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Questi due scrittori , per quanto diversi di temperamento , se non di cultura , e diversi , sopratutto , per gli obiettivi che si propongono , li associamo in questo breve discorso perché le loro voci suonano , sia pure da opposti orizzonti , caratteristiche del nostro tempo . V ' è lo stesso acuto scontento dell ' ieri e dell ' oggi , che preme e incalza una stessa ansia del domani . Nessuna verità dolorosa della nostra storia essi si rifiutano di vedere e scoprire : ad una ad una le rintracciano tutte , nella serie delle nostre fortune e delle nostre sventure , con un certo acre desiderio di bene e di fede , che li ha sospinti e consigliati all ' opera e che li volge all ' avvenire , il cuore carico di passione e di speranza . Guardiamoli un pò da vicino , questi figli del tempo , nati e cresciuti alla conoscenza e all ' esperienza della storia quando la scettica e pigra generazione del '14 ritrovava i valori essenziali della vita nell ' estremo sacrificio della guerra : guardiamoli in faccia e vi troveremo di che confortare la nostra amarezza e la nostra fede . In un breve opuscolo di un centinaio di pagine , ( Rivoluzione protestante – Piero Gobetti editore , Torino 1925 ) , Giuseppe Gangale vede la crisi italiana essenzialmente come problema religioso da risolvere contro la Chiesa e contro il Cattolicesimo . « Il Cattolicesimo – egli scrive alla prima pagina – è il male d ' Italia . Cattolicesimo prima di essere istituto è mentalità . Il riformismo , l ' accomodantismo , il gradualismo o peggio , il quietismo morale religioso politico sono caratteristiche di questa » . In un ' altra pagina aggiunge e chiarisce : « Noi non abbiamo Patria perché non abbiamo Riforma religiosa , che sola unifica , cementa le regioni e gli spiriti , sola dà il senso messianico del compito da adempiere » . Ancora in altro luogo dell ' opuscolo , scrive : « La Chiesa dice di essere al di sopra della Storia , noi diciamo che è al di fuori ; l ' una e l ' altra formula possono accordarsi in quanto la Chiesa è al di fuori appunto perché volle mettersi al di sopra della Storia trattando questa come materia da sottomettere ed assorbire . Il protestantesimo , invece , che ha scoperto essere la Chiesa ideale fatta solo come mito , e in perpetuo farsi nell ' attività operosa della storia , sente di aderire perfettamente alla storia , anzi di essere esso stesso la storia » . E conclude , raccogliendo i risultati della sua critica : « È inutile farsi illusioni . Il Cattolicesimo è espressione di un ' altra civiltà , cioè di un ' altra cultura , di un ' altra politica , di un ' altra economia . Dal Rinascimento in qua , esso , come il paganesimo sopravvisse parecchi secoli al suo ciclo , dura ma è compiuto » . La posizione del Gangale , come si vede dai brani citati che sono riassuntivi della sua critica al Cattolicesimo , per così dire , in funzione italiana , è intransigente , rivoluzionaria . L ' Italia non potrà conquistarsi una modernità politica , economica , morale , non potrà esprimere e sviluppare una sua originalità nazionale , non potrà infine creare uno Stato che di questa originalità sia assieme l ' interprete e il fattore operoso , se non mettendosi a pari con le grandi democrazie inglese , americana e tedesca , che alla modernità economica e politica , all ' originalità nazionale , allo Stato , arrivano attraverso e dopo la rivoluzione religiosa . Come accade a tutte le posizioni intransigenti , anche questa del Gangale appare e finisce per essere dommatica . Tanto che il suo acume critico , ricco di buona e sostanziosa cultura storica e filosofica , è portato - diremmo costretto – per la foga della tesi e per la volontà di provarla ad ogni costo , a trascurare certe piccole verità che sono orientatrici della storia italiana . E si potrebbe cominciare col domandargli : è proprio vero che tutti gli stati moderni sono nati da e per la Riforma religiosa ? E se ciò fosse vero , secondo la tesi , cara soprattutto al pubblicismo tedesco e di qui importata tra di noi , come e perché è accaduto che l ' Italia , che pure ha conquistato la sua unità e il suo Stato e con quella e con questo ha retto alla prova della guerra , è rimasta ed è nella sua grande maggioranza assente al problema religioso com ' è visto e pensato dall ' Autore ? Ed ancora : crede proprio il Gangale che il Cattolicesimo o meglio la Chiesa , abbia ancor oggi nella storia in genere e in quella italiana in ispecie , una funzione ed un ' efficienza attuali ? o non piuttosto che essa sopravviva , come ottimamente il Gangale afferma , « espressione di un ' altra civiltà , d ' un ' altra cultura , di un ' altra politica , di un ' altra economia » , momento formale ed estrinseco d ' una forza e d ' una tradizione , del tutto esaurite ? Se il Gangale è portato fatalmente a una concezione esclusiva e dommatica del problema religioso , fuori del quale egli non vede salvezza e dal quale fa dipendere tutti gli altri problemi della nostra storia , Mario Vinciguerra conclude il suo Un quarto di secolo ( Piero Gobetti editore , Torino , 1925 ) con animo più sereno e più promettente . In un centinaio di pagine agili e vivaci , il Vinciguerra tratteggia , nei suoi esponenti più significativi , la crisi della cultura e del pensiero che ha caratterizzato e caratterizza il « quarto di secolo » . Dal dannunzianesimo al neo - cristianesimo , dall ' intuizionismo , all ' idealismo crociano , la cui intima unità e continuità di pensiero , come ben dice il Vinciguerra , è malauguratamente sfuggita agli italiani , al panlogismo gentiliano , giù sino alle esaltazioni dell ' attivismo individualista e relativista , ansia febbrile e irrimediabile del « sempre migliore e sempre maggiore » , il Vinciguerra rintraccia i momenti tipici ed essenziali attraverso cui è pressata la cultura di quest ' ultimo venticinquennio . Con quali risultati ? « Oggi siamo a questo : – risponde il Vinciguerra – che abbiamo perduto il senso dell ' uomo completo , cioè animale ragionevole . L ' uomo d ' oggi è eminentemente animale . Perché l ' equilibrio si ristabilisca , bisogna che l ' equivoco sia dissipato e che la cultura ristabilisca effettivamente una linea di continuità con tutto il pensiero del secolo XIX , riconoscendo quali furono i fondamenti di quello : l ' imperativo categorico kantiano e l ' ispirazione sociale di Faust . Quando avranno bevuto nuovamente alle fonti della propria tradizione ed avranno ripreso la propria sanità , allora è probabile che gli uomini di oggi costruiranno qualche cosa per l ' avvenire » . Sì : un ordine , oggi , non può esprimersi che da una concezione fortemente morale ed unitaria della vita . La caccia al frammentario , al superfluo , allo strano , al mostruosamente grande e bello e tutti i feticismi dell ' atto puro e della relatività hanno rotto e corrotto quel poco di organico e serio che la cultura nell ' ultimo '800 e agli inizi del '900 aveva creato e prodotto nello spirito italiano . Un ordine morale , come coscienza individuale e sociale : ecco il bisogno del tempo al quale tendono , sia pure per vie e mete diverse , il Gangale e il Vinciguerra . Forse né il ritorno a Kant né la riforma protestante ci daranno quell ' ordine . Ma certi problemi basta affermarli e sentirli come esigenza dello spirito . La storia , creazione nostra e di tutti , penserà al resto .