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IL POETA LUDWIG HANSTEKEN ( PIRANDELLO LUIGI , 1916 )
StampaQuotidiana ,
Morto di questi giorni , benché non in guerra , merita una commemorazione il poeta Ludwig Hansteken . In guerra il poeta Hansteken non poteva morire . I poeti come lui sono per natura neutrali . E hanno quasi sempre la ventura di nascere in paesi neutrali . In Olanda per esempio , in Isvezia . Ma se pur nascono in più vulcaniche terre , ove sciaguratamente la coltura e le discipline spirituali non siano riuscite a mortificare il selvaggio istinto , costretti anch ' essi a indossare la divisa militare , non c ' è pericolo che muojano di piombo o di ferro o di strapazzo . Così vestiti vanno a combattere idealmente o negli uffici di maggiorità o a servizio d ' organizzazioni civili , con una penna in mano . E qua nelle tregue assaporano a occhi semichiusi , rosicchiando in punta il cannello della penna , l ' angosciosa dolcezza di visioni lontane nella manica della loro giubba grigio - verde . Visioni , o d ' una scolorita campagna settembrina , o d ' un malinconico lago , ove Dio solo sa che strani galleggiamenti può loro suggerire la tenue riccia peluria dell ' inoffeso e inoffensivo panno militare . È vero , che , per fortuna dell ' umanità , se non di piombo , di ferro o di strapazzo , possono ben morire di questi strani , ambigui galleggiamenti i poeti come Ludwig Hansteken . Il quale , difatti , è morto , come vedremo , affogato in uno dei tanti canali che scorrono per i paesi d ' Olanda , spintovi , a quanto pare , appena appena , da una smaniosa mano femminile vendicatrice , mentr ' egli sospirava a notte , non propriamente alle purissime stelle , ma ai loro riflessi che appunto galleggiavano con smorfiosi serpeggiamenti , fra altri ben nobili relitti , in quel canale . Per fortuna dell ' umanità , ho detto ; potrei aggiungere : per fortuna di loro stessi . Perché i poeti come Ludwig Hansteken non sono tanto per gli altri , quanto per loro stessi un tormento . Gli altri , possono anche riderne ; io per me confesso che soglio farmene le più matte risate , perché in verità , mi sembra che nulla si possa dare di più goffo e di più buffo di quel loro tormento . Tormento d ' una disperata impotenza che , pur tenendoli perennemente con le lagrime in pelle , li rende innocuamente e pazzescamente cattivi . Vedo che avrebbero tutti una gran sete di soffrire ; piangono di questa sete ; ma la grigia angolosa rabbia della loro aridità sassosa impedisce ad essi di cavare un qualche refrigerio finanche da quelle stesse lagrime amare . Vogliono esser poeti ; vogliono , lo ripetono con esasperata ostinazione : Noi siamo poeti ! noi siamo poeti ! noi siamo poeti ! ; cercano di spremerla in tutti i modi una gocciolina di poesia ; ahimè ; è come spremere un sasso . Ma questo appunto essi vogliono : spremere i sassi , perché non c ' è gusto per loro a trar sugo vivo sostanzioso dai saporiti frutti che maturano nei fertili assolati giardini della fantasia . Credono che ciò che gli altri fanno non valga la pena d ' esser fatto . Bisogna fare l ' impossibile , perché soltanto nell ' impossibile possono trovar la scusa della loro impotenza . E condannati da questa impotenza a star fuori per sempre da quei giardini , stringono rabbiosamente nel pugno sudato , i loro sassi , e dopo averli spremuti e spremuti e spremuti , vedendo che , se ne cavan qualche stilla , non è dal sasso , ma dalle loro mani spellate , stilla di sudicio sudore , li avventano contro quei frutti succosi , non si capisce bene se per disdegno , per ira , per dispetto o per vendetta , giacché nessuno veramente riesce a comprender nulla delle smorfie , delle boccacce , dei borbottamenti con cui accompagnano il lancio di quei sassi insudiciati . Se li intendono tra loro , quei borbottamenti intelligibili ! Ma spesso avviene per certi rumori , se non risponde in noi l ' immagine di ciò che li abbia prodotti , che si rimanga incerti , sospesi , storditi , anche angosciati , a chiedere intorno : che è stato ? com ' è ? che significa ? Ed ecco allora tanti poveri allocchi , con angustiosa perplessità di pollastri che muovano a scatto lo stupido capo crestuto a guardare di qua e di là , e non sappiano posar la zampa sul tappeto del salotto in cui per caso si sono introdotti , scappando dalla stia ; ecco , dico , tanti poveri allocchi giovinetti andar loro appresso cercando di cavar il senno astruso da quei borbottamenti e d ' interpretar quelle smorfie e quelle boccacce ; ed essi attirarseli attorno facendone di sempre più complicate e difficili . Uno stormo di fiere donnette esasperate anche li attornia , che han bisogno di credere che qualcuno possa dare a intendere come nobili aspirazioni ideali le loro torbide smanie interne . E tutti costoro , allocchi e donnette , si struggono di sapere come debbano parlare , come atteggiarsi per piacer loro : si fanno dare in mano quei sassi sudati , li voltano e rivoltano per scoprirvi preziosità di novissime gemme ; provano anche a metterseli in bocca per succhiarli come caramelle . Alla fine , non hanno il coraggio di dirselo , ma sentono d ' esser sotto un incubo che paralizza ogni loro spontaneità , lega i loro passi , opprime loro il respiro . Orbene , quest ' incubo troviamo con perfetta evidenza descritto e rappresentato in un recentissimo libro di Rosso di San Secondo , che mostra d ' averlo per alcun tempo sofferto , d ' essersene alla fine giocondamente liberato ( Rosso di San Secondo , Ponentino , novelle . Milano , Fratelli Treves , 1916 . Vedi parte seconda : Il poeta Ludwig Hansteken ) . Il San Secondo conobbe in Olanda il prototipo di questi poeti , Ludwig Hansteken , e ne narra in cento pagine la vita e la morte . Punto per punto , con sottilissima analisi armata di fosforiche arguzie , investiga e scopre il dramma di quest ' uomo , dramma sordo , angoscioso , disgustato ; e le ragioni per cui quest ' uomo , questo impotente , con la sua pesante tristezza fosse riuscito a preoccupare gli altri della sua esistenza . Il sentimento che spingeva Hansteken verso gli uomini , dice il San Secondo , non era pietà né amore , « ché , pesante com ' era , il suo istinto lo avrebbe piuttosto indotto a vivere leggiucchiando e appisolandosi : per varcar la soglia di casa egli infatti doveva forzare la sua natura ; per avvicinare un suo simile , poi , doveva addirittura vincere la repulsione che hanno tutti i pigri , gl ' indifferenti , i nati sordi di spirito , per quelli che invece hanno nel sangue la solerzia , la brama di vedere , conoscere , godere , vivere in una parola . Pure un tale sforzo sarebbe potuto essere nobile , come tutto ciò che tende a modificare la propria natura con il dominio della volontà ; ma Hansteken , se ben credesse appunto così , in realtà , presentandosi ai consimili , in quella veste di ammonitrice gravità , non obbediva che a un segreto senso d ' invidia , acre , biliosa , per quelli che la vitalità piena e un po ' anche spensierata induceva , non solo ad assaporare con voluttà il piacere d ' esistere , ma , oltrepassando i limiti del giusto , a commettere peccato » . Hansteken , insomma , non ha quell ' ebete sobrietà che potrebbe farlo pago : l ' odio per il peccato attivo sorgeva in lui « dal non potere egli stesso commetterlo : i peccati per soverchio di vitalità erano , infatti , per lui , un rimprovero sordo , una umiliazione continua per la sua fiacca gravezza . Le sue stesse lagrime non erano , perciò , come egli credeva , la naturale espressione della sua pietà per i fratelli , bensì della sua amarezza , della sua insoddisfazione , del fastidio sterile che lo spiritello interno gli comunicava , lottando invano contro il torpore invincibile della sua stanca natura . Sincero era dunque in lui soltanto questo stato penoso di disagio che , vestito dalla illusione d ' essere invece altra cosa , si rappresentava agli uomini normali come una forma superiore o per lo meno strana d ' esistenza » . Ed ecco il segreto del fascino e la