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D'ANNUNZIO MORTO ( OJETTI UGO , 1938 )
StampaQuotidiana ,
31 marzo . FIRENZE . È passato già un mese da quando l ' ho veduto nella corte del Vittoriale , disteso sotto un arco , all ' aria aperta , vestito da generale , il volto cereo senza labbra , le mani riunite sul grembo , le gambe coperte dal tricolore ; e prima d ' inginocchiarmi l ' ho baciato sulla fronte , più fredda del marmo . Una miseria dei molti anni è che davanti a un amico morto si cade senza volerlo a pensare a noi stessi , a confrontare l ' età sua con la nostra , i malanni che l ' hanno spento coi malanni che presto o tardi spegneranno noi . Davanti a lui , per fortuna , no . Sempre , chi gli ha voluto bene , l ' ha sentito d ' un ' altra razza e d ' un ' altra specie , intento in ogni gesto e parola a foggiare di sé stesso l ' immagine e la persona che dovevano sopravvivere . Ecco infatti la triste e cascante maschera che la vecchiaia gli aveva imposta , in meno d ' un mese scomparsa dalla mia memoria . Penso a lui , rileggo lui , sillabo Gabriele , allungando la prima e com ' egli stesso faceva quasi per assaporare il miele del suo nome ; e Gabriele mi riappare giovane fresco snello scattante agghindato profumato , una mano sul fianco stringendolo tra pollice e indice , la gamba destra un poco piegata , col piccolo piede ritto sopra la punta , come d ' un corridore sulla mossa . Aveva allora il gesto rapido a seguire il pensiero , la risata squillante a braccia levate , la voce di testa , nitida e acuta che accompagnava la parola fino all ' ultima vocale , tagliava la tua frase con una forbiciata , e poneva sùbito la conversazione un tono più su dell ' ordinario . Una punta di barbino biondo gli aguzzava il mento e metteva anche più distanza tra mento e orecchio , tra mento e zigomo : una distanza che a guardarlo di fronte non s ' immaginava , ma che dava al profilo di lui uno slancio aggressivo , un che del falchetto pronto a osare e a beccare . La bocca schiusa , le labbra scoperte , gli occhi lunghi d ' un color marrone chiaro che mutava in grigio , il naso forte , un po ' carnoso come erano le mani , e tra i due sopraccigli una piega verticale così fonda che , quando era stanco , sembrava una cicatrice . Siamo in molti ancora a ricordarcelo così ma , fossi io solo , mi sembra che tra cent ' anni , se non si trovasse più un ritratto di lui , da ciò ch ' egli ha scritto e ha fatto e dalle leggende in cui s ' è avvolto , un lettore attento se lo figurerebbe proprio quale adesso io lo rivedo . Come in questa troppo lunga Italia era già capitato pel trasporto di Carducci , quella mattina dietro a D ' Annunzio s ' era in tanto pochi scrittori che il poeta , tra ministri in divisa militare , marescialli , generali , ufficiali , legionari , soldati , portato su un affusto di cannone , pareva dimenticato : un condottiero , non un poeta . Eppure la guerra predicata , difesa e combattuta , e l ' occupazione di Fiume erano state il coronamento della sua poesia , il frutto di quel fiore . La notte avanti , a vederne la salma esposta all ' aria aperta come non avevo mai veduto altre salme , e a sentire l ' aura fresca e lieve che saliva dal lago , passava tra gli archi e gli alberi , s ' impregnava del profumo delle violette nelle ghirlande e sfiorava lui in un sospiro , m ' era tornata in mente una terzina sul principio dell ' Alcyone : Deterso d ' ogni umano lezzo in fonti gelidi , ei chiederà per la sua festa sol l ' anello degli ultimi orizzonti . Era con noi fedelmente dietro la salma Ruggero Ruggeri , in borghese , lui , come il Gabriele d ' una volta . Me ne avvidi sulla gradinata della chiesa di Cargnacco . D ' Annunzio in chiesa , benedetto con l ' aspersorio e l ' incensiere , davanti alla croce di Gesù : ecco l ' altra novità inaspettata , e questa , sì , ci annunciava l ' estrema pace . Se Ruggeri , che con la sua pronuncia lenta e precisa