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TEATRO E LETTERATURA ( PIRANDELLO LUIGI , 1918 )
StampaQuotidiana ,
I signori autori drammatici , professionisti del teatro , sdegnano d ' esser tenuti in conto di letterati , perché dicono e sostengono che il teatro è teatro e non è letteratura . Non vogliamo malignare fino al punto di credere che la ragione di questo loro sdegno abbia in gran parte radice nella serietà dei loro guadagni di fronte all ' irrisorio scherzo dei meschini compensi di quei poveri illusi che sono i letterati puri . Certo essi hanno regolata da parte loro l ' azienda del teatro come un qualunque istituto commerciale , che si difende da altri istituti ugualmente commerciali , interessati da un ' altra parte nella stessa azienda : quello dei capocomici e quello dei proprietarii e gerenti dei teatri : norme per la cessione a questa o a quella compagnia della loro produzione ; assegnazione di " piazze " ; percentuale su gl ' incassi fissata avanti , tanto per la prima rappresentazione , tanto per la seconda , tanto per le altre seguenti , della cui riscossione è incaricata la Società degli Autori di Milano , la quale alla fine d ' ogni trimestre manda ai soci un rendiconto dei proventi , che per dir la verità per quanto male vada un dramma o una commedia superano sempre di molto quelli che ogni altro scrittore o di novelle o di romanzi ( non parliamo per carità dei poeti ! ) ricava dalla vendita dei suoi libri . Non c ' è dubbio che tutto questo non ha niente da vedere con la letteratura . Possiamo anche concedere che veramente il loro teatro , com ' essi vogliono , cioè quella loro produzione più o meno abbondante di drammi e di commedie lanciata sul mercato teatrale , non è letteratura . Resta però da vedere non essendo letteratura come e sotto qual nuova specie debbano essere considerati quei loro drammi e quelle loro commedie , quando da copioni diventano libri , quando dalla buca del suggeritore passano nella vetrina d ' un librajo , non più scritti a macchina ma stampati da un editore , quando dai lauti proventi che la voce e il gesto degli attori han procacciato loro dalle tavole d ' un palcoscenico , scendono a pietosamente mendicare le tre lirette , prezzo di copertina , tra quegli altri mendicanti esposti alla carità pubblica , che sono i volumi di novelle e i romanzi dei poveri letterati puri . Ma lasciamo una buona volta tutta questa contabilità , e veniamo a noi . Qua c ' è un grosso malinteso da chiarire . E il malinteso consiste appunto nella parola letteratura . I signori autori drammatici , professionisti del teatro , scrivono male , non solo perché non sanno o non si sono mai curati di scriver bene , ma perché credono in coscienza che lo scriver bene a teatro , sia da letterati , e che bisogni invece scrivere in quel certo modo parlato come scrivon loro , che non sappia di letteratura , perché i personaggi dei loro drammi e delle loro commedie dicono non essendo letterati , non possono parlare sulla scena come tali , cioè bene ; debbono parlar come si parla , senza letteratura . Così dicendo , non sospettano neppur lontanamente ch ' essi confondono lo scriver bene con lo scriver bello , o piuttosto , non vedono di cadere in questo errore : che scriver bene significhi scriver bello ; e non pensano che lo scriver bello di certi falsi letterati è , di fronte all ' estimativa estetica , per un eccesso contrario , lo stesso vizio del loro scriver male : letteratura che non è arte , vale a dire cattiva letteratura tanto quella di chi scrive bello , quanto quella di chi scrive male , e condannabile perciò come tale , anche se essi non vogliono passar per letterati . Scriver bene un dramma o una commedia non significa far parlare i personaggi in una forma letteraria , cioè in un linguaggio non parlato e per sé stesso letterario . Questo è scriver bello . Bisogna far parlare i personaggi come , dato il loro carattere , date le loro qualità e condizioni , nei varii momenti dell ' azione , debbono parlare . E questo non vuol mica dire che ne risulterà un linguaggio comune e non letterario . Che significa " non letterario " se s ' intende far opera d ' arte ? Il linguaggio non sarà mai comune ; perché sarà proprio a quel dato personaggio in quella data scena , proprio del suo carattere , della sua passione o del suo giuoco . E se i personaggi parleranno ciascuno in questo lor proprio modo , e non secondo la sciatteria volgare d ' un linguaggio impreciso , approssimativo , che denoterà soltanto la incapacità dell ' autore a trovar la giusta espressione perché non sa scrivere , la commedia sarà scritta bene , e una commedia scritta bene , se anche ben concepita e ben condotta , è opera d ' arte letteraria come un bel romanzo o una bella novella o una bella lirica . La verità è che i signori autori drammatici , professionisti del teatro , son tutti rimasti fermi a quella beata poetica del naturalismo , che confuse il fatto fisico , il fatto psichico e il fatto estetico in tale graziosa maniera , che al fatto estetico venne a dare ( almeno teoreticamente , poiché in pratica non era possibile ) quel carattere di necessità meccanica e quella fissità che sono proprie del fatto fisico . Ora bisogna porsi bene in mente che l ' arte , in qualunque sua forma ( dico l ' arte letteraria , di cui la drammatica è una delle tante forme ) non è imitazione o riproduzione , ma creazione . La questione del linguaggio , dunque se e come debba esser parlato ; la pretesa difficoltà di trovare in Italia una lingua veramente parlata in tutta la nazione , e l ' altra questione d ' una vita nazionale veramente italiana che manca per dar materia e carattere a un teatro che si possa dire italiano , come se appunto natura e ufficio dell ' arte fosse la riproduzione necessaria di questa vita , che ciascuno possa riconoscere per dati e fatti esteriori ; e tutte quelle altre angustiose quisquilie e vane superstizioni della così detta tecnica , che dovrebbe rispecchiare ( sempre in teoria , poiché in pratica non è possibile ) l ' azione come ce la vediamo svolgere sotto gli occhi nella realtà quotidiana ; tutto questo è tormento accattato di martiri volontarii d ' un sistema assurdo , d ' una aberrata poetica , per fortuna da un gran pezzo ormai superata , ma a cui , ripeto , dimostrano d ' esser rimasti fermi i signori professionisti del teatro . Non si tratta d ' imitare o di riprodurre la vita ; e questo , per la semplicissima ragione che non c ' è una vita che stia come una realtà per sé , da riprodurre con caratteri suoi proprii : la vita è flusso continuo e indistinto e non ha altra forma all ' infuori di quella che a volta a volta le diamo noi , infinitamente varia e continuamente mutevole . Ciascuno in realtà crea a sé stesso la propria vita : ma questa creazione , purtroppo , non è mai libera , non solo perché soggetta a tutte le necessità naturali e sociali che limitano le cose , gli uomini e le loro azioni e li deformano e li contrariano fino a farli fallire e cader miseramente ; non è mai libera anche perché , nella creazione della nostra vita , la nostra volontà tende quasi sempre , per non dir proprio sempre , a fini di pratica utilità , il raggiungimento di una condizione sociale , ecc . , che inducono ad azioni interessate e costringono a rinunzie o a doveri , che sono naturalmente limitazioni di libertà . Soltanto l ' arte , quando è vera arte , crea liberamente : crea , cioè , una realtà che ha solamente in sé stessa le sue necessità , le sue leggi , il suo fine , poiché la volontà non agisce più fuori , a vincere tutti gli ostacoli che si oppongono a quei fini di pratica utilità a cui tendiamo nell ' altra creazione interessata , voglio dire in quella che tutti ci sforziamo di fare , quotidianamente , della nostra vita , così come possiamo ; ma agisce interiormente , nella vita a cui intendiamo dar forma , e di questa forma appunto , ancora dentro di noi , ma già viva per sé stessa e dunque quasi del tutto ormai indipendente da noi , diviene il movimento . E questa è la vera e l ' unica tecnica : la volontà intesa come libero , spontaneo e immediato movimento della forma , quando cioè non siamo più noi a voler questa forma così o così , per un nostro fine ; ma è lei , assolutamente libera , poiché non ha altro fine che in sé stessa , lei che si vuole , lei che provoca in sé e in noi gli atti capaci di effettuarla fuori in un corpo : statua , quadro , libro ; e allora soltanto il fatto estetico è compiuto . Fuori , ordinariamente , le azioni che mettono in rilievo un carattere si stagliano su un fondo di contingenze senza valore , di particolari comuni a tutti . Volgari ostacoli impreveduti , improvvisi , deviano le azioni , deturpano i caratteri ; piccole miserie accidentali spesso li sminuiscono . L ' arte libera le cose , gli uomini e le loro azioni da queste contingenze senza valore , da questi particolari comuni , da questi volgari ostacoli , da queste