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LAVORO MANUALE E LAVORO INTELLETTUALE ( VITTORINI ELIO , 1935 )
StampaPeriodica ,
" Livellare la cultura iniziale dei lavoratori dice Emmeg su L ' Ordine Corporativo significa troppo o troppo poco ? questione di altezza sulla quale deve giungere la base comune . Ma poi , è proprio indispensabile , per conferire unicità di valutazione morale a tutti i mestieri e a tutte le professioni , renderne quasi indifferente la scelta ? Quando un giovane , completata la sua preparazione spirituale , è rimasto persuaso che il mestiere del muratore vale , moralmente , la professione del ragioniere , non corre il rischio di aver perduto del tempo prezioso se si decide per il primo ? Non è sufficiente che l ' unicità di valutazione sia nella concezione di vita del Fascismo nel giudizio , cioè , della società di cui quel giovane fa parte ? " Questo a proposito di una nostra nota sui Littoriali del Lavoro , pubblicata sul Bargello del 3 Maggio XIV e nella quale , dopo aver esposto come per varii motivi sarebbe augurabile che i detti Littoriali si svolgessero su un terreno di discussione anziché di prova pratica , finivamo col dichiarare che dovrebbe essere nostra aspirazione a realizzare una vita sociale che rendesse indifferente per un giovane la scelta della professione dal muratore all ' ingegnere . Già il nostro direttore ci aveva , quasi nelLo stesso senso , dato sulla voce . E noi troviamo la questione troppo importante anche se in apparenza peregrina , per non tornarci sopra e cercare di spiegarci meglio . ( E la spiegazione valga anche per altri come l ' Eja di Ascoli che si sono interessati dell 'argomento.) Condizioni di vita sociale , abbiamo detto , in cui sia indifferente , compiuti gli studi , mettersi a fare l ' una o l ' altra professione . Presupponiamo dunque , anzitutto , una unicità di cultura . Non però nel senso , naturalmente , che chi si mette a fare il muratore si trovi in grado di poter senz ' altro esercitare , volendo , la professione dell ' ingegnere . Bisogna distinguere tra cultura come preparazione spirituale e cultura come specializzazione professionale . Dicendo unicità di cultura noi ci riferiamo alla prima . Nel sistema vigente di istruzione pubblica , nonostante i suoi vari e antichi difetti di superficialismo , si può del resto individuare un punto a partir dal quale la cultura somministrata finisce di valere come preparazione spirituale e diventa specializzazione professionale . Naturalmente lasciamo stare le scuole di tipo tecnico che , a nostro parere , sono soltanto dei disgraziati tentativi di permettere a dei piccoli ambiziosi di cavarsela borghesemente con la vita senza preparazione spirituale di nessun genere ; e ci limitiamo a considerare come scuole pressapoco degne della loro funzione quelle di tipo classico . Seguendo il corso di esse si vede che fino al momento in cui dal Liceo si passa all ' Università la cultura è uguale sia per i futuri medici che per i futuri ingegneri o avvocati , non ha , cioè , nulla di particolarmente preparatorio alla professione del medico , o dell ' avvocato , o dell ' ingegnere . È sì cultura preparatoria , in un certo senso , a tutte le professioni in genere , ma è soprattutto cultura che apre possibilità extraprofessionali : di gusto , di letture , di conoscenza , di comprensione umana . Ora , non sarebbe tanto di guadagnato per gli individui e per la collettività ( forse soprattutto per la collettività ) che le medesime possibilità extraprofessionali venissero aperte oltre che ai futuri medici , ingegneri , avvocati , ai futuri muratori , meccanici , contadini ? Nulla vieta , ai fini del lavoro intellettuale , che il medico , l ' ingegnere , l ' avvocato , non abbiano , culturalmente parlando , in più degli altri cittadini e degli stessi operai e contadini , che le pure e semplici cognizioni professionali . Nulla vieta , ai fini del lavoro manuale , che operai e contadini conoscano le lingue , apprezzino l ' Ariosto e il Leopardi , si trovino in grado di capire domani , secondo la loro intelligenza , un quadro , un libro , una musica , l ' idea politica , una questione di economia . Nulla lo vieta se non il filisteismo che si è convenuto di chiamar borghese che quanto più vede in basso il lavoro manuale tanto più crede elevato , il lavoro intellettuale . Si osserverà : ma se tutti dovranno raggiungere un grado tale di cultura per cui solo con due o tre anni di studi ulteriori si potrà diventare medici o ingegneri anziché fermarsi ad essere operai o contadini , non sarà indifferente fermarsi a operai o contadini e non diventare medici o ingegneri . Niente affatto ! Si verrebbe ad una eguaglianza di condizione morale ( e , si capisce , con giusta opportuna perequazione economica ) tra lavoro manuale e lavoro intellettuale per cui non solo sarebbe indifferente la scelta della professione , ma per cui tutta la vita sociale salirebbe a un piano superiore , e precisamente al piano su cui oggi si trova la vita degli artisti ... La gente sarebbe disinteressata a fare l ' ingegnere , il medico , l ' avvocato come oggi è disinteressata a fare lo scrittore , il pittore , il musicista . Non si farebbe l ' ingegnere se non per la pura e semplice vocazione di far l ' ingegnere . Non si farebbe il medico se non per la pura e semplice vocazione di fare il medico . E così via ... Con il che , crediamo anche di rispondere all ' obbiezione del nostro direttore dove diceva : che la cultura non può non esser " patrimonio di pochi che vi si dedichino in modo diverso dai più . " Sarebbero pur sempre pochi coloro che la vocazione porterebbe a coltivare una data scienza , una data disciplina in un modo speciale , " diverso dai più ! " Anzi qualcuno può temere che sarebbero tanto pochi da obbiettarmi : o non si corre il rischio di non avere abbastanza medici , abbastanza ingegneri , una volta che la gente non avrà che il pungolo della vocazione a farla decidere di abbracciare una professione difficile anziché un mestiere facile ? Acuta obbiezione . Ma se si pensa " quanta più gente ( oggigiorno costretta dalle contingenze a non levare lo sguardo oltre i limiti del lavoro manuale ) si troverebbe in grado di avvertire il pungolo della vocazione , ogni timore in proposito scompare . La nostra aspirazione non ci sembra dunque lasciar prevedere che conseguenze positive : la fine del professionalismo ereditario , la fine del filisteismo intellettuale , lo sbloccamento di troppo chiuse categorie della cosiddetta borghesia ; e se consideriamo che è da tener d ' occhio come un pericolo del corporativismo : di vedere certe categorie qualificative finora borghesi perdere l ' unico loro pregio ( quello di essere categorie classi aperte ) e trasformarsi in inaccessibili classi chiuse , riteniamo che nutrire una simile aspirazione , agire in funzione di essa , proporsene la realizzazione in un periodo educativo magari trentennale , potrebbe essere utile .