sembra leggendo una poesia confidare il segreto d ' un miracolo , ci avesse detto sottovoce dieci versi di lui , in quanti tra quella calca li avremmo riconosciuti ? Di quel trasporto due immagini mi stanno ancora negli occhi : Mussolini e donna Maria , l ' avvenire e il passato . Il volto di Mussolini era chiuso ma dolce ; le spalle quadrate , incrollabili ; il passo su per la salita sicuro uguale pesante : « Sta certo , sta certo , sta certo : con questo passo l ' Italia arriverà sulla vetta che io so , sulla vetta che tu poeta hai sognata » . Donna Maria d ' Annunzio procedeva alla destra di lui , dentro un lungo fitto velo nero , alta e sottile come quando si sposò e come Sartorio la ritrasse nel dittico delle Vergini savie e delle Vergini folli . Le avevo parlato poco prima ; anche lo sguardo era quello , anche la voce era rimasta quella , piana e soave tanto che nel pieno d ' una calca riusciva sempre a formare una zona di tranquilla intimità , quasi che la pace emanasse dalla sua grazia . A ogni svolta distinguevo sotto il velo il suo profilo affilato e le gote smunte . Vicini andavano i due figli , Mario e Gabrielino . Il cranio nudo di Mario pareva il cranio del padre . Fin nell ' occipite , dove la sutura sagittale si biforca , le due fossette erano calcate su quello . V ' era sole , ma velato . Una luce bianca e diffusa rischiarava tutto , il lago , la strada , gli ulivi , le case , senza un filo d ' ombra : una luce di limbo . I ricordi andavano e venivano , ora fugaci e sbiaditi perché non avevo la forza di trattenerli e definirli ; ora così netti che non vedevo più chi mi camminava allato . I tanti amici cui egli e io siamo stati legati e che lo hanno preceduto di là , De Bosis , Michetti , Conti , Scarfoglio , Matilde Serao , Morello , Sartorio , Jarro , Tenneroni , Trentacoste , Praga , Treves , Origo , passavano in quei ricordi . Erano molti , e quasi mi rimordeva di dimenticarne uno solo , in quel salire verso la tomba . Lo scalpiccio del corteo dietro a me , senza una parola , senza una voce , per un attimo l ' ho creduto di loro . Adolfo , Edoardo , Marco ... Un richiamo m ' ha scosso . Ero accanto al generale Moizo , tale e quale il Moizo aviatore del 1915 e del 1916; soltanto , canuto . Mi diceva sommesso : Vi ricordate ? Gabriele , ancora con la divisa di Novara cavalleria e il collo di panno bianco , non parlava ormai che d ' aviazione . Una sera a Gradisca , appena sceso dal Carso , alla mensa della brigata Toscana tra tutti fanti non sognava che ali : Domandatelo a Ugo che mi conosce da anni . Io le ali le ho avute sempre . Soltanto allora non mi si vedevano . Quando la salma è giunta presso la cima del colle , è cominciata la salva del cannone . Donna Maria ha alzato il volto come se quei colpi a rosario venissero dal cielo ; e un ricordo m ' è venuto al pensiero , da lontano lontano . Una sera di maggio a Roma pranzavamo sulla terrazza di Maria d ' Annunzio che allora abitava a Trinità dei Monti , con le finestre sulla scalinata verso piazza di Spagna . Anche Gabriele era invitato , ma arrivò tardi scusandosi con aria di mistero . Appena venne buio , condusse De Bosis e me nell ' anticamera , ci affidò due pacchi ed egli ne prese un terzo , più grande . Quando rientrò davanti ai convitati , avverti serio serio : Non toccate , sono pacchi di esplosivi . Erano fochetti artificiali , razzi , stelle , bengali , petardi , candele romane , e li cominciò a legare prestamente ai ferri della ringhiera , rimproverandoci di non essere così rapidi e capaci com ' era lui abruzzese . La testa , bada , verso piazza di Spagna . Se no , ti scoppia in bocca . A Francavilla qualunque ragazzo ne sa più di te . In pochi minuti la batteria era in ordine , ed egli con un cerino cominciò ad accendere . Nella conca della scalinata ogni scoppio rimbombava assordante . Finestre e logge si gremirono di spettatori . Dagli altri piani qualcuno cominciò a protestare , e