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LA FORTUNA DELL'AMINTA ( DE ROBERTIS GIUSEPPE , 1942 )
StampaQuotidiana ,
La storia della fortuna dell ' Aminta è , s ' intende , la storia delle scoperte e degli errori del lavoro e del pensiero critico intorno all ' Aminta , storia del gusto in senso alto ; e noi la faremo , più specialmente , per gli ultimi cinquant ' anni . Da quando il Carducci , con i suoi tre famosi saggi ( I ° L ' « Aminta » e la vecchia poesia pastorale ; 2° Precedenti dell ' « Aminta » ; 3° Storia dell ' « Aminta » ) , tutto cercò , a tutto badò , tranne che all ' arte dell ' Aminta , alla sua formazione , anzi alla sua elaborazione , fino agli ultimi studi , volti a considerare l ' Aminta in sé , nel suo valore poetico , ma scissa quasi sempre dalla sua vera ragione e condizione . E non parliamo dei tradimenti operati dalla critica ( se così deve chiamarsi ) psicologica e romanticheggiante che , al solito , contagiò l ' esame di quella « favola » , in tutto risolta e liberata , con la sovrapposizione della biografia del Tasso . L ' arte del Tasso fu , per quella cosiddetta critica , un pretesto per raccontare , complicandole , le vicende della sua vita , e vederne il riflesso , per l ' appunto , in una delle sue opere che ne restò impeccabilmente immune . I critici estetici , più nel vero , non fecero che sviluppare , ma spesso astrattamente , più con sottigliezza che su una fidata lettura , un giudizio del De Sanctis , sia che vi si accordassero sia che se ne scostassero ; un giudizio preparato e lavorato nel capitolo , sul Tasso , della sua Storia della Letteratura italiana , e che ribalena nel principio del capitolo sul Marino . « Questo mondo lirico , che nella Gerusalemme si trova mescolato con altri elementi , apparisce in tutta la sua purezza idillica ed elegiaca nell ' Aminta . Ivi il Tasso incontra il vero mondo del suo spirito e lo conduce a grande perfezione » . Il De Sanctis scoperse questo mondo , « mescolato con altri elementi » , nella Gerusalemme . Un cenno fuggevole al Rinaldo , un insufficiente cenno alle Rime ( « Delle sue rime sopravvive qualche sonetto e qualche canzone , effusione di anima tenera e idillica . Invano vi cerco i vestigi di qualche seria passione . Repertorio vecchio di concetti e di forme , con i soliti raffinamenti » , e seguitando : « I sentimenti umani sono petrificati nell ' astrazione di mille personificazioni .... e nel gelo di dottrine platoniche e di forme petrarchesche » ) , rendono chiaro che a intendere la formazione dell ' Aminta , il farsi del suo linguaggio , era al tutto fuori strada ; e gli mancava il gusto per queste esplorazioni . Ma dopo ? Il Carducci perseguì , secondo il suo costume , la storia ( storia invero tutta esterna ) della particolare forma ( o genere ) di quella « favola pastorale , o più largamente boschereccia e campestre » , non s ' interessò al determinarsi della più personale forma e espressione : e del resto mostrava di apprezzare poco le Rime , e di conoscerle ancora meno : e gli sfuggì il problema . L ' edizione delle Rime del Solerti , se pure incompiuta e imperfetta , ma ragguardevole , non decise gli studiosi a considerarle altro che fuggevolmente . Il Sainati ne cavò una sorta di commentario perpetuo , ricco di osservazioni e notizie puntuali , e basta . Ma il suo esame né lui né altri poi lo approfondirono . Le Rime del Tasso rimasero un libro non letto ; o letto e frainteso , come nel caso del Donadoni , critico per eccellenza impigliato in compromessi psicologistici , impigliato nelle difficoltà di non saper risolvere i rapporti tra biografia e poesia , poetica e poesia . E non è a dire che quanti si misero a cercarle in seguito fossero trattenuti dalle imperfezioni del lavoro del Solerti , dal suo apparato critico difettoso , che non arriva a fare storia , perché non chiarisce i tempi e i passaggi delle varie lezioni , e insomma i tempi del linguaggio poetico delle Rime ( storia che noi aspettiamo da un giovane a ciò preparato , il Caretti , il quale darà per la « Crusca » la novissima edizione delle Rime ) : la loro attenzione non degnava simili squisitezze . La ragione è invece un ' altra . Quei distratti lettori , per dirla semplicemente , non s ' accorsero , non sospettarono che da quelle Rime fosse nata l ' Aminta ; e che nasce proprio di lì il suo esprimersi fuso corrente , la sua metrica , la sua musica , anzi ne è essa , sotto questo triplice aspetto , la conclusione e l ' arricchimento . Mettiamoci pure l ' influenza di quei tanti poeti latini e cinquecentisti che scrissero favole pastorali , o boscherecce e campestri , e idilli e egloghe ; e mettiamoci , ancora più , gli elegiaci latini , come vide il Foscolo . Se di qui viene un particolare tono e impasto , e un ' inventività melica ( ben altro , dunque , che lo studio d ' una forma e d ' un genere ) , il farsi e graduarsi di quel tono o impasto , di quella inventività melica , è da ricercare appunto nelle Rime del Tasso che precedono l ' Aminta ( ben altro , dunque , che « portento » , come parve al Carducci ) . Ma bisogna distinguere tra rime e rime . Io direi che l ' avvio alla felicità espressiva dell ' Aminta , nei suoi momenti più alti , è da ricercare nei madrigali , nello stile madrigalesco ; la durata della favola , nella somma delle rime nei più diversi timbri . Il Tasso , come tutti i lirici del '500 , pagò prima il suo tributo al bembismo , specie nei sonetti , in quei sonetti di una tecnica sempre un poco « scostata » , che ora riflette come in un indifferente specchio l ' autobiografismo irrisolto e l ' aggrava , ora raggela la ineguale lirica occasionale . Per questa via non s ' arriva al parlato dell ' Aminta , né s ' arriva alle risoluzioni ariose di quel parlato , né , tanto meno , s ' arriva agl ' intermedii e ai cori . Ma i madrigali sono il superamento del bembismo ( crisi per saturazione ) , sebbene di pura tecnica , e perciò stesso affinamento non superamento , e sostituiscono al rallentato dei sonetti un leggerissimo fugato , con un gioco di esili ritmi e un contrappunto labile ( riscattano però anche il dato biografico in fantasia , consumano e riconsumano quel dato biografico ) . Ora , certe parti dell ' Aminta , stando tra questi due opposti modi ( o dizioni ) , e rappresentandone il potente accordo , sostengono la recitazione dei sonetti con un accento più caldo e sciolto , il fugato dei madrigali con un respiro poetico . Così il sofferto si cela dietro le figure e i miti , quasi con un vivo colore di perla ; la tecnica , né tesa né sottesa , ha una sua rozzezza limpida e elegante . Fu detto che l ' Aminta è tutto un madrigale ; io direi che è il presentimento della favolosa e felice opera in musica settecentesca e , come in essa , la stessa sensualità è felice , e la malinconia è felice , tutto ombra felice . Ma c ' è un ' altra qualità intrinseca che l ' avvicina alla nominata opera in musica ( e si pensi alla musica più che alle parole ) : quello sciogliersi del recitativo e del parlato in canto , quel salire gradatamente di tono fino al canto . Già il recitativo , il parlato , porta sempre nell ' Aminta un ' aria di canto , non è mai prosastico ; ed è quella motivazione del recitativo a colorire il canto , direi ad appassionarlo . Uno stile madrigalesco , ma nutrito , inebriato . Il De Sanctis disse che l ' interesse dell ' Aminta « è tutto nella narrazione , sviluppata liricamente » . Avvicinate i due termini , narrazione , lirica , e dite piuttosto che , più che narrare e rinarrare , nell ' Aminta si modula e rimodula , con una dolce sazietà . Di atto in atto , certi temi sono riproposti con una sempre maggiore affettuosità d ' intonazione , si riprovano in tutta la loro capacità emotiva . Cosicché se le parti narrative generano ognuna modi più liberi e sciolti , nella stessa logica degli atti , e della favola intera , accadono queste fortunate risollevazioni . A posta forse il Tasso cominciò l ' Aminta con un « prologo » , e la compì con un « epilogo » , come in due direzioni distanti e congiunte , due segni , due simboli ; quello in tutti endecasillabi , questo in strofe liriche . E secondo la stessa logica finì gli atti con i cori e gli intermedii , cioè con strofe liriche . Questi cori , questi intermedii , e più le parti liriche portate in cima dal parlato , sono il fiore della poesia tassesca . Nascono insieme da ispirazione e da un mestiere stragrande . Varrebbe la pena farne la storia . Una , tutta presente , toccante , e vi abbiamo accennato parlando di quello stile madrigalesco motivato dal recitativo , un ' altra , più lontana , più lunga , e bisognerebbe , per illustrarla , risalire alle Rime e alla loro formazione lentissima . Per far questo , s ' aspetta che il Caretti ci abbia dato il suo studio delle lezioni varianti .