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TASTIERA 6 ( BALDINI ANTONIO , 1942 )
StampaQuotidiana ,
Il tiro forse più birbone che amico m ' abbia mai fatto fu quello giocatomi dal poeta ticinese Giuseppe Zoppi il giorno che mi fece salire a tradimento sulla cattedra d ' un ' aula gremita di giovanotti e giovanotte , e sulla cattedra stava aperto a pagina tale un mio libro , con invito a darne io lettura e commento . La scuola era il Politecnico di Zurigo e la cattedra quella resa illustre fra il cinquantacinque e il sessanta da Francesco De Sanctis , e oggi egregiamente tenuta dallo Zoppi ; il quale , a parte il tradimento perpetrato ai miei danni , bisogna riconoscere che si è reso simpaticamente benemerito della nostra letteratura per avere avviati nel modo più cordiale i suoi discepoli alla conoscenza degli scrittori italiani , anche viventi . Rifiutarmi , dopo molte gentilezze ricevute in quella cara città , non potevo : sarebbe stata una scortesia imperdonabile . Celando il mio disappunto , lessi e commentai . ( Mi lessi e mi commentai . Fui al tempo stesso Dante e Scartazzini : Dante in quanto italiano e Scartazzini in quanto svizzero ) . Pur condita d ' amaro , fu esperienza istruttiva . Di fronte a un pubblico da conferenze , costituito per solito dalla grigia milizia volontaria di zitelle e di pensionati che non sanno trovare modo più allegro d ' impiegare le ore del pomeriggio , non sarebbe stato il caso d ' aver tanti scrupoli ; anzi , lécito scodellare loro qualsiasi minestra : e se la minestra è sciocca e il ragguaglio inadeguato , tanto peggio pei volontari dell ' uggia . Ma un ' aula di scuola è un ' altra cosa , ai giovani son dovuti altra considerazione e altro rispetto . Per quanto al mio tempo io sia stato sui banchi tutt ' altro che uno scolaro esemplare , nei venti minuti che durarono la mia lettura e il mio splanamento più d ' una volta ebbi , antipaticissimo , il senso di star profanando , dall ' alto della stessa sedia episcopale , un tempio venerando . Una tacita rampogna saliva a me dalla pagina del mio libro , che alla lettura da cattedra mi si veniva empiendo idealmente , sui margini e tra le righe , di una quantità di freghi blu e di segnacci rossi , accusanti la debole tessitura dello insieme e le approssimazioni le improprietà le sconvenienze delle singole espressioni . Parca dirmi , la povera mia pagina oramai ingiallita dal tempo : bella figura mi stai facendo fare , e anche tu fai . ( Curioso : nei punti dove mi pareva che la pagina resistesse meglio alla lettura avevo l ' impressione di stare commentando un morto , mentre nei punti dove la pagina aveva i più forti cedimenti mi ci ritrovavo fin troppo vivo ) . E levando dalla pagina gli occhi in viso a quelle giovanotte così attente e sorridenti mi veniva una fiera voglia di dire : fate bene a essere così contente , ma ohi ! , si spera che tutto questo non torni a scàpito del buon concetto che vi stavate facendo della letteratura del mio Paese . La verità è , avrei voluto anche dire , che nessuno sa , nessuno oggi può affermare , sia di questa che m ' hanno messa a tradimento sotto gli occhi che delle tante che , in tanti , siamo andati scrivendo gli ultimi anni in Italia , fino a che punto , in un domani più o meno lontano , venuti cioè al punto d ' una idonea e sufficiente prospettiva , possano essere giudicate meritevoli di commento in una scuola . Mentre una cosa terrei per certa : che da una cattedra , da qualsiasi cattedra , sia quella di Francesco De Sanctis sia quella di Coso Cosi , oggi e sempre debbano impartirsi e onorarsi conquiste assodate di scienza o di stile e non ipotesi più o meno generose ; e che in iscuola , a conoscenza dei giovani debbano esser portati solo forme e concetti collaudati da una sufficiente stagionatura . Ogni acquisizione di scuola dovrebbe avere un suo crisma di durabilità e inalterabilità . La Messa è buona cantata in buon latino e non improvvisata o stornellata in vernacolo . Per la spesa in ispiccioli del giorno basta la Radio . Ma in iscuola , sarebbe desiderabile che il maestro mettesse la sua gloria piuttosto nell ' indirizzare i giovani alla comprensione e al gusto di quelle letture meno ligie al costume dell ' ora che volge , che da soli non sarebbero in grado d ' intendere alla bella prima , e che sole invece potranno un giorno servir loro di pietra di paragone del bello e del brutto , del vero e del falso . E facciamo pure l ' ipotesi , generosa affé , che anche questa pagina che lo Zoppi mi ha fatto ritrovare aperta sulla cattedra , si scopra un giorno che avesse qualche numero buono anche per gli scolari di domani : voi capite , care le mie giovanotte , in quale increscevole situazione adesso mi venga a trovare : d ' essere cioè , io intruso cattedrante occasionale , di parere assolutamente contrario a quello del titolare a venire d ' una cattedra così gloriosa . Io affermo che la coerenza d ' un insegnamento va salvaguardata con una consonanza di giudizi attraverso almeno tre generazioni . Le mura della scuola , come dei monasteri , dovrebbero essere a prova di ciclone e di terremoto , e maestri e priori sapersi tenere con intenzione allo scuro delle mode e delle contromode . Caro Zoppi , tu ci aiuteresti a zoppicare ... Quarant ' anni fa , uno studente d ' una nostra facoltà di lettere che si fosse messo a esplorare un autore più vicino a noi che non fossero Ruggerone da Palermo o Cenne de la Chitarra era tenuto in gran sospetto dal docente . Esagerazioni ! Oggi , dalle medesime cattedre , si ammettono , quando non proprio si suggeriscano , esercitazioni e tesi su Marinetti , Ungaretti , Quasimodo . Parte lo esploratore armato di tutto punto e si ferma dal tabaccaio . Eh no , troppo facile e troppo comodo ! Tutte le volte che ho parlato davanti a quel pubblico che dicevo , di zitelle e di pensionati , mi sono trovato di fronte il penoso dilemma se chiudere o no il mio sermone col pistolotto . ( A buon conto lo preparavo , salvo saltarlo all ' ultimo momento ) . Platealissimo espediente , il « pistolotto » , e indegno di persona bennata , ma che offre il grande vantaggio di rendere accorto l ' uditorio che il sermone è arrivato alla fine e ch ' è venuto il momento di batter le mani : giacché un discorso senza battimano alla chiusa , sia pure di sole quattro mani , è cosa da piangere : e quella frazione di tempo che il pubblico alle volte mette ad accorgersi che il divertimento è finito , per poco che si protragga , è cosa , credete a chi n ' ha fatto esperimento , è cosa da languire ... Un disagio dello stesso genere è quello che si prova quando per distrazione del macchinista il sipario indugia qualche secondo a calare sul finale del dramma : e sapevano certo quello che si facevano , i vecchi commediografi , quando mettevano in bocca a un attore quattro parole di commiato con le quali questi , rivolto agli spettatori , chiedeva insieme compatimento e battimano . « Fàteci con lieto plauso o spettatori intendere che non vi sia spiaciuta questa favola » . Un pistolotto , sia pure molto bene mascherato , ci vuole . Così da bambino , se non sentivo « stretta la foglia larga la via » , mi pareva che la favola non fosse ancora veramente finita . Anche l ' ultimo periodo dei Promessi Sposi , col suo « vogliate bene a chi l ' ha scritto e anche un pochino a chi l ' ha raccomodato » è nel tono della captatio benevolentiae d ' un finale di commedia . Ma un libro almeno si vede , quand ' è finito : e quella captatio il Manzoni se la sarebbe potuta risparmiare ; come , d ' altronde , se l ' era risparmiata nella primitiva stesura di Fermo e Lucia che faceva punto al periodo precedente , nel quale , dalle parole di Fermo , il Manzoni aveva cavato il « costrutto morale di tutti gli avvenimenti » : ( nei Promessi dirà , più alla buona : « il sugo di tutta la storia » ) . E non è detto che il suo romanzo non potesse , e sempre con bellissimi effetti , fermarsi anche qualche periodo prima : se non che l ' autore ci tenne a chiudere la partitura con un pianissimo , arrivando a toccare col mignolo proprio l ' ultimo tasto del pianoforte . Ad esempio , sarebbe andato benissimo anche se avesse staccato la penna una dozzina di righe più sopra , al punto dove Lucia , « soavemente sorridendo » ( finalmente , dopo settecento pagine , si ricorda di sorridere ! ) , chiude la bocca a Renzo , in vena di filosofare sulla propria storia , con le parole : « quando non voleste dire che il mio sproposito sia stato quello di volervi bene , e di promettermi a voi » , dove quel promettersi all ' ultima riga sarebbe stato un felice richiamo al titolo dell ' opera . Altro finale indovinato , e plausibilissimo , poteva darsi venticinque righe più sopra , dove dice : « fu una bambina ; e potete credere che le fu messo nome Maria » . Immagino che Marino Moretti , se i Promessi l ' avesse scritti lui , a quella bambina si sarebbe fermato . Quant ' a me , non ho ancora ben deciso se troncare dodici righe prima o sei righe dopo Moretti : o , cioè , dove dice : « e fu , da quel punto in poi , una vita delle più tranquille , delle più facili , delle più invidiabili ; di maniera che , se ve l ' avessi a raccontare , vi seccherebbe a morte » ; oppure dove fa parola dei figli che vennero dopo la piccola Maria , « e Renzo volle che imparassero tutti a leggere e scrivere , dicendo che , giacché la c ' era questa birberia , dovevano almeno profittarne anche loro » . E sulle bozze avrei espunto il la prima di c ' era ...