Gabriele alla luce dei bengali spiegava felice , ridendo e saltando : Non abbiate paura , non sono che tipitappi , non sono che tipitappi . Quando dei fochetti non restò che il fumo , gli chiedemmo : Che sono i tipitappi ? Non sapete che cosa sono i tipitappi ? Ignoranti . Sono quello che i napoletani chiamano tricchitracchi , e non volle dire altro . Queste parole sono troppe , perché quel ricordo fu un lampo . Il corteo s ' era disperso . Il Duce era ripartito . Ma l ' Abruzzo quella mattina non doveva per fortuna lasciarmi più , ché la chiave di D ' Annunzio è nascosta lì davanti al mare , tra gli aguglioli della pineta alla foce del Pescara . Incontro Giacomo Acerbo , a capo d ' un manipolo d ' abruzzesi : il priore della nuova chiesa di Pescara , il preside della Provincia , una donna in capelli che reca in un ' olla la terra presa sulla tomba di donna Luisa , della madre del poeta , e v ' ha piantato su qualche fiore reciso per mettere un poco di luce su quel terriccio di morti . È un conforto ascoltarli , udire in quella parlata grave ed antica le notizie di D ' Annunzio e della sua casa e della sua chiesa , come s ' egli da laggiù fosse partito ieri . Vecchio infatti non l ' hanno veduto ; da vecchio egli laggiù non s ' è lasciato vedere . Ieri notte ero tornato per la terza volta al Vittoriale . M ' ero chiuso col dottor Duse e con Antonio Bruers a parlare degli ultimi momenti di lui . Bruers piangeva : L ' avesse veduto nel suo pigiama marrone , quando l ' hanno portato dalla poltrona sul letto . Il capo cadeva indietro , le braccia pendevano . Il comandante , capisce , il comandante , ridotto come un fantoccio . Atroce : come un fantoccio . Ed era ancora caldo , così caldo che io lo credevo svenuto , e affettuoso metteva la fronte sulla mia spalla e piangeva . Interrogavo Duse . Era proprio vero , Gabriele si voleva sempre curare da sé : per tre giorni non prendeva cibo , poi d ' un colpo tre o quattro uova . Noi in Abruzzo ci curiamo così , e si campa cent ' anni . Un pastore della Majella ne sa più di te . Fuori , davanti alla salma , era ancora un poco di gente . La campana della parrocchia continuava a rintoccare nell ' aria nera , col ritmo inesorabile d ' un palpito , come per misurare il nostro tempo mortale nel confronto con l ' immobile eternità dove egli era scomparso . Parlavano dell ' età di lui , della morte improvvisa . E uno , invisibile , ha detto : Ha lavorato tanto , e una voce di donna ha soggiunto con un sospiro materno : Poveromo . Il pastore della Majella , Aligi , che ieri ha cominciato a dormire per non svegliarsi più . Così m ' è venuto alla mente un ritratto donatomi da lui la prima volta che sono andato a Francavilla . Adesso l ' ho qui davanti agli occhi . Gabriele porta una mantella pesante e un berretto a punta , di maglia di lana , col fiocco in cima . Con la mantella ricopre anche la sua figliola Renata , incappucciata come lui , e un folto di riccioli le sfugge dal cappuccio . Renata , o Cicciuzza come allora la chiamava , avrà in questa fotografia quattro o cinque anni . È l ' infermiera del Notturno . Ho riaperto il libro . Anche il padre lì la rievoca a cinque anni , in quella casa bianca sul mare , dove fu fatto il ritratto che io guardo e dove ella gli « appariva senza rumore , come uno di quelli uccelli che si posano sopra un ramo leggiero e aspettano che esso cessi d ' oscillare per intraprendere il loro canto » . Quel giorno invece nel Notturno ella tornava presso il letto del padre infermo dopo la visita dei Sepolcri . « Su la sua veste bruna , mi sembra di fiutare un odore di ceri , un odore d ' erbe scolorate e di violacciocche . Il viso è più stretto , il mento è più affilato . È piccola , stasera . È una povera piccola stanca , affaticata dalle tenebre e dal profumo funebre , bisognosa di riposarsi . » Proprio così era stamane , dietro al feretro , pallida , stanca , vestita di lutto , sola coi suoi ricordi .