta saviezza . La razza italiana non è ancora sanata da questa fiacchezza morale , e non è ancora scomparso dalla sua fronte quel marchio che ci ha impresso la storia di doppiezza e di simulazione . L ' uomo del Guicciardini vivit , imo in Senatum venit , e lo incontri ad ogni passo . E quest ' uomo fatale c ' impedisce la via se non abbiamo la forza di ucciderlo nella nostra coscienza .