ragione dell ' incubo : rappresentare agli altri questa impotenza chiusa , ansiosa , travagliosa , come una forma superiore di esistenza . « Se il poeta Hansteken avesse potuto cantare , dice altrove il San Secondo , non sarebbe stato così molesto al suo prossimo , né avrebbe avuto bisogno di quelle sue enormi costruzioni teoriche , simili a cattedrali di cartapesta , per giustificare la sua esistenza . Perché era questo il dubbio assillante che rodeva l ' animo dello sventurato : che egli non avesse , in fondo , nessuna ragione d ' esistere . Aveva creduto di dovere , per un bene supremo , rinunziare alla vita , per votarsi tutt ' intero alla sua dea , l ' arte . Aveva creduto che tale altissima finalità gli desse il diritto di sacrificare non solo la sua , ma anche l ' esistenza degli altri ; d ' imporre , con violenza testarda , a tutta la cittadinanza la sua personalità , prim ' ancora che si fosse espressa ; aveva voluto che tutti sapessero che egli esisteva , lui , Ludwig Hansteken ; che tutti con un sacro sgomento attendessero la grande parola che avrebbe detto . Ma Hansteken continuava a torcersi nel suo disperato monologo , ripeteva , in ogni verso , quello che aveva sempre detto : era come se girasse intorno a un nucleo chiuso che non riusciva a fendere , ad espugnare . E nei momenti più acuti di esasperazione , ecco che con sguardi freddi e taglienti insultava quelli stessi che , deferenti e mansueti , avevano ancora fiducia in lui , e gliela mostravano con una sottomissione ansiosa e piena di bontà » . Bisognava che qualcuno , per toglierlo da quel tormento , dichiarasse apertamente innanzi a tutti ciò che lui , Hansteken , voleva che gli altri alla fine comprendessero : che la poesia , cioè , non era tanto nella parola , quanto nella pausa , che la più alta cima della poesia era il silenzio . Perché umiliarlo ancora con quell ' aria di attesa deferente ? Che attendevano ancora da lui ? Egli aveva detto quello che doveva dire . Ora il sublime stava nel silenzio . Zitto lui , zitti tutti . Se questo veramente si fosse chiarito agli altri , Hansteken , pago , non più costretto a violentare con disumani sforzi la tetra sordità del suo spirito infecondo , immediatamente non sarebbe stato più un essere torbido e falso ; tutta la sua complessità si sarebbe sciolta e sarebbe apparsa così puerile da rasentare la più umile elementarità . Perché i poeti come lui sono in fondo orgogliosi come fanciulli che si vantano d ' esser soldati perché si sono messi in capo un kepì di cartone o che piangono per avere gli zuccherini e vogliono esser carezzati e giocare a far da papà . Così appunto conclude il San Secondo , nell ' estrosa commemorazione del poeta , commemorazione che è come il farnetico d ' un rimorso per la violenta liberazione dall ' incubo di lui perpetrata da una delle donnette più esasperate , proseliti del poeta , una certa Berta Tausen , la quale , passeggiando una notte con lui lungo un canale , lo aveva con una lieve spinta consegnato all ' immortalità e ai pesciolini di quel canale . Fa veramente piacere che questa liberazione da un incubo che opprime ancora parecchi giovani sia opera d ' un giovane scrittore come Rosso di San Secondo , d ' uno cioè che davvicino ha potuto studiare il complicato meccanismo di questi poeti che han per prototipo Ludwig Hansteken . La rappresentazione della vita e della morte di costui ha tutta l ' aria , ripeto , d ' una giocondissima satirica vendetta . Le sei novelle della prima parte del volume , fresche , ariose , e pur così impresse di solchi profondamente scavati nella tragica vita , le quattro elegie dell ' intermezzo a Maryke con quel riso indimenticabile degli occhi della Signora Liesbeth , sembrano veramente le foglie brillanti al soffio del ponentino nei giardini di cui ho parlato più su : quelli della fantasia , in cui il San Secondo è entrato da padrone per andare a rovesciare in fondo ad essi quel buffo e triste rospo abbottato , simbolo dell ' impotenza : il poeta Ludwig Hansteken .