accidentali miserie : in un certo senso , li astrae : cioè , rigetta , senza neppur badarvi , tutto ciò che contraria la concezione dell ' artista e aggruppa invece tutto ciò che , in accordo con essa , le dà più forza e più ricchezza . Crea così un ' opera che non è , come la natura , senz ' ordine ( almeno apparente ) e irta di contradizioni , ma quasi un piccolo mondo in cui tutti gli elementi si tendono a vicenda e a vicenda cooperano . In questo senso appunto l ' artista idealizza . Non già che egli rappresenti tipi o dipinga idee : semplifica e concentra . L ' idea che egli ha dei suoi personaggi , il sentimento che spira da essi evocano le immagini espressive , le aggruppano e le combinano . I particolari inutili spariscono ; tutto ciò che è imposto dalla logica vivente del carattere è riunito , concentrato nell ' unità d ' un essere , diciamo così , meno reale e tuttavia più vero . Ma ecco ora in che consiste la soggezione inovviabile del teatro , rispetto all ' opera d ' arte che ha già avuto la sua espressione definitiva , unica , nelle pagine dello scrittore . Questa che è già espressione , questa che è già forma , bisogna che diventi materia ; una materia a cui gli attori , secondo i loro mezzi e le loro capacità , debbono a lor volta dare forma . Perché l ' attore , se non vuole ( né può volerlo ) che le parole scritte del dramma gli escano dalla bocca come da un portavoce o da un fonografo , bisogna che riconcepisca , come sa , il personaggio , lo concepisca cioè a sua volta per conto suo ; bisogna che l ' immagine già espressa torni ad organarsi in lui e tenda a divenire il movimento che la effettui e la renda reale sulla scena . Anche per lui , insomma , l ' esecuzione bisogna che balzi viva dalla concezione , e soltanto per virtù di essa , per movimenti cioè promossi dall ' immagine stessa , viva e attiva , non solo dentro di lui , ma divenuta con lui e in lui anima e corpo . Ora , benché non nata nell ' attore spontaneamente , ma suscitata nello spirito di lui dall ' espressione dello scrittore , questa immagine può esser mai la stessa ? può non alterarsi , non modificarsi passando da uno spirito a un altro ? Non sarà più la stessa . Sarà magari una immagine approssimativa , più o meno somigliante ; ma la stessa , no . Quel dato personaggio sulla scena dirà le stesse parole del dramma scritto , ma non sarà mai quello del poeta , perché l ' attore l ' ha ricreato in sé , e sua è l ' espressione quantunque non siano sue le parole , sua la voce , suo il corpo , suo il gesto . L ' opera letteraria è il dramma e la commedia concepita e scritta dal poeta : quella che si vedrà in teatro non è e non potrà essere altro che una traduzione scenica . Tanti attori e tante traduzioni , più o meno fedeli , più o meno felici ; ma , come ogni traduzione , sempre e per forza inferiori all ' originale . Perché , se ci pensiamo bene , l ' attore deve fare e fa per forza il contrario di ciò che ha fatto il poeta . Rende , cioè , più reale e tuttavia men vero il personaggio creato dal poeta , gli toglie tanto , cioè , di quella verità ideale , superiore , quanto più gli dà di quella realtà materiale , comune ; e lo fa men vero anche perché lo traduce nella materialità fittizia e convenzionale d ' un palcoscenico . L ' attore insomma necessariamente dà una consistenza artefatta , in un ambiente posticcio , illusorio , a persone e ad azioni che hanno già avuto un ' espressione di vita ideale , qual è quella dell ' arte e che vivono e respirano in una realtà superiore . E allora ? Hanno ragione i signori autori drammatici , che non vedono altro che il teatro , e che dicono e sostengono che il teatro è teatro e non letteratura ? Se per teatro deve intendersi quel luogo dove si fanno rappresentazioni serali e diurne , con degli attori , a cui essi dànno argomento e materia da formare quasi lì per lì in scene d ' effetto , drammatiche o comiche , sì . Ma in questo caso , come posizione di fronte all ' arte , bisogna che si rassegnino a stare nella stessa linea di quei facili fucinatori di versi che si prestano a fare le poesiole sotto le vignette di certe riviste illustrate . Scrivono , non per il testo , ma per la traduzione . E veramente , allora , non ha bisogno affatto di letteratura il loro teatro . Materia per gli attori ; a cui gli attori daranno vita e consistenza sulla scena . Qualche cosa , insomma , come gli scenarii della commedia dell ' arte . Ma per noi il teatro vuol essere un ' altra cosa .